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Autore: shana8998    19/02/2016    0 recensioni
E se un giorno qualsiasi di una vita qualsiasi, tutto cambiasse?
Se da un momento all'altro ,ogni sorta di regola , patto d'onore , sfumatura di dignità ,venisse infranta e ti ritrovassi nelle mani di un danno tanto grosso quanto stupendo?
Se quel danno così negativo potesse renderti tutta la felicità persa con il tempo?
Se quel danno fosse un uomo persino molto più grande di te?
Tu....Come reagiresti?
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla fine quel Lunedì mattina arrivò.
Mentre mi preparavo mentalmente all'incontro , raggiunsi velocemente la strada e poi ancora la fermata della metro poco lontana dal mio palazzo.
Una volta salita sulla vettura finalmente riuscii a rilassarmi a tal punto da poter ripassare le domande che mi ero preparata accuratamente.
Tirai fuori dalla mia borsa il block-notes dove le avevo appuntate e incominciai a leggerle in silenzio.
Alla terza riga , fui costretta a fermarmi. Avevo paura. 
Non ne avevo mai avuta durante questo genere di cose. Temere un esame , una prova , una qualsiasi faccenda di lavoro non era da me.
Allora perchè le mani mi sudavano così tanto? Forse le parole che mi aveva detto Emily solo qualche sera prima, non erano state d'aiuto.
"Ammesso che riesca ad arrivare al suo studio". Mi ripetei un' ultima volta , poi fui costretta a scendere.
Faceva incredibilmente freddo quella mattina.
L'umidità era palpabile nell'aria ,l'odore della pioggia di ore prima era ancora vivido e pesante.
Caso strano a me piaceva da morire nonostante odiassi con tutta me stessa la pioggia.
"E' il caso che ti muova Anastasia". Mi comandai mentalmente. Ero in orario. Le dieci in punto.
Proseguii così , senza fretta , verso il gigantesco palazzo dalle fattezze moderne sito sull'altro capo della strada.
Entrai spostando l'anta di vetro con la spalla , avevo le mani sin troppo impegnate con tutti quei blocchetti e quei fogli che avevo dimenticato di rinfilare in borsa.
Per un attimo quella scena , quel movimento , io che entro sciatta cercando di raccapezzarci qualcosa in quel marasma di fogli sparsi ovunque fra le mie braccia, mi ricordò quanto fossi imbranata delle volte. L'ansia crebbe ancor di più.
Quando fui totalmente dentro e mi guardai attorno , mi parve di aver cambiato mondo.
Sembrava un emisfero a parte quel palazzo. 
Una navicella spaziale con ogni sorta di aggeggio elettronico.
Luci a led viola e lilla che facevano da corona ai muri panna. Una luce chiara ma non bianca che illuminava tutto l'ingresso. Persino il bancone dove una ragazza aspettava che mi facessi riconoscere , era del medesimo colore.
-Emh..Salve..-. Mi avvicinai impacciata alla reception mentre tentavo con ogni sorta di movimento poco ginnico , di non far cadere nulla dalle mie mani, insomma dovevo farle vedere che avevo tutto sotto controllo dopo tutto, no?
Lei , una tipa tutta "punta e tacco" , mi guardò storto , come se una come me, l'avesse vista solo nei film comici.
-Lei è?-.
-Anastasia Stanford. Cercavo l'avvocato Alexander ..-. Non mi fece nemmeno terminare il suo nome.
-E' via per impegni d'ufficio ..-. Il primo buco nell'acqua.
-Come..Ma io..-. Ripresi un attimo fiato e poggiai disinvolta tutto ciò che mi impediva di parlare nel più fluido dei modi , sbattendo quasi la borsa e tutti i fogli sul legno chiaro del bancone.
-La mia università mi ha mandato una lettera. Mi hanno dato l'incarico di intervistarlo e sulla lettera c'era scritto chiaramente che l'appuntamento fosse oggi alle 10. Adesso può dirmi dov'è il suo studio? Grazie.-. Le ringhiai mantenendo comunque un tono basso.
Mi guardò incredula.
-Ecco bhe...Io non...-. 
La folgorai nuovamente. 
Prese un gran respiro.
