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Autore: Hermione Weasley    21/02/2016    2 recensioni
“Non siete il primo che è venuto a vedere la strega,” alluse, il sospetto vivissimo.
“Io non credo alle streghe,” non poté fare a meno di sottolineare, vagamente risentito dall'essere stato accomunato ai superstiziosi babbei del villaggio.
“Però siete venuto a vederla comunque,” la ragazza non voleva proprio mollare il colpo. Si sentì messo alle strette, innaturalmente indispettito.
“Ero curioso.”
“Quindi ci credete.”
“No, che non ci credo. Questo posto è piccolo e gli estranei sono sempre fonte di curiosità, non vi pare abbastanza?”
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XVIII secolo. La vita di Clint Barton, figlio adottivo dell'eccentrico lord Phillip Coulson, cambia radicalmente quando una presunta strega viene ad abitare nel bosco vicino alla villa della famiglia. Clint dovrà fare i conti con la superstizione, gli obblighi, le responsabilità e forze in gioco molto più grandi di lui.
[1700 AU] [Clint/Natasha] [apparizioni di tutti gli Avengers + alcuni personaggi di Agents of Shield] [COMPLETA]
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23
~

 

 

I santi della cattedrale sembravano puntare loro addosso le orbite vuote dei loro occhi di pietra, incombendo sulla piazza deserta con cieco livore.

Barney scoccò loro una lunga occhiata, sfidandoli apertamente a distogliere lo sguardo per primi, come se la colpa dei suoi piani andati in frantumi potesse ricadere su quell'esercito di fredde statue. Avrebbe voluto riversare loro addosso tutta la bile del suo fallimento, prenderli a male parole e sfogare la sua rabbia per la piega inaspettata che avevano preso gli eventi.

Ma dentro di lui c'era già la consapevolezza che non poteva sfuggire al fato e forse già esisteva quella della sconfitta, un tarlo invisibile che l'aveva rosicchiato da dentro, rendendo tutta quell'immane messinscena un colpo nel vuoto, un'impresa fallita in partenza.

Non sentì Clint che parlava e ritornò coi piedi per terra solo quando il fratello lo scosse bruscamente. L'irrefrenabile voglia di colpirlo al volto sorse e raggiunse il suo picco in un misero secondo prima di acquietarsi di nuovo. Faceva ancora fatica a convivere con l'idea che suo fratello fosse davvero lì, fatto di carne ed ossa, dopo che per tanti anni non aveva fatto altro che fantasticare sul loro incontro, prima con impazienza e poi con sordo odio.

“Come facciamo ad entrare?” Clint ripeté per quella che Barney suppose essere la seconda volta.

Alzò gli occhi sulle tre enormi porte d'accesso della cattedrale, quella centrale più ampia delle altre due, tutte sigillate per la notte.

“Solitamente una porta va aperta... e poi ci passi attraverso,” si sentì suggerire prima ancora di avere il tempo di formulare una risposta sensata.

Avrebbe voluto rimandare all'infinito il momento in cui gli avrebbe mostrato come contattare gli uomini della lega dell'Idra, eppure dentro di sé già sospettava che prima o poi avrebbe ceduto. Era una cosa che gli capitava spesso e che lo faceva uscire di testa: figurarsi con esattezza come sarebbero andate le cose, ma tentare comunque il tutto per tutto, muoversi ostinatamente contro la corrente delle proprie percezioni. Era stupido e insensato, ma da anni ormai non era più capace di combattere contro se stesso e la precarietà dei propri desideri.

La parte di lui in costante lotta contro il destino prendeva sempre più il sopravvento con ogni anno che passava; la necessità di sconfiggere i pronostici, di soffocare le proprie sensazioni, era andata ingrossandosi come un fiume di attimo in attimo, gli argini che a malapena riuscivano ancora a reggere la furia di una piena che non sembrava aver intenzione di placarsi tanto presto. Magari l'idea era quella di annientarsi definitivamente in quel gioco senza sbocchi, alla disperata ricerca di una pace qualsiasi. Di un po' di quiete per quella sua mente vessata da migliaia di pensieri assillanti e avviluppati gli uni agli altri in una catena senza fine.

“Molto divertente,” commentò sarcastico il fratello. “Come facciamo ad entrare?” Glielo ripeté ancora e Barney avrebbe voluto tacere. Fargli scoprire da solo che bussare ad uno di quegli enormi portoni gli avrebbe fatto guadagnare una condanna a morte certa perché con l'Idra aveva stabilito altro.

E invece si ritrovò a parlare sull'onda di un'irritazione implacabile.

“Sai cos'è divertente? Che tu sia così stupido da fidarti di una uscita da quel buco di merda della Stanza Rossa.”

Avrebbe potuto ubriacarlo di parole. Dopotutto era quello che l'istinto gli suggeriva di fare, perché confondere il suo fratellino a suon di stronzate era stata la sua specialità quando non erano altro che due mocciosi sudici e affamati. E anche adesso che le cose erano tanto diverse, la presenza di quella donna disturbava profondamente il suo equilibrio interiore: era una figura estranea al quadretto che si era figurato, non aveva niente a che vedere né con lui, né con Clint e allora perché diavolo si permetteva di stare tanto nel mezzo?

Strinse i pugni immobilizzati nel mozzicone di corda con cui era stato legato e fece forza, incurante del raschiante bacio del legaccio sui polsi. Gli sembrava una punizione sufficiente, perché un pensiero insopportabile era appena riaffiorato alla sua coscienza, ricordandogli che quella sconosciuta era stato lui stesso a tirarla in mezzo.

