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Autore: Veni Vidi Jackie    15/02/2016    1 recensioni
Matilde, amica (o qualcosa di più?) da più di un anno di Jack, ha da tempo dimostrato con lui atteggiamenti aggressivi. Quando lei troverà l'amore in Frank, Jack verrà prima relegato in secondo piano e poi abbandonato dalla ragazza. Ormai libero, la fine del "regime tirannico" di Matilde dovrebbe farlo stare meglio, ma la gelosia lo dilanierà e ben presto lo farà arrivare sull'orlo della pazzia.
In questa situazione, saranno personaggi assai strani a farlo tornare su di morale!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adesso, Jack, ADESSO!

Seduto al cambio di campo, non faccio che ripetermi di portare a casa il match in questo momento, perché è ora che devo spingere al massimo. Dopo aver vinto 7-5 il primo set, mi ritrovo in vantaggio 5-4 nel secondo, con Leo alla battuta. Se riesco a fare quattro punti la partita è finita.

Fino ad adesso la partita è filata piuttosto liscio per me, forse anche troppo. Il primo set è stato lottato, ma alla fine l'ho portato a casa. Devo assolutamente chiudere 6-4, perché su un eventuale 5-5 può succedere di tutto. Con la coda dell'occhio vedo che sul campo numero 1 le donne hanno finito di giocare: mi auguro che anche la mia finale termini adesso.

Mi alzo dalla panchina e vado a rispondere, tra le urla del pubblico. Quattro punti, Jack, quattro punti. Quattro punti come le quattro stagioni. Chiudi ora!

Leo serve, io rispondo e lui sbaglia subito un diritto: 0-15. Meno tre...meno tre! Forza, Jack!

Il mio sfidante serve di nuovo e stavolta faccio un vincente di diritto, portandomi sullo 0-30. Non mollare ora, Jack!

Il pubblico, percependo il momento importante, grida e si agita sulle tribune. Sento la linea del traguardo farsi sempre più vicina...chiudi adesso! Sii freddo!

Leo, però, fa un servizio vincente, sul quale io riesco a rispondere ma la palla finisce in rete. 15-30, ma sono ancora a due punti dalla vittoria. Mi sposto quindi a rispondere a sinistra: sbaglio una facilissima risposta. Il pubblico esplode in un “ohh” di dispiacere, vedendo la palla morire in rete.

30-30...ancora due punti...ancora due punti! Forza!

- Forza, vecchio mio. -

Mi giro verso destra: dietro la rete che mi separa dal pubblico c'è il mio maestro Gabriele, che mi sorride. Oh, Gabriele! Quanto vorrei sentire un tuo consiglio ora!

Torno di nuovo alla risposta, ma stavolta non devo fare nulla: Leo sbaglia entrambi i servizi, commettendo un doppio fallo. Matchpoint, se faccio questo punto è tutto finito. Tutto, Jack! Tut-to! Non dovrai più pensare alle tre finali perse, mai più! Avrai un titolo in bacheca! Chiudi adesso!

Osservo Leo, che adesso mi pare teso. Serve, ma sbaglia la prima. Prego che arrivi un altro doppio fallo, ma non è così. Rispondo alla sua seconda ed iniziamo lo scambio, che termina con un diritto di Leo in rete.

Mi piego sulle ginocchia, poi mi sdraio a terra. E' finita, ho vinto. Dopo dodici anni di tennis, nove anni di agonismo, due milioni di palline colpite e tre finali perse , alla quarta occasione ho finalmente vinto. Me ne resto sdraiato a terra, con la pancia rivolta in alto e le mani che mi coprono il volto. Non so perché, ma sto piangendo. Anzi, so benissimo perché: per la prima volta sto piangendo di gioia, non di tristezza.

I minuti successivi sono tutti confusi nella mia testa: sento l'ovazione costante del pubblico, poi qualcuno che mi solleva e mi abbraccia: Tom. Il mio amico mi carica sulla schiena e mi fa fare il giro del campo, mentre io saluto la folla. Non posso ancora credere a quello che ho appena fatto. Fino a due anni fa non riuscivo a superare le qualificazioni, adesso mi ritrovo a battere le teste di serie uno e due e a vincere il torneo...non ci posso credere.

Finalmente sul mio trofeo ci sarà il numero uno, non più quel maledetto due.

Tom mi riporta in terra e io corro ad abbracciare tutti i miei amici: Andy, Roy, Sarah, Seneca, Alessandro...tutti. Manca solo Matilde, ma non fa nulla. Questo è il mio momento, non il suo.

Mi vado a sedere sulla mia panchina, mentre le lacrime continuano a scendere dai miei occhi. Come mi sento bene! Vincere non dovrebbe essere così bello, non dovrebbe fare stare così bene.

- Signore e signori, iniziamo la premiazione. -

Non mi sono accorto che al centro del campo è stato portato un tavolino, su cui luccicano diversi trofei. Gabriele sta parlando, circondato da Tacito, Catullo e i rimanenti Romani. Non so perché siano lì con lui, ma la cosa non mi piace.