-Quindicesimo piano.-. Sospirò come se mi stesse dicendo qualcosa di profano, guardandosi attorno di tanto in tanto.
Le sorrisi falsa.
-Grazie!-. 
Mentre mi dirigevo verso l'ascensore la sentii parlare.
-Lo sai che per questo, perderò il posto di lavoro?!-. Mi strillò quasi isterica.
Le sorrisi beffarda.
-E' così carina , ne troverà di sicuro degli altri!-. Mi voltai poi, senza attendere risposta , anche perchè di sicuro non sarebbe stata gradevole.
Le porte dell'ascensore si chiusero alle mie spalle. Provai un'immensa adrenalina. Il primo passo era stato fatto. Ero riuscita ad arrivare a poco dal suo studio. Ora dovevo sperare di non essere cacciata dalla sicurezza come tutti i miei colleghi , poveri mal capitati.
Le ante tornarono a schiudersi minuti dopo.
"Avanti..Ci sei quasi...". Chiusi per un attimo le palpebre e respirai profondamente.
-Buongiorno...-. L'ennesima voce di donna mi riportò con i piedi a terra.
Un'altra bionda. Bella come il sole. Quell'edificio ne era colmo.
-Salve...Io..Cercavo..-.
-Si lo so, venga pure avanti...-. Sorrise.
Sbigottita mossi qualche passo stentato.
-Si metta sotto quel piccolo led rosso.-. Disse facendomi strada.
Doveva essere quella la telecamera di cui parlava Lily.
-Potete accompagnarla all'uscita dell'edificio.-. Una voce metallica, quella di Alexander, uscì da un microfono poco distante. Mi crollò il mondo addosso. Ero ad un passo da lui. A pochi metri dall'impossibile..
-Ma...Non mi ha nemmeno conosciuta..-.Sussurrai appena, presa da un'immenso sconforto.
-...Mi dispiace signorina. Si può accomodare nell'ascensore..-. La bionda fece marcia indietro dirigendosi all'ascensore per chiamarlo.
"No. Non lo ammetto. Ho lavorato arduamente per questa carriera. Non ammetto che uno stronzo qualsiasi mandi tutto a puttane!".
Strinsi i pugni , ma l'impulso che avvertii nascermi dentro lo avevo distinto chiaramente.
Così quando l'ascensore suonò e le porte sparirono nell'incavo metallico , corsi.
Corsi a perdi fiato verso il suo studio , mentre la segretaria cercava di fermarmi correndomi a sua volta dietro.
"Ho sudato sette camicie per arrivare qui!". Schivai ogni collega di Dragonov con movimenti così fluidi che nemmeno li riconobbi miei.
Finchè non la vidi. La sua porta. Per la frazione di un attimo , il cuore si arrestò. Tutto si cancellò attorno a me. C'eravamo solo io ed il muro che si opponeva al mio obbiettivo.
Proprio quando tesi la mano per afferrarne il pomello, essa si aprì.

Alzai lo sguardo tremante. Lui. Era di fronte a me. Mi guardava con aria intimidatoria.
Restai immobile respirando giusto quel po' per non morire asfissiata.
Era incredibilmente tetro ed al contempo stupendo il suo sguardo, vi lessi dentro il nervoso. La rabbia indescrivibile paragonabile all'indignazione per me. Infondo io ero solo una studentessa spudorata che se ne era stra-fottuta il cazzo dei suoi ordini.
-Lei chi sarebbe?..-. La sua voce era profonda , pulita.
-Anastasia...-. Tremò invece la mia che sembrava più lo starnazzare di un'oca sgozzata.
Distolse lo sguardo , per un attimo mi aspettai un gran sbadiglio di noia da parte sua.
Invece no. 
Sparì dietro l'anta luminosa della sua porta mentre la richiudeva.
-No aspetti!-. Poggiai entrambe le mani sull'anta pulita a specchio , spingendo nel verso opposto.
-Mi dedichi solo dieci minuti...-.
Aprì leggermente di più lo spiraglio fra anta e muro ,scrutandomi con sufficienza.
