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Autore: Colli58    29/02/2016    3 recensioni
“In passato cedevo spesso per quieto vivere.”
Kate strinse gli occhi. “Tipo quando non sei riuscito a rifiutare l’ospitalità a Meredith nei nostri primi mesi insieme?”
Castle boccheggiò. Se lo ricordava ancora troppo bene quel suo piccolo errore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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“E’ un piacere rivederla signor Castle.”
Castle allungò la mando in direzione della persona in piedi davanti a lui. “Signor Stevenson!” Esclamò sinceramente felice di aver fatto quell’incontro. “Anche lei da queste parti!”
“Dove ci sono libri…” l’uomo sorrise annuendo.
“Si accomodi… Mi faccia compagnia” indicò di sedere accanto a lui.
Scosse il capo. “Non vorrei disturbare il suo momento di calma.”
“Nessun disturbo. Inoltre sono ancora in debito con lei e la sua gentile moglie. Non c’è?”
Un sospiro tradì una lieve delusione nello stato d’animo di Stevenson. “Sono qui per affari e Veronica è rimasta a casa.”
Castle insistette per farlo restare e l’uomo infine cedette convinto dalla cordialità dello scrittore.
“Nuovi mercati nel mondo dell’editoria?” Chiese curioso. “Non vi ho più visti alla Black Pown, dobbiamo avervi fatto una pessima impressione.”
Stevenson inclinò il capo, glissando elegantemente.
“E’ stato così? Mi dispiace moltissimo, non è stata una delle mie serate migliori.” Concluse Castle imbarazzato. Aveva pensato a sé stesso ed ai suoi problemi con Kate tanto da non aver dedicato l’attenzione necessaria agli affari. I signori Stevenson erano stati molto disponibili e gli dispiacque sinceramente che, a seguito del loro incontro, le relazioni con la casa editrice fossero andate talmente male da farli desistere.
L’uomo rise divertito. “Lei non ha colpe, glielo assicuro.”
“Oppure lei è troppo gentile per dirmi la verità.” Per la seconda volta si sentiva inspiegabilmente a proprio agio con Stevenson, non che avesse mai avuto problemi ad interagire con il pubblico. Era una alternativa interessante al suo desiderio di star solo per quelle ore serali, quattro chiacchiere con qualcuno disinteressato.
Il cameriere li interruppe chiedendo se desiderassero altro. Stevenson chiese un drink e i due uomini si trovarono a guardarsi l’uno di fronte all’altro.
“L’ho seguita in questi giorni, per lei deve essere molto impegnativo.”
Era decisamente una sorpresa per Castle perché non lo aveva visto aggirarsi per gli stand.
“Non l’ho mai incrociata prima di stasera…” Considerò un po’ perplesso.
“E’ stato molto occupato con… tutte quelle persone.” Castle sentì l’imbarazzato farsi strada. Non lo aveva proprio notato!
Comunque lo sguardo divertito di Stevenson la diceva lunga sul fatto che non fosse affatto risentito da una sua eventuale mancanza di attenzione. Non dubitava del fatto che fosse un signore.
“Credo che non sarei in grado di tenere testa a tutti quegli ormoni femminili.” Aggiunse con una limpidezza tale da far escludere qualsiasi doppio senso.
Castle fece una smorfia. “Evitava me o il genere femminile che mi stava assediando?” Disse con baldanza. Stevenson gli segnalò con il gesto della mano che la seconda opzione era quella valida.
“E’ difficile, l’abilità di non farsi risucchiare dall’interesse di quelle signore può diventare un arte. Potrebbe sembrare divertente, a 25 anni è gratificante e proficuo…” Mormorò lasciando intendere quel genere di attività che lo aveva reso noto come donnaiolo. “Una vita fa.” Tenne a chiarire, gesticolando vivacemente. “Non che io sia vecchio, solo…”
Stevenson rise annuendo. “Le donne dei nostri giorni sono molto più aggressive di quanto io sia capace di gestire. Sono timido.”  Castle non riusciva a crederlo possibile, sembrava un uomo di mondo.
“Non si direbbe…” Assottigliò lo sguardo come a volerlo studiare.
Stevenson alzò una mano e lo fermò. “Assolutamente timido con il gentil sesso.” Risero entrambi divertiti.
“Posso chiederle, visto che la mia casa editrice non la interessa più, a cosa sta puntando?” Castle era desideroso di sapere quale suo rivale avrebbe beneficiato dei capitali di quel simpatico signore. Sapere perché non aveva investito nella Black Pown stava diventando una necessità impellente. Dire che era curioso era dire poco.
“Chi le dice che io sia disinteressato, signor Castle...”
“Rick, la prego.” Gli ispirava naturale simpatia. Gli era anche grato per la cortesia di quella frase detta a tu per tu, in cui lo invitava a tornare a casa da Kate in base al fatto che lo aveva sorpreso a coccolare la sua fede nuziale.
“Gina non ha più parlato di lei.” Disse ma si pentì di aver detto quella sciocchezza. Lui non aveva più dialogo con Gina, a meno che non si trattasse delle sue scadenze, forse era solo una sua speculazione. Però se avesse fatto il colpaccio di avere un nuovo socio di capitale Gina se ne sarebbe vantata senza ritegno e l’informazione avrebbe raggiunto le sue orecchie.
“Rick, non è stato lei a farmi desistere dall’investire con la Black Pown. Stia tranquillo.” Non perse il suo sorriso amabile. “Appena mia moglie saprà che l’ho incontrata qui, si pentirà di non avermi seguito.”
Sedette con più comodità.
Castle studiò Stevenson con attenzione. Quindi era vero che non erano entrati in affari.
Che cosa poteva essere accaduto negli incontri successivi con la casa editrice? Gina doveva aver fatto qualche passo falso. Poteva essere colpa sua e della sua reazione? Gina stava perdendo il controllo dei propri nervi? Doveva trovare il modo di incanalare il discorso senza essere troppo sfacciato.
