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Autore: Francesca lol    26/02/2016    3 recensioni
Vi prego, recensite! Le critiche costruttive sono più che desiderate!
"Un corno. Il suo suono possente risuonò in tutta la capitale, devastando il tranquillo e pacifico silenzio che aleggiava in Trundast. Ci fu un attimo in cui tutto, perfino il Tempo, sembrò fermarsi: le poche persone ancora sveglie smisero di respirare, affinando l'udito; gatti, cani, topi...tutti si misero in allerta.
Di nuovo. Ma questa volta più prolungato, più acuto. Fu come un'onda invisibile che attraversò Trundast. Si svegliarono tutti, in un allarme generale. Il seguito fu una disperata corsa nel cercare di proteggere le cose più care che avevano o mettersi direttamente al riparo, troppo poveri per avere qualcosa di sufficientemente prezioso. Sarebbe stato tutto inutile, Fiamma lo avrebbe scoperto più tardi."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credevo che non avrei più dormito, che gli incubi mi avrebbero perseguitata fino a far diventare il sonno un mio nemico. Ma la spossatezza era tale che caddi in un oblio tanto dolce e sicuro quanto oscuro.

Mi risvegliai con l'odore di spezie e di incenso. Aroma al quanto strano, per essere nella mia camera. Ancora intontita, con la voglia di sprofondare la faccia nel cuscino, sbadigliai e mi stiracchiai.

Poi aprii gli occhi. Sbattei più volte le palpebre. I ricordi della notte precedente si accavalcarono come un branco di animali sulla carcassa di una preda appena uccisa.

L'invasione, Mingord, Arelix, la fuga, il pugnale, Morgan, il gioiellante, Eris.

Era tutto un turbinio di immagini che mi fece strizzare gli occhi. Quando li riaprii mi sentii come se fossi stata catapultata all'esterno. Un orribile presentimento mischiato a paura e nostalgia iniziarono a farsi sentire. Mi diedi uno scossone, non era il momento adatto.

Pugnale. Dov'è il pugnale? Mi tastai i fianchi, ma trovai solo la stoffa della camicia da notte. Presi un respiro, cercando di rimanere calma.

Perquisii con lo sguardo tutta la stanza, partendo dal letto. Una semplice coperta di lana con le lenzuola, davanti a me invece c'era una scrivania. La stanza era piuttosto piccola, ma calda; le pareti erano costituite da grosse pietre grigie messe una sopra l'altra, apparentemente lisce, però irregolari. Un armadio piccolissimo, una scrivania con delle pergamene e, accanto a me, un comodino con una candela. Erano messe un po' ovunque, per tentare di illuminare la stanza, anche se il risultato era quasi nullo. Se non fosse stato per quelle, comunque, sarebbe stato il buio totale.

Incrociai le gambe e appoggiai i gomiti sulle ginocchia, nascondendo la faccia fra le mani.

Cosa dovevo fare? Trovare il pugnale e mantello.

Mi alzai con uno scatto, seppur malvolentieri, dall'involucro caldo che mi aveva abbracciata fino ad allora.

Presi la candela che era accanto al comodino e aprii un cassetto: trovai lo cintura, ma non il pugnale.

Passai al secondo, dove invece trovai il mantello, asciutto. Mi toccai i capelli, non che avessi fatto molto caso al fatto che fossero bagnati, però era un dato di fatto con quella pioggia. Tesi l'orecchio. Pioveva ancora? Sì. Almeno così sembrava.

Mi alzai e sgranchii il collo. Faceva freddo. Afferrai il mantello e me lo avvolsi intorno come una coperta, allacciandolo intorno al collo per non farlo scivolare.

Camminai a piccoli passi sul legno, avvicinandomi all'armadio. Aprii le ante, trovandovi solo camicie, pantaloni da uomo e qualche vestito. Era molta roba per stare in un armadio come quello.

Inarcando un sopracciglio, cercai il pugnale tra le varie stoffe, ma nulla.

