Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Diomache    13/03/2016    3 recensioni
Immaginate una prima stagione diversa da quello che abbiamo visto. Viserys muore, il matrimonio con Drogo salta, Sir Jorah deve consegnare Daenerys ma la porta al Nord, da Eddard Stark, che sa che non l'ucciderà mai. Dany viene accolta ed adottata dal Nord, ma la sua vita ha un prezzo per la casata Stark e tutto sembra andare a rotoli. Sansa la odia, Catelyn deve darle in sposa il suo primo figlio, eppure lei si innamora del bastardo, Jon, che la ama dal primo momento ma ha già promesso che prenderà il nero e mai nella vita tradirebbe suo fratello. Con i Lannister di nuovo sul piede di guerra, i sensi di colpa, le strane visioni, e le uova di drago, sarà così semplice per loro mettersi contro il destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NdA: eccoci qua, a quanto pare siamo arrivati alla conclusione della storia. Ringrazio vivamente dance che ha recensito il precedente capitolo e tutti coloro che hanno recensito la mia storia, mi ha fatto davvero piacere leggere le vostre opinioni e ne approfitto per ringraziare anche coloro che mi hanno seguita o letta silenziosamente. Un abbraccio a tutti, spero di ritrovarvi e che questo ultimo capitolo vi piaccia!

D.

 

 

I’m Daenerys Stark.

(After all, dragon plants no tree)

 

 

 

 

 

Forse avevano esagerato. Avevano sfidato il destino sputando sopra i complotti di Westeros, le loro stupide leggi patriarcali, perfino i loro dei non erano stati “invitati” alla celebrazione, nel cuore del Parco degli Dei del Nord, al cospetto solo di se stessi e dell’Albero del Cuore, sperando che potesse proteggerli, anche se erano due estranei, due intrusi amanti, nel cuore del Nord.

Ci avevano sperato in quella notte in cui avevano giurato d’appartenersi e la luna e le stelle sembravano essersi oscurate appositamente per nasconderli meglio, anche quando avevano visto Robb e non erano riusciti a respirare, per qualche secondo, comunque avevano immaginato di potercela fare.

Ma tutto andò in frantumi, più velocemente di un battito d’ali. Jon Snow lo capì immediatamente, nel suo cuore, quando nel parapiglia che si era agitato alle porte del Castello perse la mano di Daenerys dalla propria. Gridavano al fuoco e il nome di suo fratello, Bran, ma tutta la sua angoscia era in quella mano che aveva perso per correre in avanti, non era riuscito a trattenerla, lo scatto che aveva fatto era stato troppo veloce e lei non era riuscita a stargli dietro; certo Dany non era in pericolo, ma un dolore profondo iniziò a spandersi a macchia d’olio e gli infiammò il torace e la gola. Si voltò un secondo nella corsa, per rassicurarsi, vedendola, ma si erano già frapposte altre persone in mezzo a loro.

Non c’era motivo per pensare che non l’avrebbe più vista, ma qualcosa dentro di sé capiva solo che aveva perso la sua mano tra le dita e che non ci sarebbe stata più.

Oppresso da un’agitazione che non sapeva motivare, Jon Snow radunò quanti più uomini poteva trovare e alle sue direttive subito si formarono due colonne di uomini che marciavano parallele, questa con i catini d’acqua, l’altra senza, verso la Torre della Biblioteca.

“Presto, per di qua!” gridava Robb coordinando le operazioni di quell’incendio senza spiegazioni, quando un bambino gli si fiondò addosso, agganciandogli le gambe. “Fratello!” Era Rickon, il viso coperto della polvere nera portata dal vento e gli occhioni lucidi.

“Rickon!”

“Presto, si tratta di Bran!” disse indicando dall’altra parte del Castello, Robb si girò verso Jon che annuendo leggermente gli fu dietro nella corsa verso i dormitori Stark. Lì non c’erano fiamme e non sembrava esserci nessun altro pericolo ma lo sgomento nei volti delle persone che incrociavano era più evidente e smentivano le loro impressioni. Entrarono, li accolse immediatamente Catelyn, pallida come un cencio, a gettarsi tra le braccia del suo primogenito.

“Madre, che è accaduto?”

Intanto Arya era corsa tra le braccia di Jon, che la strinse scompigliandole i capelli, come facevano da sempre.

“Robb Stark.” A parlare fu Sir Jorah Mormont, che si fece avanti tra la folla di persone reggendo sotto l’ascella il corpo di uomo vestito di nero. “Questo è l’uomo che ha tentato di uccidere vostro fratello Brandon.” E dicendo queste parole lasciò cadere il suo cadavere che rovinò a terra, schizzando di sangue i calzari dei presenti.

“Che cosa???”

“Come sta Bran?” chiese Jon e fu Catelyn a rispondergli, con una certa stanchezza nella voce. “Sta bene. Il suo MetaLupo è riuscito a tenerlo a bada finché non è sopraggiunto Sir Jorah, in suo aiuto, l’ha pugnalato con la sua stessa daga”

“Voglio vederlo.”

“Non ci pensare neanche” soffiò la Stark ma fu prontamente fermata da Robb. “Madre, ti prego, è anche suo fratello. Visiterà Bran adesso, con me.”

“Gli abbiamo dato dei Sali ed è crollato a dormire. È stato uno shock per lui.” e a giudicare dalla faccia scavata e piatta della donna, il piccolo Bran non era stato l’unico a morire di paura. “Potrete visitarlo al suo risveglio”

“Certo, andremo domattina” Jon scelse la strada dell’accondiscendenza, Arya si staccò da lui, stropicciandosi il volto per nascondere le piccole lacrime che le erano sfuggite non appena aveva abbandonato le difese, tra le braccia del fratello. Avrebbe voluto parlargli di quello che era accaduto in sua assenza ma più passava il tempo più un dubbio le stringeva lo stomaco, l’angoscia di non aver agito bene, alla fine, la spaventava a tal punto che quasi non osava guardarlo negli occhi.

