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Autore: _exodus    04/03/2016    2 recensioni
| Inazuma Eleven | Nessuna coppia | Angst; Malinconico | !Violenza! | Partecipante al contest "I non-toni dell'Amore" indetto dagli Shiri Sixteen |
Ormai Kyosuke era abituato a serate del genere, ogni sera il gruppo di amici si ritrovava in quel vagone e ognuno faceva sempre le medesime azioni, come se fosse stato un rituale sacro, il loro. Quello che facevano poteva essere benissimo accomunato ad un rituale devoto all’alcol. Ogni volta bevevano fino ad ubriacarsi. Bevevano per dimenticare, dicevano. Per dimenticarsi del tempo che continuava a scorrere senza sosta, delle loro vite senza senso e prive di utilità, perché secondo la società loro erano solo teppisti che si ubriacavano, imbrattavano muri con orrendi graffiti e prendevano decisioni affrettate senza mai riflettere. Tsurugi odiava quelli che giudicavano, quelli che si fermavano alle apparenze, per questo permetteva a quell'alchimia perversa di sapori e sensazioni di scorrere con il suo sapore forte, amaro e dolce allo stesso tempo, nella sua gola bruciante, per poi abbandonarsi al destino.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kirino Ranmaru, Matatagi Hayato, Matsukaze Tenma
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Takuto si buttò a peso morto sul grande letto matrimoniale dalle lenzuola bianche e iniziò a fissare le pareti immacolate, dopo la morte di Kyosuke aveva deciso di cambiare casa. Teneva da parte ormai da diversi anni i soldi che aveva preso prima di andarsene di casa, ai quali si aggiungeva, di tanto in tanto, una parte dei suoi guadagni. Riuscì a comprarsi una casa di medie dimensioni, molto più spaziosa della precedente. I vecchi propierati vi avevano lasciato anche i mobili e il castano doveva ammettere che non era affatto male. Aveva persino cambiato città, si era trasferito in un paesino distante alcuni chilometri dalla cara e vecchia Inazuma-Cho.
​Sospirò. Tutti i suoi amici lo avevano lasciato, tutti nel giro di un mese, tutti morti a causa della società.
​Hayato si era ucciso dopo aver commesso l'omicidio del padre appena stato scagionato per mancanza di prove contro l'assassinio di alcuni suoi superiori al lavoro; Tenma era stato pestato a sangue da ragazzi che nonostante le innumerevoli denunce non sono mai stati fermati perchè figli di uomini di potere, poi era stato investito; Ranmaru era morto per overdose, in mezzo alla strada, e nessuno si era degnato di chiamare la polizia, un ambulanza... ; Ibuki era morto a causa di una fidanzata la quale voleva solo i suoi soldi; Masaki era morto affogato nella sua vasca dopo aver bruciato una lettera con delle minacce da parte di un gruppo di omofobi e Kyosuke era morto in un'esplosione.
​Eppure lui si stava impegnando al massimo per continuare a vivere, come gli aveva detto Kyosuke.
​Aveva cercato di non crollare, di non scoppiare in lacrime davanti ai ragazzi per essere un punto di riferimento per tutti loro, e di certo non avrebbe mai mollato.
​Quella giornata era stata piuttosto impegnativa e la stanchezza si fece sentire in poco tempo, le palpebre divennero pesanti e il giovane si addormentò tra le braccia di Morfeo.
 
Si svegliò a causa di alcuni rumori che sentì in lontananza, ma quando aprì gli occhi non vide le familiari pareti bianche della stanza, ma bensì un limpido cielo azzurro. Si alzò reggendosi la testa pulsante con una mano e dovette strizzare gli occhi diverse volte per adattarsi alla luce del sole. Non riusciva a capire come si potesse trovare in un posto del genere, eppure sembrava tutto così reale che non poteva essere un semplice sogno…
Si alzò in piedi guardandosi intorno con aria confusa, si trovava in un enorme prato, alla sua destra vi era un piccolo bosco di betulle, alla sua sinistra una stradina sterrata, non sapendo in che direzione andare optò per quella che gli sembrò più sicura iniziando ad incamminarsi spaesato verso la piccola strada. Dopo quelli che sembrarono alcuni minuti Takuto si trovò davanti ad alcuni magazzini abbandonati, vi era anche un giardino e alcuni muri crollati in alcuni punti dove vi erano graffiti, gli ricordavano tanto quelli di Hayato…
Udì delle urla, ma non delle urla di terrore, appartenevano ad alcuni ragazzi che si stavano divertendo ridendo tutti insieme. Incuriosito decise di avvicinarsi stringendo tra le mani la sua inseparabile videocamera la quale teneva sempre in una tasca del giubbino logoro, si trovò in equilibrio su un muro a guardare in basso. Perse un battito. Pietrificato fissava quel gruppo di sei ragazzi giocare allegramente, uno di loro era poggiato ad un muro e un altro ne stava tracciando il profilo con una bomboletta di vernice. La sua mente iniziò a lavorare trovando una possibile spiegazione al fatto che quei sei ragazzi sembrassero i suoi amici ma il flusso di pensieri, ipotesi e ragionamenti venne interrotta da una voce squillante e cristallina.
« Takuto! »
Quella era senza ombra di dubbio la voce di Tenma, spostò lo sguardo in direzione della fonte della voce e vide gli inconfondibili occhi cerulei del ragazzo dai capelli castani che gli sorrideva allegramente sventolando una mano per invitarlo a raggiungerlo. Seppur impacciatamente scese con un balzo dal muro non troppo alto e corse in direzione dell’amico stringendolo tra le braccia, calde lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance.
« Takuto… perché piangi? »
A parlare era stato Ranmaru che aveva raggiunto i due insieme agli altri.
« Voi… voi siete morti. »
Il rosato si limitò a fissarlo silenziosamente.
« Noi non siamo morti. »
 