Si fermarono a pochi passi dal portone di sinistra, Clint visibilmente indispettito dalla situazione, la rossa completamente imperturbabile. Gli dava noia vedersela sfuggire davanti agli occhi, il non riuscire ad inquadrarla, il non ritrovare nei suoi ricordi un appiglio per decifrarla. Di appigli Clint, invece, gliene dava a iosa. C'erano tante cose che credeva di aver definitivamente dimenticato eppure erano ancora lì, annidate in un remoto angolo della sua testa in attesa di tornargli utili.

Aveva passato talmente tanto tempo a rivangare il passato, a starvi immerso come in una pozza stagnante che conosceva palmo a palmo, da aver perso di vista la fisionomia originaria delle cose. Sapeva di aver manipolato tanto a lungo i propri ricordi da renderli irriconoscibili, da plasmarli in altro, i segni del rancore stampati su ogni memoria che andava e tornava e che adesso non coincideva più con la realtà.

Clint, quel Clint che aveva tenuto dritto dopo dodici ore di cammino ininterrotto, quel Clint a cui aveva insegnato come spellare uno scoiattolo – una lepre o un coniglio se erano stati particolarmente fortunati, ma erano un lusso raro in quei giorni – o a filtrare alla meno peggio l'acqua potabile... il Clint della sua testa non aveva più niente a che vedere con l'uomo che lo teneva saldamente arpionato al braccio.

La delusione di vederselo davanti, adulto fatto e finito, ancora tutto intero, ancora vivo e solido nonostante la sua assenza, nonostante la mancanza del suo costante aiuto – lo stesso che l'aveva sostenuto per anni – gli aveva fatto bruciare le viscere. Non sapeva cosa si fosse aspettato di preciso, ma la voglia di ritrovarlo disfatto, sconfitto, a pezzi l'aveva cullato per tante e tante notti, a convincerlo che il distacco non aveva distrutto solo lui, ma anche il fratello. Che la sua fuga per aver salva la pelle, la vigliaccheria con cui se n'era andato dal bollente incubo dell'incendio, non l'aveva salvato proprio da niente. Che era caduto dalla padella alla brace, che non era stato lui il solo a pagare per i peccati di quella notte.

Ma sapeva, adesso, che non era successo niente del genere. Che all'inferno – quell'inferno che credeva di aver abitato, seppur parallelamente e a distanza, insieme a Clint – c'era stato solo lui. Che il caos che gli imperversava tra gli occhi apparteneva a lui soltanto. Che il tempo e le esperienze divergenti avevano scavato una trincea lunga chilometri e profonda altrettanto a separarlo da quello sconosciuto che gli assomigliava così tanto.

“Sono contento che la mia idiozia sia per te continua fonte di sorpresa e meraviglia,” lo canzonò in risposta, ma si vedeva lontano un miglio che non aveva voglia di perdersi in chiacchiere. “Potrai ridermi in faccia quando e se Natasha deciderà di tradirmi.”

“Di nuovo,” si sentì di sottolineare. L'attaccamento a quel ridicolo parruccone truccato che gli aveva fatto scampare la forca lo offendeva ad un livello talmente profondo da fargli girare la testa.

“Non è questo il momento,” lo zittì ancora. “Come facciamo ad entrare?”

Serrò le labbra e tacque perché l'idea di quel protettore che era arrivato a sostituirlo nel ruolo di difensore del fratello lo faceva imbestialire, il fastidio così concreto da artigliargli lo stomaco a più riprese.

“C'è un ingresso laterale che conduce alla sagrestia vecchia,” suggerì la donna.

L'occhiata furibonda che le lanciò dovette tradire la sua giusta intuizione perché Clint lo spronò a incamminarsi sul lato cui la rossa aveva alluso. Si maledì con violenza, riprendendo a torturarsi i polsi sulle corde troppo ben annodate per sperare di slegarle con la sola pressione dei propri muscoli – gliel'aveva insegnato lui, a fare i nodi migliori. Non era esilarante il modo in cui le sue stesse azioni, a distanza di anni, tornavano a fotterlo tanto platealmente?

“Dev'esserci un modo per assicurare a chi sta là dentro che stiamo dalla loro parte,” puntualizzò evasivamente il fratello. Ovviamente il modo c'era, ma non gliel'avrebbe confessato neppure tra un miliardo di anni. “Non hai più nulla da perdere, Barney.”

“Non chiamarmi così.” Sentirgli quel nome in bocca lo faceva avvampare di rabbia, gli scatenava addosso un terremoto che lo sconquassava da capo a piedi, attivando ogni singola terminazione nervosa.

“Non hai più nulla da perdere, scemo. Così va bene?”

Barney alzò gli occhi al cielo scuro e ancora offuscato dal fumo dei fuochi d'artificio, ma non disse niente.

“Vi hanno lasciato la parte più inutile del piano, te ne rendi conto?” Riprese Clint mentre avvicinavano la porta della sagrestia sul lato più buio della cattedrale. “Pensi davvero che avrebbero condiviso la gloria del colpo di stato con dei criminali comuni?”

Per quanto si sforzasse di far finta di niente, le parole del fratello lo sferzarono impietose.

“Per cosa te la sei presa? Per il colpo mancato o per i criminali comuni?”

“Me la prendo perché sei un fottuto coglione.” Risolversi alle offese era la reazione più spontanea, quella che gli veniva senza starci a pensar troppo.

“Non ti ricordavo così adorabile.”

“Non ti ricordavo così brutto.”

“E questo, adesso, che cazzo c'entra?”

“Mi andava di dirtelo.”

“Perché non ti fai venir la voglia di dirmi come si entra nella sagrestia?”

Sigillò di nuovo le labbra per impedirsi di rispondere... e rieccolo il sospetto sempre vivo che gli faceva mettere in dubbio la sua stessa risolutezza. Il sospetto che prima o poi avrebbe parlato, avrebbe ceduto. Perché a quel suo stupido fratellino non riusciva a dir di no, non troppo a lungo almeno.