Robb smosse col piede il volto del morto, sembrava un uomo comune senza alcun segno di riconoscimento. “Com’è entrato?” Il volto dello Stark iniziava a tradire una certa rabbia e voglia d’azione.

“Nessuno lo sa.” Gli rispose Mormont sospirando. “Abbiamo solo sentito le urla di Bran, nella sua stanza.”

“Sir Jorah Mormont.- iniziò Robb ponendosi di fronte al cavaliere.- a nome di mio padre e di tutta questa famiglia, io ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per noi. Grazie di essere qui, ti dobbiamo molto.” Gli porse la mano e Jorah la strinse, sorridendo appena. La stanchezza della notte insonne e lo spavento appena ricevuto appesantiva i volti dei presenti, ma quello di Robb sembrava nascondere più motivi di tutti gli altri.

In quel momento uno dei loro servitori li raggiunse per avvisarli che il fuoco della Torre della Biblioteca era stato domato ma ce n’era un altro, nel bosco, forse di quel capanno che conteneva la paglia degli animali, fuori dal castello. Niente di grave, non minacciava la vita di nessuno e avevano moltissime scorte di paglia, così Robb propose alla madre di far entrare tutti coloro che, soldati o civili, avevano aiutato a spegnere il fuoco affinché fossero premiati con un bicchiere di vino caldo e della frutta, nella Sala Grande, e che un piccolo gruppo andasse a controllare l’effettiva situazione del capanno.

Catelyn acconsentì non senza un certo grado di fatica negli occhi. Chiamò le servitrici ed ordinò che la cucina venisse accesa così da poter iniziare a scaldare vino e preparare vivande.

Per quella notte, si decise che Ryckon ed Arya potessero tutti e due dormire nel letto con Bran e tre guardie si posizionarono davanti all’uscio della loro stanza per proteggere il loro sonno.

“Jon.” Arya cercò il fratello, prima di congedarsi. “Posso parlarti? Dov’è Dany?” ma il ragazzo aveva altre discussioni da affrontare, in quel momento, Robb lo aspettava, nella stanza di fianco, e non poteva rimandare quel chiarimento. Stampò un bacio sulla fronte della sorella. “Dormi Arya, ci ragioneremo domani”

La lasciò davanti alla porta, con gli occhi pesanti di parole che non poteva ancora dire, e con un sospiro si diresse da Robb. “Dobbiamo parlare”

Poco prima aveva preso le sue parti, con Catelyn, ma non pareva più lui adesso, i suoi occhi miti e giusti erano adesso freddi e lontani e Jon non si era mai sentito così a disagio e solo, in sua compagnia.

“Non mi interessa quello che hai da dire- rise nervosamente, asciugandosi la fronte sudata col palmo della mano.- mi hai tradito.” Continuava a guardare fuori dalla finestra, guardando senza vedere niente, nel brulicare di agitazione del loro cortile

“Ho sbagliato, lo so. Sarei dovuto venire da te.” Jon era nervoso, i sensi di colpa che aveva covato per tutto questo tempo non erano serviti a farlo agire correttamente, l’amore e il rispetto verso la sua famiglia e neppure il senso del dovere, così forte in lui, l’avevano guidato per il meglio, proprio lui che prendendo il nero avrebbe fatto del dovere stesso la sua vita intera, aveva scelto altro, aveva scelto lei. “Mi sono innamorato.”

A queste parole, Robb si voltò verso di lui. “Perché non me l’hai detto?”

“Avrei dovuto. Ci ho pensato tutto il tempo e sono stato combattuto su ogni mia singola azione, io non avevo l’intenzione di fare tutto di nascosto”

“Perché, credi che lei avrebbe comunque scelto te?”

Jon strinse gli occhi, cercando di capire. “Cosa?”

Robb iniziò a camminare inquieto per la stanza. La cocente delusione rivelatagli da sua sorella Arya, il sogno infantile e stupido sulla sua unione con Daenerys si era stroncato ormai qualche ora fa, eppure solo adesso sentiva di comprendere la situazione, come se qualcuno avesse finalmente dato un colpo di spugna su uno specchio opaco. La realtà si presentava facile ed accessibile come un riflesso, ed aveva il volto del fratello che aveva amato più degli altri, più di coloro che lo erano davvero. “Lo avrei accettato, se fossi venuto da me, io lo avrei accettato. Daenerys non è una donna comune e io avrei capito se ti fossi invaghito di lei.”

“Mi dispiace. Non l’avevo pianificato. E non volevo né dovevo agire alle tue spalle”

“Ma era più comodo, no? Invece di proporti a lei onestamente ti sei avvicinato in modo subdolo, ti sei approfittato della mia fiducia.”

“Tutto questo non ha senso, io non mi sono avvicinato in maniera subdola, lei si è…”

“… innamorata? – lo scherno di Robb era dipinto sul suo volto- oppure vorresti dirmi che è stata lei a sedurti, no?”

Jon ripensò alle loro gite fuori dal castello, i sorrisi complici, lui che si scherniva un po’ e lei che lo prendeva in giro, quel bacio che gli aveva dato, improvvisamente, ma che lui aveva desiderato da sempre e anche se era stata lei a farlo, nessuno era stato sedotto, lei gli aveva slacciato la tunica ma lui si era introdotto nella sua stanza, quella notte, si erano semplicemente avvicinati, come falene alla luce. “No.- disse quindi- ma …”

“Certo, sarebbe stato rischioso per te mettere la tua proposta accanto alla mia! – Jon sentì la rabbia gonfiargli il petto mentre il fratello continuava- Chi avrebbe sposato un uomo, un bastardo, come te!”

