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Autore: Phobos_Quake 3    19/02/2016    1 recensioni
Tutti conoscono la leggenda della Dea Atena che si reincarna ogni qualvolta che un nemico minaccia la pace sulla terra e la difende con l'aiuto dei saints al suo fianco. Shun Kurumada, un giovane giapponese, scoprirà ben presto che i saints non sono affatto un mito e, insieme ad altri ragazzi, volente o nolente, entrerà a far parte del loro mondo.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Shun, Chameleon June, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Unicorn Jabu
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Episodio II:
 
La Sacerdotessa Guerriera
 
 


June Ishitani era una bella bambina di dieci anni con lunghi capelli biondi e occhi azzurri come il cielo. Eppure, era sempre triste e odiava la sua vita. Fu abbandonata ancora in fasce davanti al portone di un orfanotrofio. A tre anni fu adottata da una coppia, ma avrebbe preferito mille volte restare orfana perché i suoi genitori adottivi non l'amavano affatto. Sua "madre" soffriva di problemi psichici, mentre suo "padre" era un ubriacone. Spesso e volentieri, i due la picchiavano senza motivo e la cosa era ormai diventata una routine. Ad otto anni, e più di una volta, June  cercò di scappare, ma fu sempre recuperata dalla polizia. Lei tentò di spiegare che era scappata di casa perché i suoi "genitori" erano violenti e cattivi, ma non le crederono. Anzi, i due avevano l'incredibile capacità di essere degli attori incredibili che riuscivano a far credere a tutti di essere dei genitori amorevoli ed esemplari, facendo quindi apparire la bambina come una fantasiosa bugiarda, cosa che in realtà non era affatto così, ma purtroppo, nessuno le credeva. Le uniche cose che le davano un minimo di conforto e le facevano dimenticare le cose brutte della sua vita, erano la musica e i libri. Spesso s'infilava nella biblioteca della scuola e s'immergeva nella lettura oppure prendeva il suo fidato walkman e ascoltava le sue musicassette preferite ad occhi chiusi e la mente completamente sgombra da brutti pensieri. Tra quelle musicassette c'erano, oltre ai gruppi che andavano in quel periodo come ad esempio gli U2, gli Europe, gli Ultravox, i The Cure, i Marillion e gli IQ, c'erano anche gruppi già popolari negli anni settanta come i Rush, i Genesis, i Jethro Tull e gli Yes. A proposito della scuola, come se le violenze dei suoi genitori adottivi non fossero abbastanza, anche lì la povera June non era al sicuro perché era stata presa di mira da un bullo, un ragazzo ripetente di quattro anni più grande di lei, chiamato Kenji. Per questo detestava la sua vita, era spesso triste e malinconica e s'isolava da tutto e tutti. Fortunatamente, da un po' di tempo, Kenji aveva smesso di darle il tormento, ma ciò non significava che a casa sua la situazione fosse, purtroppo, cambiata. Mentre tornava a casa a piedi come sempre, perché in fondo non c'era molta distanza tra le due strutture, passò come sempre accanto a una chiesa abbandonata. June non era mai stata una persona credente, ma quel giorno ebbe l'istinto di entrare in quel luogo e di pregare. Evidentemente ne aveva un disperato bisogno. Era l'ultimo appiglio che gli era rimasto. Pregare per una vita migliore o anche per un semplice miracolo. Il cancello arrugginito era semi aperto, segno che forse c'era entrato qualche barbone, ma a June non le importò molto.
"Se c'è qualche malintenzionato, non m'importa affatto. Magari riuscirà a uccidermi e così questo schifo di vita avrà fine." pensò.
Anche il portone di legno della chiesa era semi aperto, quindi non le restò che varcarne la soglia. Si avvicinò all'altare, dietro al quale campeggiava un grande crocifisso, s'inginocchiò e cominciò a pregare.
-Da quando in qua preghi? Non ti facevo una credente!- disse una voce.
-K... Kenji? Mi hai seguita?- disse voltandosi e cominciando a tremare di terrore.