“Tienilo sotto tiro.” Stavolta era stata la donna a parlare e ad intromettersi. Ancora.

Guardò Clint scoccarle un'occhiata confusa, ma poi farsi determinato e annuire. Lo trascinò proprio davanti alla porticina sbarrata dall'interno e si fece leggermente da parte, coperto dalle tenebre che abbracciavano i fianchi della cattedrale. Sentì la corda dell'arco tendersi, lo stelo della freccia scricchiolare del tutto impercettibilmente.

La donna gli rimase sull'altro lato e quando Clint fu in posizione ricevette il via libera per bussare – tre forti colpi sulla superficie di legno massiccio.

Barney se li sentì rimbombare fin nello stomaco mentre anche la rossa si lasciava inghiottire dal buio per far sì che l'unico allo scoperto, e per di più con un dardo acuminato puntato addosso, fosse proprio lui. Trattenne il respiro, sforzandosi di apparire tranquillo. Sapeva fin troppo bene che l'intero corpo armato dell'Idra era stato allertato l'attimo in cui i colpi avevano percosso la porta. La guardia di stanza all'ingresso aveva segnalato ad una più in alto, quella alla vedetta sul tetto della cattedrale, e quella ancora alla vedetta stazionata sul tetto del palazzo proprio dirimpetto alla porta della sagrestia. L'oscurità era decisamente dalla sua, ma anche un tiratore inesperto avrebbe potuto localizzarlo alla meno peggio.

Avvertì dei passi, dapprima leggeri e poi sempre più pesanti e strascicati. La celata della porta si aprì bruscamente facendo tremare i cardini e lo scintillio di un paio d'occhi arcigni si disegnò nel rettangolo nero.

“Va' via, pezzente, non abbiamo niente da dare stasera,” comandò perentorio.

Barney sentì i nervi tendersi di nuovo in una contrazione improvvisa, ma non disse niente.

“Ho detto va' via,” insisté la guardia. “Mi hai sentito, sporco bifolco?”

Le parole gli premevano contro la gola, spingendo per uscire, per convincerlo a pronunciarle e cedere alle richieste del fratello. Se solo ci fosse stato qualcun altro dietro quella fottuta grata, se solo l'avesse aiutato ad ignorarlo...

“Se non te ne vai entro cinque secondi, giuro ch-”

Hail Hydra,” formulò lentamente con la fatalità di quelle stupide sillabe che gli scivolarono giù di bocca per sancire la sua sconfitta.

Gli occhi sembrarono immobilizzarsi e poi una smorfia deformò lo spazio che li separava, subito seguita dall'inconfondibile rumore di uno sputo. Gli parve di avvertire i respiri trattenuti di Clint e della donna che lo affiancavano nell'ombra mentre la porta si apriva con un cigolio distante.

“Sei uno dei tirapiedi di Prickspot?” La guardia si era rivelata essere un omone alto e ben piazzato, tanto muscoloso quanto grasso, con una rada barba biondiccia sparsa sulle guance molli.

“Proprio uno di quelli,” confermò muovendo un passo oltre la soglia nera.

Aveva deciso di colpirlo nel momento esatto in cui gli aveva dato del pezzente e adesso che ce l'aveva davanti non poteva proprio esimersi dall'abbandonarsi a quella necessità impellente che gli faceva pizzicare i pugni chiusi. Ma vedendosi privato del suo gancio destro, non poté far altro che usare la testa. Letteralmente.

Prese una breve rincorsa e lo colpì con una violenta testata dritta sul setto nasale che scricchiolò sinistramente fino a rompersi del tutto. L'uomo indietreggiò per il contraccolpo e mise mano alla spada appesa alla cintura che gli pendeva di sbieco sopra le gambe.

Gli parve di avvertire qualcosa nell'aria, uno spostamento ridicolo, ma bastò quello per fargli fare un passo di lato e liberare così la linea di traiettoria per la freccia di Clint.

Il dardo provvidenzialmente scoccato trovò il proprio obbiettivo nel collo della guardia. Barney lo guardò accasciarsi a terra in un gorgoglio indistinto che affogò le sue ultime parole.

Clint invase il suo campo visivo fatto di ombre e sagome a malapena distinguibili. Lo scrutò mentre rivolgeva una riluttante occhiata al cadavere per poi costringersi ad indirizzarne un'altra verso di lui.

“Da che parte?” Chiese soltanto, estraendo la freccia dal suo bersaglio.

“Continuo solo se mi sleghi,” la condizione era talmente inaspettata che sorprese anche se stesso.

“Non credo sia la cosa più saggia da fare, Prickspot.”

Il nomignolo deformato gli riempì le orecchie di uno stridore insopportabile.

“L'hai detto tu che ci avrebbero comunque escluso dai frutti di questo... colpo di stato del cazzo,” si sentì ribattere.

“Adesso mi dai ragione?”

“Non ti sto dando ragione. Ormai mi avete messo in questo fottuto guaio, il minimo che posso fare è cercare di uscirne vivo,” stabilì, anche se non era del tutto sicuro che fosse davvero quello il caso.

Il fratello ebbe a malapena il tempo di cercare i suoi occhi che l'oscurità nell'androne si fece totale: la donna aveva chiuso la porta per non destare sospetti.

“Dobbiamo darci una mossa,” sussurrò inudibile. “Qualcuno ci verrà incontro.”

“Grazie al cazzo,” le rispose brusco. Non aveva tempo per chi si dilettava di ribadire l'ovvio.

“Dammi un coltello,” le si rivolse Clint, scuotendosi dal pensieroso silenzio in cui era piombato.