Lo chiusi infastidita. Dove diavolo era finito?
Sperai che almeno quella specie di scrivania fosse d'aiuto. Lasciai vagare lo sguardo sulle pergamene giallognole. La mia attenzione fu attirata da ciò che vi era stato segnato sopra.

Erano rune. L'Antica Lingua era proibita nel nostro regno. Non eravamo così stupidi da negare la magia, ma le Rune...quella era roba antica, potentissima. Il pericolo era questo: nessuno sa mai cosa accade con le rune. Gli studi erano inutili, tu le leggivi e loro avevano la vita per fare ciò che più desideravano. Appiccare incendi, malattie varie, invasioni. Però, c'era un però. Ovviamente non sempre accadevano cose così orribili. Al contrario, era una meraviglia. Il problema era che non esistevano mezze misure: o l'inferno oppure il paradiso. E la scelta, non spettava a te.

Solo i Grandi riuscivano a controllare. Ma si sono estinti e quindi era tutto inutile.

Comunque, non eravamo molto in allerta riguardo queste cose. Quasi nessuno sapeva leggere le rune, a meno che non si apprendesse da qualcuno che le conoscesse già. Pochi. E costosi.

E tra questi, io non c'ero. Non ne era stata vista l'utilità.

Storsi le labbra, tralasciando il fastidio verso la mia ignoranza. Perché aveva quelle pergamene?

Neanche ai Fortunati era permesso. Scossi leggermente il capo. Il pugnale, il resto dopo.

Spostai il braccio, illuminando il legno. Finalmente, lo vidi brillare. Era nella fodera, lo levai senza nemmeno pensarci. Dovevo vederlo. Con la candela che avevo in mano, ne accesi un'altra e osservai. Il manico era di platino, ghirigori si intrecciavano tra loro con delicatezza. La lama era affilata a tal punto che quando ci passai un dito, una goccia di sangue era fuoriuscita dalla pelle. Cadde con una strana lentezza sul tavolo di legno e mi affrettai a portare l'indice alla bocca. Lo rimisi nella fondina, poi avvolsi la cintura intorno ai fianchi. Presi la candela e cercai la porta. Per un momento pensai di prendere una pergamena ma ci ripensai, stavamo parlando di Eris.

Quando la luce illuminò una maniglia, non ci pensai due volte a tirarla. Malgrado la luce, il buio mi sembrava comunque inquietante.

Aprii la porta con sollievo e trovai ad attendermi un profilo a me conosciuto davanti ad un fuoco scoppiettante.

“Fiamma! Ti sei svegliata, finalmente!” Mi accolse una pimpante Eris. Occhi grandi, acconciatura corta, a dir poco sbarazzina, abiti da uomo, così giovane da essere nominata come mia sorella dalle malelingue. Che, comunque, erravano in modo tale da far mettere le mani nei capelli anche al più ignorante e anziano dei contadini. Quanti anni aveva? Nessuno lo sapeva. Anzi, è più corretto dire che nessuno la conosceva. Una strega, una maga, una Fortunata. La mia madrina.

Le sorrisi, avvicinandomi al cammino. Era seduta sul tappeto, a gambe incrociate.

Si fece più la e io mi accomodai accanto a lei. Mi gustai il calore del fuoco, osservando la danza cremisi delle fiamme. Sorrisi e mi toccai una ciocca di capelli: mio padre mi aveva dato quel nome per il rosso accesso dei miei capelli. Arrivavano alla fine delle costole e sia Madierance che Arelix amavano intrecciarli. Mingord, dal giorno in cui nacqui, prese a nominarmi con qualsiasi cosa riguardasse quell'elemento. Una volta, disse:”Fiamma, potente come il più devastante degli incendi e indomita come il fuoco solo sa essere.” Amavo questa definizione, ma non credo mi appartenesse.

“Svegliati, piccola. Mi stai ascoltando?” Mi richiamò dolcemente Eris. Mi voltai verso di lei, inclinando il capo, con le sopracciglia alte e un sorriso di scuse. Sorrise, scuotendo la testa.