-Come vedi...-
Kenji, come detto, era un ragazzo di quattordici anni. Aveva un piercing ad anello sul naso, e uno sul sopracciglio destro. I capelli neri erano a cresta di gallo, con le punte viola, indossava un gilè rosso coperto di finti aculei, aveva una maglietta nera con su scritto Sex Pistols, pantaloni jeans sgarrati e scarpe da ginnastica nere.  
-Non... non ti è bastata la lezione dell'ultima volta?-
-Non ti preoccupare per quello. A tutto c'è rimedio!- disse avvicinandosi lentamente con aria minacciosa.
-M... ma perché mi dai il tormento? Si può sapere cosa ti ho fatto?-
-Perché? Non c'è una ragione, è solo divertimento. Il mio divertimento!-
June scattò nel tentativo di fuggire, ma Kenji le afferrò il braccio e la scaraventò a terra.
-L'ultima volta ti sei salvata, ma stavolta non sarai così fortunata!-
-Uccidimi e falla finita una buona volta, allora!-
-Ucciderti? Così poi mi perdo il divertimento? Non ci contare troppo!-
Kenji continuò ad avvicinarsi, mentre June si alzò e restò ferma a tremare.
-Hai qualcosa da dire, prima che iniziamo a giocare?-
June deglutì e poi fece un sospiro.
-Sì, una cosa c'è!-
-Spara!-
June, senza dire nulla, gli diede un calcio ben assestato nelle parti basse. Kenji gemette appena, mentre mise le mani nella parte lesa e s'inginocchiò.
-S... sei una piccola tr...-
Non finì la frase perché June lo afferrò per il retro del gilè e, con una forza che non sospettava minimamente di avere, lo scaraventò contro un piccolo mobile poco distante dall'altare e coperto da un telo bianco. Kenji sbatté violentemente la testa e, prima di svenire completamente, con una mano afferrò il telo scoprendo leggermente il mobile. June rimase senza parole e si avvicinò per accertarsi delle sue condizioni. Respirava ancora, questo significava che era ancora vivo. Da una parte era sollevata da questo, ma dall'altra era anche molto dispiaciuta che non fosse morto.
-Meglio che me ne vada prima che si riprenda...- disse tra sé.
Stava per voltarsi, quando l'occhio le cadde sul misterioso mobile leggermente scoperto. Sembrava fatto di bronzo. Come se qualche forza misteriosa guidasse il suo corpo, June si avvicinò e tolse completamente il telo. Sembrava una grossa scatola, ma la cosa strana era che non era decorata da nessuna immagine sacra, bensì, aveva l'effige di un camaleonte di profilo sotto al quale c'era una leva.
"Che diavolo ci azzecca un camaleonte in un posto del genere? Forse è per questo che era coperto dal telo." pensò.
I suoi occhi, oltre a guardare di continuo quel camaleonte, erano attratti molto da quella leva. Certo, il primo istinto era quello di andarsene e lasciare tutto, eppure c'era una strana voglia di tirare quella leva. Quando sentì i gemiti di Kenji, segno che si stava riprendendo, senza pensarci, e puramente d'istinto, tirò la leva a sé, l'occhio del camaleonte iniziò a brillare, la misteriosa scatola si aprì e fuoriuscì una luce bianca così intensa che costrinse June a coprirsi gli occhi. Quando li riaprì, notò che non era più in quella chiesa abbandonata, ma in tutt'altro luogo, all'aperto, e in lontananza vide tredici templi di architettura greca antica.
-Dove diavolo sono finita? Nell'antica Grecia? Ho scoperto una macchina del tempo e ho viaggiato nel passato?- si chiese.
I suoi occhi, poi, caddero sul misterioso oggetto che aveva davanti. La scatola di bronzo si era aperta e all'interno conteneva una specie di statua bronzea di un camaleonte.
"No... non è una statua! Sembra un... un modellino!"
Continuò ad osservare quel misterioso oggetto per un tempo indefinito, poi si alzò e cominciò a guardarsi intorno.
-Non devo perdere tempo. Devo andarmene di qui prima che sia troppo tardi!-
Se la sua teoria della "macchina del tempo" era esatta, bastava richiudere la scatola, pensare al giorno, mese e anno che si desiderava visitare, e tirare la leva. Quindi iniziò a richiuderla, ma quando stava quasi per finire, una voce la interrupe facendola sussultare.
