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Autore: Sinnheim    14/03/2016    2 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Secondo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Tre anni dopo la pubblicazione del suo primo diario, Bloom si vede costretta a scrivere di getto tutto ciò che è accaduto negli ultimi mesi, non per svago, ma per raccontare quella terribile verità che ha colpito tutti ma che nessuno è stato in grado di capire in tempo. Azioni terribili richiedono terribili provvedimenti e Bloom, ancora una volta, è pronta a pagare il prezzo delle conseguenze delle sue azioni e di quelle degli altri. Questa volta, però, senza essere sicura di cosa ciò comporti. Sequel de Il Canto della Guerra.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 2: IL CANTO DI FARAGONDA




Faragonda è il mio punto fermo. È la mia roccia e la mia guida, ma anche una carissima amica. È una donna che ho considerato una zia o una sorella e, in principio, anche una madre. Lei rappresenta il luogo dove far ritorno dopo un lungo viaggio, una delle poche costanti della mia vita. A lei devo moltissimo, se non, addirittura, tutto. Mi piange il cuore scrivere di lei, di quello che ha fatto, ma è mio dovere raccontare la verità e mostrare la portata potenziale di ciò che sta accadendo.

Con il passare degli anni, per non soccombere alla corruzione che mi dilania la mente, ho imparato a distaccarmi dalle emozioni e diventare fredda come ghiaccio, insensibile a ciò che mi circonda. In questo frangente, però, è davvero difficile. Ma il tempo stringe, e io ho tanto da dire.

Ad Alfea le cose iniziarono a prendere una brutta piega in modo inesorabile, come una valanga che acquisisce potenza man mano che crolla dalla montagna; le allieve perdevano la testa per la più piccola stupidaggine, non facevano che creare caos e, noi professori, eravamo al limite della sopportazione.

Faragonda aveva la scrivania sempre piena di carte e documenti con riportati i vari 'incidenti', di lamentele sia di genitori, sia delle stesse alunne, aumentando ancor di più la nostra frustrazione. Io e Daphne, a pranzo o a cena, parlavamo spesso di questi episodi, eppure, nonostante l'acuta mente di mia sorella, non riuscimmo a venirne a capo. Era tutto troppo anomalo, tutto troppo strano. Sembrava di vivere un sogno lucido.

La preside era esausta e preoccupata, si vedeva lontano un miglio la sua stanchezza, ma era perfettamente normale. Se in principio era qualcosa di ben comprensibile vista la situazione, in seguito la questione divenne... instabile.

Iniziò a chiamare giornalmente le ragazze nel suo ufficio, solitamente quelle coinvolte negli episodi sopra citati, e le sottoponeva a interrogatori estremamente logoranti dove pretendeva di sapere anche cose inutili e fuori contesto. Le faceva uscire da lì completamente esauste e, spesso, anche impaurite, se non addirittura terrorizzate.

Faragonda iniziò a vedere il marcio anche dove non c'era, e questo mi mise molto a disagio. Perché? Perché lei era stata quella che mi ha letteralmente salvata quando stavo per soccombere alla corruzione. Mi ha spronata, mi ha ricordato chi ero, e si è esposta per me.

Devo tristemente ammettere che, dopo le vicende di otto anni fa, la mia adorata preside non è stata più la stessa: rimasta profondamente turbata da ciò che avevo fatto a me stessa e agli altri, nonostante all'apparenza sembrasse tranquilla, probabilmente dentro covava un'inquietudine pericolosa che la avvelenava piano piano, terrorizzata da quello che poteva ancora accadermi o, peggio, accaderci.

Non si è mai perdonata il fatto di aver permesso alle Trix di averci messo in pericolo mortale, ancor meno non si perdona il fatto che io mi sia dovuta mutilare in modi disumani per poterle fermare. Lei mi vuole così bene, e io non me la sentivo proprio di contestarla, in quei momenti.

Se la faceva stare più tranquilla interrogare le allieve, io non mi sentivo nessuno per impedirglielo, anche perché non ne avevo l'autorità, lei era la preside.

