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Autore: OnlyHope    26/02/2016    9 recensioni
Crescere, cambiare, modificare e divenire. È ciò che accade ai sentimenti, alle emozioni di due persone, nel breve lasso di tempo di anno. Questa è la storia di cosa c’è stato prima di un addio. Questa è la storia di Tsubasa e Sanae prima che si trasformino in due coraggiose farfalle.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly '
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Becoming (Butterfly Intro)

Capitolo 23

Gakuran(1)
 
 
 



È successo tutto così velocemente.
Non mi aspettavo che le cose potessero prendere questa piega.
Non avevo uno schema da seguire, né prefissato nulla, l’unico dato certo è sempre stata la decisione di partire.
Una telefonata ha accelerato tutto.
Solo grazie a una telefonata il sogno è diventato qualcosa di reale e imminente.
Roberto mi aspetta.
È pronto ad allenarmi.
Mi ha chiesto di raggiungerlo il prima possibile e non posso dargli torto.
La mia presenza sul campo in Brasile equivale a una spinta concreta alla mia preparazione fin da subito, non manca poi molto alle selezioni per entrare a far parte della squadra di Sao Paolo.
Qui in Giappone non ho altri impegni agonistici capaci di trattenermi oltre e anche la scuola è ormai praticamente giunta al termine.
Una telefonata e ho iniziato a mettere in moto concretamente l’organizzazione della mia partenza per il Brasile.
Partenza che all’atto pratico, si sta dimostrando ancora più difficile di quanto avessi immaginato.
Non so quanto tempo ho passato davanti al calendario.
Scorrendo ripetutamente i giorni, come se quei numeri tracciati di nero, potessero suggerirmi una via più semplice, che purtroppo non c’è.
Non si può scegliere il momento giusto, se non esiste.
Soprattutto se si vogliono evitare feste di addio, commiati dolorosi e amici in lacrime.
Voglio vedere solo volti sorridenti intorno a me, fino all’ultimo momento.
I sorrisi saranno ricordi che porterò nel mio lungo viaggio.
Sorrisi, come quelli di Sanae…
Che non voglio assolutamente vedere piangere, non saprei come affrontarlo.
E allora mi sono chiesto: come fare per evitare tutto questo e far passare inosservata la mia assenza?
Un solo momento poteva fornirmi l’alibi perfetto, distraendo l’attenzione di tutti dal sottoscritto.
Nel giorno in cui saranno esposti i risultati delle ammissioni alle scuole superiori, tutti i miei amici saranno concentrati sui punteggi e si raduneranno a scuola.
Nessuno si chiederà dove sono.
Il mio è un comportamento senza dubbio da vigliacchi, ma non ho potuto proprio fare altrimenti.
Una volta deciso il giorno adatto in cui partire, mi sono messo meccanicamente in moto, compiendo il necessario per mettere in atto il mio proposito.
Il primo passo è stato comunicare alla Presidenza scolastica la mia assenza durante la consegna del diploma, spiegando le mie motivazioni.
Il Preside ha trovato condivisibile la mia scelta e non si è opposto a lasciare che siano i miei genitori a ritirare il  mio attestato in un secondo momento, quando sarò già lontano.
Tutto dovrà rimanere segreto, finché non sarò partito.
Ho accennato qualcosa solo a Taro, ma non tutti i dettagli, così anche lui sarà tra quelli che si stupiranno, scoprendo la mia partenza inaspettata.
Fino a questo punto il mio sembra un piano accurato e perfetto, ma tutto cambia se mi concentro sul vero problema che mi affligge.
Non so cosa fare con Sanae.
Non sono sicuro che sia giusto tenere anche lei all’oscuro di tutto.
La mia più grossa preoccupazione riguardo alla partenza, si basa su un’unica scomoda certezza…
Qualunque cosa deciderò di fare, sarà impossibile evitare che Sanae soffra…
