Capitolo II
le
parole mancano, sembrano svanire,
certe
cose iniziano ma non hanno fine...
(Giusy Ferreri, Volevo te)
Kei
l'osservò studiandolo
attentamente: quell'unico occhio, l'inconfondibile cicatrice che
sfregiava il suo bellissimo volto, i capelli lievemente mossi dalla
brezza serale. Ancora non riusciva a credere di averlo di fronte, ma
non era un'illusione, aveva udito davvero la sua voce
dall'inconfondibile tono morbido, profondo, che le accarezzava i
sensi... che le aveva fatto sanguinare il cuore troppe volte, aveva
sentito la pesantezza dei suoi passi. Non poteva che essere reale.
Era
avvolto in un lungo cappotto nero che esaltava ancora di più
la sua
figura alta, slanciata, e che lo aveva sapientemente mimetizzato tra
la folla. I capelli folti erano lievemente spettinati e ribelli come
sempre, il viso pallido, emaciato, l'occhio lucido, febbricitante. Le
mani nascoste nelle tasche. Era sempre lui,
non era affatto cambiato in cinque lunghi anni, ma di questo non ne
era sorpresa. Era lei invece ad essere cambiata.
Deglutì,
ma aveva la gola secca. Indubbiamente ritrovarselo di fronte,
così
all'improvviso, l'aveva turbata. Era riuscito a stupirla. Non avrebbe
mai pensato che un giorno l'avrebbe cercata, si era sempre sentita
insignificante dinnanzi ai suoi sentimenti. Invece, proprio quando
ormai si stava ricostruendo una vita senza di lui, lontano dal suo
mondo, Harlock era lì, in tutta la sua oscura e inquietante
bellezza, e in lei si stavano già pericolosamente
risvegliando
antiche sensazioni soffocate, ma mai sopite.
Ehi Neela! Dove diavolo sei finita? Ho trovato un condensatore di energia usato a meno di duecento crediti, un vero affare credimi, sembra nuovo di zecca...
Una
voce maschile proveniente dal comunicatore che portava al polso la
fece sussultare. Harlock invece assottigliò lo sguardo
fissandola
ancora più intensamente, come se non fosse affatto sorpreso
di aver
udito quella chiamata.
Kei
avvicinò il comunicatore alle labbra senza distogliere gli
occhi da
quell'iride castana, screziata da mille sfumature dorate, che la
scrutava insistentemente con aria indagatrice. “D'accordo Dekher,
prendilo. Io sono... sono in cerca di una sistemazione per la notte.
Mi farò viva presto.” Mentì a
malincuore ed il tono della sua
voce, sforzatamente normale, tradiva il suo disagio; ma non aveva
altra scelta e, nello stesso istante, notò l'espressione di
Harlock
farsi più cupa.
Neela...
va tutto bene?
Insistette
l'uomo, lievemente preoccupato e lei chiuse gli occhi rassegnata, non
avrebbe mai voluto che Harlock sapesse dell'esistenza di Dekher.
“Va
tutto bene” lo rassicurò addolcendo il tono,
cercando di mostrarsi
più tranquilla. Chiuse la comunicazione e riaprì
gli occhi
rivolgendosi ad Harlock, stavolta con uno sguardo severo ed
accigliato.
“Cosa
vuoi ancora da me?” Si rivoltò contro di lui
irritata, seccata.
Non riusciva a spiegarsi il motivo di quel gesto. Non era da lui
lasciarsi andare ai rimpianti, ai ripensamenti. Perché
l'aveva
cercata di nuovo? Davvero non riusciva a capire.
“Quell'uomo
non è chi dice di essere” la spiazzò
invece lui schietto, diretto
come lo era sempre stato, e Kei sgranò gli occhi
raggelandosi.
Era
assurdo: Harlock aveva silenziosamente indagato su di lei, sulla sua
vita, sulle persone che frequentava. Un moto di rabbia la scosse
violentemente. “Chi ti ha dato il diritto di intrometterti,
di
irrompere impunemente nella mia vita dopo... dopo avermi lasciata
andare?” Lo aggredì velenosa.
“Nessuno...
ma avevo il dovere di informarti...” si giustificò
lui in tono
calmo, pacato, senza svelare la sua crescente apprensione. Era
dannatamente bravo a mascherare la sua inquietudine, al contrario di
lei che invece si stava pericolosamente alterando.
“Non
hai più alcun dovere
nei miei confronti. Sono perfettamente in grado di badare a me
stessa...” fu la sua risposta secca e concisa. Oltre
all'incredulità si sentiva indignata, ferita.