Gli sfuggì un microscopico sorriso mentre il fratello lo faceva voltare per tagliare le corde che gli bloccavano i polsi.

Si chiese se avesse davvero intenzione di aiutare lui e quella spostata della Stanza Rossa a salvare il parruccone incipriato che gliel'aveva portato via. Avrebbe piuttosto volentieri combattuto per far sì che non accadesse niente del genere, ma l'oscurità sembrava impastargli le idee, oltre che i movimenti. Anche il desiderio di rivalsa su quella setta di assetati di privilegio gli bruciava nello stomaco: si era mescolato a quella gente con obbiettivi nebulosi e adesso era pronto a tradirli per ragioni altrettanto indefinite. Per superbia, o orgoglio... forse erano il conflitto e la volontà di ribaltare i pronostici le uniche molle di propulsione che lo spingevano ad andare avanti. E adesso il conflitto con Clint era impallidito di fronte alla fervore del fratello nel ritrovare il suo prezioso padre adottivo – era una battaglia, quella contro di lui, che avrebbe combattuto da solo.

I legacci si afflosciarono a terra e Barney si accodò a Clint e alla donna che si erano appena fermati sulla soglia della sagrestia. La stanza era pressoché immersa nel buio più totale, illuminata da una singola candela ormai sul punto di consumarsi del tutto.

“Quanti sono?” Domandò la rossa, rivolgendosi direttamente all'arciere.

“Uno alla finestra, uno in piedi vicino alla porta in fondo e un altro addormentato... seduto sul lato opposto,” elencò rapido.

“Mi prendo quello seduto,” si offrì volontario Barney. “Che c'è?” Indovinò l'occhiataccia dell'altro. “Sono disarmato nel caso non te ne fossi accorto.”

“Me ne sono accorto, tante grazie.”

“Allora di che caz-”

Clint l'afferrò bruscamente per un braccio perché le chiacchiere avevano esasperato la donna che era entrata in azione senza aspettare alcun invito.

Si mossero rapidamente, divergendo nelle tre direzioni assegnate in un silenzio di tomba. Con la coda dell'occhio vide la donna correre muta e silenziosa verso il suo obbiettivo: gli saltò addosso per sorprenderlo alle spalle, spezzandogli il collo prima che potesse rendersi conto di cosa stava per succedere. A Clint aveva lasciato la guardia più lontana, quella vicina alla porta, e allora bastò una freccia ben assestata in mezzo alla fronte per assicurarsi che non parlasse prima di morire. Furono talmente rapidi che nessuno dei due uomini dell'Idra ebbe il tempo di realizzare cos'aveva colpito l'altro.

Barney, per conto suo, non poté far altro che portarsi alle spalle della guardia che sonnecchiava nella sedia, recuperare un candelabro carico di mozziconi spenti appoggiato sul mobile a ridosso della parete, e colpirla violentemente alla testa. Sentì il sangue schizzare dalla ferita, imbrattare i capelli stopposi dello sconosciuto, ma non se ne curò. L'importante era averlo messo fuoriuso senza che avesse avuto il tempo di allertare quei gran figli di puttana dei suoi compari.

“Muoviti!” Il sibilo di Clint, già proiettato verso la porta che li avrebbe immessi nell'ampio spazio della chiesa vera e propria, lo costrinse a focalizzare.

Fece per seguirlo, ma uno scricchiolio sinistro riempì l'aria proprio mentre muoveva il primo passo. Si fermò e pestò il piede nel punto in cui l'aveva poggiato. Ottenne ancora un leggero rimbombo.

“Che cazzo fai?” Di nuovo il fratello che veniva a rompergli le palle.

“Non ti pare un tantino strano che questo ciccione fosse seduto proprio in questo punto?” Erano costretti a bisbigliare, ma era come se si stessero urlando contro. Colpì di nuovo il pavimento provocando quel medesimo rumore sordo e poi guardò Clint perché secondo lui la cosa si spiegava da sola.

“C'è un passaggio là sotto,” completò la donna per lui.

“Pure lei è meno stupida di te,” sottolineò Barney che ancora teneva lo sguardo fisso sul fratello. Avrebbe voluto che Clint si fidasse ciecamente di lui, proprio come faceva quand'era piccolo, avrebbe voluto essere degno di quella fiducia e allo stesso tempo il desiderio di tradirlo e fargliela pagare gli faceva pulsare il sangue più rapido nelle vene. Si sentiva come se lo spazio occupato dal suo corpo fosse il punto di convergenza di due correnti opposte, contrarie, d'acqua fredda l'una, calda l'altra, che arrivavano a mescolarsi in gorghi violenti e impossibili proprio al centro della sua persona, rendendo improbabile un qualsivoglia equilibrio. La tensione tra i due estremi era tanta e a Barney pareva di essere come spalmato su una distanza troppo ampia, i muscoli e i nervi tesi e contratti per lo sforzo di racchiudere troppi stimoli diversi e inconciliabili.

“Aiutami a spostarlo invece di offendermi,” lo esortò Clint che aveva infilato il braccio nell'arco per aver libere le mani e spostare di peso la guardia abbandonata sulla sedia.

L'aiutò nell'operazione mentre la donna si occupava di tirar via il tappeto pregiato e sbiadito che ricopriva il pavimento lercio diviso a scacchi bianchi e neri. Una porzione composta da sei mattonelle era visibilmente in evidenza rispetto alle altre. Barney non attese alcun via libera e si inginocchiò a terra per spostare la lastra, ma scoprì che non ce n'era bisogno. Bastò fare pressione verso il basso perché un meccanismo si attivasse col rumore del marmo che struscia sulla pietra, e il coperchio bianco e nero si ritirò lentamente come per magia, rivelando uno stretto passaggio che scendeva verso il basso.

