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Autore: SabrinaSala    12/02/2016    7 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
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Capitolo 17 – Condanna a morte
 
 
Justus varcò frettolosamente la soglia del monastero. E frettolosamente raggiunse la propria cella. Soffiò sulle mani gelide, il volto tirato, reso ancora più sottile dall’aria fredda del primo mattino, l’espressione contrita di chi sta rimuginando,  faticando a lasciare andare lo strascico di fastidiosi pensieri.
«Eri con lei?» domandò greve una voce dall’ombra.
Gli occhi sbarrati, il chierico smorzò il brivido che gli avrebbe altrimenti attraversato le spalle, percuotendolo con l’intensità di una frustata. Riconosceva quella voce. L’avrebbe riconosciuta sempre e comunque.
Si volse. Le pupille, finalmente assuefatte all’oscurità di quell’alloggio freddo e angusto, colsero la sagoma di Johannes emergere a tratti dall’ombra.  
«Eri con lei? » ripeté l’armigero, immobile. Le braccia abbandonate lungo i fianchi. Il petto gonfio di stizzoso rancore.
Justus si rimangiò istintivamente tutte le domande, il sorriso, il sollievo… Lo sguardo cupo e distaccato di Johannes lo atterriva.
«No» mormorò laconico, abbassando gli occhi. «Non la vedrò prima del vespro» aggiunse.
La voce roca di Johannes ne richiamò subito l’attenzione, ma non fu quella a ferirlo quanto la piega aspra del suo sorriso.
«Ti ho dato ascolto, chierico. Sei contento? »
Il disprezzo con il quale gli si era improvvisamente e volutamente rivolto, a lui,  all’amico d’infanzia, caro come un fratello, gli raggelò il sangue nelle vene. Eppure non riuscì a smettere di fissarlo.
Il tremito della sua mascella rivelava una rabbia a stento repressa. Lo scatto involontario delle narici diceva quello che il capitano non voleva rivelare con le parole. Non ancora, almeno. La sua profonda frustrazione. L’impotenza. Il disgusto per una delusione capace di svuotargli anima e corpo.
Il bagliore freddo dei suoi  bulbi oculari squarciava la penombra come quelle parole avevano lacerato il cuore del chierico.
«E’ stato meglio così». Sostenendo non solo il suo sguardo ma la propria convinzione, Justus rimarcò  la decisione che lo aveva portato a pregare Johannes di temporeggiare. Di non irrompere a Rosenburg. Di non essere impulsivo e quindi imprudente.  Di non rischiare in alcun modo la vita. Sua, di Maddalena Aicardo e di tutti coloro che si sarebbero trovati loro malgrado coinvolti in quella situazione. Per quanto increscioso fosse, per quanto fosse difficile, quella era l’unica soluzione.
Johannes socchiuse le palpebre, filtrando l’immagine di Justus tra le ciglia scure e  ricordando ogni singola parola tracciata su quel maledetto messaggio. Avvertendone l’eco nelle orecchie e nella testa.  
«Non sai quello che mi hai chiesto…» disse.
«Solo di fidarti di me».
«Fiducia…» sogghignò l’armigero. «Parli ancora di fiducia» una pausa carica di rancore sottolineò le sue parole. «Tu e la tua Chiesa…» aggiunse. «Mi fidavo di un uomo di Chiesa. Mi fidavo di quell’uomo come mi sarei fidato di un padre»
Non aggiunse altro. Non ce n’era bisogno.
«Lena sta bene. E’ quello che conta» replicò Justus, lentamente. Consapevole di essere sul punto di scatenare tutti i Diavoli dell’Inferno. Incapace di negare quanto affermato da Johannes. Deluso e disgustato egli stesso da una casta che avrebbe dovuto elevarsi al di sopra degli intrighi e del fango e che invece scopriva essere essa stessa intrigo e fango.
Nel sentir pronunciare  quel nome, Lena, Johannes fece istintivamente un passo avanti e si fermò appena in tempo per non afferrare e stringere il sottile e candido collo di Justus tra le dita di una mano.
Un attimo prima che le emozioni lo sopraffacessero, che una rabbia folle e sorda lo travolgesse.
Fermo di fronte a lui, tanto vicino da sentirne il respiro anche se flebile e mozzato, sorrise sbeffeggiando il chierico.
«Credi veramente che stia bene?» ringhiò.
Justus provò una stretta allo stomaco. Poi un senso di nausea. Non  si lasciò intimorire.
«Va tutto bene» confidò, ignorando volutamente la sua provocazione. «Ti sta aspettando» aggiunse più dolcemente, seppure preoccupato.
Queste ultime informazioni parvero ammansire Johannes e per un attimo il suo sguardo sembrò tornare quello di sempre. Ruvido ma complice.
Justus sentì di potersi sbilanciare.
«Qualcuno sa che sei qui? »
Johannes lo scrutò in un lungo momento di silenzio.
«So di non dovermi esporre» rispose. «Non ancora» aggiunse velando queste ultime parole di minaccia.
Il chierico decise di non dar peso a quella sgradevole sensazione.
«Cosa hai intenzione di fare?» si informò, palesando la propria completa disponibilità.
Un tonfo secco nel corridoio fece scattare Johannes verso la soglia. Uno sguardo all’esterno per sincerarsi di non correre pericoli inutili e i suoi occhi grigi tornarono a catturare quelli di Justus.
«Domani è giorno di mercato» rispose. «Fai in modo che Lena si convinca a uscire dal palazzo. A tutto il resto, penserò io»
Justus si sporse istintivamente verso l’amico.
«Posso portarle un tuo messaggio, stasera. O accompagnarla io stesso, con una scusa, domani al mercato» suggerì.
Johannes sostenne il suo sguardo in silenzio. Di nuovo.
«No».
Il chierico schiuse le labbra per ribattere ma l’armigero lo precedette imponendogli il silenzio.
«Non voglio che tu corra rischi inutili» disse. «Né tu né altri».
Aveva imparato la lezione. Non  era questo che Justus gli aveva chiesto in quel suo accorato messaggio? Non essere impulsivo, non rischiare la vita, sua e di chi gli stava a cuore?
Justus comprese. Si morse la lingua e avvampò per quanto l’amico gli stava rimproverando con il proprio silenzio.
«Andrà al mercato» promise.
 