- Abbiamo avuto anche fortuna che la finale maschile sia praticamente finita in contemporanea con quella femminile, dunque premieremo i giocatori insieme – continua Gabriele.

Sul Campo Centrale, dove io sto ancora seduto sulla panchina, entrano anche la vincitrice e la finalista del torneo femminile. La vincitrice, tra l'altro, immagino che abbia qualche anno meno di me ed è molto carina.

Il pubblico applaude, mentre tutti i giocatori attendono di essere premiati. Gabriele riprende la parola.

- La premiazione femminile sarà fatta dal mio nuovo amico Valerio – annuncia il maestro, facendo avanzare e salutare Catullo. Rido: non è un caso che Valerio abbia voluto premiare le ragazze, solo non capisco come abbia fatto a convincere il mio maestro.

- Buona sera a tutti – inizia. - Innanzitutto premiamo la finalista, ovvero quella scarsa. -

In quel momento Alessandro Magno, Cicerone e così via (che sono tutti intorno il tavolino della premiazione) intonano un “a morte! A morte!”. Il pubblico ride, intuendo lo scherzo. Io, però, non sono così sicuro che sia uno scherzo.

La finalista avanza sul campo divertita, riceve il suo trofeo da Catullo e si concede ai fotografi. Tocca quindi alla vincitrice, accompagnata da un'ovazione degli spettatori ed un timido applauso da parte mia.

- E ora passiamo alla premiazione maschile – annuncia Valerio. - Verrà fatta dal qui presente Marco.-

Cicerone saluta i presenti e si fa avanti.

- Buona sera, che splendida finale! Mancava solo un po' di sangue ed un leone che sbucava da una botola nascosta, ma che finale! -

Gabriele appare dubbioso, sicuramente starà pensando quanto possano essere strani i suoi nuovi amici. Alcuni spettatori si guardano tra di loro, per capire se stia scherzando o no.

- Comunque – prosegue Marco – accogliamo con un grosso applauso quello sciagurato di Leo, che ha perso proprio nell'atto conclusivo del torneo. Che schiappa! -

Il pubblico rumoreggia e Leo avanza irritato a prendere il suo trofeo. Ancora alcune foto di rito, poi è il mio turno.

Cicerone invita tutti al silenzio, poi con fare solenne annuncia:

- E adesso, cari signore e signori, il vincitore del torneo maschile. Umiliato, maltrattato, illuso da una ragazza che gli aveva tolto ogni scintilla di vita, ha saputo ritrovare se stesso e, dopo tre finali perse su tre (sì, pure lui era una schiappa), oggi ha finalmente vinto. Un grosso applauso a Jack! -

Strano, non pensavo di piangere. Non piango a dirotto, ma alcune timide lacrime compaiono comunque sul mio volto. Mi alzo dalla panchina e mi avvicino al tavolo al centro del campo, mentre tutti gli spettatori gridano. Vedo Tom con una bottiglia di vino in mano e gli occhi rossi, Andy con la sua splendida armatura luccicante, Roy che mi rivolge un sorriso sopra di Balio e il piccolo Nick intento a iniettarsi una sostanza dopante nel braccio.

Marco Tullio Cicerone mi consegna il trofeo: è enorme ed è bellissimo. La prima cosa che faccio è controllare la targhetta: voglio assicurarmi che ci sia davvero scritto “vincitore”. Sì, non si sono sbagliati.

- Bravo, Jack – mi dice Marco – sono proprio fiero di te, sappilo. -

Lo ringrazio e lo abbraccio, poi passo a stringere la mano a Gabriele e Catullo. Quindi mi giro verso i fotografi e mi concedo a loro, gustandomi questo momento delizioso. Che soddisfazione! Chi l'avrebbe mai detto? Un tennista scarso come me, che due anni prima ha vinto due partite su sette in dodici mesi, si ritrova a vincerne sei di fila e conquistare un torneo.

Sempre con le lacrime agli occhi, aspetto che le fotografie siano cessate e torno subito negli spogliatoi. Qui trovo Leo, nell'atto di prepararsi per la doccia.

- Bravo lo stesso, eh – gli dico

- Grazie, ma bravissimo tu. -

Non posso fare a meno di notare una traccia di amarezza nella sua voce. Lo capisco: era favorito, era in fiducia, ma ha perso lo stesso. Non ho mai creduto nel destino, ma oggi forse sì. Lui ha vinto il suo primo (e fin'ora unico) torneo nel suo circolo di casa, io ho vinto nel mio. E giusto così. Onestamente, è destino che sia così. Non è bellissimo? Entrambi abbiamo vinto nel nostro circolo di appartenenza. Lo trovo spettacolare.

Mentre Leo si fa la doccia, io non faccio che osservare il mio trofeo. Gli chiedo che cosa sia, da dove venga e che cosa ci faccia nelle mie mani.

E intanto, prego che questo momento non finisca più.

  
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