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Autore: jaybird    06/03/2016    1 recensioni
« Ehy, baby bird.
Quanto tempo è passato dal nostro ultimo incontro? Da quando ti ho /sfiorato appena/ il collo? O da quando ho avuto la /premura/ di dirti quanto facevi schifo con il tuo attuale costume? »
« Jason. »
E sembrava esserci Dick, sempre pronto a rovinare i momenti più divertenti— specialmente se poi Timothy non sembrava avere le palle per rispondere al fare strafottente e sarcastico di Red Hood. O, forse, era semplicemente più maturo del maggiore?
Genere: Comico, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bat Family, Dick Grayson, Jason Todd, Tim Drake
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Che c’era da stupirsi? Che cosa avrebbe dovuto aspettarsi, Timothy, dopo aver preso la geniale idea di farsi buttare ‘’nella tana del lupo’’? Per tana s’intendeva uno schifo di appartamento che, tutta via, sembrava sposarsi perfettamente con il fare, altrettanto schifoso, di Jason. Si sentiva persino stupido nel pensare che, quest’ultimo, da lì in poi, avesse potuto trattare Timothy con un maggior riguardo— se non con un po’ meno di indifferenza. Aveva pensato stupidamente di fare il primo passo, per poter creare un rapporto, tra loro, che potesse essere almeno etichettato come una cosa vagamente decente… ma si stava rendendo conto solo adesso che, tentare una cosa del genere, provare a porgere una mano con certi individui, era una cosa quasi masochista. Stupida. Inutile e masochista— lo aveva già detto?

Erano passati quasi cinque giorni da quando era ritornato al maniero Wayne, completamente bagnato, da testa a piedi, per colpa di uno stupido scherzo di Jason. Per tutto il tempo, mentre stava tornando a casa, aveva sperato che non gli venisse un accidente— avere un raffreddore (se non qualcosa di peggio), ora come ora, non sarebbe stata una gran cosa. Sarebbe stato solamente l’ennesimo sgambetto che la vita gli stava offrendo, esattamente come un puro dispetto. Per fortuna, a parte qualche lieve mal di testa, non sembravano esserci eventuali segni che potevano scatenare una possibile influenza. Incredibile ma vero, ma qualcosa, nella sua vita, sembrava andargli per il verso giusto, ogni tanto. 
La cosa sembrava non potersi dire allo stesso modo per Jason che, dalla sua ultima visita, non sembrava essere migliorato affatto. Richard non rincasava quasi mai e, molte volte, tramite un messaggio, lo avvisava, affermandogli che Jason non era ancora in grado di poter essere lasciato solo e tutto per colpa di quella stupida testaccia. Era messo talmente male che persino Alfred aveva dovuto muoversi di casa per andare a controllare che non ci fosse nulla di particolarmente grave, soprattutto se poi era Jason stesso a rifiutarsi di prendere le medicine— cosa che lo avrebbero aiutato a riprendersi più velocemente da tutta quella situazione, era ovvio… ma su questo, nemmeno Timothy avrebbe potuto controbattere sulla stupidità e la testardaggine del maggiore. Anche lui si sarebbe rifiutato di prendere dei medicinali. Si sarebbe sempre rifiutato di assumere cose che, in un modo o nell’altro, non lo avrebbero reso completamente lucido. Una cosa che non sopportava, era non avere il controllo di se— e, quindi, al costo di stare tre volte peggio, non avrebbe mai assunto niente che potesse, in un qualche modo, offuscargli la mente.
Ma Jason era un coglione.
Si sarebbe meritato molte altre cose, a suo modesto parere.   
 