Perché dopo tanto
tempo si stava interessando a lei? “Vattene. Torna da...
dalla tua
aliena, è quello il tuo posto. Lasciami in pace”
sibilò quasi
disgustata. Non poteva farle questo: riapparire come un'ombra, come
un maledetto fantasma nella sua vita, proprio adesso che era riuscita
a voltare pagina, a recidere quelle tenaci radici che l'avevano
tenuta legata a lui per tanto tempo.
“Dalla
mia
aliena?” Ripeté lui sorpreso, socchiudendo
l'occhio e accennando
un lieve movimento della testa. “È
questo quello che pensi? È
per questo che hai deciso di andartene?”
Kei
non riusciva a credere a quello che le stava dicendo. Ce l'aveva
ancora a morte con lui, la rabbia era un sentimento che non era
ancora riuscita a scrollarsi di dosso, nonostante gli anni trascorsi
e la lontananza. Detestava quel suo modo di fare apparentemente
distaccato, abilmente contorto, a volte tremendamente crudele. Si era
sempre comportato con freddezza nei suoi confronti, aveva annientato
ogni suo disperato tentativo di penetrare quell'assurda corazza che
si era costruito intorno. Aveva sbattuto contro quel muro di
indifferenza troppe volte e si era rialzata sempre a brandelli.
L'unica
confessione che era riuscita a strappargli era una verità
che non
avrebbe mai voluto sentire: un uomo come lui non avrebbe mai potuto
ricambiare i suoi sentimenti, non sarebbe mai potuto essere il
compagno che desiderava. E lei, alla fine, ne aveva compreso e
accettato il motivo: Meeme. Un'unica risposta a tutti gli
interrogativi che si era posta.
Era
l'aliena
che Harlock voleva ed era con lei che avrebbe trascorso
l'eternità,
non con una patetica ragazzina troppo intraprendente che avrebbe dato
qualsiasi cosa, persino la vita, per il suo
capitano.
In
quel momento si era resa conto di essere di troppo, o forse che non
poteva accettare quella misteriosa ed inquietante complicità
che
esisteva tra loro. Non le restava altro che abbandonare la nave, i
suoi compagni, gli ideali per cui aveva tenacemente combattuto per
andare a cercare la sua
libertà, lontano da lui. “Non è forse
vero? Vuoi forse ancora
negarlo? Solo con lei
non hai mai avuto bisogno di nasconderti...” Questa volta le
parole
le uscirono con un velato tono di dolore e di crudeltà.
Voleva
ferirlo e ci stava riuscendo.
Harlock
si turbò. “Kei, io...” non poteva
credere che avesse pensato per
tanto tempo una cosa del genere.
“Sei
innamorato di lei... abbi almeno il coraggio di dirlo guardandomi in
faccia” lo interruppe e la sua era quasi una supplica.
Harlock
per la prima volta si sentì spiazzato dalla schiettezza con
cui la
sua ex ufficiale gli stava parlando, si rese conto pesantemente che
la sua incapacità di comunicare e di esprimere quello che
davvero
provava, aveva portato Kei a compiere una scelta difficile, giusta,
seppur dolorosa, ma per dei motivi sbagliati.
“No,
Meeme non c'entra. Se ho agito in quel modo è stato solo per
il tuo
bene... per proteggerti. Non ho avuto altra scelta.” Chiuse
l'occhio e abbassò lievemente il capo, non avrebbe mai
voluto
esporsi, ma in quel momento non poteva più fingere.
Kei
sorrise sarcastica, ma le lacrime stavano pericolosamente facendo
capolino nei suoi occhi, illuminandole lo sguardo.
“Gentile
da parte tua” ironizzò amareggiata.
Perché voleva mischiare le
carte, confonderle le idee? Avrebbe tanto desiderato che quelle
parole le avesse pronunciate cinque anni prima, allora avrebbe potuto
credergli ed avere un appiglio a cui aggrapparsi. Sarebbe stato
tutto diverso. Ma adesso, quella specie di ammissione per lei non
aveva più senso. Recuperò tutto il suo
autocontrollo per non
mostrarsi debole, non gli avrebbe mai più permesso di
manovrare la
sua vita o di decidere al suo posto. “Sono libera, sono
felice, non
è quello che volevi? Non
faccio
più la guerra,
capitano. Né contro i tuoi nemici... né contro di
te. Quella
parentesi della mia vita si è chiusa, per sempre.”
Harlock
la fissò intensamente e scorse nei suoi occhi quella luce
antica e
inconfondibile che l'aveva sempre affascinato, riconobbe nel suo
sguardo fiero l'indomita guerriera che l'aveva seguito in mille
battaglie. Kei credeva di essere cambiata ma in realtà non
lo era.
Era ancora il suo prezioso
secondo ufficiale e lo sarebbe sempre stata. Ovunque e comunque.
Continua...