La paura poi di affrontare il momento della separazione, prevarica qualsiasi mio ragionamento.
Non credo di avere la forza necessaria per dirle addio.
Guardandola negli occhi, a un passo da me.
Ma non ho il tempo per risolvere questo dilemma.
Anzi…
Oggi mi sembra di averne ancora meno, in maniera paradossalmente logica.
Solo poco più di un’ora fa, ho prenotato il mio volo di sola andata.
Solo qualche settimana ancora e il mio sogno diventerà concreto, la mia nuova realtà.
E a me non resta che pensare esclusivamente a questo, al mio desiderio più grande che si avvererà.
Un sospiro abbassa di colpo le mie spalle mentre continuo a ciondolarmi solo per la città, senza una meta.
I miei passi si fanno più lenti però, finché non mi fermo.
Poggiando le mani al cemento del parapetto, fisso le automobili che passano veloci sotto al cavalcavia pedonale.
Mi concentro sulle immagini colorate in movimento, sperando che questo mi aiuti a non pensare a niente.
Una figura sul marciapiede però, attira prepotentemente la mia attenzione.
All’improvviso avverto lo strano, contraddittorio impulso di scappare, che lotta con il desiderio di avvicinarmi il più possibile a quella persona, che cammina ignorando la mia presenza.
Quando Sanae alza distrattamente lo sguardo verso l’alto, io rimango immobile.
Mi fissa poi sorride, visibilmente felice ed io provo un disagio così forte…
Come quello di un ladro sorpreso con le mani sul bottino da un allarme.
“Tsubasa!” grida, sventolando un braccio in aria.
Un macigno si posa pesante sul mio petto mentre la osservo salire i gradini, correndo veloce per raggiungermi.
Tutto questo è…
Orribile.
Orribile come mentirle, così sfacciatamente, giocando con la sua vita e manipolando i suoi sentimenti.
Sanae ha sempre avuto piena fiducia in me, non si merita davvero questo tradimento.
Ma nonostante abbia sempre saputo che non sarebbe stato facile con lei arrivati a questo punto, non immaginavo che avrei provato una tale tortura.
“Ma dove sparisci ultimamente?” mi rimprovera, appena raggiunto il parapetto del cavalcavia, ma sul suo viso non c’è la minima ombra di risentimento.
Mi chiedo cosa succederà al suo volto, quando scoprirà che io...
“Ti ricordi quegli scarpini che mi piacciono? Sono passato in negozio per provarli di nuovo, ma non so ancora se comprarli o meno!”
Un’altra bugia davanti al suo sorriso innocente, che mi fa sentire dannatamente in colpa.
Lo stesso sorriso che mi suggerisce che non riuscirò mai a separarmi da lei, guardandola negli occhi.
“Ma perché sei andato solo?”
Sanae sbuffa, lasciando intendere che le sarebbe piaciuto accompagnarmi questo pomeriggio.
“Credevo fossi a studiare da Yukari!” esclamo, fingendomi sorpreso mentre continuo a inventare scuse, come se non avessi fatto altro in vita mia.
“Ma che dici?! Ormai è fatta! Basta con i libri!”
La osservo ridere spensierata, provando un’infinita tenerezza.
L’idea di aver quasi concluso anche questo ciclo di studi, deve proprio metterla di buon umore ed io mi sento come il lupo travestito da agnello, pronto a sbranarla in un sol boccone.
“Sai cosa pensavo in questi giorni?” mi chiede poi, poggiando i gomiti sul parapetto.
“Cosa?” domando incerto, perché il senso di colpa non mi permette di aver una conversazione normale con lei.
“Abbiamo fatto grandi cose in questo anno scolastico!”
Annuisco, fissando i suoi capelli baciati dal sole, che sta tramontando alle nostre spalle.
Ha proprio ragione.
Negli ultimi trecentosessantacinque giorni è successo davvero di tutto, specialmente nella mia vita.
“La vittoria al terzo campionato nazionale, tanto per dirne una!” esclamo, facendo finta di non capire e che stia parlando degli obbiettivi raggiunti come squadra.