“Chi si offre volontario per scendere all'inferno?” Domandò indicando il cunicolo con un dito.

“Ottima idea, Barney, fatti avanti.” Clint gli fece cenno di infilarcisi e Barney attese che la rabbia lo invadesse di nuovo... ma non successe.

“Fantastico,” commentò secco. “Posso avere almeno qualcosa con cui difendermi?”

“Ti difendo io.”

“Mi stai mandando avanti in un buco di merda!”

Un improvviso spostamento d'aria accanto a loro li avvertì che, di nuovo, la donna aveva ceduto all'impazienza e si era calata nel passaggio senza pensarci una volta di più.

“Bravo,” si complimentò Clint, ribadendo l'ordine di calarsi nel cunicolo. “L'hai fatta incazzare.”

“Quella è sempre incazzata,” si giustificò Barney mentre obbediva alle insistenze del fratello e si pigiava a forza nel pavimento.

Un odore di terra, umido e acqua santa gli riempì il naso non appena toccò terra. Le pareti strettissime erano illuminate da rade torce che dovevano essere state accese non molto tempo prima, segno che qualcuno si era servito della scorciatoia per raggiungere le cripte.

Seguì la rossa che gli camminava davanti; il rumore dei passi di Clint alle sue spalle si mescolò al cigolio pietroso con cui la botola doveva essersi richiusa automaticamente. Un brivido gli corse giù per la schiena.

Proseguirono per svariati metri, assecondando lo snodarsi e il progressivo abbassarsi del passaggio finché alla terza o quarta svolta non apparve uno sbocco che metteva bruscamente fine alla strada. Non era quella la via che gli era stata indicata da uno dei traditori dell'Idra quando gli avevano spiegato come comunicare con loro in caso di emergenza. Sapeva che si nascondevano nelle cripte, che probabilmente si spostavano attraverso le catacombe pagane, ma le sue conoscenze si fermavano al come farsi ammettere all'interno della cattedrale. Nient'altro.

La rossa si era fatta tutta quatta vicina allo sbocco, Clint la imitò e Barney si vide costretto a fare altrettanto se non voleva tuffarsi nella fase successiva di quel piano assurdo completamente alla cieca.

Il cunicolo si era interrotto su un enorme ambiente sotterraneo dal soffitto sorprendentemente alto. Aveva l'aria di una caverna immensa e gli sarebbe sembrata persino naturale se le pareti non fossero state tempestate di loculi rettangolari, ognuno di quelli contenente un sarcofago di fattura diversa.

“Oh cazzo,” sentì Clint esalare, mentre prendevano consapevolezza di essere finiti in un gigantesco ossario incastonato tra le viscere della terra.

Le tombe si moltiplicavano a perdita d'occhio fin dove il buio non se le inghiottiva del tutto, tanto che gli ci volle qualche secondo per ricordarsi di guardare in basso, verso il punto da cui proveniva la poca luce a loro disposizione. Abbracciò il gruppo di uomini in divisa con lo sguardo e il suo cervello registrò il parlottio sommesso dei soldati a consiglio.

“Hanno Grant,” bisbigliò il fratello. Barney seguì la direzione del suo sguardo e si ritrovò ad osservare un ufficiale privo di sensi, disteso su un tavolaccio di legno che non aveva niente a che vedere col resto dell'ambiente.

Anche la zona bassa della caverna era piena di sarcofagi, ma lo spazio centrale era vuoto ed era lì che l'Idra aveva stabilito il centro delle proprie operazioni. C'erano mappe distese o arrotolate su tavoli o sgabelli, armi gettate alla meno peggio tutt'intorno, feriti addossati alle pareti senza che nessuno sembrasse intenzionato a soccorrerli. Capì allora che l'Idra non aveva neanche preso in considerazione l'eventualità della sconfitta: si erano aspettati di schiacciare gli Stark e lo Scudo ad occhi chiusi, non di dover far fronte ad un contraccolpo tanto brusco. E adesso erano costretti a pagarne le conseguenze.

“Che facciamo?” Finì per chiedere. Per quanto precarie apparissero le condizioni dei congiurati era pur vero che erano solo in tre contro un manipolo di soldati armati fino ai denti.

“Devo trovare lord Phillip,” rispose il fratello, lo sguardo fisso sul formicolio nella parte bassa della caverna, alla disperata ricerca di quel nobilastro da strapazzo che l'aveva cresciuto come un figlio.

“E' probabile che tengano i prigionieri altrove,” si intromise la donna, censurando sul nascere l'ennesima ondata d'odio che prometteva di annebbiargli le idee.

“Allora devo trovare qualcuno che sappia dove si trovano i prigionieri,” soggiunse Clint. “Lì,” indicò un punto alla loro destra, “quello non ha l'aria di far parte dell'esercito.”

Barney si ritrovò ad osservare i due soldati che erano appena entrati trascinandosi dietro un frate. Li guardò finché non li vide sparire in un passaggio che si apriva sul lato opposto dello stanzone, immettendo chissà dove.

“Va bene, allora come diavolo facciamo ad infilarci laggiù?” Chiese Barney in tono pragmatico e un tantino irruento.

“E' pieno di tombe là sotto,” sussurrò la donna.

“Non ti sfugge proprio niente, lady Ovvio.” L'appunto gli valse un'occhiata gelida della rossa che lo fece rabbrividire per la seconda volta nel giro di pochi minuti.

“C'è sufficiente copertura. Ci basta atterrarne uno a testa per indossare le loro divise.” Stava proponendo un travestimento.

“Ci serve un diversivo per distrarli mentre scendiamo,” obiettò perché non voleva proprio dargliela vinta.

“Ci penso io,” intervenne Clint.

