Serie TV > Daredevil (Netflix)
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Autore: paoletta76    12/03/2016    0 recensioni
Gli occhi del prigioniero la fissavano silenziosi, come stesse cercando di capire il perché dei suoi movimenti.
Perché quella donna stringeva il pugno dopo aver inserito un ago nel suo avambraccio.
Perché da quell'ago scorreva sangue, lungo quel minuscolo tubo collegato con il proprio, di braccio.
Perché quella cosa faceva male da levare il respiro.
Sei proiettili. Aveva smesso di combattere contro il Diavolo di Hell's Kitchen ed i suoi alleati.
Ed era finito all'inferno.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: James Wesley, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo risvegliò da quel torpore la sensazione di essere sfiorato dal tocco di una mano. Si scosse, aprì gli occhi, e la vide.
 
Jessica. O come diavolo si chiamava, neanche quello importava più. Lo guardava, in silenzio e con una dolcezza in cui era ormai capace di perdersi.
- Ehi..- piegò appena il viso, lasciando che quella manina continuasse leggera ad accarezzargli i capelli, poi scendesse lungo i suoi lineamenti.
- Ehi..- replicò lei, in un soffio, lasciando che l'uomo accanto al letto si sollevasse in ginocchio per arrivarle meglio addosso, le appoggiasse una mano sul fianco lasciato immune dalle ferite e le lasciasse un bacio sulla fronte.
- Ora sei al sicuro. Andrà tutto ok.
 
Stella aggrottò le sopracciglia, senza ribellarsi al calore di quel contatto.
- Erano.. erano lì per te.
- Mi dispiace..
- Non dirlo neanche per scherzo.
- Detesto.. darti ragione.. ma.. sono solo un mostro senza.. senza cuore..
- Ehi.- una mano dell'uomo lasciò la propria posizione per raggiungerle il viso, mentre l'altra continuava a massaggiarle lentamente il fianco - no. Basta. Fai come tutti gli altri; non mi ascoltare. Dico un sacco di stronzate, di recente.
- Dev'essere il sangue..
Gli strappò un sorriso, meritando un altro bacio. Più delicato ancora, ma sulle labbra.
 
Lo schiavo incatenato in un cassetto era riuscito a fuggire. Ed ora le sedeva accanto, scompigliato e trasandato, le braccia lasciate nude dalle maniche corte e rovinate di quella maglietta, ed un sorriso pieno di una luce mai vista, priva di ogni barriera compresa quella degli occhiali. Le sfiorava con le labbra le mani, poi tornava a donarsi alle sue labbra, aumentandole i battiti.
 
Non ti era mai successo, piccola mostriciattola.
 
Ed è un nemico.
 
- Riposa, adesso. Sei ancora troppo calda. Io.. sono qui in giro.
- Stai cercando un altro padrone..?
- No.- lui lasciò vagare lo sguardo un po' in giro, prima di tornare a lei - forse. Può darsi. Magari sto solo cercando un'altra prospettiva.
- Una..?
- Sei stata perfetta, miss Barlow. Dovevi solo catturarmi.. e invece sei riuscita a mandarmi in frantumi.
 
Il sorriso le morì sulle labbra. Cercò di trattenergli le dita, ma non ebbe abbastanza forza da impedirgli di scivolare via, e poté soltanto rimanere lì, stesa in quel letto, a guardarlo mentre si rialzava e si avviava verso la porta.
- James..
- Non hai toccato qualcosa, però. La mia lealtà non si discute.
- Non.. non lo fare, per favore..
- Non tornerò indietro, se è questo che temi. Posso solo andare avanti. E lo devo fare coi miei piedi, ok? Ci vediamo.. ci vediamo presto.
 
Essen Café, tre mesi dopo
 
Never mind, I'll find someone like you,
I wish nothing but the best for you, too,
Don't forget me, I beg,  
I remember you said,
Sometimes it lasts in love,
But sometimes it hurts instead..
 
La città appariva malinconica, avvolta in quella fitta pioggerellina di metà dicembre. Malinconica, grigia. Esattamente come si sentiva lei, adesso.
 
Non ci pensare più, Stella. Non lasciare spazio alle debolezze. Doveva essere il tuo obiettivo, hai lasciato che diventasse una distrazione. Dovresti essere più forte, più dura.
 
Sei un agente dello Shield. No, un mostro alieno.
 
Senza cuore.
 