***

« Me lo stai chiedendo davvero? »
« Devi solo dare una veloce occhiata e nient’altro. »
« Perché dovrei?  »
« Non posso muovermi, al momento, lo sai. Potrebbe aver fatto qualcosa di stupido e aver avuto una ricaduta. »
« Quindi? Quale sarebbe il problema? »
« Red Robin. »

A che serviva avere un padre morto, se tanto sembrava esserci Richard a reincarnare una figura paterna perfettamente asfissiante? Ma il fatto era un altro— e il sentire quel tono di puro rimprovero, non lo avrebbe smosso dal proprio volere. Non questa volta. Perché sarebbe dovuto andare lui a ‘’dare un’occhiata’’ alla carcassa di Jason? Insomma, quanti danni avrebbe potuto fare, rimanendo a casa da sol— ok, domanda stupida, va bene. Ma perché lui? Sembrava essere stato abbastanza evidente la pura riluttanza che sembrava ergere come l’unica base del rapporto (definiamolo tale) tra lo stesso Timothy e Jason. 
L’aria era fredda, nelle alte cime dei grattacieli di Gotham e l’unica cosa che sembrava essere un problema, quella notte, era l’insistenza di Richard. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto staccarsi l’auricolare dall’orecchio e gettare l’oggetto nel vuoto sotto i suoi piedi e infischiarsene di tutta quella faccenda che, fino a prova contraria, non lo riguardava affatto. Restò in silenzio, quindi, cacciando un broncio al nulla, come se, davanti a se, si immaginasse la figura di Richard che lo stava pregando. Ripetergli di no sarebbe stata solo una perdita di tempo; avrebbe insisto fino allo sfinimento.

« Prendilo come un favore che, prima o poi, ti riscatterò. »
« Non hai mai provato a pensare che possa essere solo il karma che agisce sui cattivi e gli immorali? »
« Sì. »

Rispose, Dick, come per dar corda a quel tono ironico, lasciandosi scappare una piccola risata, come se ci potesse essere anche un velo di verità in quella parole un po’ cattive.

« Ma è Jason. »

Continuò, il maggiore, all’orecchio, come se tentasse di trovare una chissà quale scusa solo perché ‘’era Jason’’— perché dire che era uno stupido cazzone, era troppo ovvio.
Rimase nuovamente in silenzio, Timothy, come per poter pensare se poter, di nuovo, tentare di negare quel favore, inventando qualche scusa, effettivamente. Ma se proprio avesse voluto essere convincente, avrebbe mentito fin dall’inizio. Era un po’ come se si fosse tirato, da solo, la zappa sui piedi. Tirò un sospiro, quindi, arreso, completamente e totalmente infastidito. Avrebbe solo voluto tornare a casa e nient’altro, senza essere obbligato a fare altre tappe indesiderate, chiedeva troppo, per caso?

« Bene. »

Il tono era esattamente come quello di un bambino che voleva darla vinta alla propria madre perché sapeva esattamente che non poteva far altro, per poter far terminare quella conversazione. Ma poi, esattamente, che cosa avrebbe dovuto fare? Timothy non sapeva nemmeno badare a se stesso, come avrebbero potuto, gli altri, pretendere che constatasse lo stato di  salute di qualcun altro? Avrebbe dovuto fargli prendere delle medicine? Se sì, quali? Bastava che respirasse, in fin dei conti, giusto? I ringraziamenti del maggiore sembravano quasi un sussurro, troppo occupato a pensare sul da farsi, lasciando che, via via, il contatto tra loro, andasse a terminare, finendo con l’alzarsi in piedi, pronto, a sparare un rampino dall’altra parte del grattacielo, buttandosi, così, nel vuoto, fidandosi ciecamente dell’arpiglio che reggeva e trascinava il suo peso da un muro all’altro, pensando solamente a che situazione doveva aspettarsi, ora come ora. 
Ma una cosa era ovvia: a prescindere, non gli sarebbe piaciuta affatto
 