-Lei non sa quanti sforzi noi studenti facciamo per arrivare sin qui..La prego non li renda vani..-. D'impulso mi venne da piangere. Non lo feci ma la voce oscillò pericolosamente.
-Per favore...-. Ripetei quasi con tono di supplica.
La porta tornò ad aprirsi inaspettatamente sotto gli occhi increduli di entrambe.
Mi lasciò lo spazio per entrare.
-Può andare...-. Fece poi alla segretaria.
Perchè quando ella sentì quelle parole uscire dalla sua bocca , il volto le si scavò dalla paura?
La scrutai finchè la sua immagine non sparì dietro la porta.
Faceva così paura quell'uomo?

-Si accomodi...-. Trasalii voltandomi verso la sua scrivania. Stava tornando a sedersi.
Lily aveva ragione. Lasciava veramente senza fiato. Dalla camicia bianca , candida , si intravedeva un corpo che pochi uomini fortunati possiedono. Scolpito come quello di una statua. Non portava alcuna canotta come invece mi ero immaginata. 
Distraeva intravedere la sua carne nuda coperta da quel tessuto così leggero, ed ogni muscolo flettersi mentre compiva il semplice movimento di tornare seduto.
Raggiunsi una sedia in pelle nera , proprio di fronte alla sua scrivania.
L'ordine in quello studio era impeccabile. Sembrava fosse il set di un film, curato nei minimi dettagli.
Mi guardai attorno_Diciamo più che lasciai che i miei occhi si allontanassero  da lui , volontariamente.
C'era un'ampia vetrata e dava sulla città.. Sembrava di volare guardando fuori. Mi concentrai su quella.
-Inizi pure...-. Tornai a voltarmi di scatto. Alla fine sembrava che la paura che quell'uomo riusciva ad incutere a tutti , era piombata anche su di me..
-...Ecco...Si.-. Abbassai di colpo lo sguardo verso il mio fianco sinistro dove ero certa di trovare la mia borsa.
"Merdaa!". Mi irrigidii violentemente. La borsa non c'era!
Dopo istanti di rintronamento , presi atto della mia impulsività e della stupidità con il quale l'avevo dimenticata nella reception.
"Se ora esco da qui e torno giù non mi farà mai tornare...". Mi resi conto di essere finita nei guai solo quanto presi atto di quel piccolo , gigantesco, dettaglio.
Lo scrutai scoppiando a ridere isterica.
La sua espressione parve cambiare di veramente niente. Era perplesso si , ma il suo viso restava di marmo.
"Devo impattarmela in qualche altro modo...Pensa Ana...". Mi guardai un attimo attorno , gettai poi lo sguardo alla sua scrivania.
-Allora..Sto aspettando...-. Fece ancora lui , secco come la steppa.
Lo sguardo si arrestò su un pezzo di carta. Sapevo che fare.
Mi alzai di scatto e sporgendomi leggermente sulla lastra di vetro nero afferrai appunto lo stesso pezzo di carta ed una matita di fortuna.
Lui continuò a scrutarmi  ed impercettibilmente il suo sguardo si fece stupito.
-Le porrò una sola domanda. Lei risponderà. Io prenderò appunti...E poi la lascerò al suo lavoro..-. Esordì con una sicurezza nel modo di fare sconosciuta persino a me stessa.
Ripresi fiato. Mi ero "sciolta", ero più rilassata di quanto immaginassi.
-Mi parli di lei Signor Dragonov...-. Tornai a sedermi al mio posto. Gli occhi fissi su di lui.
Catturò il mio sguardo e sollevò il viso dalle braccia che serrate sui gomiti , lo sorreggevano.
Mi guardò esattamente dall'alto in basso , ricordandomi che IO ero quella insulsa e comune , e LUI era l'uomo di potere che dovevo rispettare.
Non mi lasciai intimorire seppur il suo sguardo fosse arido, tagliente.
-Non crede signorina Stanford , che la sua domanda sia un po' vaga?-. 
Allora sapeva chi ero!Ne restai totalmente scioccata. Allora non era vero che cacciava chiunque volesse intervistarlo, così alla cazzo di cane...Almeno del nome si informava!
Mi infuocai dalla rabbia.