“Allora faremo in modo di trovarci a New York per una bella cena tra noi, glielo avevo promesso. Un impegno che ho intenzione di mantenere.”
Stevenson annuì. “Il miglior regalo che possa fare a Veronica: è una sua accanita fan. Non ha idea di quanto questo incontro la renderà gelosa di me.”
Castle rise. “In questo caso le faremo anche un saluto via telefono, se le va.”
Stevenson tolse il suo smartphone dalla tasca interna della giacca.
“Perché no. Dimentico spesso quante cose possono fare questi aggeggi.” Esclamò toccandone il touch screen.
“Quindi anche lei ha promesso un regalo a sua moglie? Io pure! Ma non ho ancora deciso cosa regalarle.”
Stevenson sembrava essere d’accordo. Osservava Castle spaziare dalla sua naturale baldanza al sembrare infantile in molte esternazioni spontanee senza esserne infastidito. Era certamente questo atteggiamento a far sentire Castle a proprio agio con lui. Non lo stava giudicando, non si aspettava chissà che da lui e sembrava trovarsi nel medesimo stato di tranquillità.
“E’ una cosa puerile, però ho sempre amato tornare da mia moglie con un pensierino.” Spiegò. “Essere originali non è sempre possibile, ma se riesco…”
Castle sorrise. La trovava una cosa adorabile e dolce anche perché non riusciva a leggere in lui doppi fini, ma una sincera benevolenza nei confronti della consorte. Oddio, poteva anche sbagliarsi di grosso ma l’istinto gli diceva cose buon su quell’individuo.
“Probabilmente abbiamo entrambi delle mogli che amiamo coccolare.” Replicò quindi prendendo a giocare con la fede. Era la verità dopotutto.
“Sta bene il detective Beckett?” La domanda soprese Castle, non si ricordava di averla nominata per cognome ma se la moglie era una sua fan conosceva molti dettagli. Annuì. “E’ molto impegnata.”
“Ancora omicidi?”
“Sempre, anche se ora sta seguendo la burocrazia di un difficile caso politico.” Stevenson sembrava sorpreso, ammirato. “Qualcosa di importante.” Valutò con serietà. Poi indicò la mano di Castle.
“E lei è sempre molto preso.” Castle si sentì vagamente in imbarazzato, era così palese il suo gesto? Non se ne rendeva nemmeno conto. Sorrise di rimando senza rispondere.
“Poco fa ho visto la sua PR andarsene con un certa aria funerea.”
Castle annuì stringendo le labbra. Stevenson era un occhio di falco, micidiale.
“Sì?” Aggiunse senza sapere davvero dove avrebbe portato quel discorso.
“Le confesso che non…” Scelse con cura le parole.  “E’ sempre professionale ma… così poco amichevole.” Castle scoppiò a ridere e sprofondò nella poltrona.
“Lei ha fin troppo occhio. Sicuro che è nel campo dell’editoria?” Il dubbio stava diventando legittimo.
La saletta venne invasa da un gruppo rumoroso di persone che cercavano spazi per sedersi. I due uomini si guardarono intorno attendendo che il vociare dei presenti si scemasse, cosa che non accadde.
Stevenson si sporse verso Castle. “E’ occupato per cena? Detesto cenare da solo e mi farebbe piacere…”
Lo scrittore era vagamente sorpreso, era un’ottima idea. Già il fatto che non amasse Paula era un fattore positivo. E poi il tempo sarebbe trascorso in modo interessante oltre a cercare di scoprire perché la trattativa con la casa editrice era fallita. 
“Solo se è mio ospite.” Concluse Castle alzandosi.
Di fronte ad un buon pasto i due uomini chiacchierarono del più e del meno con tranquillità. Parlarono di libri spaziando nei vari generi letterari. Si confrontarono su molti titoli, trovandosi a discutere amabilmente.
La sala ristorante era meno affollata del bar e l’angolo in cui erano seduti era felicemente lontano dai gruppi più turbolenti. Alcune persone si avvicinarono a loro per fare una foto con lo scrittore, un autografo sul tovagliolo, qualche battuta.
Castle si prestò senza lamentarsi, fu soltanto l’intervento del maitre che, visto l’andirivieni di alcuni fans non particolarmente a modo, rese il tavolo di Castle off limit.
“Mi scusi, non mi succede spesso…” Castle cercò di minimizzare. “Non sono poi così famoso.”
L’uomo gli fece l’occhiolino. “Non ad una fiera del libro Rick. Qui è una popstar.”
“Stephen King è una popstar. Io sono più... modesto.”  Replicò Castle con una smorfia.
“Mi avevano detto che lei era un individuo pieno di sé, ma non sembra essere così.”
“Ma quante cose le hanno detto di me!” Sbottò divertito.
Stevenson si schiarì la voce. “Mia moglie.” Disse semplicemente. “Ovviamente già dal primo incontro si è molto ricreduta su queste dicerie.”
Castle strinse gli occhi, sornione. “Forse non lo erano del tutto…” Valutò con onestà.
Entrambi risero divertiti. Fu il momento per Castle di portarsi all’attacco e fare domande.
“Quindi se io sono quello simpatico, è Gina quella antipatica?” Disse fissando il suo interlocutore.
Stevenson si prese qualche minuto per pensare.
“Beh, alla visita successivo presso la Black Pown abbiamo avuto un incontro con la direzione e la sua editor. C’erano delle clausole da valutare e prima di parlarne con gli avvocati abbiamo deciso di fare un vertice esplorativo per chiarire i rispettivi intenti.” Spiegò con calma. Forse non era del tutto convinto di dare allo scrittore quella spiegazione perché si prese altri minuti per pensare. Quando raggiunse una decisione alzò lo sguardo su Castle e lo guardò diritto negli occhi.
Sorrise con dolcezza e con l’atteggiamento di un uomo d’affari che si sbilancia su una confidenza.
