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Autore: PeterPan_Sherlocked    11/03/2016    1 recensioni
Criminale, pedina, logica, fisica, Agente. Il corpo della Polizia Temporale non è come ci si immagina. Sono ragazzini quelli che ne fanno parte, automi o persone, uomini o dei?
I segreti sono le fondamenta, gli intrighi le mura, la logica ciò che fa funzionare la macchina perfetta dell'Agenzia.
L'allievo più promettente della Scuola conoscerà la leggenda.
Lei ha salvato il mondo, ma chi salverà lei?
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Call Trilogy'
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"E sia allora, vi trasferirò io." la Storia sbuffò contrariata "Anzi, vi darò dei trasferitori indipendenti, non voglio rotture di scatole." Detto questo iniziò a frugare nel cappello, tirando fuori due bracciali in ferro sopra i quali si trovavano due schermi illuminati. "Potete avvicinare il braccio alla bocca e parlare, oppure vi do due interessantissime alternative." iniziò a spiegare aprendo la bocca in un sorriso che di sano aveva poco. "Non ci interessano le tue doti da venditrice." la interruppe Lea "Dicci." "Questo connette il bracciale a qualsiasi cosa." la Storia tirò fuori dal cappello due piccole palline argentate, una per bracciale. "Va impiantato o sulla bocca così potrete parlare o a un nervo, ma dovreste riuscire a mandare l'input giusto al momento giusto. Naturalmente questo funziona con il Tempo, non con il continuum, quindi non sarà attaccato da quel tuo delizioso virus." "Non sarà un problema per noi Agenti. Vada per il passaggio neuronale." le rispose Thomas "Bucaci." "Così suona male Tommy." rise Lea. Il ragazzo sbuffò. Sembrava quasi un percing alla base del collo, lì dove si poteva dire che iniziava la spina dorsale. Lea e Thomas erano un po' stanchi di tutti quegli sfregi sul loro corpo riempiti da impianti elettronici, ma non si lamentarono quando il connettore si artigliò al nervo. "Mi dovete un favore." disse la Storia appoggiandosi a un albero. "Quale?" lo sguardo del ragazzo si indurì in un attimo. "No, non ora, tra un po' di anni. Quando i pazzi vi verranno a cercare, ascoltateli e ricordatevi del favore." sembrava preoccupata, sempre che il viso della Storia potesse apparire in qualche modo preoccupato. "Quindi tra un po' di anni arriveranno degli scemi a parlarci, noi dovremmo ascoltare. Ottimo, si può fare." rispose Lea. "Non scemi, persone molto intelligenti, solo con disturbi della personalità. Ora presto che è tardi, dovete entrare nella stanza!" "Solo una domanda." la fermò Lea "apriremo uno squarci nel continuum abbastanza potente da permetterci di recuperare il gene dell'immortalità?" "Naturalmente." la Storia non sembrava affatto sopresa "Mi troverete qui di nuovo, se avrete successo." "Tu non dovresti già saperlo?" era stata sempre Lea a parlare. "Alcuni eventi sono troppo importanti anche perché io li conosca, spesso le cose hanno un esito oscuro e non sempre vedo in maniera indistinta il futuro, che è passato da qui, presente qui e futuro dopo qui." ora non era più una ragazzina pazza, ma una donna sfatta, il vestito lungo stracciato e gli occhi di terribile follia, di quella follia che avrebbe distrutto il mondo, non salvato. Fu un attimo. "Qualcosa non va." continuò "e la risposta è in quella stanza e nella vostra missione. Avete visto cosa posso diventare, è come se uno di quei virus informatici sia entrato nella mia testa e non voglia andarsene. Quel segreto non può rimanere nascosto, è destabilizzante per la Storia dell'Universo!" Non avevano mai visto la Storia così, nemmeno Lea che ci aveva passato sei settimane insieme. Era preoccupante, decisamente preoccupante e allo stesso tempo follemente interessante. Si trasferirono davanti all'Agenzia all'istante. La strada che portava direttamente al portone pricipale era costantemente attraversata da un flusso di neri mezzi volanti mentre ai lati gli Agenti camminavano verso le loro destinazioni, stretti nella loro divise, con lo sguardo freddo di chi umano non è. Quella era stata casa loro per così tanto tempo, cosa era cambiato? Cosa c'era di diverso in loro, perché quello sguardo spento degli altri Agenti non era anche il loro. Non che gli altri non fossero pieni di vita, scherzavano, adoravano girare per le epoche e farsi tatuaggi, un