“Adesso basta!” Catelyn Stark era appena apparsa sull’architrave della porta, Jon si allontanò dal fratello passandosi nervosamente una mano tra i capelli. “State dando uno spettacolo pietoso.” Continuò, accanto a lei Sir Jorah Mormont aveva un aspetto particolarmente nervoso e livido d’ansia.

“Che c’è?” sbottò Robb, infastidito. “Questa discussione non vi riguarda.”

“Dovrete comunque rimandarla- iniziò Mormont- Daenerys è scomparsa. Nessuno sa dove si trovi”

Fuori intanto la notte mostrava le sue ore più buie.

 

***

 

“E così questo è il capanno della tua partenza.” Theon si guardava intorno, ridacchiando, aprì un baule a caso, in cui c’erano vestiti e cose essenziali, per il suo viaggio, ne tirò fuori uno, e se lo portò al viso. “Sembra troppo comune per una principessa.”

Daenerys lo fissava, seduta su una masso, con le braccia legate dietro la schiena. Theon aveva faticato a condurla lì e anche se non avrebbe voluto, forse, aveva dovuto lasciarle i segni di un paio di schiaffi ben assestati per riuscire a tenerla ferma, mentre la legava. Una guancia era leggermente arrossata e il labbro inferiore si era rotto nella commissura destra, a giudicare da quel piccolo rivolo di sangue che si vedeva. 

“E queste cosa sono?” Le uova di drago giacevano in uno dei suoi bauli, protette da una leggera imballatura di paglia, sonnecchiavano eterne, belle e lucenti. “Però! Varranno un sacco! Sono pensanti eh!” disse sollevandone una, quella rossa, la preferita della loro padrona.

“Non toccarle.” Fu la prima cosa che disse lei, e quando Theon si girò ad osservarla notò che avrebbe potuto incenerirlo solo con lo sguardo. Questo lo fece ridere e anche un po’ inquietare, abbassò l’uovo, dicendo. “Quanto ti scaldi per due pezzi vecchi ed inutili. Non ti serviranno più, sai, ad Approdo del Re non ti lasceranno giocare con le uova di pietra.”

“Sei un vigliacco.”

Theon rise, avvicinandosi a lei e poi inginocchiandosi per essere alla sua stessa altezza. “Niente di personale, Dany. Voglio quei soldi, e li vogliono anche i miei compari, non puoi capire a quanta gente sta a cuore la tua salute. – fece per sistemarle una ciocca di capelli ma lei scattò col viso. L’espressione sul volto del ragazzo s’indurì maggiormente- Anzi, c’è anche qualcosa di personale, lo ammetto. Ho sempre voluto toglierti dalla faccia quel sorriso strafottente, la tua solita espressione altezzosa con cui guardavi il mondo e tutti noialtri, povere nullità, al tuo cospetto.”

“L’unica nullità che vedevo eri tu.” Soffiò lei, inarcando un sopracciglio. “Robb ti considerava un fratello.”

“Gli faccio un favore.” Sorrise lui. “Sei solo una spina nel fianco per lui.” Il rumore di alcuni passi lo fece trasalire. Si alzò velocemente e si diresse all’entrata del capanno, rassicurandosi velocemente alla vista dei suoi compari. Dany cercò di spiare i loro volti, erano almeno in due a giudicare dalle voci, e forse uno di loro lo aveva già visto, alla cittadina, forse al mercato. Sospirò, pensando al da farsi, cercando una soluzione ma non ne vedeva. Da sola poteva fare molto poco ma s’augurava che presto la sua assenza venisse notata e che qualcuno venisse a cercarla. Non poteva non pensare che alla fine lo stronzo di Theon aveva agito con furbizia approfittando del parapiglia che si era scatenato, l’incendio alla Torre, magari era anche opera sua, e tutti che gridavano il nome di Bran. Chissà cosa era accaduto, lei non poteva saperlo e forse sarebbe morta col dubbio, forse le avrebbero tagliato la testa prima che il sole sorgesse, senza nemmeno la possibilità di un ultimo saluto ai suoi affetti, a suo marito, che aveva amato contro tutte le circostanze.

Davanti a sé, vide lo spettro di Vyseris, seduto su una balla di paglia. Le sorrideva di scherno, come al suo solito. “Te lo meriti, lo sai? Sposare il bastardo Stark! Tu che dovevi nascere per essere di Rhaegar, sposa di un bastardo!”

“Stai zitto” gridò lei, a denti stretti.

Un uomo dalla carnagione pallidissima s’affacciò dall’entrata. “Con chi ce l’hai, sporca Targaryen? Vuoi assaggiare la mia cinghia? Theon imbavagliala non possiamo rischiare che urli!”

“Ogni minuto che perdiamo a parlare rischiamo che qualcuno venga a cercarla!” ribattè l’altro, nervoso.

“Il fuoco brucia ancora nella Torre della Biblioteca, c’hanno altro da fare. Tagliamole la testa e non se ne parli più.”

“Sì, tagliamole la testa”

Erano tutti più o meno d’accordo, sentì Dany. Un terrore freddo le gelò il sangue, s’impadronì di ogni suo organo passo passo, iniziò a respirare più affannosamente, i suoi occhi si erano riempiti di lacrime quando i due uomini e il suo traditore si erano infine decisi ad entrare. Gli altri ridevano della sua paura, solo Theon sembrava più nervoso nel farlo. “Perché non scappiamo e basta? Che ci pensino i Lannister a farle la festa, avremmo anche una ricompensa maggiore se la consegniamo viva”

“No, viva o morta dice la taglia e non c’è nulla di più sbagliato che portarsi dietro un ostaggio vivo. Saremo lenti e vulnerabili, se gli Stark troveranno il suo corpo mozzato potrebbero anche farsene una ragione e smettere di cercarla.”