Il fratello aspettò di ricevere un cenno d'assenso da entrambi – rapido quello della donna, svogliato il suo – dopodiché si alzò in piedi con l'arco teso e ben tre frecce incoccate allo stesso tempo. Prese la mira per un misero secondo prima di lasciar andare la corda sottile: i dardi andarono a conficcarsi nelle torce tremolanti infisse alla parete dirimpetto alla loro, estinguendole di colpo.

Quel lato della caverna piombò in un buio fitto, denso e subitaneo che attirò l'attenzione di gran parte dei soldati assiepati nello spazio centrale, impedendo loro di distinguere le frecce che erano andate a conficcarsi nel muro.

La donna fu la prima a calarsi giù dal passaggio servendosi delle rientranze scavate ad arte nella parete rocciosa, seguita da lui e poi da Clint. Guadagnarono in fretta la copertura offerta dalle tombe, ciascuno appostato dietro ad un diverso sarcofago.

Si lanciarono uno sguardo d'intesa che scacciò via qualsiasi sospetto sugli interessi reciproci. C'era la sua vita in ballo e non aveva alcuna intenzione di rimanerci secco, in quel maledetto cimitero sotterraneo.

Adocchiarono tre diversi soldati – i più vicini ai vari punti in cui si erano nascosti – e li attirarono nell'ombra e verso il basso per stordirli o ucciderli. Barney fu costretto a schiacciare il suo a terra e a montargli addosso per impedirgli di urlare o estrarre la spada, spremendogli dai polmoni fino all'ultimo respiro finché non smise di dimenarsi. Non si fermò ad assicurarsi se fosse morto o meno prima di cominciare a spogliarlo della divisa, degli stivali e delle armi che aveva addosso. Si rivestì in fretta e furia, sempre accucciato contro la tomba di un qualche vescovo morto almeno trecento anni prima, e quando rialzò lo sguardo anche Clint e la rossa erano si erano messi in tiro. Lei aveva persino indossato il cappello dentro cui aveva accuratamente infilato i capelli, mentre al fratello avrebbe voluto dire che conciato così sembrava ancora più un coglione del solito.

Si rimisero in piedi uno dopo l'altro e uscirono allo scoperto, dividendosi su tre percorsi diversi per non dare nell'occhio: sembravano essersi messi tacitamente d'accordo su quale fosse il miglior corso d'azione. O meglio... Clint e la donna l'avevano fatto e lui si era limitato ad imitarli. Se non altro adesso non era più disarmato come un verme in balia di una fottuta alluvione.

Passò accanto al gruppetto d'uomini ancora a consiglio e per un istante la possibilità di rivelare la presenza di ben due membri dello Scudo (o qualsiasi cosa fossero) gli apparve così allettante da costringerlo a fermarsi in prossimità del capannello.

“Si sono tutti addormentati. In un colpo solo!”

“Stai vaneggiando, Charles, adesso sm-”

“Ve lo giuro, signore! C'è stata come un'esplosione silenziosa e poi una polverina bianca che si posava su tutto...”

“Ti ho detto di stare zitto, soldato.”

“... la gente si è addormentata dopo pochi secondi! Dovete credermi!”

“E se stesse dicendo la verità?”

“Anche tu ti metti a credere alle streghe?”

Gli occhi dell'ufficiale gli si puntarono addosso e per un attimo Barney fu convinto di essere stato scoperto. Lo sguardo dell'uomo, però, rimase vacuo, come se non l'avesse identificato come un estraneo, ma come un membro qualsiasi dell'Idra.

Si scosse a forza dal torpore in cui era precipitato e si costrinse a proseguire in direzione del passaggio attraverso cui i due soldati avevano trascinato il frate. Riaffiancò Clint e la rossa e ricompattarono lo schieramento proprio mentre varcavano la soglia del tutto indisturbati...

… più o meno.

“Siete voi quelli del cambio?”

Nessuno si era accorto della guardia seduta subito alla destra dell'ingresso ed era stata proprio quella ad aprir bocca e a pietrificarli sul posto.

“Sì, siamo noi,” rispose Clint con convinzione mentre la donna retrocedeva impercettibilmente alle spalle di entrambi per non farsi guardare in faccia.

“Grazie al cielo,” esalò l'uomo, rimettendosi in piedi per sgranchirsi le braccia e le gambe, “stavo cominciando ad addormentarmi. Questi gran figli di puttana, ah?”

“Va' a riposarti,” convenne il fratello, “qui ci pensiamo noi.”

La guardia annuì e se ne andò sbadigliando sonoramente, lasciandoli col fiato sospeso.

“C'è mancato poco,” sussurrò Clint con una mano affondata tra i capelli.

Il commento sarcastico gli morì in gola perché lo sguardo era finalmente libero di spaziare in quella seconda caverna, decisamente più ristretta dell'altra, ma comunque rimpinzata di sarcofagi a perdita d'occhio lungo le pareti. La luce soffusa delle torce consumate gettava un'aria spettrale sulla colonna mozza posta nell'angolo più buio dell'ambiente; al moncone di pietra erano state inchiodate pesanti catene che da essa si dipartivano come lo scheletro di un tendone circense. All'estremità opposta grossi bracciali di ferro stretti attorno ai polsi di uomini dai volti stravolti e irriconoscibili. Solo allora registrò il fetore che permeava l'aria umida, l'odore di deiezioni e sangue che pareva impregnare la roccia che li circondava su ogni lato.

“Merda,” imprecò Clint a mezza voce.

“Quella e qualcos'altro,” confermò Barney, irrigiditosi di fronte allo spettacolo dei prigionieri. Avevano l'aria di essere stati torturati, probabilmente per estorcere loro informazioni riguardo lo Scudo e i loro piani.