***

L’aria fredda andava a battergli sulla faccia che, ormai, non sentiva più, mentre continuava a saltare da terrazza in terrazza, immergendosi sempre di più nella giungla di cemento che continua a produrre, quasi in un infinito loop, di antifurti, sirene della polizia e schiamazzi vari che uscivano da qualche finestra ancora aperta. Timothy riusciva solo a chiedersi del perché Jason insisteva sul fatto di voler continuare ad abitare in un edificio che non aveva la minima sicurezza (non che ne avesse bisogno o che gli importasse realmente) ma, insomma, sia Alfred che Dick lo avevano incitato più volte a tornare nella propria casa, a villa Wayne, il loro maniero. Non riusciva proprio a capire il bisogno di dover stare tra quelle mura rovinate, marce e crepate, dagli angoli ammuffiti e dal parquet praticamente marcio— certo, Jason, prima di tutto, prima di diventare il Ragazzo Meraviglia, abitava in un posto del genere, con i propri genitori; e veniva quasi naturale pensare che fosse un tipo… malinconico? Che non volesse abbandonare del tutto la sua vita passata. 
Probabilmente era il caso che smettesse di pensare a cose che, ripetiamo, non lo riguardavano affatto.
Andò a sopprimere quelle piccole curiosità che aleggiavano nella propria testa, mentre andò a raggiungere, finalmente, la terrazza dell’edificio in cui vi si trovava il maggiore. 
Allora, ricapitolando: non si sarebbe trattenuto per più di cinque minuti. Sarebbe entrato, così, come sarebbe uscito, sperando che l’altro fosse stretto tra le braccia di Morfeo. Questa volta, senza l’aiuto del rampino, decise di utilizzare la scala antincendio, volendo essere il più silenzioso possibile— inutile dire che fu, fin da subito, una pessima idea. La ferraglia in questione, che dall’alto scendeva fino alla strada, cigolava. Era arrugginita e ben poco stabile, e ogni passo che tentava di fare, avrebbero potuto far saltare un bullone da un momento all’altro e farsi, quindi, notare. E non solo da Jason, ma da tutto il vicinato, probabilmente. Ma era abbastanza fortunato da poter pensare di essere particolarmente leggero perché accadesse una cosa del genere, giusto? Lo sguardo, da dietro la maschera, di tanto in tanto, andava a posarsi nel d’intorni, giusto per poter supervisionare la zona, controllando anche il fatto di non essere notato da nessuno in particolare, andando a raggiungere il piano dell’abitante. Silenzioso, facendo appello a tutti gli insegnamenti acquisiti dagli allenamenti, andò ad appoggiare le mani sul davanzale della finestra, andando a controllare che le ante non fossero chiuse— e, ‘’conoscendo’’ un tipo come Jason, era sicuro quasi all’ 87% che, questa, l’avesse lasciata aperta. Per quale ragione? Si poteva dire che a Gotham c’erano solo due tipi di persone: quelli scrupolosi, un po’ presi dalla propria sicurezza e dalla paura che, per l’appunto, tenevano chiuse le finestre e le porte… e poi c’erano quelli come Jason, che pensano di essere fin troppo al sicuro. O forse era semplicemente uno stupido arrogante che pensava di cavarsela in una qualsiasi situazione, come una semplice effrazione in casa propria. Dando un rapido e silenzioso gesto, fece sbloccare l’anta con estrema facilità. Per l’appunto: l’aveva lasciata aperta. Fece salire il vetro, così da poter balzare all’interno della dimora, venendo accolto da quel fastidioso scricchiolio del pavimento marcio. Imprecò tra se e se, rimanendo immobile, per un attimo, nel buio, come se si aspettasse un’imminente imboscata da qualcuno— cosa, che, per pura fortuna, sembrò non accadere. Probabilmente Jason si era arreso all’idea di dover prendere qualche medicinale che trascriveva sonnolenza o qualcosa del genere… ma gli era stato insegnato che la prudenza non era mai troppa e che per nessuna ragione al mondo, nessuna, avrebbe dovuto permettersi di abbassare la propria guardia. 
Una volta tiratosi su, dall’accovacciamento iniziale, andò a muoversi, cautamente e troppo lentamente, lasciando solo che i fari delle macchine che passavano in quel vicolo, battessero sul muro dell’edificio, e illuminassero qualche zona all’interno della stanza. Quindi, superò una cucina a cui mancano quasi ogni tipo di confort, mentre svoltava l’angolo, notando subito il divanetto sul quale, l’ultima volta che vi era stato, non c’era la carcassa del maggiore che sperava di trovare. Probabilmente aveva deciso di spostarsi nel letto dell’altra stanza, costringendolo, dunque, a fare un percorso un po’ più lungo e ben poco desiderato. A terra vi era qualche garza e, vicino ai piedi del tavolino, c’era un kit del pronto soccorso aperto e vuoto, lasciato lì, probabilmente dimenticato da Jason stesso.
Il cammino continuava a proseguire, sempre troppo lento, non potendo proprio evitare che quasi ogni suo passo venisse sonorizzato dal pavimento, che lo accompagno fino a quella che doveva essere definita come ‘’la camera da letto’’. Non sembrava esserci una porta e l’unica cosa che riusciva a notare era un grosso ammasso raggomitolato nel letto, dall’altra parte di quella piccola stanza buia. Beh— che dire? Il rilevatore del battito cardiaco, installato nella maschera, sembrava tracciare un’adeguata vitalità. Ovvero: stava bene e non era il caso di dover avvicinarsi troppo per constatare altro— tutta via, con il visore notturno, che gli dava la possibilità di vedere tutto come se fosse alla luce del giorno, non poteva fare a meno di notare quel piccolo ed insignificante dettaglio che quell’ammasso arrotolato nelle coperte, che gli copriva persino la testa, non si muoveva ad una normale respirazione. Insomma, il torace avrebbe dovuto gonfiarsi e svuotarsi, no? Eppure, quello che doveva essere il corpo del maggiore, non si muoveva a quell’attività essenziale per vivere— ma il rilevatore avvertiva, comunque, di una presenza: insomma, sentiva il cuore battergli.
Realizzò un istante dopo, sentendo una piccola e fredda pressione dietro la propria nuca, che era stato un vero idiota a pensare che stava andando tutto fin troppo bene.