“Già, la speranza di trovarla intera li porterà chissà dove!” esclamò infine il più basso dei tre, quello che Dany, riconobbe, le aveva venduto delle rose blu, solo una settimana prima. Appoggiò la grossa torcia che teneva in mano ad un’asse di legno del capanno ed estrasse dalla cinghia della tunica un pugnalaccio di vecchia fattura. “Facciamolo e basta, prima che inizino a cercarla davvero.”

Lei sospirò, guardò un’ultima volta Theon, sperando che quello sguardo potesse tormentarlo per tutte le notti della sua insulsa vita, e poi il riflesso di suo fratello che osservava la scena come se fosse uno spettacolo. Anche a lui avevano destinato quella morte, doveva essere un buon compromesso, per lui, che anche lei la subisse.

Chiuse infine gli occhi ed attese la sua fine ma un improvviso ringhio irruppe sulla scena e le fece balzare il cuore in gola.

“Che diavolo è questo cane?”

Grosso e gonfio di rabbia, Spettro ringhiava ai suoi assalitori, sull’entrata del capanno. Daenerys istintivamente sorrise, incredula.

“è uno dei MetaLupo degli Stark.”  Esclamò Theon, sguainando un coltello. “State attenti!”

Ma prima che potessero capire come aggirarlo, il lupo saettò contro il braccio armato dell’uomo affondando i lunghi denti bianchi nelle sue carni. Theon gridò ma prima che un altro potesse attaccarlo, la bestia lasciò la presa e scattò tra le gambe del più basso, e mirò, trovandola, alla gola dell’uomo che aveva ancora in mano il coltello per l’esecuzione. Fu un bagno di sangue, Spettro stesso era rosso del liquido vermiglio che zampillava dal collo dell’uomo ma non era affatto ferito. Cercarono di nuovo di attaccarlo ma erano feriti ed impauriti e lui era un lupo, veloce, e letale. Daenerys intanto cercava di approfittare della situazione, le corde attorno ai suoi polsi erano state fissate in modo veloce e sbrigativo e lei, incoraggiata dal sentirle cedere ai suoi movimenti, si dimenava nel disperato tentativo di scioglierle.

Vyseris intanto se la rideva, acclamando ora il lupo ora gli uomini, folle anche da morto. “Un lupo che salva un Targaryen! Assurdo! Se solo fossi stata un vero drago, come me!”

Era una produzione della sua mente eppure Dany era comunque feroce di rabbia. Tirò più forte i suoi polsi. “Non sono solo una Targaryen adesso, stupido!- ancora un po’ di più- sono anche una Stark!- sentì un crac tra le corde, e sforzandosi di dolore tirò di nuovo, più forte di prima.- e tu… non sei mai stato un vero Drago!” In quell’istante le corde cedettero.

 Le sue braccia erano libere, fece per alzarsi ma in quel preciso attimo accadde l’irreparabile: nel tentativo goffo, e vano, di ferire il lupo, Theon aveva urtato la parete del capanno, e la torcia di fuoco cadde dal piedistallo, arrivò a terra, sulla paglia, in un secondo.

Il fuoco avvampò prima ancora che potessero accorgersene.

Spettro la degnò di un ultimo sguardo poi scappò via veloce come era venuto mentre la paglia che c’era dentro bruciava con una velocità allarmante. Daenerys scattò all’indietro, rifugiandosi verso la parte opposta, il fuoco aveva velocemente preso l’entrata del capanno, uno dei due uomini, pur ferito, era scappato velocemente gridando, solo Theon rimaneva e, naturalmente, quello ferito alla gola, che non avrebbe potuto muoversi nemmeno se avesse voluto. Il piccolo dei Greyjoy stava vicino all’uscita, avrebbe potuto correre ma indugiò. “Vieni! Per di qua!” le gridò, tendendole la mano verso la salvezza, ma Daenerys restò ferma e lucida, nella direzione opposta, e sputò per terra, alle sue parole.

Una parte della parete di legno era completamente invasa dal fuoco e non c’era più tempo da perdere; Theon le voltò le spalle ed uscì, prima che il fuoco si mangiasse completamente la sua entrata. Il fumo iniziava a salire, Dany si schiarì la voce cercando di respirare meglio, iniziava a sudare davvero e non aveva molto tempo, iniziò ad esplorare il capanno in cerca di un’uscita, era molto piccolo, giusto una stanza, e le uniche aperture che fungevano come finestre erano troppo alte per lei e non c’era nulla che potesse usare per raggiungerle. Lo spettro di Vyseris rideva forte di lei mentre il suo cuore iniziava a battere all’impazzata, il fuoco era ovunque, si era mangiato tutta la paglia per terra e anche il baule che conteneva le sue amate uova era ormai disintegrato e le sue tre pietre brillavano tra le fiamme. L’uomo che stava a terra cercò, annaspando, di arretrare all’indietro per difendersi dal fuoco ma questi lo raggiunse prima che potesse muoversi.

Daenerys lo sentì urlare forte e in quel momento anche un brandello del suo mantello fu preso da una piccola fiamma che non aveva visto, alle sue spalle. Se lo mangiava velocemente e la ragazza cercò disperatamente di toglierselo e nel farlo mise involontariamente la mano tra le fiamme.