James era scomparso. Nel silenzio e nel nulla di quel grigio invernale.
Le avevano detto che la sua era stata la migliore relazione finanziaria mai vista alla Stark Enterprises, che il tribunale l'aveva ammessa fra le prove. Che aveva fatto guadagnare a Wilson Fisk sedici anni di carcere, sommati a nove ergastoli, uno per ogni vittima del suo folle piano.
Tony aveva dovuto stringere la mano all'inatteso prezioso collaboratore, e masticando amaro aveva dovuto dar voce alla richiesta espressa da sua moglie, chiedendo all'uomo di restare.
 
James aveva semplicemente risposto di no.
 
Non sono la bambola in cerca di padrone che lei crede, mr. Stark. Sono in grado di ragionare con la mia testa e camminare coi miei piedi. Tutto quello che ho fatto finora era mia volontà, a qualunque sfumatura di grigio appartenga. La mia lealtà non si discute, e comunque non la devo a lei.
 
Aveva chiuso l'unico bottone della giacca, voltato le spalle. E poi più nulla, oltre il perimetro della grande vetrata dell'atrio.
 
A lei nessuno aveva saputo dare spiegazioni. Forse perché aveva già tutte le risposte.
 
Tre mesi. Le ruspe avevano lasciato il posto alle gru, entro il profilo di Hell's Kitchen, e forse ora anche Helena, Ben e tutti gli altri avrebbero trovato un po' di pace.
 
La pioggia continuava a bagnare tutto e tutti, leggera ed indifferente.
- Pausa caffè? - la voce di Sara provava a scherzare, dal sedile del guidatore.
- Non mi prendere in giro; mi hai voluto accompagnare tu.- rispose, piegando appena le labbra in una smorfia triste.
Licenziata. Sei settimane di malattia, poi il datore di lavoro le aveva fatto recapitare quella lettera. Poco male, fine di una vita ed inizio della prossima, piccola mostriciattola dal sangue curativo..
 
La cosa che le avrebbe dato più dispiacere sarebbero stati i ricordi.
 
Mamie era sempre lì, dolce e bella e triste, oltre il bancone. La salutò con un abbraccio che non sapeva di arrivederci ma di addio. Come se l'avesse saputo da sempre.
- Dai, Mam.. non piangere; lo so che ti mancheranno i miei muffin, ma..- aveva cercato di sdrammatizzare, indicando la vetrina dei dolcetti, ancora quasi piena - vedo che avete trovato un valido rimpiazzo.
- Non sarà mai come te, Jess.
- Eh, lo so..- le aveva strizzato l'occhio, donandole un minuscolo sorriso.
- Ti do le tue cose..- Mamie era scivolata via verso il retro, tornando con una borsetta - mi dispiace; non potrai tenere il cappellino e il grembiule, ma qui..
 
Sorrise, estraendo la targhetta. Quella con sopra inciso quel nome finto a cui ormai era affezionata. Un sospiro, un altro abbraccio, senza curiosare oltre.
- Devo andare, Mam. Ma ritorno. Da cliente: sarò esigentissima e ti porterò tutti i miei amici, ok?
- Volentieri. Ehi.. Jess! - la ragazza la richiamò indietro, fermandola quasi sulla porta - è.. è venuto qui un tizio, qualche giorno fa. Ricordi quella specie di inamidato banchiere che hai messo alla porta, quella mattina? Quello antipatico.- la vide aggrottare le sopracciglia, poi annuire - è venuto, non ha chiesto di te, ma.. si guardava intorno come se ti stesse cercando. Sempre inamidato, vestito perfetto. Però.. però era strano.
- In che senso.. strano?
- Sembrava.. diverso. Non strafottente. Sembrava avesse quasi timore di disturbare. Ha ordinato un caffè, un muffin all'arancia; ha pagato ed è andato a mangiare in quell'angolo là, contro la vetrina. Ha estratto un tablet ed aspettato un'immensità, prima di dare un morso al muffin. Quando ha finito, senza dire una parola si è alzato ed è andato via. Sembrava aspettare qualcuno, che però non c'è visto. Sono tre giorni, che fa così. Arriva intorno alle otto, ordina, si siede nell'angolo, aspetta una vita e poi consuma la colazione e se ne va. Forse.. non so. Domani prova a venire, se puoi. Magari puoi essergli d'aiuto.
- Magari.. sì. Vedrò se posso, Mamie. Grazie.
 
La salutò con l'ultimo abbraccio, prima di uscire.
Ora la borsetta fra le dita sembrava bruciare, ed il cuore aveva spiccato il volo verso un'altra dimensione.
 