Se solo avessi saputo, immaginato a cosa andava incontro. Non mi ha mai, e dico, mai esternato i suoi sentimenti dopo la morte di Daphne, forse per proteggermi e per non appiopparmi altri pensieri. Non ha mai detto niente, non mi ha permesso di aiutarla.

Iniziò a dormire sempre meno e i suoi interrogatori diventavano sempre più lunghi. Un giorno, Griselda venne da me con il volto più corrucciato di sempre: nemmeno quando stava al mio capezzale mentre ero mezza morta aveva una faccia del genere. Mi disse: «Questa non è la Faragonda che conosco».

Non servì dire altro.

Le altre Winx, beh... avevano paura anche loro. Una paura fottuta, se posso permettermi di dire. Facevano fatica ad ammettere che la preside si stava comportando in modo anomalo, un po' per egoismo, un po' per fiducia in Faragonda.

Povere amiche mie, gliela leggevo in faccia la loro stanchezza, non volevano passarne un'altra. Non dopo l'ultima volta. Fu difficile per loro perdonarmi, ancor di più fu difficile imparare a conoscere la nuova me.

Non volevano altre gatte da pelare, e come biasimarle. L'unica che aveva la forza di farsi avanti era Daphne, così iniziammo a vedercela noi due sole, insieme a Griselda, ovviamente. Non avrebbe abbandonato la preside nemmeno se minacciata di morte.

Appena potevamo liberarci dalle lezioni o, nel mio caso, dalla caccia agli Orphan, andavamo a farle compagnia nel suo ufficio; chiacchieravamo del più e del meno, cercando di persuaderla a parlare con noi di... non lo so, qualunque cosa: di come si sentiva, di quello che le passava per la mente, ma niente, non cedeva.

Non ho mai visto dei sorrisi più falsi dei suoi: erano così simili ai miei. Notai piccoli atteggiamenti che mi turbarono da morire: si stringeva spesso il braccio sinistro, oppure si grattava spesso la testa, non ci guardava mai negli occhi. Non potete nemmeno immaginare quanto tremai quando me ne resi conto, un gelo così terribile nel sangue da farmi male fisico.

Mi misi l'anima in pace e presi il coraggio a due mani, alla fine glielo chiesi direttamente: «Faragonda, c'è qualcosa che non va? A me puoi dirlo, puoi dirmi tutto. Lo sai questo».

Mi guardò con tanta di quella tristezza che le voci nella mia testa ripresero a parlarmi come ai vecchi tempi. Sorrise: un sorriso inquietante e perso, ma non si aprì. Ancora una volta, rifiutò il mio aiuto.

«No, Bloom, va tutto bene...»

Girò i tacchi e se ne andò, quando notai l'elemento principe di quello che stavo iniziando a sospettare: scosse forte la testa e iniziò a mandare via dalla sua spalla qualcosa che non c'era. La mia roccia, il mio baluardo di difesa in questo mondo freddo e indifferente, era stata corrotta.

Rimasi paralizzata sul posto come se il corpo fosse andato in black out. I miei pensieri correvano così velocemente da rendermi la mente vuota, sembravo lobotomizzata. Mi diedi uno schiaffo fortissimo sul braccio: il dolore produce adrenalina, essa riuscì a scongelarmi da quello stato catatonico.

Corsi da Daphne con quanto fiato avevo nei polmoni, spalancai la porta della sua camera, la richiusi con un tonfo, mi appoggiai ad essa e iniziai a piangere davanti a lei singhiozzando rumorosamente, senza curarmi minimamente se qualcuno mi avesse sentita o no.

«È diventata una Orphan! Daphne, non è possibile, non lei, perché?!»

Mia sorella diventò bianca in volto e rimase completamente impietrita, strinse gli occhi gonfi di lacrime e mi abbracciò saldamente senza mollare mai la presa. Abbiamo notato che, quando ho le mie crisi, se mi si tiene stretta nelle braccia di qualcuno sto molto meglio rispetto a quando sono sola. Per qualche minuto, tutto sembrò sparito.