Non sentì nulla. Nessun dolore, niente di niente. Le toccò di nuovo e anche questa volta si stupì nel constatare che non potevano farle del male. Era proprio come nei suoi sogni, un fuoco buono che la inondava senza ucciderla, il fuoco che era la sua rinascita, il suo destino che finalmente le veniva incontro mostrando il suo vero volto, senza più confonderla, senza più spettri. Vyseris era finalmente scomparso davanti ai suoi occhi, le uova di drago bruciavano, come tutto il resto, le urla strazianti che sentiva nei suoi sogni c’erano davvero, erano di quell’uomo che ormai moriva tra quelle fiamme che invece la risparmiavano, in cielo, anche se non poteva vederla, un’unica luminosa stella, la guardava.

“Daenerys!” un urlo improvviso la riscosse, riuscì a sentirlo nonostante la voce del morente e il crepitio del fuoco. Era Mormont, ne era sicura. Cercò di capire da dove venisse e lo vide dall’alto, si era probabilmente arrampicato ad una delle finestre, l’unica non ancora piena di fuoco. “Per di qua!” le urlò abbassando il fazzoletto che aveva tenuto sopra la bocca fino a quel momento. Le gettò una fune ed era abbastanza lunga perché lei potesse afferrarla e, forse, uscire da lì.

 “Daenerys! Presto!” Era disperato, gli occhi rossi dal fumo. Dany aprì la bocca per dirgli qualcosa ma non sapeva cosa dire. Non sarebbe uscita ma non poteva spiegargli, non aveva tempo, e non c’era nessun argomento che qualcuno al di fuori di se stessa, avrebbe ritenuto ragionevole. “Fidati di me” gli disse, ma lui non poteva sentirla. E non avrebbe comunque potuto fidarsi di una donna che sceglieva il fuoco alla salvezza.

L’ultima cosa che Jorah Mormont vide di lei fu il fuoco che le raggiungeva il vestito.

Alla fine, mentre ormai tutto era fiamme, si spostò verso le sue care uova e si sedette tra loro, tutte le lacrime che aveva trattenuto esplosero dai suoi occhi e le inondarono il viso, le dedicò a lui, Jon Snow, l’uomo che aveva tanto amato, e che sapeva non avrebbe rivisto più.

 

***

 

Per cercarla si erano divisi in tre gruppi, a cui stavano a capo lui, Sir Jorah e Robb, rispettivamente. Il suo cuore si era fermato non appena Mormont aveva dato l’allarme, in memoria di quella grossa sensazione d’angoscia che l’aveva invaso da subito. Pensò comunque che chiunque l’avesse presa non poteva essere troppo distante e loro non erano pochi, c’era una concreta speranza che tutto si risolvesse prima dell’alba.

Per questo, quando uno degli uomini di Jorah li raggiunse, gridando di andare al capanno, Jon sentì come se qualcosa di oscuro e terribile l’avesse assalito. “Il capanno? Che capanno?”

Quello che Jorah Mormont aveva preparato per la loro partenza? Quello che andava a fuoco da prima? Erano lo stesso? Che c’entrava Dany con questo?

Il suo cavallo corse veloce ma aveva quasi l’impressione di non muoversi, quando ci fu vicino sentì l’odore aspro del fumo e il calore delle fiamme sul suo viso, poi le vide, le fiamme, alte e minacciose sembravano quasi lambire il cielo, molti uomini si stavano già dando da fare, ormai il capanno era perso ma le fiamme potevano essere arginate e loro tiravano catini d’acqua affinchè non iniziassero ad invadere l’erba, per fortuna troppo umida dal nevischio dei giorni passati. 

Il suo cervello non riusciva a realizzare, fermò il cavallo scendendo con un balzo, anche Robb era arrivato e contemplava con lui la distruzione del fuoco, il volto perso.

Si avvicinò a lui, incapace di capire perché stessero tutti lì, immobili, senza continuare a cercare. L’avevano chiamato per cosa? “Robb…” gli disse e quando il fratello si voltò verso di lui Jon lesse la risposta nei suoi occhi umidi.

“No…” mormorò, negando col capo, s’allontanò di qualche passo, e vide Jorah Mormont, vicino a loro. Lo raggiunse, gridando il suo nome. L’uomo si mosse per andargli in contro, Jon lo prese per un braccio. “Perché mi avete chiamato? Dobbiamo cercarla!” urlò, i presenti lo osservavano scambiandosi sguardi tristi.

“Era troppo tardi…” disse solo, senza menzionare che l’aveva vista accendersi come una torcia sotto i suoi occhi, senza dire che aveva provato a salvarla ma che lei non aveva voluto, aveva scelto di abbandonarli, aveva voluto la morte per se stessa e per loro, la sofferenza.

Jon credette di poter urlare, di aver urlato ma non fu così. Nessun suono uscì dalla sua bocca quando cadde in ginocchio, davanti al capanno, quando capì che era reale l’angoscia che provava, quando ripensò al colore strano dei suoi occhi, al suo modo d’accoccolarsi sul suo petto dopo aver fatto l’amore, al finto matrimonio che avevano celebrato e consumato, e all’ultimo tocco di quella mano, che non avrebbe dovuto lasciare.

 

***

 

Albeggiava.

Il fuoco non aveva ancora smesso di divorare il capanno ma ormai le sue fiamme erano ridotte a vestigia in ricordo del fuoco dell’incendio. Jon aveva creduto di poter restare fino alla fine, ma l’idea di trovare i suoi resti, i suoi effetti, l’aveva devastato sopra ogni cosa. Anche Robb ad un certo punto aveva dato le spalle alle fiamme, si era avvicinato a lui e gli aveva dato la mano, per farlo alzare. Jorah aveva assicurato ad entrambi che sarebbe rimasto per vegliarla e che avrebbe preso qualcosa dal suo baule, per Jon, una spilla o un pettine. Quest’ultimo non riuscì a ringraziarlo ma s’augurò che dai suoi occhi trasparisse la gratitudine che gli doveva.