Non disse a Sara più del necessario, inventando anche qualcosa. Le raccontò che Mamie le aveva detto che una persona s'era presentata al Café chiedendo di lei, che sarebbe ritornata alle otto il giorno dopo. Che le sarebbe piaciuto esserci.
- Ritornata o ritornato? - Sara aveva messo su una smorfietta da Lolita.
- Ritorna-to. Ok, m'hai beccato.- lei aveva incrociato le braccia, sospirando - mica la devi essere solo tu, una mostriciattola felice.
- Vuoi che t'accompagno?
 
Aveva accettato, salvo ripensarci dopo ventiquattr'ore, scendendo dal suv al bordo del marciapiede. Sara aveva scambiato con lei un'occhiata che voleva dire tutto, ed era rimasta con le dita salde al volante.
 
Ti aspetto qui.
 
Il Café era moderatamente animato, quella mattina, e la vetrina del bancone era piena di muffin di qualunque tipo che dicevano mangiami. Mancava solo Mamie; al suo posto una biondina dalla carnagione molto pallida.
Probabilmente è lei, il mio rimpiazzo.- pensò, avvicinandosi e chiedendo un caffé doppia panna e un dolcetto all'arancia.
Un sorriso, pagare e guardarsi intorno. Poi lo vide.
 
Era lui. Spalle protette dalla solita giacca scura di taglio sartoriale, solo un po' più curve, animate da lunghissimi e profondi respiri. Sollevava il viso a scrutare qualcosa oltre la vetrina, lontano. Come se cercasse, o aspettasse qualcuno.
Il muffin era ancora intero, accanto alle sue dita sul banco. All'arancia.
Sorrise, avvicinandosi leggera e sedendosi sullo sgabello al suo fianco.
- Ne deduco che non raggiungono l'assurda perfezione di quelli della cuoca precedente.- disse, accennando al dolcetto ancora inviolato.
L'uomo voltò appena il viso e sorrise.
- A dire il vero è molto più buono.
- OH. Sul.. sul serio?
Lui fece cenno di sì con la testa, depositando un'occhiata al tablet mentre la ragazza scartava il dolcetto e lo addentava dopo un'occhiata insospettita.
- Occacchio. Lo è davvero. Sono spacciata.- mugugnò lei, fra un morso e l'altro - non avrò mai un futuro, neanche nel Jersey.
- Dovresti pensare seriamente a cambiare mestiere.
- Già. Farò la spia.- lei appallottolò la carta e bevve un generoso sorso di caffè, prima di tornare ad esaminare il proprio vicino.
- Io pensavo l'infermiera.
- Anche.. ma con moderazione.
Il sorriso dell'uomo si fece più aperto. Lo vide chiudere il tablet, dedicarsi alla colazione in silenzio ma senza smettere di guardarla e sorridere.
- Dillo.
- Li fa meglio di te. Al centro percento. E anche il caffè.
- Non l'hai mai assaggiato, il mio caffè.- lei incrociò le braccia, mettendo il broncio.
- Vero; il caffè era della tua collega. Tu mi hai gentilmente indicato l'uscita.
 
Giocava. Stava giocando con lei, la cosa sembrava divertirlo un mondo e lei non aveva neanche la forza di mandarlo al diavolo.
- Senti, Wesley-
- James.- lui la interruppe, prima di un ultimo sorso al caffè e di lasciare lo sgabello - hai dimenticato il mio nome? O.. ritorniamo al formale?
- Perché vieni qui tutte le mattine? - lei lo seguì verso la porta.
- Per fare colazione.
- E aspetti una vita per-?
- La tua amica è una vera pettegola.
- Perché-?
- Perché aspetto. Non lo sai..- le aprì la porta, lasciandola uscire per prima - ma oltre che leale so essere anche molto paziente.
- Come i serpenti.
- Fai tu.- lui sollevò appena le spalle.
- E che aspetti?
- Perché fai domande di cui conosci già le risposte, agente Barlow?
 
Ecco. Adesso l'aveva proprio congelata. Domande? Che domande? E.. e che risposte?
 
L'uomo di fronte a lei sollevò appena le sopracciglia, scuotendo leggero la testa. Una sistemata agli occhiali sul naso, e scese col viso a sfiorare il suo.
 
Le labbra, sulle sue. La mano contro il fianco.
 
Sei stata perfetta.. Stella. Mi hai liberato dal fondo di quel cassetto, adesso appartengo a te.
  
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