***
 
Maddalena Aicardo tentò di ignorare il frastuono. Gli occhi arrossati, il volto pallido e teso, percorreva la Via dei Mercanti senza prestare attenzione a quello che la circondava.
Erano bastati quei pochi giorni infatti, a renderla spenta e svogliata. Accesa solo nella Fede e nel tentativo di eludere i propri doveri coniugali. Suo marito, nonostante lo sgomento iniziale e un certo rammarico, sembrava essersi momentaneamente arreso all’attesa e la corteggiava  penosamente dedicandole tutto il proprio tempo e le proprie attenzioni. In merito al matrimonio non consumato, Lena lo aveva pregato di mantenere quel minimo di riserbo che Edelbert le aveva facilmente garantito.
Suo malgrado, Lena aveva finito per cedere alle insistenze di fratello Justus che sembrava scorgere in quella passeggiata un toccasana per il suo spirito devastato.
La voce di Hanna alle sue spalle raccontava di una qualche storia... Attorno a lei, colori e profumi sembravano voler risvegliare i suoi sensi assopiti…  Ma ogni cosa, ogni suono, ogni persona le ricordava beffardamente lo stato di impotente prigionia nel quale era caduta senza avere nemmeno la possibilità di dibattersi. Farlo avrebbe significato porre l’attenzione del vescovo sulle persone che voleva tenere al sicuro.
Qualcuno la urtò violentemente, strappandola al rancore e a quei cupi pensieri. Sollevò istintivamente lo sguardo. Improvvisamente fiera. Gli occhi come tizzoni ardenti desiderosi di scoprire, attaccare, incenerire. Pronta a sfogare in una singola azione e su una singola e ignara persona tutta la propria frustrazione.
Ma non appena due occhi grigi catturarono il suo sguardo, le mancò il fiato. Annaspò e nemmeno se ne accorse. La gola secca, le labbra riarse.
Per il tempo di un istante, Johannes la fissò in silenzio. Il volto teso, adombrato dal cappuccio scuro, la figura nascosta dal mantello. La guardò e di nuovo la fece sua. Sua e di nessun altro.
Svelto, senza dire una parola, le girò attorno senza mai smettere di fissarla  negli occhi. Le sfiorò una mano e qualcosa le scivolò nel palmo. Ma era troppo grande la sorpresa perché lei se ne rendesse conto. Dischiuse le labbra, in un muto tentativo di trattenerlo. Incapace di emettere un suono. E così si accorse di come tutto, ora, intorno a lei tacesse. Sovrastato dal fragore di quegli occhi grigi.
Johannes si allontanò,  lasciando che la folla lo inghiottisse e  svanì davanti ai suoi occhi.
Dietro di lei, arrancando, Hanna si fece largo fino a raggiungerla, lamentandosi e lanciando improperi all’indirizzo di un fantomatico balordo mendicante reo di averla strattonata e allontanata dalla sua signora.  
Maddalena Aicardo avvertì il vuoto risucchiarla di nuovo. Inciampò, lasciando che il pezzo di carta che teneva in palmo le scivolasse dalla mano. Lo cercò con gli occhi, tra i piedi e le stoffe che strusciavano malamente sul selciato. Lo cercò negli occhi di Hanna, che si era fermata a un passo da lei e riprendeva fiato borbottando. Lo cercò nella disperazione che le era scesa sul cuore.
Cosa le aveva consegnato Johannes? Cosa le aveva scritto?
Improvvisamente, il mercato esplose di nuovo in tutto il suo assordante fragore. Maddalena Aicardo si sentì avvampare. Si guardò attorno.
Premurosa, Hanna le sfiorò un braccio e la invitò a rientrare…