“Durante quell’incontro la signora Cowell ha fatto del suo meglio per spiegarci come lei fosse la loro spennabile gallina dalle uova d’oro. L’ha fatto in modo estremamente sgradevole, come una donna respinta. Poco professionale.”
Per poco la mascella di Castle non toccò terra. Sbalordito da quella affermazione riuscì a dire solo “Cosa?” Con un acuto incontrollato nella voce.
“Durante la nostra cena sia io che Veronica abbiamo notato un certo modo di dettar legge su di lei, nonostante tutto sembrava che i rapporti fossero più pacifici.” Aggiunse Stevenson scuotendo il capo.
Castle chiude gli occhi espirando. Quella sì che era una situazione imbarazzante.
“Per prima cosa Gina è un errore del passato. Sono in dovere di dirle, se non è già al corrente, che è la mia seconda ex moglie… E mi scuso per quanto accaduto. Sto ancora pagando le conseguenze di questa sciocchezza.” Era così prostrato che Stevenson allungò bonariamente una mano e dette una pacca amichevole sulla spalla di Castle.
“Cose che possono succedere. Di fatto la signora Cowell era così desiderosa di farci sapere quanto manipolasse lei e il denaro che portava alla casa editrice che mi sono sentito a disagio.” Castle, ripresosi dal momento di smarrimento, cercò di ascoltare il suo interlocutore con maggiore attenzione. Gina lo stava truffando? Era questo che stava insinuando? Era solo un sospetto oppure il suo legale doveva fare delle indagini? Forse era il caso di analizzare i dati delle vendite.
“Vede Rick, non amo queste dimostrazioni di potere. Sono gratuite e mancano di eleganza. Umanamente deplorevoli. Poi da che l’ho conosciuta ho provato simpatia per lei. Una volta tornato da mia moglie le ho parlato di quanto è accaduto e di comune accordo abbiamo deciso di non voler essere parte di questa spiacevole situazione.”
Castle scosse il capo, adombrato e deluso.
Stevenson si pentì di aver profferito parola vedendo lo scrittore rabbuiarsi.  Aveva voluto conoscere la verità ma non desiderava rovinargli la serata.
“Mi dispiace di averla messa di cattivo umore…” Aggiunse scusandosi. “Avrei dovuto evitare.”
Castle gli sorrise grato di quel suo gesto di cortesia.
“Non si preoccupi. So che Gina gioca sporco, lo ha fatto anche in questi giorni.” Si passò una mano sul viso. “E’ una questione privata ancor prima che lavorativa… Una questione tediosa su una donna che non mi ha mai capito.” Ribadì cercando di spiegare. Raccontargli come stavano le cose era complicato.
“Le sono grato di avermelo riferito. Gina sta dando… del suo peggio.” Espirò contrito.
Stevenson lo osservò per alcuni minuti, si prese un sorso di acqua e inspirò.
“Mi piacerebbe avere la possibilità di farle un’offerta. Se dovesse ricrearsi la situazione, sarei ben lieto di portarmi via la fetta di maggioranza della Black Pown. Ma non ci sono ancora le condizioni.” Disse con tranquillità.
Castle lo squadrò sorpreso. Quanti soldi doveva avere quel tizio?
“Ovviamente è una questione d’affari.” Rispose sulla strada dello sconforto.
Stevenson annuì. “Però lei mi sembra stia giocando pulito.”
“Non abbiamo mai parlato di affari.” Valutò infine Castle. Si passò una mano sul volto.
Perché glielo stava dicendo? Per onestà? Avrebbe potuto semplicemente considerare la situazione d’affari come proficua ed infischiarsene dell’aspetto umano. Invece aveva preferito non invischiarsi in qualcosa che era umanamente scorretto o c’era dell’altro?
“Perché? Perché me lo sta dicendo…” Chiese Castle fissandolo. “Insomma noi non ci conosciamo e lei ha perso un’occasione d’affari che poteva esserle redditizia…”
Non sorprese Stevenson che probabilmente si era aspettato quella domanda.
“Durante la nostra cena lei è stato sé stesso. L’ho apprezzato molto perché non ha deluso le aspettative di Veronica su di lei. Ha regalato a mia moglie la splendida serata di cui aveva bisogno dopo un periodo difficile. Non nego che ero un po’ preoccupato…”
Castle capì. “Se fossi stato lo sciocco pieno di sé del mio passato l’avrei delusa.”
Stevenson sorrise. “Veronica è stata rapita dalla sua franchezza, dall’umanità che ha percepito in lei mentre parlava del caso di omicidio che con sua moglie stavate affrontando. E’ tornata a casa entusiasta e per questo le sono profondamente grato.”
Castle sorrise senza aggiungere parola. Era un gran complimento, aprire bocca e dire qualcosa di banale non era la strada migliore per dimostrare apprezzamento a tutta quella generosità. E poi ammutolirlo era una cosa da pochi.
“Mi sembrava il minimo darle l’opportunità di indagare.”
“Grazie. Mi muoverò con cautela, ma a riguardo sono supposizioni oppure le hanno sbandierato cifre?” Aggiunse Castle.
“Non ho prove se è questo che intende. Non ho visto nulla di scritto.”
“Ok.” Si morse le labbra pensieroso. “Mi darò da fare.”
“Non sono solo i soldi che vuole da lei, vero?” Altra uscita spiazzante. Castle boccheggiò a secco di opzioni. Non stava certo brillando per personalità e intelletto ma la sua reputazione stava in caduta libera a causa degli effetti collaterali di aver sposato una stronza.
Espirò guardando Stevenson e con sincerità si propose di dirgli quanto necessario.
“Ha espresso l’idea di rivolermi indietro. Come coppia siamo stati un fallimento su tutta la linea, non abbiamo nulla in comune se non il lavoro ma lei si è fissata di rivolermi.” Castle deglutì sentendo l’amarezza farsi strada.