-Cosa stai facendo?-
Quando June si voltò e la vide rimase stranita. Era una ragazza dai capelli arancioni che indossava un candido peplo dell'antica Grecia, ma la cosa che l'aveva lasciata stranita era il fatto che indossasse una strana maschera senza alcuna fessura negli occhi.
-P... parli la mia lingua?- fu la prima cosa che a June venne in mente di chiedere.
-Sì, esatto, ma non hai risposto alla mia domanda!-
-Ehm... io... io... io ho...-
La ragazza misteriosa guardò la scatola e sorrise, anche se a causa della maschera non si poteva vedere.
-Ben arrivata. Ti stavo aspettando!- disse.
-C... come? Aspettando? Ma cosa stai dicendo?-
La ragazza prese da sotto il peplo un'altra maschera identica alla sua, con una piccola differenza: aveva due lunghi segni viola che scendevano da sotto gli occhi.
-Tieni! Indossa questa maschera. Da queste parti, le ragazze devono portare una maschera sul volto!-
-E da quando? Credevo di essere finita in Grecia, non in Afghanistan!-
-Sì, sei in Grecia, ma in questo luogo le ragazze devono fare così!-
-E questo... "luogo" cos'è? Posso sapere dove diavolo sono finita? E soprattutto, come ti chiami?-
-Marin! E tu?-
-June Ishi...! No, solo June. Il mio cognome non ha importanza!-
Marin sorrise.
-Qui i cognomi non hanno mai avuto molta importanza!-
-Buono a sapersi!-
-Ora, indossa la maschera, poi le tue domande avranno tutte le risposte che cerchi!-
June prese la maschera e la guardò.
-E se mi rifiutassi?-
-Non puoi! È la legge!-
-Legge del cavolo, lasciamelo dire!-
-Mettila e ti spiegherò anche questo!-
-D'accordo, se proprio ci tieni, però continuo a non capire!-
Mise la maschera con un po' di riluttanza. Si aspettò di non vedere assolutamente nulla e invece, quando guardò Marin, notò che la vedeva normalmente come se sul suo volto non ci fosse alcuna traccia di una maschera.
-Questa sì che è davvero curiosa come cosa!- disse divertita.   
A un tratto, la misteriosa ragazza scomparve e June rimase di nuovo senza parole.
-M... Marin? D... dove sei finita?-
Ebbe l'istinto di fuggire. Di correre a più non posso lontano da quel luogo misterioso e molto probabilmente infestato da spettri, ma un'altra voce non glielo permise.
-Rilassati piccolina. Va tutto bene!- le disse un vecchietto sbucato anche lui dal nulla con un abito cinese, che stonava molto con l'ambiente, un cappello di paglia in testa e un bastone da passeggio in mano.
-Oh, no. Un altro fantasma! Devo andarmene di qui e togliermi questa dannata maschera del cavolo!-
-Ferma! Non lo fare!-
-Perché? Perché non dovrei? Sei solo uno stupido fantasma!-
-Non sono un fantasma. Al contrario della povera Marin, io sono sopravvissuto!-
-P... Povera Marin? È proprio il nome di quella ragazza. Allora mi conferma che ho visto un fantasma?-
-Non era un fantasma, ma un'illusione creata da me!-
-L'ha creata lei? Per quale motivo? Maledizione! Ho troppe domande in testa ed è tempo che qualcuno mi dia delle risposte!-
-Calmati e le avrai. Fidati di me!-
June avrebbe voluto colpirlo sui gioielli come aveva fatto con Kenji e fuggire via, ma quando i loro sguardi s'incrociarono, la ragazzina fece un sospiro e si sedette in terra con le gambe incrociate.
-Inizia a parlare, vecchio! Ti ascolto!-
-Innanzitutto lascia che mi presenti: Sono Doko, il gold saint della costellazione della bilancia!-
June rimase in silenzio per qualche secondo, poi parlò.