In silenzio ed in trance, iniziarono ad incamminarsi verso il castello, tirando i cavalli a mano.

Prima di arrivare al Castello, incontrarono un gruppo di uomini e tra loro riconobbero la testa rossa di Ygritte, che sellava il cavallo. Erano i cacciatori, il suo gruppo, quello che aspettava da due settimane. Alzò lo sguardo verso i due e capì in un lampo che allora erano vere le voci che avevano sentito tutti. “Per gli dei.” Mormorò avvicinandosi, la mente corrugata. Osservò Jon, preoccupata, e poi Robb, salutandolo con un piccolo cenno del capo. “Mi dispiace, tantissimo…” le vennero gli occhi lucidi ma Ygritte non era persona da piangere. Il suo gruppo l’aspettava e lei non poteva trattenersi oltre.  “Addio” disse quindi, abbozzando un sorriso.

Robb ricambiò il saluto. “Abbi cura di te.”

“Non mancherò. Quando avremo passato la barriera mi sentirò finalmente a casa.”

“Andiamo???” tuonò qualcuno alle sue spalle, lei concesse loro un ultimo sguardo prima di voltarsi e di salire a cavallo. Si mossero lentamente sotto i loro occhi, Jon li seguì con lo sguardo, pensieroso, poi improvvisamente li fermò. “Aspettate!”

Ygritte fermò il cavallo e anche gli altri lo fecero. “Non farci perdere tempo!- gridò uno di loro- è già l’alba!”

“Jon, che vuoi fare?” gli sussurrò il fratello, trattenendolo per un braccio. “Non prendere decisioni avventate.”

Ma lui era già oltre. “La barriera- disse, schiarendosi la voce- devo raggiungere la barriera”

“La barriera? Cosa?”

“Andrò da nostro zio. Come avrei dovuto fare tempo fa.” Disse, sorridendo amaramente, il suo cuore, crudele, gli rimandò a quella sera quando Dany si era infuriata con lui perché sarebbe partito, quando lui le aveva chiesto un motivo per restare e lei l’aveva baciato. “Non ho più motivi per restare”

“Noi siamo la tua famiglia, Jon. Non puoi andartene adesso, abbiamo bisogno di te!”

“Scusami, fratello.” Gli strinse il braccio. “Non posso”

Si abbracciarono. Robb avrebbe voluto dirgli tante cose, chiedergli di perdonarlo per la discussione che avevano avuto ma sentiva che Jon l’aveva già fatto. Jon l’osservò per l’ultima volta, dicendo a se stesso che l’avrebbe portato nel suo cuore, come il fratello che aveva invidiato ed amato per tutta la vita. Si rammaricò di non aver potuto abbracciare Arya, ma pensò che avrebbe capito e che avrebbe avuto sempre con sé la piccola Ago come suo ricordo.

“Muoviti!” gli uomini di Ygritte erano nervosi ed impazienti. “O ti lasciamo qui” Jon montò a cavallo.

“Vuoi che… ti mandi qualcosa… di suo?” gli chiese Robb, deglutendo a fatica.

“Vorrei solo dimenticare” disse in un sospiro, allineandosi con gli altri per partire, sapendo già che non sarebbe stato possibile e che non l’avrebbe fatto mai.

Si lasciò suo fratello, sua sorella, Grande Inverno e Daenerys alle spalle, sperando di poter trovare un po’ di pace, di riprendere il suo posto, tra i Guardiani della Notte. Alla fine, a quanto sembrava, il destino aveva vinto su di loro, Westeros l’aveva assassinata per ricordargli che non ci sono mezzi termini, quando si gioca al trono di spade. O si vince o si muore.

 

***

 

Quello che accadde a Grande Inverno, nelle ore successive, fu avvolto dal mistero per diverso tempo.

Dopo Jon, anche Jorah Mormont partì, senza congedarsi, senza salutare nessuno, nemmeno avvertì Robb a cui aveva promesso un aiuto per indagare sulla morte di Daenerys. Se ne andò affittando un carro, con alcuni uomini, e di lui non si seppe più nulla. Raccontarono poi di averlo visto ad Est, in compagnia di una donna col capo coperto da un lungo velo, cercare un’imbarcazione per Essos e chissà dove, in realtà.

La famiglia Stark si strinse nel lutto della giovane Daenerys ma di lei non fu trovato nulla. L’unica cosa che Arya trovò, tra le lacrime, mentre esplorava i resti del capanno, furono le schegge di pietra delle sue uova, non in frantumi, ma rotte e cave come se si fossero schiuse. Non potendo più restare a Grande Inverno dove era rimasta sola e triste, Arya partì con la madre, per Approdo del Re, e questa, non potendo più permettere di mandare sua figlia dai Tully dove nessuno l’avrebbe controllata a dovere, anche in virtù di quello che era capitato a Bran, deliberò che stesse con suo padre e sua sorella, a corte.

Della rivoluzione non parlò più nessuno, scomparvero tutti come la regina che avevano acclamato, e quando Robb s’interessò scrivendo ai Martel, per quella lettera, questi gli risposero che era un falso. Era solo una trappola, nessuno aveva mai voluto appoggiarla e anche la ribellione doveva essere stata istigata, finta, come tutto il resto.

Si spense tutto e per un po’ tutto restò in una calma piatta ed innaturale, finché Catelyn Stark non requisì Tyrion Lannister come mandatario del quasi assassinio del figlio, finché Robert Baratheon morì, finché la guerra per il trono non ricominciò di nuovo, ancora e ancora.

 

 

 

 

EPILOGO

 

Era una sera al crepuscolo, l’aria era gelida come sempre, e come sempre, diversa.

