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Autore: SabrinaSala    06/03/2016    7 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
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Capitolo 19 – Un morto che cammina
 
 
«Quest’uomo è accusato di aver commesso una delle azioni più riprovevoli che si possano concepire. L’aggressione e l’omicidio di un innocente. Un innocente disarmato. Un marchese».
La voce aspra di Erasmus riecheggiava nell’ampia sala degli incontri, riversandosi cupa sugli astanti. «Reato ben più grave se teniamo conto che quest’uomo è un soldato, un capitano. Colui al quale abbiamo affidato fiduciosamente la nostra vita per anni. E, peggio, è il pupillo del nostro amato vescovo»
Alle spalle del segretario, Konstantin Winkel occupava silenziosamente uno scranno di legno scuro, intarsiato e decorato in oro. I gomiti puntati sui braccioli, le dita allacciate sotto al mento, a coprire parzialmente le labbra tirate, il vescovo manteneva un inespugnabile silenzio.
Albeggiava.
Dopo aver trascorso le ultime ore nelle prigioni di Rosenburg, Johannes  era stato condotto al palazzo vescovile dove stava subendo quello che, a tutti gli effetti, sembrava un processo sommario.
Non si era opposto all’arresto, facilitando quantomeno il compito ad Heinrich Kraft, già impegnato a soffocare sul nascere  le violente reazioni degli uomini del marchese.
In piedi, il mento sollevato e la mascella serrata, i polsi legati dietro la schiena, l’armigero ascoltava in silenzio le accuse che gli venivano mosse, attraversando Erasmus con lo sguardo. Senza quasi vederlo. Ogni suo pensiero era rivolto all’uomo che lo aveva salvato per poi dannarlo, mentre sul braccio sinistro, la pressione della mano di Heinrich, fermo al suo fianco, si faceva sempre più forte a ogni parola scandita del segretario.
Justus, accorso con la scusa di fornire il proprio supporto spirituale, non aveva potuto lasciare il fianco del vescovo e cercava con gli occhi una qualche reazione in Johannes che gli permettesse di intervenire in suo favore.
Ma il giovane capitano era deciso a non parlare e a non coinvolgere in quella sgradevole faccenda nessuno che non lo meritasse.
Nella stanza, gremita dagli uomini del marchese, decisi a rivendicare il diritto di giudicare e condannare il colpevole, il corpo esanime del giovane Edelbert era stato adagiato su un piano di marmo e velato con un telo di garza leggera e trasparente.
«Sono stato fedele al marchese» osservò Johannes, penetrando con la voce fonda e possente la litania di Erasmus. «Gli ho salvato la vita in battaglia» proseguì. «E gli stessi uomini che oggi fremono per avere la mia, mi sono testimoni».
Un mormorio, quasi un sussulto, percorse i soldati di Turinja e il loro capitano premette la mano sull’elsa della spada.
Johannes attraversò con lo sguardo la stanza e chi la occupava.
Sapeva che nessuno avrebbe potuto contraddirlo a riguardo.
E quando gli occhi grigi trovarono Erasmus, questi  avvertì un brivido, rapido e violento, scendere lungo la schiena e si morse istintivamente il labbro inferiore, allargando le narici.
«Per questo pensavate di meritare una ricompensa? » sibilò.
Sciocco, sciocco Johannes! Pensò. Se si fosse dimostrato più disponibile nei suoi confronti… Se fosse stato più gentile… «Non avete fatto mistero della vostra infatuazione per Madonna Lena, promessa sposa al marchese, e ne avete chiesto la mano al vescovo ben sapendo quanto sciocca fosse la vostra pretesa» rivangò.
Johannes accusò il colpo e il sorriso bieco che attraversava le labbra dell’ecclesiastico.
«Siete stato allontanato per questo! » decise di affondare il segretario. «Ma siete tornato e avete preteso quello che non poteva essere vostro? » insinuò crudele e mellifluo. «Tradendo la fiducia dell’uomo che vi ha tolto dalla strada, salvato dalla peste e vi ha elargito tutta la sua munificenza»
Johannes serrò ulteriormente la mascella, facendo guizzare i muscoli della guancia. La sua ira, la sua frustrazione e la sua impotenza non facevano che eccitare Erasmus.
Forte  di quell’inaspettato status di superiorità, estrasse un biglietto dalla tonaca e lo sollevò a mezz’aria.  
«Non lo avete forse attirato volontariamente in giardino? » accusò.
Johannes riconobbe il pezzo di carta sul quale aveva vergato luogo e ora dell’appuntamento.
Quel biglietto, sporco di una macchia color vermiglio, era destinato a Lena e a lei soltanto! Come poteva trovarsi tra le mani di Erasmus e prima ancora in quelle di Edelbert? Perché era certamente di Edelbert il sangue che lo aveva macchiato!
Il marchese doveva esserne venuto in qualche modo in possesso… ma era sicuramente ignaro dell’identità di chi lo avesse scritto, non essendo firmato. E la sua ultima frase, quella notte, lo confermava.
Si era recato al luogo dell’appuntamento senza immaginare chi vi avrebbe trovato e, soprattutto, all’oscuro del destino che era stato scritto per lui…  
Johannes provò una dolorosa fitta allo stomaco. Nonostante tutto, non poteva odiarlo e l’idea di averne in qualche modo e involontariamente causato la morte, lo disgustava.
Ma dov’era Lena?
Le corde che gli bloccavano i polsi, incrociati dietro la schiena, sembrarono farsi più strette così come il sangue gli sembrò scorrere nelle vene con maggiore impeto.
Solo allora, cercò lo sguardo di Justus sostenendolo per un istante, e Justus trasalì.
Erasmus, avvedendosi del cambiamento che aveva portato l’armigero a respirare più in fretta, lo incalzò.
«Non rispondete? » e di fronte al suo ostinato silenzio, irritato da un atteggiamento interpretato come un’offesa personale, continuò:
«Negate di averlo scritto? »
Johannes piegò istintivamente un angolo delle labbra.
«Non se reca la mia firma» rispose lentamente, la voce arrochita dalla collera.
Erasmus tacque. Soppesò la figura dell’armigero una volta di più e inspirò profondamente.
«In ogni caso…» disse riprendendo colore, «non sono tenuto a farvi un processo, ma semplicemente ad assicurarmi che ne abbiate uno». Con un cenno del capo, il segretario fece intendere ai soldati del marchese di avvicinarsi e prendere in consegna quello che era stato il capitano di Rosenburg.
Johannes dissimulò la tensione e l’ecclesiastico dai piccoli occhi neri sorrise malignamente.
«Nonostante l’affetto che il vescovo ha sempre provato e dimostrato per voi, infatti, non può negare l’accaduto, offendere o recare maggiore danno al marchesato che ha perso il proprio erede» continuò. «E’ volontà di sua eccellenza dimostrare la sua completa integrità e neutralità alla faccenda. La sua unica preghiera è che a colui che è stato per anni il suo protetto sia garantito un giusto processo» e dopo un attimo di pausa, riprese: «Qualunque sarà la  sentenza del tribunale di Turinja, non si opporrà né farà valere il proprio titolo».
Eccola la sentenza, pensò Johannes trattenendo a stento un sorriso carico di disgusto. Incrociò lo sguardo di Heinrich, incupito e incredulo, e rilassò i muscoli facendo intendere al compagno d’armi di non preoccuparsi e di lasciarlo andare senza colpi di testa.
Le guardie del marchesato lo circondarono e lo presero in custodia.
«Partiremo oggi stesso», asserì il comandante. «E riferiremo ai signori di Turinja la collaborazione di vostra eccellenza»
Heinrich annuì, teso.
«Fornirò un manipolo di nostri uomini al convoglio», disse.
«Non ce ne sarà bisogno» rispose Erasmus. «Gli uomini del marchesato garantiranno una scorta più che adeguata al feretro e all’accusato» concluse assestando un ultimo colpo a Johannes.
Heinrich Kraft lo trapassò con lo sguardo, desiderando torcergli il collo pallido e sottile.
«Se questo è il volere del nostro vescovo…» rispose, cercando conferme.
Konstantin Winkel si sollevò dallo scranno. Impenetrabile, cercò lo sguardo di Johannes.
«Madonna Lena vestirà il lutto a Rosenburg. Tra le persone che le sono più care» disse, ignorando volutamente il resto della conversazione. «In un secondo momento, raggiungerà il marchesato e si farà carico di tutte le responsabilità che il suo ruolo di moglie e di vedova comportano» aggiunse.
Johannes trattenne il respiro. Il vescovo gli stava lanciando indirettamente un messaggio e una minaccia: niente e nessuno si sarebbe mai frapposto tra lui e i suoi piani.
Represse l’istinto di guardare Justus.
Annaspò. Se anche era condannato, non avrebbe mai permesso  che Lena o Justus finissero nella medesima morsa che lo stava lentamente stritolando. Che il vescovo avesse riconosciuto nelle poche parole vergate su quel disgraziato biglietto la sua grafia poteva darlo per certo. Che sapesse del coinvolgimento di Lena e del chierico non era invece così scontato. Tacere, per il momento, gli sembrava ancora la soluzione migliore. Serrò la mascella e sostenne senza alcuna esitazione lo sguardo dell’uomo.
 