« Bene, bene, bene. »

Doveva essere per forza questa, la voce di Satana. Diamine, poteva persino immaginarsi quella stupida smorfia soddisfatta che aveva sul viso. E, poi, la luce della stanza si accese.
Jason sembrava averlo sentito nel momento stesso in cui aveva varcato la finestra, ne era quasi sicuro e avrà avuto la geniale (si fa per dire) idea di camuffare la sua figura nel letto per disorientarlo, per poi essere pronto a coglierlo di sorpresa— ed ora, eccolo li: fermo, a combattere contro l’istinto di reagire a quella sensazione di impotenza. Avrebbe potuto scansarsi, abbassarsi e persino prendergli la pistola, disarmandolo… se solo non fosse stato Jason che, per quanto gli seccasse ammetterlo, era più esperto di lui su quasi ogni fronte e se solo avesse anche solo provato a reagire, impegnando tutto se stesso, si sarebbe potuto trovare una pallottola conficcata da qualche parte. Rantolò semplicemente qualcosa di ben poco comprensibile tra se e se.

« Sono solo venuto per conto di Richard. Puoi anche abbassare la pistola, Jason. »

Affermò, subito, non facendo altro se non dire la verità, nel modo più pacato possibile. Non era proprio il caso di dire una cosa sgarbata quando ti puntano una pistola addosso, giusto? Specialmente se a puntarti una pistola, era un tipo imprevedibile come Jason.

« E che cosa ci guadagnerei? »

Domandò, Jason, con un tono puramente ironico, non potendo fare a meno di ampliare, un poco, quell’espressione sghemba sul proprio viso, come se stesse trovando un certo divertimento, in quella situazione, come se non fosse bastato a fargli capire che, tra i due, lui, sarebbe stato sempre  il migliore e che non gli sarebbe bastato niente, a premere il grilletto— ma doveva, per forza, stuzzicarlo in un qualsiasi altro modo, mentre Timothy si sentiva premere maggiormente la bocca fredda della pistola sulla propria nuca. Non rispose a quella domanda stupida, limitandosi a spostare di lato il proprio viso, così da andare ad intravedere, con la coda dell’occhio, il maggiore, andando a lanciargli un’aria di sfida, facendo rimbalzare, a suo modo, quel fare provocatorio… sebbene non fosse consigliabile ‘’giocare’’ in quel modo con Jason. Era sempre stato un tipo imprevedibile e, a prescindere, non sapeva proprio che risposta dare, nel chiedersi se Jason avesse potuto realmente sparargli o meno.
L’espressione del maggiore, in un attimo, al fare altrui, andò a mutare, facendo dissolvere dai propri tratti quella smorfia spavalda e quasi irritante, restando in silenzio per qualche attimo, prima di andare a decidere di ritirare la pistola, abbassandola e sentire quello che sembrava essere uno sbuffo divertito. Jason si stava realmente divertendo in questa ridicola situazione?