“Lei non è disponibile.” Decretò Stevenson con un sorriso gentile indicando la fede al dito di Castle.
“Kate è… l’unica che voglio. Gina è ancora convinta che sia un capriccio, ma quanto si sbaglia.” Bevve un sorso di vino per darsi carica.
“Posso solo immaginare come può sentirsi.”
Castle scosse il capo. “Quando parlo di lei… posso diventare noioso.”
Negli ultimi tempi lui era diventato particolarmente protettivo. La sua gravidanza li aveva legati di più e dopotutto stavano facendo anche piccoli passi avanti nel combattere le loro fobie. Parlare di lei gli faceva bene, era come averla accanto, o almeno avere qualcosa di lei.
“Abbiamo la stessa malattia, non si scusi.” Rispose Stevenson, annuendo divertito.
“Ho trovato una persona che vuole le stesse cose che voglio io dalla vita e dalla famiglia. E’ una donna forte e talmente concreta…” Guardò il proprio piatto ormai vuoto sulla tavola imbandita.
“Aspettiamo un figlio…” Sussurrò. Castle non si rese nemmeno conto di averlo detto. Stevenson parve piacevolmente sorpreso.
“E’ meraviglioso.” Rispose.
Castle strinse gli occhi. “E’ ancora un segreto. Può… beh ecco… mantenerlo?” Lo pregò.
“Solo se posso dirlo a mia moglie.” Ammiccò e Castle annuì. “Resterà tra noi. Congratulazioni.”
“Avete dei figli?” Chiese Castle cercando di spostare il fulcro del discorso.
L’uomo negò con il capo. “Purtroppo no. Non abbiamo avuto questo dono.” Castle vide altra tristezza negli occhi dell’uomo che fino a quel momento era sembrato vitale e forte.
“Per me è il secondo, ho una figlia di 22 anni, Alexis. Per Kate è il primo.” Spiegò. “E’ di due mesi soltanto.”
Stevenson sorseggiò il suo vino. “Ora più che mai capisco il bisogno di quella sera.”
“Già.”
“Fa bene a starle accanto. Se avessimo avuto figli penso che non avrei abbandonato Veronica nemmeno per un istante.” Rimase pensoso per alcuni istanti. “Mi sarebbe piaciuto avere figli.”
Castle non si sentì in grado di chiedere il perché non ne avevano. Dall’alto della sua fortuna sentiva di non voler essere invadente. Il volto di Stevenson era segnato da una traccia di dolore percettibile, sinonimo che quella mancanza era stato un peso, che il non avere figli probabilmente era spiegato dall’impossibilità di averne. Gli bastava.
“Come quella sera voglio tornare da lei, sincerarmi che stia bene. E poi è un poliziotto della omicidi, lavoro idoneo alla maternità…” Ironizzò. Stevenson rise.
“Come fa ad accettare tutti i rischi del suo lavoro? Saperla coinvolta in situazioni pericolose come inseguire assassini, sparatorie... Impazzirei dalla paura.”
“Ho passato…” Castle espirò correggendosi. “Abbiamo passato momenti difficili, anche prima di stare insieme, per quel senso di giustizia che la anima e la spinge a dare tutto. Questa parte di lei è probabilmente la prima che ho imparato ad amare.” Scosse il capo pensando alle loro vicissitudini.
“Da quanto voi...” Stevenson mimò con le mani una rotazione indicando il loro coinvolgimento.
“Sette anni… Siamo sposati da meno di due. Difficili, dolorosi e bellissimi anni.”
“Dolorosi?” Stevenson era davvero stupefatto.
Castle annuì. “Le hanno sparato al cuore.”
Stevenson deglutì.
“Un cecchino.” Precisò Castle. “E’ stato un incubo. E poi c’è stato molto altro. Rapimento, fughe e nemici piuttosto coriacei.”
Il suo interlocutore rimase in silenzio, gli aveva tirato un missile difficile da ignorare. Lui stesso si sentiva un po’ a disagio nel parlarne. Ruppe il silenzio tornando sull’argomento originario.
“Forse è solo incoscienza, ma seguirla al distretto mi aiuta a contenere la paura. Ci proteggiamo le spalle a vicenda e siamo partner anche nel lavoro, non solo nella vita.”
Stevenson annuì interessato. “Siete molto affiatati. Non credo che sia incoscienza la sua…”
“No?”
“Tutta un’altra parola.” Risero complici.
“E poi mi diverto, ci sono dei casi di ogni tipo e tante idee per i miei romanzi.”
In quel momento il cellulare di Castle squillò. Chiese scusa e si alzò guardando perplesso il contatto chiamante. Era il suo legale. Che Gina si fosse già infuriata a tal punto da scomodare i legali? Era passata solo un’ora da quando aveva imbastito quel discorso risoluto con Paula.
“George, a quest’ora mi fai paura. Gina ti ha mandato qualche postilla minatoria corredata di bombe atomiche?” L’ironia era il minimo per ciò che si aspettava da quella donna malefica.
Ascoltò con attenzione e il suo viso si illuminò. Non era nulla di quanto avesse speculato.
“Quando e soprattutto quanto?” Annuì con la testa nonostante il suo interlocutore non potesse vedere.
Sorrise e poi disse. “Assolutamente sì, mi interessa. Sarò da tè alle 14 e 30. Se ce la faccio prendo un aereo prima.”
Quando chiuse la chiamata il suo umore era decisamente migliorato.
Sedette con un sorriso becero davanti a Stevenson e scosse il capo. “Forse ho trovato il regalo per Kate.”