Era uno sporco, egocentrico , stronzo...Si; una persona pessima. Il genere di persona da cui stare alla larga. Un maniaco dell'ordine , malato , sadico.
"Scommetto che sei scapolo...Secondo me una donna nemmeno mai l'hai avuta..." Pensai con una cattiveria che pochi possono vantarsi di possedere.
-E' una domanda semplice Signor Dragonov. Le domande semplici non le piacciono per caso?-.
Lo stavo sfidando , me ne resi conto solo allora.
Sospirò una risatina sfottente.
-Già..Voi e le domande semplici..-. Si passò una mano sul viso. -Crede che parlare della propria vita , sia semplice Signorina Stanford?-. Mi guardò dritto negli occhi.
Che...Che stava facendo? Rigirava la frittata? Ora era lui il giornalista ed io l'intervistata?Voleva mettermi a disagio?!
-...Ecco..No. E' estramamente delicato come argomento. Ogni persona è a sè ed ha un passato indelebile alle spalle..Non è una domanda da prendere sotto gamba...No..-. Abbassai lo sguardo e la voce piombò  giù con esso. Avevo_come si sul dire_"toppato".
-Non le volevo fare la predica...Mi dispiace...-. I miei occhi rimbalzarono sulla sua figura di colpo.
Che dovevo dirgli adesso? Dovevo scusarmi ? Dovevo andar via?
Sudai a freddo e la tensione parve risalirmi le vene fino ad arrivarmi al cervello.
Schiusi di poco la bocca per dire qualcosa senza nemmeno sapere cosa.
Si alzò.
-Allora voleva sapere di me..No?-.Girò attorno alla scrivania di cristallo nero, voltò la seconda poltroncina di pelle nera e vi si accomodò. Esattamente di fronte a me. Esattamente al mio pari. Aveva accorciato le distanze in un attimo e si era calato nel mondo degli "umani" come se gli fosse stato ordinato,come se, avesse capito il mio imbarazzo.
Il respiro fluì appena dalla mia gola. Mi ritrassi leggermente indietro sulla seduta schiacciandomi allo schienale.
-S...Si esatto..-. Dissi poi , e la mia voce esitò ad uscire.
Sorrise. Era così stranamente dolce quel sorriso...
-Cosa vede quando mi guarda?...-. Perchè era tornato a farmi delle domande? Perchè non aveva iniziato a parlare di se? Mi aveva teso una trappola solo per farmi rilassare e poi subito , farmi ripiombare nell'angoscia più avvilente che conoscessi.
-Un uomo di prestigio. Severo. Autoritario..-. 
Sorrise nuovamente.
-Un sadico tiranno quindi..-. Era ironia? Si stava auto-ironizzando?
Fui sincera.
-Si...Una mezza specie.-. Sentii un" va fuori" tra capo e collo.
Invece no. Mi stupì ancora.
Rise.Rise e mi lasciò del tutto spiazzata.
Sgranai involontariamente le palpebre.
-Sa, lei ha uno strano modo di vedere le persone Signorina Stanford..-.Poggiò entrambi gli avambracci sulle sua ginocchia. Mi guardava dal basso adesso, ed il suo sguardo parve farsi di fuoco. 
Mi sentii soffocare , ma non fu affatto una brutta sensazione. Anzi!
Avvampai e sono più che certa che le mie guance in quell'istante, avessero preso fuoco.
-E' questa l'impressione che da Signor Dragonov..-. Perchè la mia maledetta voce non la smetteva di vibrarmi sulle corde vocali!?
Era uno sforzo disumano cercare di tenerla ferma.
-Le posso chiedere una cosa?-. Dissi impedendogli di pormi altre domande. 
Si sollevò nuovamente.
-Certo.-. Gli avevo rovinato il gioco...
-Cosa succederà alle sue due segretarie?-.
Mi scrutò stupito ma non troppo.
Accennò un brevissimo sorriso che sparì nel giro di un secondo.
-Verranno licenziate.-.
Sobbalzai sul posto.
-Non le sembra ingiusto?-. Continuai calma. 
In realtà gli avrei urlato in faccia che era un maledetto stronzo.
-No. Se non fai quello per cui sei comandata...Non meriti di restare. Questo è il mio punto di vista..-. Rispose con estrema disinvoltura.