 
***
 
«Hai appena emesso una condanna a morte»
Hanna, che stava lasciando le stanze del vescovo, sussultò.
Da una nicchia del lungo corridoio perennemente in penombra, emerse l’uomo dal volto sfregiato. Le braccia incrociate sul petto, non fece alcun tentativo per fermarla.
La ragazza indietreggiò, come avesse visto il diavolo in persona e un’esclamazione strozzata le si spense tra le dita della mano portata istintivamente sulle labbra. Afferrò le gonne e con passo incerto tentò di superarlo, ignorando volutamente la sua affermazione. Poi, vinta dal peso di quell’accusa e da quei terrificanti occhi celesti che continuavano imperterriti a fissarla, si fermò.
«Non so di cosa state parlando. E se vi riferite a quel pezzo di carta, non so nemmeno cosa ci sia scritto… come potrei? » si ribellò sprezzante. «Dimenticate che non so leggere?»
«Non sai leggere… Ma ti illudi di saper far bene i tuoi conti».
Non un’accusa, questa volta, ma una riflessione.  
«Hai condannato un uomo a morte solo per compiacerne un altro che non ti darà mai quello che credi ti abbia promesso…»
Hanna ispirò profondamente e sollevò il mento indignata.
«Non sapete di cosa parlate… »  ribatté, arrossendo violentemente. Il boemo piegò le labbra in un sorriso amaro. Provava pena, per quella ragazza.
«Al contrario di te, io so leggere… e non solo le parole» disse.
Hanna lo squadrò in silenzio, scoprendosi innegabilmente attratta da quello sconosciuto il cui fascino passava dalla cupa intensità dello sguardo al taglio severo delle labbra. Dalle spalle larghe al petto ampio e forte. Un uomo che incontrato altrove avrebbe fatto fremere di piacere e non di terrore.
«Io non vi credo… » deglutì
«Non ti chiedo di farlo» sottolineò lui, «Ma di fare attenzione»
Non vi era alcuna minaccia in quelle parole. Piuttosto una delicata nota di preoccupazione. Hanna ne fu colpita. Quasi ammaliata.
«Allontanati da qui» continuò Ludwig. «Vattene per non tornare» suggerì, freddo.
La ragazza strinse con forza le mani alle gonne. Indispettita e indignata da quelle parole. Ma in cuor suo, qualcosa le diceva che quell’uomo avrebbe anche potuto avere ragione.
Si allontanò. Ripensò a quella mattina al mercato. Al piede che maliziosamente e tempestivamente faceva sparire un pezzo di carta. Allo sgomento di Maddalena Aicardo. Alla soddisfazione letta negli occhi neri e maliziosi di Erasmus. Occhi avidi, occhi rapaci…
Non sapeva chi fosse l’uomo nell’ombra. Quali fossero i suoi rapporti col vescovo. Forse non era altro che qualcuno come lei, qualcuno che dava in attesa di ricevere… Qualcuno capace di instillare nella sua mente un po’ frivola il dubbio che il momento della riscossione non sarebbe arrivato mai…



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IL CONFESSIONALE (ossia, l'angolo dell'autrice):

Eccomi nuovamente calata nelle atmosfere medievali in quel di Rosenburg. Prima di tutto, mi scuso con chi ha dovuto attendere il nuovo capitolo così a lungo e ringrazio tutti per la pazienza e l'incoraggiamento ricevuto in queste settimane. Settimane intense e cariche di lavoro (una parte di questo lavoro lo condividerò volentieri con chi di voi avesse voglia di seguirmi prossimamente) che mi hanno impedito di dedicarmi con la necessaria serenità ai nostri "fanciulli"!

Ora a noi! Se con il capitolo 16 abbiamo inaugurato le avventure dei nostri in questo 20-16, a chi fosse superstizioso non sarà sfuggita la coincidenza (assolutamente casuale!) con il titolo e il numero di QUESTO capitolo: 17! Un po' mette i brividi, non pensate?
Ma veniamo al capitolo... Oltre alla grande emozione di tornare ad occuparmi di questi personaggi (mi erano mancanti tanto, ma tanto), spero di avervi trasmesso anche qualche dettaglio in più... o anche in meno. Per cominciare, apriamo il toto-biglietto e il toto-nominato. Mi spiego:

1 - Cosa ci sarà scritto in quel biglietto?
2 - Chi sarà mai il "condannato a morte"?

Per finire, una curiosità: cosa ne pensate di Ludwig?

Grazie per essere tornati di qua e a presto,
Sabrina!

 
   
 
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