Sanae mi guarda di traverso, poi sospira.
“Mi riferivo a noi due…” borbotta, lanciandomi un’altra occhiataccia.
Mi limito a sorriderle, perché ormai la conosco fin troppo bene.
Quando fa così non è seriamente arrabbiata con me.
“Abbiamo trascorso insieme la vigilia di Natale poi San Valentino…”
Sanae inizia a passare in rassegna ogni attimo trascorso come coppia.
Le mie labbra si distendono spontaneamente in un sorriso.
È stato davvero bellissimo stare con lei in questi mesi…
“Il prossimo avvenimento da condividere sarà la cerimonia di chiusura dell’anno scolastico!”
Istintivamente m’irrigidisco poi distolgo lo sguardo, nella speranza che Sanae non si accorga del mio nervosismo.
“Sai cosa dovrai fare quel giorno, vero?” mi chiede mentre il palmo della sua mano si posa delicatamente sulla mia guancia destra, costringendomi a voltarmi per guardarla ancora.
Deglutisco, fissando i suoi occhi sempre così pieni d’amore, quando sono rivolti a me.
Sanae è talmente inconsapevole, che il sangue mi si gela nelle vene.
Perché ha dovuto nominare quel giorno proprio oggi?
Credo che ora non riuscirò a mascherare il mio disagio…
“Non dirmi che non ti viene in mente niente!” esclama, scrutandomi minacciosa mentre il suo dito indice picchietta cadenzato contro il mio petto, anzi più precisamente, all’altezza del secondo bottone della mia divisa.
La mia fama di svampito questa volta sembra tornarmi utile, perché Sanae deve aver dato per scontato che non ricordi nessuna romantica tradizione, inerente all’ultimo giorno di scuola.
Ma questo suo equivoco non è capace di donarmi alcun sollievo.
Nulla può alleviare il mio senso di colpa…
Io non sarò a scuola nel giorno della consegna dei diplomi.
Non sarò quindi in grado di regalarle nessun bottone della mia divisa.
È terribile pensare che la priverò anche di questo.
Quel giorno per Sanae ci saranno in serbo solo cocenti delusioni.
La mia mente proietta all’improvviso un’immagine della sua sofferenza e il mio cuore avverte freddo, come ghiaccio che taglia ogni mio muscolo.
Deglutisco, ho la gola secca.
E il dispiacere diventa panico.
Non voglio che Sanae stia male!
Non voglio che accada!
La mia mano si muove, anche se non mi rendo conto pienamente di quello che sto facendo.
Le mie dita si stringono intorno alla sfera che funge da bottone della mia divisa poi compiono un movimento secco e deciso.
Il bottone lascia per sempre la sua asola.
In maniera un po’ irruenta, lo porgo a Sanae mentre il mio respiro si fa corto.
Lei fissa la mia mano.
Posso leggere l’incredulità nei suoi occhi spalancati…
All’improvviso le sue gote diventano rosse, il suo viso va letteralmente in fiamme.
“Ma che fai?!” urla, indietreggiando di un passo.
“Non me lo devi dare ora!” ribadisce, braccia lungo i fianchi e pugni stretti.
Ecco, ora è realmente arrabbiata.
Fisso il bottone poggiato sul palmo della mia mano aperta, come se mi rendessi conto solo ora del mio gesto.
E per un attimo, un altro timore mi assale.
Probabilmente la mia impulsività ha compromesso per sempre il mio piano segreto!
Cercando d’ignorare questa paura, torno a guardare Sanae, che non mi risparmia uno sguardo imbronciato.
Ma la mia coscienza sporca e il pericolo di essere scoperto non sono nulla, rispetto a ciò che desidero di più ora.
Sanae deve avere il secondo bottone della mia divisa.
A tutti i costi.
“Che cambia? Prendilo e basta!” esclamo, avvicinandomi di nuovo a lei.
Sanae scuote la testa vigorosamente.
Il suo è un no categorico, come ripete più volte la sua voce dal tono irritato.
Non mi arrendo, facendomi più vicino ancora, noncurante delle sue braccia tese, poste come scudo per allontanarmi.