Restò immobile di fianco alla donna mentre Clint scattava in avanti per guardarli in faccia uno ad uno, inorridendo ad un paio che – a giudicare dall'odore – dovevano essere già morti, finché non si ritrovò a scuotere quello seduto con le spalle alla colonna. Sembrò quasi che l'udito gli si azzerasse nel momento in cui vide le rughe di preoccupazione sul volto del fratello distendersi per un misero attimo e poi ricontrarsi.

L'aveva trovato. L'uomo coi capelli radi e tagliarti corti e il colletto arruffato era lord Phillip Coulson, l'aristocratico che aveva ripescato Clint dalle viscere di una prigione qualunque salvandolo da morte certa. L'aveva visto soltanto una volta, prima d'allora, tanti anni prima: ricordava il volto placido incorniciato dal finestrino di un'elegante carrozza; ricordava il silenzio che gli aveva riempito la testa quando, nel giovane che gli sedeva davanti, aveva riconosciuto Clint. Se chiudeva gli occhi riusciva ancora ad immaginarsela, quella gabbia stuccata d'oro che gli sfrecciava davanti portandosi via suo fratello. Lo smarrimento era stato tanto e tale da impedirgli di memorizzare lo stemma della carrozza e, quando aveva fatto domande al villaggio più vicino, si era guadagnato solo occhiate di diffidenza e disprezzo. Dovevano essere stati in viaggio, però, perché quella carrozza non l'aveva più rivista.

Il sangue gli pulsava furioso nelle tempie e il battito del cuore gli rombava nelle orecchie come un tamburo impazzito.

Pensò che quello era il suo posto, che non aveva chiesto a nessuno di essere sostituito tanto brutalmente, che era il ruolo che gli spettava e che gli era stato portato via dal giorno alla notte, tra le ceneri e le macerie dell'accampamento dei saltimbanchi inghiottito dalle fiamme.

“Dobbiamo liberarli tutti,” disse Clint, serio e determinato, rialzando il capo.

La donna si fece finalmente avanti brandendo uno dei suoi dannati coltelli, prodigandosi per liberare dalle manette l'uomo trascinato a forza fuori dal suo torpore carico di confusione e incoscienza.

“Barney, ci serve una mano!” Di nuovo il fratello a lanciargli un'occhiata urgente.

Il suo corpo reagì alle insistenze prima ancora del suo cervello, tanto che quando mosse il primo passo non sapeva cos'avrebbe detto o cos'aveva davvero intenzione di fare.

“Non possiamo portarli via tutti. A malapena riescono a camminare,” ribatté, sfilando dalla cintura il pugnale corto dell'ufficiale che aveva svestito poco prima per aiutare la donna a liberare le figure accasciate contro la colonna.

“Ce la facciamo,” rispose Clint, secco.

“Ha ragione,” credette di aver sognato ma era stata la rossa a parlare e gli stava dando ragione.

“Ti ci metti anche tu adesso?” Ribatté il fratello, l'agitazione che gli aveva deformato i tratti del volto.

“Ci rallenteranno troppo,” stabilì duramente.

“Ne prendiamo uno a testa e-”

“Andate,” il frate, l'ultimo arrivato nella cripta che fungeva da carcere dell'Idra, si stava massaggiando i polsi appena alleggeriti dalla morsa gelida dei bracciali di ferro. “Ci penso io.”

Capì, dalle occhiate poco sorprese che Clint e la donna gli lanciarono, che doveva essere un membro dello Scudo, qualcuno con un minimo di credibilità e non un pio religioso qualunque.

Vide il fratello annuire mentre rimetteva in piedi il padre adottivo che non sembrava capace di focalizzare lo sguardo spento su niente in particolare.

“C'è con la testa, almeno?”

“Sta' zitto, Barney. Ce ne dobbiamo andare.”

“Grazie al cazzo.”

La rossa si era rimessa in piedi dopo aver fatto il giro della colonna; gli unici a non aver ricevuto il trattamento erano i prigionieri già cadavere.

“Non possiamo prendere la direzione da dove siamo venuti,” obiettò la donna.

“C'è un altro passaggio da quella parte,” la informò Clint con un rapido cenno del capo.

“Come facciamo a sapere che non è un vicolo cieco?” Ribatté lei.

“Non possiamo,” stabilì secco, muovendo senza più esitazioni in quella direzione.

Stava per varcare l'arco di pietra che li avrebbe immessi in un altro spazio ancora, quando la strada fu loro sbarrata da un paio di guardie che venivano proprio da lì.

“Chi vi ha dato ordine di liberare lord Coulson?” Interrogò immediatamente il primo, che sfoggiava un grosso bernoccolo sulla fronte.

Barney agì insieme alla rossa e in pochi attimi le guardie furono neutralizzate senza che facessero troppo rumore. Ma stavolta non erano riusciti a mantenere il silenzio.

“Andiamo,” insisté Clint, impossibilitato ad imbracciare il suo arco perché troppo occupato a trasportare Coulson che a malapena si reggeva sulle proprie gambe.

Seguirono la scia segnata dalle torce accese, spente o in procinto di estinguersi del tutto, passarono accanto e sopra ad infiniti sepolcri, in stanze via via più strette e soffocanti, salendo manciate di gradini e poi scale più lunghe, riaffiorando con estenuante lentezza verso la superficie della terra. Finché non si ritrovarono davanti ad un elegante portone in cui erano state incise alcune scene bibliche – Barney non esitò ad aprirlo con una spallata decisa.

Le solenni campate della cattedrale si aprirono sulle loro teste, altissime ed imponenti, a ridar loro tutta l'aria di cui si erano sentiti privati nei cunicoli delle cripte sotterranee.

Ma i passi che rimbombavano sul mosaico dei pavimenti li informarono che non erano soli, che altri membri dell'Idra erano stati allertati della loro presenza.