 
Quel giorno Takuto lo passò facendo foto ai suoi amici e a divertirsi spensierato come accadeva ai vecchi tempi quando non avevano nulla di cui preoccuparsi. Lo portarono nel bosco poco distante, si arrampicarono sugli alberi e giocarono a calcio.
Takuto decise anche di portarli nel loro posto preferito.
« Ragazzi, venite con me… »
Aveva semplicemente detto ottenendo l’attenzione di tutti e sei.
Si era accorto della presenza di una spiaggia poco distante da dove si trovavano, quel posto sembrava essere stato fatto apposta per loro, un luogo dove vivere finalmente in pace.
Bastarono cinque minuti di cammino per arrivare davanti alla distesa di acqua salata che si stava tingendo di arancio, in men che non si dica tutti si privarono delle scarpe per correre lungo la sabbia che pian piano andava raffreddandosi, il castano sorrise alla visione di quella scena, sperava davvero che quello non fosse un sogno.
Giocarono rincorrendo il pallone sulla sabbia, lasciando che quest’ultima si alzasse di tanto in tanto e s’infilasse nei loro piedi solleticandoli. Esausto Takuto si sedette su uno scoglio, al fianco di Matatagi.
Lo fissò per alcuni istanti e poi iniziò a parlare.
« Ti andrebbe se ci facessimo una foto? »
« Perché no? »
Disse in tutta risposta il bruno che chiamò Tenma chiedendogli di fare una foto, nonostante il castano ci mise un po’ più del dovuto alla fine riuscì a fare ai due una foto. Il moro la guardò non appena la piccola fotocamera gli venne consegnata: lui e Matatagi sorridevano, il braccio di Hayato sulle sue spalle, gli occhi ridotti a due piccole fessure a causa del sorriso smagliante che aveva stampato in volto.
 
 
​Ben presto il sole calò e si fece ora di andare a dormire. I sette amici erano riuniti intorno al fuoco a chiacchierare animatamente quando alla fine Takuto, come accadeva alla ferrovia abbandonata di Inazuma-cho, dichiarò che si era fatta ora di dormire e, anche e a malavoglia, tutti si sistemarono come meglio poterono. Anche Takuto si strinse meglio nel giubbino verdastro per poi appoggiarsi sulle gambe di Kariya, gli occhi color caffè si chiusero subito dopo e il castano venne svegliato dal trillare insistente di una sveglia. Eppure era certo di non aver caricato sveglie dopo aver detto agli altri di andare a dormire, aprì gli occhi e si accorse di essere nel suo caldo letto.
 
Quello che aveva fatto era davvero un sogno, ma era così reale… afferrò la fotocamera posata sul comodino e fece scorrere le immagini, le foto che c’erano le aveva davvero scattate nel posto in cui il suo sogno era ambientato, ma l’unica cosa visibile era la vegetazione o i muri cadenti. Arrivò all’ultima foto sul rullino, quella che aveva scattato con Hayato, di lui non vi era l’ombra, in quel frammento di secondo imprigionato dalla fotocamera vi era solo Takuto che sorrideva spensierato.
Takuto aveva sognato tutti i suoi momenti felici passati in quegli anni con i suoi sei amici e quei momenti erano la parte più bella di tutta la sua vita. Le sue giornate non erano mai state solitarie grazie a loro… ma in quel momento cosa doveva fare?
Scese dal letto e si diresse verso la grande finestra coperta dalle due tende bianche che aprì con uno scatto deciso delle braccia permettendo alla luce del sole che splendeva alto in cielo di illuminare completamente la stanza.
Avrebbe continuato a vivere, sarebbe diventato il sole di quelli come lui, di quelli come Loro.
Sarebbe diventato la luce di tutti i giovani che non sarebbero mai diventati adulti.

 

 

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