Si alzò e si mise dietro di me. Mi tirò indietro i capelli e li pettinò con le dita, rigirandosi le ciocche tra le mani. Era così rilassante che abbandonai le regole dell'etichetta -che oramai erano quasi un tuttuno con il mio comportamento abituale- e mi appoggiai con le mani all'indietro, reclinando il capo e concedendole tutta la libertà che voleva prendersi.

Per un po' ci fu un completo silenzio, interrotto dallo scoppiettare del fuoco.

Eris mi stava intrecciando i capelli, partendo dalla testa. Mugolai e lei mi guardò in viso. Le feci cenno di carta e penna con le mani, così lei schioccò le dita e sgranchì il collo.

Da dietro di lei si alzarono un foglio e una piuma.

L'inchiostro? Lo chiesi alzando un sopracciglio e accarezzando la punta della piuma. Sentii qualcosa bagnarmi le dita e le ritrovai macchiate di nero.

“Sai, se parlassi non sarebbe male” la fulminai con un'occhiata.

“Oh, andiamo! Quand'è stata l'ultima volta che hai aperto bocca, dieci anni fa?”

Impugnai meglio la penna e iniziai a scrivere

Ma io la apro sempre. Per sbadigliare, per mangiare, per respirare, per ridere. Sarebbe cattiva educazione, lo faccio poche volte. Lo ripeto: respiro anche, non vorrai uccidermi, vero?

Ad Eris sfuggì un sorriso. “Certo che no, principessina. Non vorrei mai mettere in pericolo la vita del futura regnante.” Un sorriso amaro si disegnò sulle mie labbra.

Sempre che rimanga qualcosa su cui regnare. Sempre che ci sia ancora qualcuno da cui discendere.

“Come siete negativa, principessa. Sono certa che domani sarà tutto passato. Questa si rivelerà un'altra delle solite invasioni da bloccare facilmente”

O magari sarà un'altra delle numerose guerre che durano anni. E noi perderemo.

“Ora basta. Non è vero, lo sai benissimo.”

No, tu lo sai benissimo. Eravamo in crisi. Eravamo nel periodo di siccità, tantissimi contadini hanno dovuto chiedere soldi a quei schifosi dei nobili.

“E con questo? Riuscirete ad andare avanti, lo fate sempre.”

Prima o poi arriva la caduta in cui ti fai più male rispetto le altre, ho paura sia questa. Smettila, Eris. Non rassicurarmi, non ci credi nemmeno tu. Ti conosco troppo bene.

La Strega, che aveva aperto bocca, la richiuse subito dopo. E questo mi diede un'ulteriore conferma.

Una lacrime cadde sul foglio su cui stavo ancora scrivendo.

Spero solo che qualcuno sopravviva.

“Piccola...” Mi abbracciò, stringendomi in modo quasi soffocante. Appoggiai il mento sulla sua spalla. Una stilla cadde sulla camicia di Eris. Chiusi gli occhi, impedendomi di piangere.

Eris passava il braccio sulla schiena, in un movimento tranquillo e delicato che rilassava.

Fui io a staccarmi. Ripresi la piuma.

Morgan?

Sorrise. “Nella stalla.” La mia faccia parlava da sola, evidentemente, perché si affrettò a spiegarmi.

“Ho allargato un po' casa, qui ci sono un sacco di alberi. E foglie. E pietre. Si può fare di tutto. La Magia aiuta tantissimo.” Annuii.

Quanto ho dormito?

“Non vuoi proprio parlare, eh? Una notte e un giorno.” Cosa?!
La guardai sbalordita e notai delle grosse occhiaie sotto i suoi occhi nocciola.

Da quanto non dormi?
                                                                                                                                                                                                 
“Da un po'.”

Incubi?

“Non puoi neanche immaginare. Comunque, hai altro da dir...scrivere o posso continuare a toccarti i capelli?” Ridacchiai.

Dopo voglio andare da Morgan. ...e al castello, terminai mentalmente.

“Dopo. Ora piove, aspetteremo che sorga il sole. Va bene?” Feci spallucce.