Non c'erano dubbi. Era un maniaco del controllo..
-Anche se non sono state loro a portarmi qui?-.
-Anche se non sono state loro a portarla qui..-. La sua voce di punto in bianco si fece calda , profonda. Aveva avuto l'ennesimo cambiamento d'umore. Era quasi incalcolabile il numero di volte in cui lui , Alexander, cambiasse personalità, modo di fare...Di essere.
-Lei è sempre così...Signor Dragonov? Intendo dire è sempre così freddo, calcolatore...-.
-Avido..-. Mi stoppò aggiungendo quell'aggettivo alla coda dei miei.
-Che intende per avido?-.
-Signorina Stanford..Vede.. Tutto quello che la circonda sono stato io a crearlo. Se non fossi così ossessionato dal controllo nulla di tutto ciò sarebbe mio...-.
Era così complesso. Così lontano da me. Così diverso.
Alexander metteva non solo paura , ma anche un profondo senso di impotenza.
Già. Tutto era suo . Lo custodiva con avidità , geloso anche della più piccola sfaccettatura del suo essere.
Tutti erano sue prede...Sue pedine.
-Crede che un giorno, una donna, possa condividere con lei tutto questo?-. Avevo ripreso a scrivere ,ma le mie domande erano mirate e colpivano punti ben precisi.
Rise.
-No, affatto. Nessuna donna si meriterebbe i sacrifici altrui. Ma una si. Una che si sia sacrificata tanto quanto me..-. Sibilò.
Tremò tutto dentro me quando quelle parole sottili mi attraversarono i lobi delle orecchie. Nessun riferimento in quella frase era puramente casuale.
Alzai lo sguardo.
-A quante donne ha permesso di avvicinarsi almeno un pò a lei...?-.
-10...12 ...-. Aggrottai le sopracciglia ed un sorrisetto incredulo disegnò le mie labbra sottili.
-Non aveva detto che non concede lussi a nessuna?..-.
Accennò un sorriso , appena.
-Ho detto che nessuna merita di condividere le fatiche altrui non di soddisfarne i bisogni...-.
Un brivido mi pervase la schiena. Strinsi le cosce serrandole nel più profano degli impulsi.
La sua voce profonda e rovente poi non aiutò.
Avevo capito che ben poche donne avevano fatto parte della sua vita e tutte a scopo sessuale.
-Le chiederei se ha mai amato , ma mi sembra del tutto fuori luogo..-. Feci per alzarmi.
-Già...E' del tutto fuori luogo-. Scesero secondi di silenzio pesante.
-Bhè..-. Alzai lo sguardo dopo aver accostato nuovamente la poltroncina alla scrivania .-  E' stato un piacere..-. Tesi la mano per stringere la sua.
Restai di sasso però, quando , delicatamente , la lasciò scivolare nella sua e vi appose un bacio velato sul dorso.
-Il piacere è stato mio..-. Mi divorò con uno sguardo carico di malizia.
Avvampò ogni parte di me. Bruciavo e non riuscivo a placarmi.
Ritrassi immediatamente la mano dirigendomi frettolosa verso la porta.
-Buon proseguimento...-. Aprii e richiusi la porta in un attimo. Finalmente ero fuori. Lontana.

Dentro quella stanza , per attimi lunghi l'eterità , avevo smesso di respirare. Mi ero estraniata da tutto il resto del mondo , come se nulla al di fuori di quello studio esistesse.
C'ero solo io. C'era lui. C'erano le sensazioni ed i pensieri che si erano accavallati fra loro.
E poi quello che mi creava quell'uomo dentro , fino al basso ventre.
Ingoiai ripetutamente a vuoto ogni qual volta , da quando uscii dal suo studio , fino alla via di ritorno, immagini di lui , dei suoi occhi della sua bocca delle frasi così calde , mi tornavano in mente.
Mi aveva reso indifesa , prigioniera. Mi aveva sedotta ed io cercavo di rifiutare quella remota possibilità con tutta me stessa.
Alexander era in grado di infuocare qualsiasi cosa toccasse, guardasse, baciasse...
   
 
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