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Autore: nowtellmeastory    07/03/2016    0 recensioni
Matt, testardo e decisamente poco incline alle regole in generale, aveva già abbandonato la postura da seduto sul lettino per rimettersi in piedi ed avviarsi alla soglia della porta.
«Non può uscire, non ha ancora il referto.»
Lo aveva fermato a voce Astrid, con la mano sinistra ancora sul carrello e la destra lasciata cadere mollemente lungo il rispettivo fianco. Gli occhi erano puntati sulla muscolosa figura dell'uomo tatuato.
«Farai finta di non aver visto nulla e saremo felici tutti. Buonanotte.»
Sanders si voltò nuovamente verso l'uscita della stanza, ma Astrid allontanò la mano sinistra dal carrello e a falcate veloci si diresse verso la porta, posizionandosi esattamente di fronte al musicista che si trovava così davanti a lei in fedele compagnia di uno sguardo tra il contrariato ed il truce.
«Ti chami Astrid, giusto? Ecco, Astrid, devi sapere che l'altra mano è ancora buona: non costringermi ad usarla per spostarti dalla porta, perchè non è decisamente il momento per me di fare questi giochetti. Potrei farti male.»
«Non è un giochetto, bensì il mio lavoro. Torni al suo posto, signor Sanders.»
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Synyster Gates, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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II.
 

«Se vuoi continuare con il tirocinio ti conviene fare poche storie e recarti in ospedale, qualunque sia l'orario. Ti saluto, Astrid... tieni duro.»
«Questo non è tirocinio, è sfruttamento. Buonanotte per dopo, Heather.»

Rispose colma di collera Astrid mentre riponeva aggressivamente nella borsa il cellulare, sul quale aveva appena chiuso la chiamata effettuata da ella stessa alla sua migliore amica per potersi sfogare, dopo aver ricevuto la super notizia dell'ultima ora: per il resto del mese avrebbe dovuto continuare con l'orario suicida notturno presso l'ospedale dove stava effettuando il tirocinio, restando fortunatamente, però, sotto le direttive del gentile dottor Barnes.
Preparato tutto l'occorrente per inaugurare quella lunga notte tra stanze bianche e corridoi ridipinti male, con il costante odore dei medicinali proprio sotto il naso, Astrid afferrò la fedele borsa ed uscì di casa recandosi alla propria auto, prima di salirci sbuffando ed immettersi nel traffico scorrevole di Huntington, mentre ormai il buio serata bussava alle porte della città.

Nel frattempo, non poco lontano dal suo piccolo mondo, un altro piccolo mondo prendeva vita sotto il tetto di casa Vengeance.
«Le casse più a destra, Johnny.»
«Zacky, me le hai fatte spostare otto volte.»
«Se la musica è buona deve essere buona anche la posizione delle casse, altrimenti la gente non se la gode.»
«Sei una rottura di palle cosmica.»
«Ah, Johnny, avevo dimenticato di dirti che a te tocca andare a prendere la birra, Brian porterà il vino e Matt... Matt, tu porta la tua adorabile faccia da culo. Quella basterà.»
«Qualcuno ha detto "vino"?»
Chiese Brian uscendo di casa per raggiungere il gruppo in giardino ed intervenendo di conseguenza nel discorso del bassista e del secondo chitarrista.
«Io. Devi andarlo a prendere, è già tardi e tra un'ora saranno tutti qui.»
Rispose Zacky, facendo successivamente segno al bassista di lasciar perdere le casse e seguire il primo chitarrista per uscire ed andare a prendere da bere prima dell'arrivo degli ospiti, in vista di quella che sarebbe stata una festicciola in pieno stile Huntington Beach: donne, alcool a fiumi e buona musica.
«Saremo qui in mezz'ora, non di più.»
Asserì Gates prima di oltrepassare, insieme a Johnny, il cancello in ferro battuto che divideva la proprietà di Zacky Vengeance dal resto del vicinato, salire a bordo della propria auto e sparire dalla vista dell'altra metà della band in pochi secondi.
Durante tutto quel tempo, Matt era rimasto in disparte a bordo piscina a fumare una dopo l'altra le sigarette del suo pacchetto già mezzo vuoto, fissando la strada oltre il suddetto cancello e prestando davvero poca attenzione ai discorsi degli amici e colleghi su questo o quell'argomento.
Dopo aver disposto sul tavolo bianco montato a dovere fuori dalla porta di casa i tipici bicchieri alti in plastica rossi, capovolti e pronti per essere riempiti a piacimento con birra o vino di lì a poco, Zacky notò l'espressione assente di Matt e si avvicinò, sedendosi accanto a lui a bordo piscina.
«Eri così entusiasta di questa festa fino a due giorni fa, amico! Ora sembri uno zombie, che succede?»
«Pensavo.»
Rispose il cantante chiudendo gli occhi e sollevando le sopracciglia prima di scuotere la testa, come se si risvegliasse da un sonno profondo. Si mise a guardare distrattamente l'acqua della piscina.
«Come va la mano?»
«Come deve andare, nulla di grave.»
«Credevo che il periodo delle risse nei locali fosse terminato da un po'. Capisco il tuo essere testa di cazzo, lo capiamo tutti, ma un cantante o un musicista con le mani fuori uso non servirebbe a nessuno. In realtà nemmeno un amico con le mani fuori uso potrebbe servire: come farebbe a tenere la bottiglia mentre ci si ubriaca?»
Domandò in maniera retorica il secondo chitarrista, con le labbra modellate in un bel sorriso che metteva in mostra gli snake bites e la dentatura ben curata.
Matt si voltò nella direzione dell'amico e gli rivolse a sua volta un sorriso sbieco battendogli con energia la mano sana sulla spalla sinistra, un gesto che aveva contraddistinto da subito la loro amicizia nei momenti belli e meno belli.

[...]

«Should I stay or should I go?»
Astrid canticchiava a bassa voce il famoso motivetto, mentre rimetteva in ordine i medicinali nella vetrinetta sistemata sul fondo dello studio del dottor Barnes secondo componenti, uso e modalità d'assunzione.
«Sei qui, non ti avevo visto entrare.»
Il dottore bussò con le nocche della mano destra alla porta aperta prima di parlare, al fine di non far spaventare la ragazza concentrata nel sistemare meticolosamente ogni confezione.
«Dottore! Ha saputo dei miei orari? Da oggi fino alla fine del mese le terrò compagnia sempre a quest'ora.»
Esclamò con costruito entusiasmo la ventottenne, distogliendo appena lo sguardo dalla vetrinetta.
«Me l'ha riferito un superiore. Non è una bella notizia, eh?»
«Per niente.»
«Sfogherai pacificamente la delusione svolgendo alla perfezione il tuo lavoro. Un giorno tutto questo verrà ripagato, credimi.»
Annuì l'uomo in tono gentile, lasciando poi la stanza dopo aver regalato un sorriso rassicurante alla ragazza.
«Ci può giurare. Un giorno tutti sapranno chi è Astrid Sullivan.»
Mormorò lei in risposta, mentre una scintilla di coraggio e determinazione si accendeva negli occhi color ghiaccio, uguali a quelli che appartenevano a suo cugino.

  
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