Kate si sistemò meglio sul divano di pelle. Lei e Lanie stavano continuando la loro chiacchierata e a quest’ultima piaceva parlare di sé stessa oltre che a fare milioni di domande, così le aveva fornito vino a sufficienza per far scatenare la sua loquacità. Si stava sbottonando sulle sue avventure amorose. Per lei le vicissitudini erano esclusivamente di natura rosso piccante. Più l’ascoltava e più pensava al fatto che Lanie si stava buttando a capofitto in una serie di avventure senza futuro. Non voleva essere ipocrita e chiederle perché lo facesse, conosceva la risposta che si celava dietro quell’attitudine. Come lo era stata lei, Lanie si stava nascondendo dietro l’apparente disinteresse perché in qualche modo temeva di prendere una strada che l’avrebbe delusa. Era rimasta in quel limbo per un sacco di tempo, ma a differenza della sua amica lei aveva avuto una parte vivace ed una parte più casta, o magari solo meno selvaggia ma sicuramente piena di menzogne. Nei propri confronti e anche nei confronti di quegli uomini che illudeva celando quel piede sempre fuori dalla porta, pronta a darsi alla fuga alla prima avvisaglia di una seria intenzione.
Almeno Lanie era più onesta: non prometteva nulla a quei ragazzi, ne pianificava vivendo il momento e basta. Ma se non provava a guardare oltre non avrebbe mai visto la sua chance. Era un peccato, un peperino come Lanie poteva essere la donna giusta per qualcuno che la sapeva apprezzare davvero. Era molto dolce sotto quella scorza da cinico medico legale.
“Mi stai ascoltando?” La richiamò dal suo pensiero.
“Sì. Pensavo solo al fatto che hai una resistenza notevole.”
Lanie rise. “Troppo gentile. Che ti frulla per la testa, ti sto raccontando le mie avventure migliori e mi dai l’impressione che in qualche modo non siano poi così eccitanti…” Il suo sguardo divertito le fece capire che l’aveva scoperta a pensare ad altro. Ma era anche gentile e comprensiva con lei più del solito tanto da non farla indispettire per la sua assenza cerebrale.
“So che queste cose non ti interessano più tesoro.” Aggiunse con una smorfia.
Kate scosse il capo. “Non è vero. Sono sposata, non mi sono fatta suora!” Esclamò indispettita.
“Diavolo lo vorrei proprio vedere.”
“Spero non succeda mai!” Strabuzzò gli occhi. “Rick ed io…” Con furbizia si morse le labbra. “No, non accadrà…”
Lanie le fece un gesto di diniego. “Beh, questo dipende da come vivi il post parto.”
Kate sbuffò. “E’ presto per questi discorsi. Non sono ancora arrivata a pensare al dopo.” In effetti non lo voleva fare. Non si voleva fasciare la testa con dubbi che avrebbe sicuramente affrontato a tempo debito. Ne aveva già tanti in testa.
E poi il lavoro, voleva fare un balzo avanti dai tempi di Washington e dell’FBI. Era un traguardo che aveva cercato con interesse, ma che a causa della delusione aveva messo nel cassetto.
Erano usciti entrambi quei desideri. Li voleva assecondare visto che a suo marito stava benissimo così e la dava il suo pieno sostegno.
“Non ti ho mai chiesto quando ti è venuto in mente…” Disse Lanie con leggerezza. “Ero così sconvolta per la notizia che non ho pensato ad altro.”
“Ti aspettavo al varco!” Rispose Kate sospirando.
“Quindi? E non cercare di vendermi che è capitato, con tutte quelle precauzioni che vi fanno prendere a voi… donne poliziotto.” La punzecchiò con il suo cipiglio indagatore.
Era la realtà, nel suo lavoro i rischi erano troppi per lasciare certe cose al caso. Kate aveva deciso di smettere di prendere l’anticoncezionale perché lo voleva. Sbuffò muovendosi i capelli e sentendo un vago disagio farsi strada in lei. Era una cosa così personale che non sentiva di voler condividere del tutto.
Stranamente nemmeno Rick le aveva fatto quella domanda diretta.
“Non lo so di preciso, era il momento.” Si limitò a dire senza accontentare l’amica.
Lanie fece una smorfia. “Ti butti nell’avventura di una maternità e poi mi dici che stai per fare un balzo di carriera. Non può essere solo il momento… Cavolo Kate non mi prendere in giro, tu non vai nemmeno in bagno senza programmare una via di fuga. O almeno una volta era così.”
Kate rise scuotendo il capo. “Certo che sei davvero un’impicciona.”
“Lo sono sempre stata tesoro, com’è che ora ti sconvolge?” Usò volutamente la medesimo verbo.
“Non mi sconvolge, ma non hai mai pensato che ci siano cose che devono restare tra me e il mio uomo?”
Lanie le rispose con un’occhiataccia divertita e strafottente. “E le migliori amiche non sono proprio quelle che conoscono questi segreti?”
“Non ho nessun piano di fuga per andare in bagno.” Ribatté Kate con puntiglio.
“Sì che ce l’hai. Ti ricordi di quella sera di 10 anni fa, in quel club dove avevamo un appuntamento a quattro?”
Kate fece finta di non sapere. “Non me lo ricordo. Dieci anni fa? Davvero?”
“Bugiarda.” Le due donne risero allegramente.
“Lo fai per Rick? Insomma lui adora i bambini.” Insistette Lanie.
“Cosa te lo fa pensare? Non è che voglio accontentarlo e basta. Per chi mi hai preso!”
“Sei in deliquio ogni volta che ti dice una cosa carina, immagino quando fate sesso, è o non è forse la balena bianca come tu hai sostenuto?”
“Questo cosa c’entra?” Kate era stupefatta dalla sfacciataggine dell’amica.
“Beh, credo che per accontentare te ci sappia comunque fare. E poi lo ami così tanto che potresti accettare compromessi clamorosi, quindi non negare che un po’ lo fai per lui.”
“Forse hai bevuto troppo Lanie.”
Lanie si trattenne il bicchiere. “Non ho nemmeno iniziato veramente…”
“Mi dispiace solo non poterti sfidare.” Replicò Kate con fare belligerante.
“Ah, smettila, so che ti fa impazzire. Quindi rispondi o metto in atto qualche forma di tortura?”