Era nel suo terzo mese di lotta contro gli Estranei. Vivo di nuovo, dopo la morte, dopo tutto quello che era capitato alla sua famiglia, ad Ygritte, dopo essere stato il Lord Comandante ed essere stato tradito, dopo aver ricevuto un messaggio, lettogli da Sam, quasi per sbaglio, in cui si parlava della principessa Daenerys Targaryen e si raccontava le sue gesta. Si parlava di draghi, di veri draghi, delle sue lotte nella Baia degli Schiavisti, del suo furore. Era sopravvissuto anche a quello, alla consapevolezza che lei gli era sfuggita dalle dita una seconda volta, ed aveva resistito alla voglia di partire per cercarla.

Gli avevano annunciato il suo arrivo sul dorso di un drago, ma così non avvenne, Daenerys si presentò da lui a piedi, i suoi draghi Jon Snow li vide danzare nel cielo, sopra le loro teste, vide prima le loro grandi ombre che si allungavano sulla neve e poi vide loro, alzando gli occhi agli cielo, troppo distanti perché potesse ammirarli davvero. Il suo cuore mancò comunque un battito quando scorse le creature più incredibili che il mondo avesse mai generato.

Sentì i suoi passi prima di vederla. Il vento non riuscì a confonderglieli con il crepitio delle foglie secche che pian piano spogliavano gli alberi della loro presenza.

Aspettò di sentirne diversi, di udirli farsi sempre più vicini, fino a rallentare, fino a fermarsi. La sentì respirare ed immaginò l’aria che si condensava intorno alla sua bocca.

Aveva sentito su di lei più di quello che si augurasse di udire. La Madre dei Draghi, la chiamavano, perché quelle creature le aveva allevate, protette, nutrite, perché lei era morta così che loro potessero nascere. La morte, unico modo di ripagare la vita.

La morte finalmente tirava le somme. La morte che aveva abbracciato anche lui, ghost, per un lungo attimo, la morte che l’aspettava di nuovo, sul serio, Kill the boy, Jon Snow, perché non s’era compiuto proprio nulla e perché era stato uno sciocco a pensare che gli dei antichi avessero finito con lui.

O che avessero finito con lei.

I suoi passi si fermarono. Lui rimase di schiena ancora qualche istante e quasi sobbalzò quando la sentì dire: “Sono qui.”

Non si aspettava che parlasse. Disse sono qui, come se avesse già letto la sua mente e conoscesse l’attesa che aveva accompagnato il suo arrivo alla barriera. Disse sono qui da arrogante, presuntuosa principessa del fuoco e madre dei draghi. Disse sono qui e lui sentì che il sangue gli ribolliva di un ardore antico e familiare, che c’era sempre stato, sopito, mal nascosto, nei suoi silenzi, nelle notti in cui si addormentava chiedendosi come sarebbe andata, sapendo che lei era viva, lontana, di un altro, sapendo che non gli aveva mai scritto, né lo aveva cercato.

 Avrebbe voluto gridare dalla rabbia di quel dolore passato e nuovo, che faceva da sempre parte di lui, sotto la sua pelle gelida. Non riusciva a parlare ma si voltò, a guardarla. Forse aveva ragione quando pensava che non l’avrebbe rivista mai più ed era effettivamente così: la ragazza smarrita, confusa, forte ma persa, che ricordava, non c’era più. Di fronte a lui, la stessa aurea bianca e argento che lui ricordava precedere il maestro Aemon, gli stessi capelli bianchi di un tempo, ma una donna diversa. Incontrò i suoi occhi violetti e cupi, meno brillanti di come li ricordava, il suo volto era cambiato, era cresciuta, era una guerriera adesso, e non si era più guardata indietro.

Lei aprì la bocca per parlare di nuovo ma tacque. Jon l’avrebbe creduta tremare se non fosse che non sapeva più niente di lei e di quello che sentiva. Si chiese se anche a lei facesse quell’effetto.

“Mia regina.” Disse quindi, abbassando leggermente il capo.

La vide parecchio sorpresa da quell’appellativo. “Perché l’hai detto?”

“Quale dei tuoi nomi dovrei scegliere? Madre dei Draghi? La non-bruciata? Nata dalla Tempesta? Distruttrice di catene?”

Il vento scosse i suoi capelli argento. Era strano notare come fosse così simile al paesaggio bianco che li circondava eppure così chiaramente distante e diversa. Il freddo aveva screpolato le sue labbra e tingeva di rosso le sue guance, una creatura trapiantata in una natura a lei ostile, e questo era molto simile ai suoi ricordi di Grande Inverno.

“D’accordo.” disse quindi lei, lo sguardo improvvisamente più duro e affilato, come una lince.

“Dovremmo parlare di molte cose, mia regina” continuò lui, sulla stessa falsa riga. Ma non avrebbe saputo da che iniziare. Dalla barriera, dagli estranei ovviamente, dai loro nemici gelidi che avanzavano inesorabili perché lei era qui per questo, per combattere al suo fianco, con i suoi draghi. Non era qui per lui. Era qui per il trono e la gloria, era qui per la guerra, per la rabbia.

“Sta bene. – disse lei- Alla mia tenda. Per cena.”

Si congedò, andandosene com’era venuta e lui notò finalmente i due uomini che l’accompagnavano e che erano rimasti distanti da lei fino ad ora. Li riconobbe, con un sorriso grave. Ci sarebbe stato così tanto da dire, anche a loro, che non sarebbe bastata una notte, una vita. Ma lui ce l’aveva ancora una vita da spendere?

La cena arrivò presto. Nessuno dei due mangiò.