“Bene. Adesso silenzio, devo fare la treccia.” Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Tuttavia non potei non sorridere. Eris mormorò qualcosa che non sentii e la luce scomparve quasi del tutto, solo il fuoco ci faceva da lume. Storsi le labbra ma non protestai. C'era Eris. E un bel fuoco scoppiettante davanti a me. Mi misi nella posizione di prima, lasciando che le dita delicate della Strega si infilassero fra i miei capelli. Era così rilassante...

Per un po' ci fu solo lo scoppiettio del fuoco a riempire il silenzio. Odiavo il silenzio. Odiavo il buio. Odiavo ciò che potesse rendere libera la mente per pensare alla morte.

E feci una cosa che non facevo da undici anni. Iniziai a canticchiare una canzone. Non era una scelta saggia, non lo era per niente. Ma era Eris, giusto?

Era una ninnananna. Me la cantava sempre Madierance. Non ricordavo nemmeno le parole, solo la melodia.

Eris strinse un po' di più i miei capelli. Mugolai per richiamare la sua attenzione, però non mi sentì.

Trenta secondi dopo, iniziò a tossire. Mi preoccupai e capii che non potevo nemmeno canticchiare. Non avevo aperto bocca, ma produrre qualsiasi suono volontariamente non andava bene. Non andava mai niente bene.

Mi voltai, la presi per le spalle e le alzai un pochino il viso. Non lo feci per quei stupidi giochini che fanno ai bambini quando tossiscono un po' più forte, ma per darle un po' d'aria. Si arpionò al mio bracciò e quel gesto...deja-vu: anche Arelix lo aveva fatto. Due giorni fa.

Erano già passati due giorni. Loro lottavano per sopravvivere e io ero lì, a farmi intrecciare i capelli.

Un colpo più forte degli altri mi fece riscuotere. Le passai la mano sulla schiena, mentre lei si calmava pian piano, in un gesto simile al suo poco prima. Mi spostai e misi in ginocchio, poi feci adagiare Eris con la testa sulle mie gambe. Le accarezzai i capelli, lei mi guardava.

“Sei bella, Fiamma. Sei proprio bella. Sai, per me sei la mia nipotina. Spero che sarai felice anche senza...” un altro colpo di tosse, però mi suonò strano. Come se fosse finto.

“Spero che un giorno sarai felice.” Aveva uno sguardo strano. Come quello di un cane che non vuole dare a nessuno la propria carne. Avrebbe azzannato tutti, se gliela avessero portata via. Quello era il suo sguardo, di qualcuno che vuole impedire qualcosa. Le sorrisi, non sapevo che altro fare.

Sospirò e si alzò.

“Cosa vuoi fare ora?” Avevo posato penna e foglio accanto a me, quindi li presi e scrissi di nuovo.

Perché non provi a dormire?

“No. Assolutamente no. Se prima l'idea mi aveva sfiorato, ora non posso nemmeno pensare a chiudere gli occhi o...” si interruppe, sorridendo amara.

“Voi mi chiamate Fortunata, Strega. Temete i miei poteri ma li bramate. Bramarli.” Rise.

“Ve li concederei volentieri. Ma per quanto le persone mi descrivano nel peggiore dei modi, sono troppo buona per darvi tale maledizione. Non posso nemmeno sognare. Non sono sogni, i miei. Sono premonizioni. So di essere egoista, eppure vorrei così tanto che l'oscurità venisse illuminata da ciò che mi delizia. Buffo, sono la più potente delle maghe però non posso controllare i sogni. Stupido, vero?”

A volte i sogni servono solo a illuderci.

“E' questo che voglio: illudermi.” A quella risposta non seppi controbattere.

“Troppo tardi per questo discorso.” Disse, sorridendo.

Hai avuto una visione, giusto? Non mentirmi. Non ha senso, io so quando lo fai.

“Io...sì.” Si arrese, quando finì a leggere.

Ne vuoi parlare?