Kate espirò poggiando la testa al divano. Lanie aveva bevuto comunque troppo, per fortuna che era venuta in taxi.
“La nostra vita mi piace molto ed è un peccato volere fare un passo in più? E’ l’uomo migliore che io possa desiderare come padre per mio figlio. Ho sentito il bisogno di andare avanti. Qualcosa di nostro, di unico.”
Lanie la stava ascoltando incredula.
“Un bambino non rende certo le cose facili. Ma con chi altro potrei arrischiarmi a fare un passo simile se non con lui? Ce lo meritiamo entrambi anche se può sembrarti solo incoscienza.”
Lanie si sporse verso di lei. “Quindi non l’hai pianificato?”
Kate sorrise. “No. Nessuna pianificazione. Mi sono sentita di farlo e basta.”
“L’hai detto a Castle e lui sarà andato in orbita.” Era un’affermazione.
Kate era consapevole che l’incoscienza aveva avuto un ruolo dominante in quella decisione, nel momento in cui aveva messo via il blister nuovo delle pillole. Poi ci aveva pensato eccome, quotidianamente. Prima di dirlo a Castle il suo cuore era stato un tumulto di dubbi nella ricerca del momento ideale per coinvolgerlo, stupidamente poi se pensava al suo desiderio di tornare ad essere padre. Poi c’erano state le ferie, dovevano riprendersi da un periodo di lavoro intenso e non aveva fatto calcoli. Si erano rilassati e divertiti e gli era sembrato naturale confidargli tutto. Non glielo aveva detto subito perché doveva darsi il tempo necessario per metabolizzare la propria scelta come concreta e non come un momento di particolare coinvolgimento emotivo.
Sembrava un dialogo da soap opera introspettiva.
Però dopo una notte di passione poteva sentirsi tanto presa da volerlo. Nei giorni successivi il suo desiderio non si era spento, non era stato divorato dal suo pragmatismo e dai timori, era un gran segno. Le parole con Rick erano state superflue perché aveva capito al volo. Non le aveva nemmeno chiesto spiegazioni.
“Sì.” Rispose. “E’ andato in orbita e in poco tempo eccomi qui.” Si passò una mano sul ventre con lentezza.
“Molto romantico… molto… poco da te…” La schernì Lanie facendola tornare a terra.
“Beh, dovrò trovare il modo di sconvolgerti ogni tanto.”
“Quindi istinto, incoscienza, amore?” Lanie tornò a pungolarla ignorando la sua battuta.
“Tutti e tre.” Kate rispose con decisione e Lanie si sporse per accarezzarle la mano abbandonata sul ventre.
“E cosa ti farai regalare dal tuo uomo in caso arrivasse il primogenito?” Lanie era tornata sul venale.
“Il medioevo è passato da un pezzo, non so se lo hai saputo.” Commentò sarcastica.
Lanie rise rumorosamente. “Ma se sarà un maschio…”
“Sono io che… vorrei un maschio, a lui non interessa!” Le ricordò Kate tra il divertito e il sorpreso. “Andiamo…”
“Ti aspetti un gioiello, una strepitosa vacanza, un assegno da spendere per SPA e trattamenti di bellezza?”
Kate chiuse gli occhi scuotendo il capo.
“Per te e la tua migliore amica…” aggiunse Lanie stuzzicandola. “Ho visto una rivista di là… Massaggi alle gambe per donne in gravidanza. Si porta avanti?” Occhieggiò.
“Sa come rendere felice una donna!”
“Quindi SPA?” Lanie tornò alla carica.
“Ci andrò con Alexis!” Rispose Kate divertita. Gli occhi di Lanie si fecero di fuoco. “Spiritosa, dico sul serio…”
“Anche io!” Sorrise beffarda pensando che in quel momento aveva un certo potere sull’amica, lei era la moglie di un milionario, se lo dimenticava spesso. “Non spillerò denaro a mio marito, né approfitterò della sua generosità.”
“Ah, beh, io ci ho provato.” Rispose Lanie sempre col cipiglio divertito. “Ma non vedo l’ora di accompagnarti per lo shopping. Lo sai che ho buongusto.”
Kate sorrise. Non voleva dire a Lanie quello che aveva scoperto nell’armadio.
Rick si era già adoperato per qualcosa del genere e involontariamente, riponendo la biancheria, lo aveva scoperto. Così come aveva letto quelle decine di frasi che lui aveva provato a scriverle e che, non contento del risultato, aveva gettato nel fuoco del camino. Il cartoncino appallottolato era finito nell’angolo senza bruciare del tutto e lei era stata rosa dalla curiosità. Aveva aspettato l’ora di andare a dormire. Il camino si era spento e lei aveva raccolto quella pallina bruciacchiata e ne aveva letto il contenuto. Desiderava ringraziarla con frasi piene di dolcezza e di humor, di follie verbali e idee veramente pazze. Si era emozionata ed era stata felice di non aver voluto aprire la scatola di velluto nell’armadio. Era stata una scoperta involontaria. Le lettere ormai le aveva lette ma doveva concedergli almeno quel segreto.
“C’è tempo. Prima faremo lavori a casa.”
“Uh, avere i lavori a casa è un incubo…” Mormorò Lanie. “Che cosa cambiate?”
“Non lo so ancora, lunedì viene l’architetto e vedremo il da farsi.” Chiarì.
“E’ tutto così meravigliosamente zuccheroso, un film che vale la pena di vedere. Non volevo sentire niente di meno.” Gongolò Lanie compiaciuta agitandole il dito davanti al viso. “Mi raccomando, fammi partecipare…”
Kate annuì. Lanie strinse i pugni eccitata e poi prese un bel sorso di vino rosso. Ok, aveva bevuto abbastanza.
Kate diede un piccolo colpo con l’unghia al suo bicchiere. “Salute!”