“Il portone,” si ritrovò a dire, puntando immediatamente in quella direzione.

Una botola vicina all'altare maggiore, intanto, aveva cominciato a rivomitare soldati nella zona dell'abside, uomini che si guardarono attorno spaesati finché non li ebbero individuati in corsa lungo una delle navate laterali.

“Più veloce!” Sbraitò, tirando al massimo.

Ma quando i fumi dell'ansia si furono diradati, si accorse che c'era solo la rossa davanti a lui perché Clint era rimasto indietro rallentato dal peso morto di quel maledetto parruccone inutile. Si arrestò di colpo, voltandosi verso il fratello con sguardo furente.

“Andiamo, Clint! Che cazzo ti salta in testa?”

Gli uomini dell'Idra stavano per raggiungerli – erano proprio là in mezzo, ostacolati solo dalle panche che affollavano lo spazio antistante il palco su cui era costruito l'altare. Gli sarebbero stati addosso in pochi secondi.

“Ce la faccio! Va'!” Lo esortò il fratello.

Una rabbia nuova, dal sapore ben diverso, lo riempì da capo a piedi. Perché quell'idiota di Clint sapeva che non ce l'avrebbe fatta e nonostante tutto lo esortava ad andare avanti, a convincerlo a lasciarlo indietro per aver salva la pelle.

“Sei il solito coglione!” L'imprecazione gli incespicò giù dalle labbra mentre tornava indietro per aiutarlo a sollevare Coulson e a trascinarlo giù per la navata e verso il portone laterale che la donna stava spalancando sulla notte. “Forza, forza!” Lo incitò perché il rumore delle pistole caricate riempì la cattedrale insieme alle urla degli uomini dell'Idra, sempre più veloci, sempre più vicini.

“Sto correndo, cazzo!”

“Corri più veloce, allora!”

“Grazie al-”

“Taci, porco culo!”

Annasparono finché la deflagrazione di uno sparo non fece tremare l'aria immobile. Il proiettile era andato a scheggiare una delle colonne che delimitavano la navata alla loro sinistra.

“Fortuna che hanno una mira di merda!” Esclamò Clint con forzata allegria, ma i passi erano sempre più prossimi. Quasi gli sembrava di poter avvertire il sibilo delle lame estratte dai loro foderi.

Un istinto antico come la vita e la morte gli si risvegliò in petto, una sensazione così familiare da fargli scorrere il sollievo nelle vene. Gli sembrò di avere ancora tredici anni, di essere impegnato in una folle corsa attraverso le case diroccate di un villaggio in cui abitava solo la miseria, per sfuggire ai gendarmi che li stavano inseguendo. Avevano rubato solo un paio di mele e una pesca che avevano intenzione di dividersi, ma non avevano avuto il tempo di gustarsele perché erano stati sorpresi un attimo dopo.

E adesso dovevano correre, correre se volevano salvare la cena e la pelle e Clint gli era proprio davanti e faceva fatica, arrancava.

Agì prima di poter capire fino in fondo cosa stesse facendo. Spinse il fratello insieme al suo inutile fardello verso il portone presso cui la donna aspettava con un braccio teso. Continuò a sospingerlo da dietro finché una sciabolata non lo raggiunse alla schiena, costringendolo a voltarsi di scatto.

“Barney!” Il grido inorridito di Clint.

“Corri!” Gli urlò contro mentre estraeva la spada sottratta al soldato derubato nella cripta.

“No!”

La protesta del fratello venne soffocata dal fragore delle due lame che si scontravano. Respinse l'uomo dell'Idra dopo averlo trafitto al collo con una finta sconclusionata e, prima che i compagni del soldato tornassero all'attacco, ebbe appena il tempo di rimettersi a correre verso l'uscita che Clint aveva ormai raggiunto.

“Vai! Ti seguo!” Ordinò, ma già sapeva che era una bugia. E anche Clint ne era consapevole.

“Non ti lascio! Forza, muoviti!”

“Per una volta nella tua miserabile vita, dammi retta!”

“Ho detto-”

Gli fu addosso con un cazzotto dritto al volto che lo spedì con violenza oltre la soglia insieme a Coulson e alla donna che si era fatta avanti per contrastarlo. Ma non aveva capito le sue intenzioni... solo Clint era riuscito a farlo.

Lasciò andare la spada e afferrò l'anta del portone, cominciando a spingere con tutta la sua forza per sigillarlo. Non sarebbe stata una porta sbarrata a fermare l'Idra, ma sicuro li avrebbe rallentati.

“Barney!” Lo sguardo inorridito di Clint si disegnò nello spiraglio sempre più sottile che dava sull'esterno.

“Leva il culo di qui.” L'uscita stava per serrarsi definitivamente; il sangue gli colava dalla ferita alla schiena e i soldati incombevano ormai alle sue spalle.

“Bar-”

L'espressione impallidita del fratello sparì insieme alla cupa volta del cielo.

Si chinò a raccogliere l'arma che aveva gettato a terra e si voltò per fronteggiare l'orda che stava per abbatterglisi addosso come il cavallone impazzito di un mare in tempesta.

Si preparò a combattere.




Note: tutto d'un fiato e tutto dal punto di vista di Barney. Spero che le sue motivazioni e la sua personalità abbiano senso anche nella loro insensatezza XD è uno dei capitoli che mi hanno dato più grattacapi: cambiare prospettiva mi ha decisamente aiutata.
Adesso c'è da riportare Coulson al sicuro e di affrontare quel che resta della battaglia nella capitale. Mancano ancora un paio di giri alla fine della corsa (:
Ancora grazie a chi legge e commenta e alla sociabeta Eli :3
Alla prossima settimana!
(◡‿◡✿)
  
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