“No.” Mi guardò per un istante in modo penetrante e sbadigliai. Mi ero appena alzata, avevo dormito molto. Era impossibile che il mio corpo richiedesse riposo. Era lei che mi aveva fatto qualcosa. Ci fu una sola occhiata, ma comprese che avevo intuito.

Va bene. Io vado in camera, se succede qualcosa chiamami.

 

Il giorno dopo Eris non c'era. Feci spallucce mentre tornai in camera. Ero stata troppo tempo con quella dannata camicia da notte ed ero scalza.

Aprii l'armadio e tirai fuori un vestito blu-splendido-, pantaloni da uomo, camicia grande maschile, calze e stivali. Guardai dubbiosa il magnifico abito ma lo riposai, dandomi della sciocca.

Mi vestii, infilandomi nuovamente la cintura , assicurandomi che ci fosse il pugnale e gli diedi un'occhiata per essere certa fosse lo stesso. Quegli abiti erano così comodi che per un attimo pensai di non indossare mai più scomodi corpetti, vestiti pomposi e ingombranti o scarpe che facevano urlare i miei poveri piedi di dolore. Non erano vestiti che indossavano i nobili, fortunatamente. L'Aristocrazia era una cosa che odiavo profondamente. E comunque, neanche i loro sembravano tanto comodi.

Mi stiracchiai poi uscii fuori. La casa era proprio carina vista da fuori. Un tutt'uno con la natura, con fiori ovunque. Si avvertiva un piacevole odore di terra bagnata.

Aggirai la casa e sul retro c'era una porta di legno. La aprii e vi trovai una piccolissima stalla. Una macchia nera su un muro bianco, ecco com'era il mio bellissimo cavallo.

Stava dormendo, però si svegliò quando mi avvicinai.

Hey, bello. Non importa se non parlavo, noi ci capivamo lo stesso.

Mi dispiace averti svegliato. Gli accarezzai il muso e lui mi diede un buffetto sulla mano. Ridacchiai. Presi le redini e lo tirai fuori, gli avrei dato un po' d'erba fresca.

Non eravamo neanche un metro dalla casetta, eravamo nel bel mezzo di un prato. Ma non volevo mangiasse i fiori, anche se lui li adorava.

Quando trovai uno spiazzo, lo legai ad un albero. Non sarebbe fuggito, non con me. Però meglio essere sicuri.

Era una bella giornata, il cielo di un celeste splendido, raggi del sole scaldavano anche in quei tempi freddi.

Poi un tonfo. Orribile. Un rumore che io temevo. Trovai un albero con più rami degli altri e mi arrampicai senza troppi problemi. Era alto, arrivai fin dove riuscivo. Scorsi appena la torre più alta del mio castello, prima che questa crollasse. Con essa, anche le mie speranze.

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Non so come scusarmi. Il ritardo è enorme. Odio i professori, andiamo a protestare tutti insieme appassionatamente!

Lo so, avete faticato ad arrivare qui. Quindi non mi sono fatta perdonare nemmeno con il capitolo Non c'è effettivamente molto, ma volevo presentarvi Eris ed è uscita una cosa un pochino troppo lunga.

Comunque. Cosa ve ne pare? Era come la immaginavate? Cosa pensate della bella Strega? Io la adoro già.

Finalmente capiamo cosa manca a Fiamma: la parola. Già, Fuocherello è muta.

Avete sospetti a proposito? Per quale motivo non parla più? Spero abbiate capito un po' più di lei.

Sappiate che questo è solo l'inizio e di certo, non passeremo il tempo ad immaginare Eris che fa le treccine alla rossa. Anzi. Nel prossimo capitolo ci sarà molta più carne al fuoco.

Un grazie enorme a quella santa di Black Truth, my beta, DarkSide_of_Gemini per la sua splendida recensione, a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, seguite o ricordate e ai dolcissimi lettori silenziosi.

Non mi dilungo. E non ve ne andate perché questo non è nemmeno un assaggio di ciò che ci sarà.

Un bacione

Fra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPOILER

Mi guardò stranito.

E' lei! E' la Principessa dagli Occhi D'Oro!”

  
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