-Perché mi racconta frottole? Se non sa dirmi dove mi trovo e perché, faceva prima a dirmelo senza tirare in ballo cavolate mitologiche!-
-Ma è vero! Ti trovi al Santuario, il sacro luogo dominato da Atena e i suoi saints. Tu ed io, appunto, siamo saints!-
-La smetta, lei è anziano, quindi non ha più il cervello sano come una volta! Il Santuario, i saints e Atena che si reincarna solo soltanto un mito!-
-Ti posso assicurare che ti sto dicendo il vero. Quello lì, dopotutto, è un cloth. Più precisamente, è il bronze cloth della costellazione del camaleonte. Il fatto che tu ti trovi qui significa che hai aperto la Pandora's Box che lo conteneva. Solo i saints possono aprirla ed essere teletrasportati qui al Santuario. Nessun altro può riuscirci!-
-Mi sta dicendo che non è semplicemente un caso il fatto che l'abbia trovato, ma che c'entra tipo il destino? Assurdo! Non... non ci credo!-
-Il tuo cuore dice diversamente. Lui sa che è vero!-
-Quindi io... io sarei la bronze saint del camaleonte?-
-Sì, ma solo quando imparerai a controllare il cosmo e ci vorrà molto tempo e un duro allenamento per farlo. Ovviamente...-
-B... basta!- lo interruppe bruscamente.
-Non voglio sentire più un'altra parola!-
-Questo sarebbe un no?-
-Ha capito bene!-
-Maestro!- gridò la voce di un bambino.
-Chi...?-
June guardò il bambino avvicinarsi e indietreggiò leggermente.
-Sh... Shun...- sussurrò.
-Che succede Shun?- chiese Doko.
-Nulla, ma siccome Dedalus, prima di svanire, ha detto che era arrivato un altro saint, son venuto a vedere. Ho fatto male?-
-No, affatto. Ti presento la futura bronze saint della costellazione del camaleonte. Si chiama...-
-H... Hey, ferma! Cosa fai? Non toglierti la mas...- disse Shun senza finire la frase perché, ormai, era troppo tardi.
June se l'era già tolta e Shun, nel vederla, rimase a bocca aperta.
-I... Ishitani... cioè... June? Sei... sei proprio tu?-
-No, sono un'illusione creata da questo vecchio! Certo che sono io. Non mi riconosci? Eppure son passati solo pochi giorni! Sono così cambiata?-
-Voi due... vi conoscete?- chiese Doko.
-Sì, maestro! Lei viene dalla mia stessa scuola. Il nostro incontro avvenne alcuni giorni prima che mio padre morisse. June era la vittima preferita di un bullo chiamato Kenji. Questa cosa accedeva di frequente e siccome ero stanco di vedere che nessuno la difendeva...-
-Scusami... Come sarebbe a dire che nessuno la difendeva? Neanche le maestre o i maestri intervenivano? Per quale motivo?- chiese Doko sbalordito.
-Perché è figlio di un riccone. Nessuno ha il coraggio di mettersi contro di lui e di avere quindi il padre come nemico. Solo un docente ha avuto le palle nel bocciarlo più di una volta, peccato che alla quarta bocciatura, fu licenziato per aver avuto il torto di essere stato coraggioso!- intervenne June.
Doko rimase senza parole, poi fece cenno a Shun di continuare.
-Dicevo: siccome ero stanco di vedere che nessuno faceva nulla e si voltavano dall'altra parte, anche se non ero un tipo coraggioso, quel giorno decisi di prendere le sue difese, mi scontrai con Kenji e dopo una dura lotta, riuscii a metterlo fuori combattimento. Certo, ci guadagnai un bell'occhio nero e qualche graffio, ma mi creda... ne valse la pena. In infermeria, June venne a farmi visita per ringraziarmi ed è da lì che ci siamo conosciuti!-
Detto questo, guardò June e le sorrise. Anche lei ricambiò il sorriso, poi le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi.