***
Ludwig si allontanò. Aveva sentito anche troppo, ed era troppo esperto e acuto per non aver intuito le prossime mosse del vescovo. La freddezza di quell’uomo,  l’avidità e l’assoluta mancanza di umanità e di misericordia cristiana non erano certo un segreto per lui, eppure riuscivano sempre e in qualche modo a sorprenderlo. Come se, da qualche parte in quella sua anima dannata e corrotta, albergasse ancora una piccola luce. La flebile convinzione che anche il peggiore degli uomini potesse in fondo redimersi. Sciocchezze, pensò. L’olezzo di quell’anima marcia si avvertiva a distanza.
Scrollandosi quel senso di disgusto di dosso, scivolò lungo il corridoio in penombra dove le torce stavano lentamente ma inesorabilmente perdendo vigore. Tra non molto, se nessuno si fosse premurato di governarle a dovere, si sarebbero spente e il buio avrebbe regnato incontrastato.
Sorrise a quel ragionamento. E il suo pensiero cercò distrazione in colei che era la vera protagonista della vicenda. La bella Maddalena Aicardo. La seducente pedina di quel gioco diabolico. 


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IL CONFESSIONALE (ossia, l'angolo dell'autrice): 

Ecco che le carte si sono mescolate nuovamente... ed ecco che Johannes è sempre nei premi! Ne siete sopresi? Ma soprattutto, vi aspettavate da lui una reazione diversa?
Questa volta non posso dilungarmi troppo, in questo nostro angolino, perché rischierei di fare qualche "spoiler" involontario, visto che siamo vicini, troppo vicini, alla resa dei conti (almeno per qualcuno) e lascio tutto a voi e alla vostra fervida immaginazione! 

Attendo fiduciosa i vostri commenti e le vostre ipotesi e vi ringrazio come sempre!

A presto,
Sabrina 


 
   
 
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