Il telefono vibrò. Lo guardò e lo spense. Non era Rick, ma solo un messaggio pubblicitario. Lo lasciò accanto a sé sul divano e si strinse nel cardigan che indossava, scacciando un pensiero.
“Problemi?” Lanie notò il suo repentino cambiò d’umore.
Kate negò. Respirò a fondo e cercò di non pensare alla lontananza di Rick. Non le aveva mandato alcun messaggio da ore. Era solo a cena e sicuramente molto impegnato. Inoltre lo aveva informato della visita di Lanie, probabilmente l’aveva solo lasciata tranquilla. Si scoprì a sentire la mancanza dei suoi messaggi.
“Detesto saperlo lontano…” Mormorò.
Lanie rimase in silenzio, ponderando la situazione. Cercò di buttarla di nuovo sull’umorismo.
“Non avrai paura che stia in balia di qualche donnaccia!”
L’occhiata di Kate fu più che eloquente.
“Ok, ok, non spararmi…” Alzò le mani in difesa. “La cosa ti turba così tanto?”
“Lanie…” Si stirò allungando le braccia sopra il capo.
“Non ti è ancora passata?”
“Non proprio.” La risposta di Kate fu talmente tesa che Lanie si allarmò.
“Tesoro, sono trascorsi due anni...” Cercò di rincuorarla. “Hai passato dei momenti terribili ma non è più successo niente di grave.”
Kate sospirò. “E’ solo un lieve fastidio.”
“Stavi per uccidermi...”
“Non è vero.”
Si ammutolirono entrambe. Lanie non sapeva come muoversi. Forse scusarsi era la mossa migliore.
“Mi dispiace.” Aggiunse quindi per stemperare la tensione. La sicurezza di entrambi era un tasto dolente per Kate nonostante il tempo trascorso. “Non volevo insinuare niente. Mi dispiace se voi…”
Kate scosse il capo. “Non è grave ma comunque ancora difficile.”
“Credo che ti lascerò andare a riposare.” Mormorò Lanie con dolcezza. Si prese un’altra occhiataccia da Kate.
“Sono solo le undici Lanie…”
“E tu hai due occhiaie al nero di seppia. Tesoro devi riposare.”
“Sono le nausee…” Cominciava a sentirsi come una malata grave a cui tutti facevano gentilezze perché era il suo ultimo mese di vita. Era incinta e non malata. Stava bene a parte le vertigini e il vomito in odine sparso lungo tutta la giornata. Aveva letto che più una donna aveva nausee meno era a rischio aborti. Per quel che ne sapeva lei e come le nausee costellavano la sua giornata, la sua gravidanza era tutt’altro che a rischio.
“Ti aiuto a riordinare.” Aggiunse Lanie. Si alzò e portò i bicchieri al lavello.
Kate la seguì. Mise in ordine le cose principali, caricando lavastoviglie e sistemando le cibarie avanzate nel frigorifero.
“Domani mattina viene la colf, farà il resto.”  Lanie aveva bevuto un po’ troppo, doveva chiederle di restare?
L’amica la squadrò da capo a piedi. “Sei veramente Kate Beckett? Quella Kate Beckett?” Non voleva credere alle sue orecchie.  “Dio come ti invidio…” Aggiunse sbottando. Posò il canovaccio che aveva in mano.
Kate le sorrise. “Quando è tardi e siamo stanchi… beh… è comodo. Fa la spesa se siamo fuori…” Una volta in maternità e con Rick a casa molte di quelle attività sarebbero tornate ad essere svolte da loro stessi. Non era poi così male potersi comunque appoggiare a qualcuno.
“Ti va di restare? Hai bevuto parecchio e se non te la senti di uscire il divano è molto comodo.”
Lanie sorrise e negò con il capo. “Alzo i tacchi e ti lascio andare a fare gli occhi dolci al tuo scrittore per telefono. Ma riposati ok? E se hai bisogno chiamami.”
Kate annuì. “Senti, scusa per prima. Sono solo un po’ tesa e mi è mancato.”
“Non c’è niente di cui scusarsi. Però cerca di rilassarti, ne hai bisogno, tuo figlio ne ha bisogno.”
Kate l’accompagnò alla porta. Si abbracciarono. “Lo farò.” Rispose quindi salutando Lanie.
Era stata una serata piacevole. Lanie era sempre diretta, pungolante, scavava nelle sue emozioni riuscendo a farle emergere. Era stata per anni la sua valvola di sfogo e le era stata sempre grata per la sua amicizia. Non era un legame facile visti i suoi trascorsi. Tornò sui propri passi e si diresse verso la camera da letto. Si lasciò cadere esausta. Aveva bleffato con Lanie, era a pezzi altroché!
Strinse il telefono e guardò la carica della batteria. Era quasi piena e poteva permettersi una lunga videochiamata.
Prima però doveva sembrare meno sfatta altrimenti Castle si sarebbe agitato.
Andò in bagno e si sciacquò il viso. Aveva mangiato qualcosa ma non si sentiva sazia. Non aveva voluto esagerare per evitare di stare male. Mentre usciva dal bagnò il telefono suonò.
Il faccione allegro di Rick comparve nello schermo. Era un po’ arruffato, ma su di giri.
“Ehi tu…” Gli disse con un sorriso.
“Ciao splendore.” Rispose Rick sospirando. “Come stai? Lanie è già andata via?”
“Ha deciso che avevo bisogno di riposare.”
“Ottima decisione. Sembri stanca…” Lo sguardo di Castle si addolcì ulteriormente.
Kate fece una smorfia e si stese comodamente nel loro letto.
“Ho davvero un così brutto aspetto?”
“Sembri solo stanca, non ho detto altro. Sono distrutto anche io, fortunatamente è stata una serata tranquilla.”
Kate rise. “Niente fans assillanti?” Valeva la pena di pungolarlo un po’ sul suo ego.
“Ho incontrato quel tizio con cui sono stato a cena con Gina…” Kate si ricordava la cena e la serata.