« Stai calmo, babybird. Non è carica. »

Stupido sbruffone.
Era questa, l’unica cosa a cui riusciva a pensare Timothy, mentre andava a voltarsi verso la figura più grande che— non aveva addosso i pantaloni. Nemmeno l’intimo. Insomma, non aveva niente addosso. Era completamente e sconsideratamente nudo. 
Aveva l’insulto pronto, davvero… ma qualcosa sembrava essere andato storto e non ne capiva il senso, ma gli occhi erano andati inesorabilmente a buttarsi giù, sulla figura altrui, come se fosse stato il cervello stesso ad obbligarlo di compiere un gesto del genere, andando ad intravedere le varie cicatrici, sparse su tutto il corpo— cosa che aveva anche lui e quindi non sembrava propriamente il caso di fissarlo come se non avesse mai visto così tante vecchie ferite tutte in una volta. Lì, nella parte destra del corpo, proprio sopra il fianco di Jason, c’era ancora la garza che copriva quella tanto e agognata ferita che aveva fatto infezione e che lo aveva fatto star male per qualche giorno ma, ora come ora, sembrava star anche fin troppo bene e quindi avrebbe potuto andarsene, giusto? Era da troppo che stava in silenzio, come se stesse esaminando chissà quale cosa mai vista prima d’ora— va bene, si sentiva un idiota in piena regola e quella sensazione di disagio che andava a pizzicargli le guance, lo facevano sentir peggio. 
Timothy Jackson Drake: datti un senso.

« Riesco a sentire i tuoi pensieri anche da qui, lo sai? »

Commentò, Jason, dopo quei troppi secondi di puro silenzio. Era inevitabile pensare che Timothy stesse contemplando la sua nudità.

« Ti stai confondendo su quale pistola guardare? »

Chiede, senza troppo riguardo, senza alcun minimo tatto e senza pensare di essere troppo presuntuoso. Ma era una cosa che sembrava venir spontanea, non c’era una spiegazione logica che avesse delle fondamenta ben fondate sul senso di tutto quello. Jason era Jason e si divertiva semplicemente a mettere il minore in una situazione di pura difficoltà.
Timothy, quasi, non sobbalzò, colto da quell’ironia ben poco desiderata, specialmente se pareva una cosa disgustosa— e, soprattutto, che lo faceva sentire disgustato da se stesso. Come diamine aveva potuto distrarsi in quel modo così assurdo e, soprattutto, su uno come il maggiore? Come se non fosse già abbastanza umiliante dover paragonarsi a lui. Le iridi, dietro la maschera si alzarono, ringraziando il fatto di aver il viso praticamente coperto, così che l’imbarazzo non potesse scorgersi sulle proprie guance, andando ad accigliarsi, senza dire nulla, volendo far finta di niente, come se non avesse mai visto o sentito niente di tutto quello, prendendo un passo svelto, superando la figura più grande, uscendo dalla stanza arrivando sino a quel divanetto sgangherato, volendo liberarsi da quella situazione troppo assurda per essere vera. 
Oh sì, Richard non gli doveva un bel mucchio di favori, dopo quello.

« –la prossima volta, magari, invitami a cena o portami dei fiori. Non si usano più, queste cose, al giorno d'oggi? »
« Chiudi il becco! Sei proprio un coglione, Jason Todd. »

E così, com’era piombato nell’appartamento, una volta aver svoltato l’angolo della stanza, saltò oltre la finestra e se ne andò, non potendo ringraziare abbastanza il vento gelido che gli rinfrescava la faccia.
  
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