modo per distinguersi eppure per riconoscersi; ma avevano tutti il viso di chi ha passato una vita a ubbidire senza accorgersene. Era quel senza accorgersene che spaventava Thomas e Lea. "Pronto?" chiese lei. "Dammi cinque secondi... okay, immissione del programma completata. Non capisco perché tutti si ostinano a chiamarlo virus. Ci sarà un po' di panico tra tre, due, uno..." Nessuno diede l'allarme attraversi gli autoparlanti, perché non funzionavano. Non arrivò la notizia agli Agenti attraverso gli auricolari, perché erano fuori uso. Semplicemente ci fu un momento, un solo momento in cui tutto diventò buio. "Vieni, conosco la strada a memoria." Lea lo prese per un braccio e lo trascinò verso una porta di servizio. Attreversarono corridoi e stanze, confondendosi nel caos generale, tenendo sempre la testa bassa e le mani strette uno su quelle dell'altra per non perdersi. La stanza si trovava nei sotterranei ovviamente. Era uno dei posti meno frequentati di tutto l'edificio e al buio sembrava quasi fatiscente. La porta era lì davanti a loro. Non aveva nulla di speciale, era una semplice porta di metallo come tutte quelle disseminate per i vari piani, tutte numerate allo stesso modo. Quella era la numero 42. Una scelta piuttosto ironica, nascondere la risposta che tutti cercano dentro la stanza che ha come numero la risposta alla Vita, l'Universo e tutto quanto*. L'unica particolarità era il piccolo microfonino sulla maniglia. Andava premuto e andava pronunciata la domanda giusta. Perché la risposta era 42? Ora che c'era la risposta il problema era la domanda, era sempre la domanda. Se vuoio trovare qualcosa bisogna fare la domanda giusta o la risposta apparirà priva di senso. "Quale può essere la domanda?" chiese Thomas. Lea premette il microfono. "Quante strade deve attraversare un uomo?" commentò ironica.** "Secondo me è più semplice, deve essere una risposta da homo sapiens." le sussurrò Thomas. "Tu se convinto che non siamo sapiens?" "Ovvio." borbottò lui, per poi rimettersi a pensare. Certo, Quarantadue. Quante domande avevano come risposta Quarantadue? Un bel po' di equazioni, di sistemi, di integrali definiti, di aree eppure c'era qualcosa di più semplice che continuava a sfuggirgli. Rise. Di una risata così liberatoria e così strana. Era follia, era pura follia. Rise ancora più forte, come un pazzo davanti alla camicia di forza. "Fai piano Tommy!" lo riprese Lea. Lui si avvicinò alla maniglia, premette il microfono e sussurrò: "Quanto fa sei per sette?"*** La porta si aprì in un clic. Era tutto così assurdo, così follemente sbagliato. Quarantadue. Sei per sette. Era così facile, così da sapiens. La Domanda era una moltiplicazione. La stanza corcolare era quasi del tutto buia, solo una vecchia candela si consumava lentamente. C'era un tavolo e tutto intorno un'immensa libreria. Scaffali su scaffali pieni di scartoffie si susseguivano confondenosi con i plichi ammassati per terra e sulla scrivania. In fondo c'era un'altra porta, di legno questa volta, mezza aperta. C'era un uomo seduto, illuminato dal leggero chiarore della candela. Di aspetto avrà avuto una quarantina d'anni ma i suoi occhi chiari, di un colore indistinto, parlavano di eternità. Quell'uomo era rinchiuso in quella stanza da tempo immemore, eppure la sua barba era fatta e i suoi vestiti puliti. Quasi fosse a casa sua e fossero Lea e Thomas gli estranei. "Chi sei?" chiese Lea. "Oh, numero 1279 e numero 3547, Raffaele e Sarah, Thomas e Neumalea giusto? Di voi ricordo anche i nomi. Era naturale che prima o poi qualcuno sarebbe risalito a me. Sedetevi, immagino vogliate delle risposte." indicò loro due sedie. La sua voce era profonda, baritonale, dolce. "Chi sei?" Thomas ripetè la domanda di Lea. "Chi sono?" la voce dell'uomo sembrava quasi divertita, le labbra aperte in un sorriso drittissimo e spontaneo. "Io sono il fabbricante di dei." *Secondo Pensiero Profondo, un computer immenso costruito per dare la risposta alla Vita, l'Universo e tutto quanto nei libri di Douglas Adams, la risposta è 42. Il problema è la domanda, che mai sarà scoperta in quei libri perché... oh, leggetevi i libri che sono stupendi;) ** citazione dai libri di Douglas Adams. *** io lo so che voi non capite, ma anche questa è una semi - citazione.
   
 
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