“Era qui per lavoro così abbiamo cenato insieme, Stevenson. E’ un tipo interessante. Anche piuttosto ricco.”
“Ti sei divertito.” Commentò Kate. Niente donne, niente Gina, ma solo un simpatico riccone. Per lei era il massimo.
Si sentì ancora un po’ patetica nel desiderarlo lontano da certe attrattive. Non voleva sembrare una donnetta insicura, non le piaceva quello stato di cose e la colpa era solo di Gina. Castle la richiamò. “Ehi, ci sei?”
“Sì, stavo solo pensando a Lanie. Non hai idea di quanta smania abbia nel voler fare la zia!”
Castle mugolò. “Beh, pensavo avesse passato la sera a raccontarti le sue avventure erotiche.”
“Lo ha fatto…”
“E sei così tranquilla? Non…”
“Non ci sei Castle.” Lo liquidò lei ridendo. “Non posso fare granché!”
Castle fece gli occhi furbi. “Non è proprio vero…” Occhieggiò sfacciato. Lei gli fece una linguaccia. “Devi solo sbrigarti a tornare. Non intendo accontentarmi di… palliativi.” Rispose mordendosi deliberatamente il labbro inferiore.
“Domani sarò tutto tuo, donna! Farai di me ciò che vorrai, lucida le manette.”
“Non ho intenzione di risparmiarti…” Lo disse allungandosi di più sul letto. Emise un gemito volontariamente e di rimando Castle mormorò. “Voglio tornare a casa ora…ora ora ora!” Baciò lo schermo e Kate rise divertita. Rispondere al telefono non era altrettanto eccitante che farlo con le sue labbra.
“Rick?” Chiese quindi pensierosa.
“Dimmi famme fatale…”
“Non mi hai… No niente, lascia stare.” Aggiunse scuotendo il capo. Castle la fissò attraverso lo smartphone.
“Così non fai che alimentare la mia curiosità… Dai non lasciarmi sulle spine.”
Kate strinse gli occhi indecisa. “Non sia mai…”
“Dai Kate?” La pregò Castle.
“Oggi Lanie… mi ha fatto alcune domande, cose che mi aspettavo mi chiedessi tu.”
Castle fece un sospiro. Lanie era una buona amica per Kate ma aveva il dono innato di scavare nei suoi dubbi e amplificarli. Per certi avvenimenti era stata d’aiuto ma stavolta si permise di dubitare. “Certo Lanie. Immagino.”
Fu Kate a mandargli un’occhiata raggelante.
“Tesoro a cosa ti riferisci?” Non voleva certo discutere con lei.
Trovare le parole poteva essere più facile. Rick si era incupito e non era stata sua intenzione.
“Non è nulla Castle.” Lui la guardò in silenzio. La sua espressione si addolcì mentre un pensiero si fece nitido nella sua mente.
“Non ti ho mai chiesto quando ti sei sentita pronta per avere un figlio?” Lei annuì.
“Me lo hai detto a modo tuo.” Sorrise con dolcezza. Kate lo guardò confusa.
“Sono stato preso dall’euforia e forse non ti ho investito di domande come al solito. Ero più concentrato sul fatto che non cambiassi idea. Ma me lo hai detto quella mattina stessa negli Hempton’s. Era il momento giusto. Istinto.”
La naturale positività di Rick era sempre contagiosa. “Ok!” si limitò a dire Kate con un sorriso. “Non me lo ricordavo.”
“Perché ti turba?”
“Non mi ha turbato…” Minimizzò.
“Sicura? Per me lo ha fatto. E parlo di Lanie.” Sorrise furbo.
“Lei crede che io l’abbia fatto per te, per accontentarti. E’ questo che pensano i nostri amici? Non mi va che lo credano possibile.” Non le piaceva come idea, sembrava sminuire il tutto ed era una concezione così arcaica.
Castle rise.
“Il mio fascino galeotto ti ha letteralmente sopraffatta, ne sono consapevole.” Stava facendo lo stupido, se fosse stato presente gli avrebbe lanciato addosso del cibo e la discussione sarebbe finita tra le lenzuola. Primitivo sì, grandioso.
“Divertente…” Gli rispose ammiccante.
“Sei padrona delle tue scelte, della tua vita. Chi ti conosce sa che non fai mai nulla per caso e non per assecondare le mie manie. Lanie dovrebbe saperlo che tu sei quella che comanda!”                
“Dico sul serio Castle…” Anche lei però non riuscì a trattenere una risata.
“Anche io. Anche se fosse, ne sarei comunque entusiasta. Ma so che c’è di più. Non ho bisogno di altre conferme. Non mi interessa cosa pensano gli altri.”
“Se non ti avessi già sposato, ci farei un pensierino serio su di te…” Gli mostrò la lingua. Sbarazzina e divertita.
“Ora mettiti a dormire perché domani ti voglio in forma. Mi spetta la mia dose di sexy poliziotta!” Aggiunse Castle.
“A che ora arrivi?”
“Prederò il primo volo utile. Ti passo a prendere al distretto verso le cinque e poi usciamo a cena, che dici? Se te la senti ovvio!”
“Vediamo. Ti aspetto allora. Ma raccontami un po’ della fiera, non voglio andare subito a dormire.”
Castle prese a raccontare dei suoi incontri della giornata.
Mancava così poco al suo rientro, poi ci sarebbe stato tempo per le coccole e i discorsi importanti e non doveva dimenticare la sua sorpresa: aveva ancora molti preparativi da fare. Per quella sera poteva solo fare una cosa che solitamente gli riusciva bene: farla ridere. 

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Miracolo! Sono ritornata con questo capitolo... Rick è in viaggio e Kate dialoga con Lanie. Queste due anime che si cercano sempre e comunque.
Confido di tornare presto e non far passare troppo tempo.
Un abbraccio a tutti.
Anna

  
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