Parlarono tutti, di tante cose. Generali, anche semplici soldati, tutti presero parola in un turbinio di decisioni frenetiche, di paura liquida che si versavano nei calici, al posto del vino, consapevoli che sarebbe stato difficile, che in gioco c’era tutto, la vittoria o l’inferno. Risate nervose, sguardi di disagio e smarrimento, chi avrebbe voluto scappare e non essere lì ed altri che trovavano la loro unica ragione di vita in quella guerra e nella battaglia di domani.

Anche lui parlò, per lo più su diretta domanda, lei lo fece poco, tenendo sempre stretto il calice in una mano mentre i suoi occhi viaggiavano avidi sulla mappa o incontravano i suoi, che non trovavano possibile staccarsi da lei. 

Se poco fa, sulla neve, Jon Snow aveva avuto la forte sensazione di avere di fronte una persona molto diversa da come la ricordava, adesso ogni sua cosa le pareva familiare e dolorosa. Daenerys Targerarien era sveglia ma testarda e non era prudente, come ricordava. Ardita, pronta a rischiare la vita di tutto e tutti, a spingersi oltre ad attaccare più forte, a non fermarsi di fronte ad ostacoli veri o falsi che fossero. Inesperta, inconsapevole guerriera. Molti vociferavano che fosse molto intuitiva e di come la sua recente sfortunata esperienza come politico aveva messo in luce invece quanto fosse brillante come stratega di guerra. Lui assaporò la violenza delle sue parole tranquille, trascinato dalla potenza di chi non ha bisogno che di uno sguardo, per convincere.

Ricordò le storie di Aegon il conquistatore e capì di averne di fronte un altro, capì finalmente quello che lei gli aveva detto tante volte, i draghi non piantano alberi

Quella notte venne da lui.

Si presentò alla sua tenda da sola, con la sua pelliccia di leone bianco. Non chiese di essere annunciata, entrò e basta. Lo trovò sveglio, vestito, come in attesa. “Continui ad aspettarmi.” Commentò con un sorriso lasciando che la tenda si chiudesse alle sue spalle.

“Come si aspetta la morte.” Risposte lui, sorriso amaro e bello sul suo volto cupo. Senza avere la consapevolezza di ciò che stava dicendo, disse semplicemente. “Tu devi essere la mia morte.”

“Come tu la mia.” Soffiò lei. Gettò la pelliccia in un angolo rimanendo vestita con l’abito blu della cena. “Ho voluto più di tutto, Westeros ” continuò ad avvicinarsi. I suoi grandi occhi viola erano lucidi come pregiati ametisti “Ho voluto il trono di spade.” Sorrise. “Per nessun motivo se non che sembrava essere il mio destino, quello di non fermarmi mai. Mi dicevo che era mio per diritto di nascita, che dovevo vendicarmi di tutto quanto, che ero la legittima regina… ma non è questo che mi ha impedito di lasciare Qart, Mareen, e tutti i posti in cui potevo stabilirimi… è stata la rabbia.” Deglutì. “Sapevi che ero viva. Perché non mi hai cercato?”

La giovane regina, prima del suo nome, era ad un passo da lui. La sua carnagione diafana la faceva apparire spettrale alla luce fioca delle candele e le sue labbra sembravano il tramite tra questo ed un altro mondo. “Questo è assurdo- Rispose lui, con voce roca. – ho scoperto che eri viva anni dopo. E suppongo di non averti cercata perché fino a quel momento tu non l’avevi mai fatto.”

“Sir Jorah mi ha detto che sei partito mentre ancora il mio corpo bruciava. Se solo fossi rimasto…”

Non poteva ascoltare oltre. Era un ricordo troppo doloroso da sopportare, le prese le braccia e la spinse, senza farle del male, ad una delle pareti della sua tenda. “Non potevo… rimanere- ringhiò di rabbia, mentre sentiva il petto aprirsi in due, come quando aveva sentito, uno ad uno, quei pugnali. – tu eri morta, mi hai capito? Morta!- distolse il suo sguardo.- non riuscivo a sopportarlo.”

Daenerys sembrava piccola ed indifesa tra lui e la parete ma i suoi occhi saettavano ancora di quel sentimento troppo antico da dimenticare. “Sei ancora tu, Jon Snow?”

Lui l’osservò senza parlare. Non aveva una risposta.

Lei gli accarezzò i capelli ed il viso, come la prima volta che si erano amati, esplorando i suoi lineamenti con le dita. “Perché io ti amo.” Disse lei, non riuscendo più a trattenere tutto quello che aveva custodito nel suo cuore da sempre. Jon le afferrò il volto con una mano e la condusse velocemente a lui, unì finalmente le loro bocche in un contatto veloce e violento. Poi si staccò appena il tempo di guardarla negli occhi e convincersi che stava accadendo davvero. Che non era come nei suoi più terribili incubi e che non era nemmeno come quando erano solo due ragazzi a Grande Inverno, perché adesso erano adulti, erano sopravvissuti a tanto, a tutto, ed erano di nuovo lì, a combattere per un futuro che, come si erano detti una volta, li avrebbe visti insieme, morti o vivi.

 “Da tutta la vita- le sussurrò mentre la spogliava- ti amo da tutta la vita” mentre cercavano di ricordarsi e di conoscersi di nuovo, esplorando con le mani il corpo dell’altro, mordendosi di rabbia ed accarezzandosi di perdono, cercando di parlarsi, tra le effusioni, di raccontarsi, di confidarsi le paure, le lacrime, tutte le volte che avevano pensato di non farcela più ed invece erano ancora lì, redivivi e decisi a non mollare.

Il sole del giorno dopo li scoprì ancora abbracciati.

La loro guerra di ghiaccio e fuoco non era che iniziata.

 

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Diomache