-Nessuno... nessuno era mai stato così gentile con me. Ho sempre odiato la mia vita a causa di orrendi genitori adottivi che non mi amano affatto e di quel maledetto figlio di papà di Kenji. Shun è stato... è stato l'unico raggio di sole che ha illuminato le tenebre nel mio cuore!-
Doko le sorrise e le accarezzò il viso. Dopodiché, June abbracciò il piccolo saint di Andromeda e anche lui la abbracciò timidamente.
-Ora... ti spiace rimetterti la maschera?- le chiese.
-Mpf! D'accordo come vuoi!- disse sbuffando scherzosamente.
-Avrei altre domande!- aggiunse.
-Dicci!-
-Conosco il mito dei saints grazie al libro preferito di Shun, ma... non eravate ottantotto?-
-Lo eravamo. Sono morti tutti durante l'ultima guerra sacra di duecentocinquanta anni fa e i loro cloth sono andati completamente distrutti. Solo sei bronze cloth sono rimasti intatti!-
-Quindi io e Shun siamo due di quei sei!-
-Esatto!-
-E la dea Atena? Non dovrebbe essere già rinata?-
-Di solito, quando Atena rinasce, il suo neonato corpo umano compare sotto i piedi della grande statua della dea che si trova all'esterno del tredicesimo palazzo, ma questa volta non è accaduto. È sicuramente rinata al di fuori del Santuario perché il suo cosmo ha ricreato la barriera che ha sempre avvolto e protetto il Santuario. Purtroppo l'azione è stata così rapida che mi ha impedito di avvertire bene da dove provenisse!-
-Ho capito. Ora dimmi, Shun, che costellazione hai tu?-
-La costellazione di Andromeda!-
-Andromeda? Ma scusa, non sei un maschio?-
Doko rise.
-Quel cloth è stato creato appositamente per un maschio!-
-Beh, chi l'ha progettato, secondo me, era ubriaco!- disse June ridendo.
-Non hai tutti i torti!- dissero Shun e Doko ridendo.
Una volta finito di ridere, Doko e June si fecero seri.
-Dunque, ora che conosci la storia, dimmi... vuoi diventare la nuova bronze saint della costellazione del camaleonte? Naturalmente non sei costretta ad accettare se non vuoi. Io non voglio forzarti!-
June sorrise.
-Ha sentito la mia storia no? Ho due genitori schifosi che non fanno altro che picchiarmi, quindi preferisco mille volte fare un allenamento duro e diventare la saint del camaleonte piuttosto che tornare da loro! Sono con lei, maestro!-
Doko tornò a sorridere.
-Molto bene. Come ho detto a Shun, non sarò io ad allenarvi perché mi mancano certe abilità.-
Dal nulla ricomparve l'illusione di Dedalus di Cefeo.
-Però, come è sempre stato dai tempi del mito, anche tu, come Shun, sarai allenata da Dedalus, il silver saint della costellazione di Cefeo!-
-Ho capito! Ah, giusto! Ho un'ultima cosa da chiedere!-
-Dimmi!-
-Come mai devo indossare questa maschera?-
-Il mondo dei saints, fatta eccezione per la dea Atena, è sempre stato prevalentemente maschile, quindi la legge impone a tutte le ragazze che vogliono diventare saints di rinunciare totalmente alla propria femminilità e di conseguenza devono indossare quella maschera come una sorta di... chiamiamolo "marchio" che dimostra la loro rinuncia. Chiunque veda il volto di una saint, la guerriera ha due opzioni: ucciderlo o amarlo!-
June rimase ammutolita.
-Questo... questo non c'era scritto nel tuo libro, Shun!-
-Non è colpa mia...- disse lui mortificato.
-Comunque... non ti avrei mai ucciso. Non avrei mai potuto. Mi hai salvato la vita e messo pace nel mio cuore, dopotutto!-
Lui sorrise e sospirò col pensiero. In fondo, temeva che un giorno l'avrebbe sfidato a duello e non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontarla. Neanche sotto tortura. June si ritolse  a sorpresa la maschera, gli diede un bacio sulla guancia, gli fece l'occhiolino e la rindossò.
-Bene, Possiamo anche cominciare, maestro Dedalus!- disse poi.
Dedalus, e contemporaneamente anche Doko, sorrise.
   
 
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