“Ormai l’ho già staccato!” insisto, senza farmi scoraggiare dai suoi rifiuti.
“Ho detto no, Tsubasa! Il giorno del diploma!” e dandomi un’ultima occhiata offesa, mi sorpassa senza più degnarmi di uno sguardo.
Non la seguo, limitandomi a fissare la sua schiena mentre si allontana.
Pervaso dall’immane tristezza di dovermi separare da lei, che mi opprime il petto così forte, da togliermi il respiro.
Abbasso lo sguardo un’ultima volta sul bottone dorato nella mia mano, dal quale pende un filo nero poi lo rialzo su Sanae, che non accenna minimamente a voltarsi indietro.
Un’urgenza impetuosa monta dentro di me, così mi metto a correre.
Io voglio stare con lei ed essere ancora al suo fianco.
Nonostante il poco tempo rimasto a disposizione.
Nonostante quell’addio all’orizzonte, non importa in quale modo deciderò di affrontarlo.
Raggiungo Sanae velocemente, sbarrandole poi la strada con il mio corpo, in modo che sia costretta a fermarsi.
Lei non si lascia intimorire e mi chiede comunque di lasciarla passare.
Senza prestare attenzione alla delusione sul suo volto, prendo la sua mano e la apro con forza.
Il bottone della mia divisa finisce nel suo palmo.
Le sue dita si richiudono sopra la piccola sfera dorata, obbligate dalle mie mani.
Continuo a trattenerle, fissando i miei occhi in quelli di Sanae.
“Ho paura… Di perderlo…” mormoro, incapace di distogliere lo sguardo, perché non mi sto riferendo solo al bottone della mia divisa.
“Per favore, tienilo tu…” la supplico, avvertendo nel cuore il sottile timore di perdere il suo amore, quando sarò lontano…
Sanae mi guarda sbattendo le palpebre.
È confusa ma soprattutto ignara del significato celato nella mia richiesta.
E paradossalmente mi solleva pensare che per lei, tutto questo equivalga all’ennesima tradizione messa a rischio dalla mia scarsa attenzione.
Sanae prende un ampio respiro e trattiene l’aria per qualche secondo nel petto.
Quando sospira, ho la certezza che sia complicato avere a che fare con un tipo come me.
“E va bene…” esclama seria, tirando via la sua mano dalla mia presa.
Rimango in silenzio ad osservarla mentre fissa le sue dita, che girano e rigirano il bottone all’altezza degli occhi.
Un sorriso distende infine le sue labbra.
Sembra di nuovo serena.
“Perché la spunti sempre con me?” mi chiede all’improvviso, scuotendo la testa e stringendo di nuovo le labbra.
Abbozzo un sorriso, alzando le spalle.
“Sei ancora arrabbiata?” le chiedo titubante mentre il suo sguardo torna su di me.
“No…” borbotta Sanae, alzando un sopracciglio.
“Ma non avrai il mio distintivo prima della consegna del diploma! Che sia chiaro!” precisa, alzando il dito indice come per rimproverarmi.
“Certo…” rispondo sorridendo mentre dentro di me si apre un altro buco nero.
Quel distintivo io non lo riceverò mai…
E la sensazione che provo è così triste e…
Odiosa.
Come il sotterfugio, le bugie.
E come la distanza fra di noi.
Distanza che inizia a farsi strada, nonostante io non abbia ancora preso il volo
 
 
 
 


(1) Gakuran: divisa scolastica maschile derivante da quella militare della Marina giapponese. Nell'ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, soldati tra i 17 e i 22 anni, per lo più studenti, furono raccolti in gruppi, allo scopo di attaccare le navi militari americane. Si tratta dei Kamikaze Tokkootai. Un sopravvissuto al conflitto raccontò la storia di uno di questi ragazzi, che prima di partire verso morte certa, donò all’amata un bottone delle sua divisa, non avendo altro da lasciarle. Il bottone scelto era il secondo, perché il più vicino al cuore. Da qui nasce l’usanza giovanile citata nel capitolo, relativa al giorno della consegna dei diplomi.
   
 
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