«Bloom... dobbiamo dirlo alla Griffin, lo sai anche tu sorellina...»

Annuii senza staccarmi da lei, sapevamo entrambe cosa andava fatto. Ma perché proprio Faragonda? Cos'era che l'aveva corrotta? La mia vicinanza? Il fatto che mi è rimasta accanto anche quando ero nel bel mezzo della mia mutazione? Non ne avevo proprio idea. Il pensiero di essere diventata come un virus contagioso mi faceva letteralmente impazzire.

La situazione stava inesorabilmente degenerando ma, in quel momento, la cosa passò in secondo piano. Volevo aspettare qualche giorno, aspettare il momento giusto per prenderla il più delicatamente possibile senza farla sentire un... mostro.

Rare volte ho visto la Griffin tanto desolata: la sua migliore amica era diventata ciò che lei più temeva. Il terrore di perderla e di non riuscire ad aiutarla la faceva soffrire terribilmente. Nonostante tutto, fu d'accordo con me sul fatto di aspettare prima di portarla alla sua clinica, mentre da dietro le quinte cercavo di trovare un degno sostituto che pensasse ad Alfea mentre Faragonda si curava.

Vagliai molti candidati, ma alla fine la mia scelta ricadde su Griselda: chi meglio di lei conosceva la scuola e i suoi alunni?

Passarono due giorni. Ebbi l'approvazione della vicepreside stessa e, tutte insieme, ci preparammo psicologicamente per parlare con la preside. Almeno, era ciò che volevamo fare, quando accadde il peggio.

Delle allieve del primo anno corsero da noi terrorizzate, alcune di loro ferite: Faragonda stava interrogando delle ragazze ma, non contenta delle loro risposte, ha iniziato a… a torturarle, per farsi dire quello che voleva sentire. Alcune erano riuscite a scappare, ma delle altre... povere, povere giovani anime.

Quando arrivammo davanti al suo ufficio, sfondammo la porta sigillata e le trovammo lì, sdraiate in una pozza di sangue, i segni dei colpi magici sulla pelle.

Arti rotti, corpi flagellati, ferite di ogni tipo. I loro occhi terrorizzati e spenti che fissavano il vuoto. La preside era in mezzo a loro, ansimante, con i bulbi oculari fuori dalle orbite, in lacrime. Era la follia incarnata: rividi me stessa incatenata alle rune oscure mentre vomitavo corruzione.

Non avremmo mai potuto salvarle, l'ufficio è piuttosto lontano dalle aule di studio.

«Erano corrotte! Erano corrotte, Bloom, ho dovuto farlo! Ci avrebbero uccisi tutti!»

Mi sentivo svuotata di ogni emozione per quanto ero raccapricciata. Volevo proteggerla, ma ormai era troppo tardi.

«Faragonda... erano davvero corrotte, o te l'hanno detto le voci nella tua testa?»

Sembrava un animale braccato dai cacciatori, senza via di scampo. Dovevamo prestare la massima attenzione ai nostri movimenti.

«L-le voci? Sì, no! Nessuna voce!» disse con tono stridulo e isterico, ormai era irrecuperabile.

«Ah, no? Io dico di sì, Faragonda. E sono sicura che, adesso, ti stanno dicendo di ucciderci».

La preside iniziò a tremare violentemente e si portò le mani alla testa, sofferente.

«N-no, cioè sì, m-ma io posso gestirlo, i-io posso!»

Griselda strinse i pugni e sbottò di brutto, mi fece sobbalzare sul posto.

«No che non può! Si guardi! Ha ucciso delle vittime innocenti!»

Faragonda si guardò faticosamente intorno e scosse la testa, negando l’evidenza.

«Loro... loro se la sono cercata... erano corrotte... e… anche voi... ve la state cercando anche voi...»

Iniziai a perdere la pazienza, anche perché le pareti tinte di sangue stavano iniziando a disturbarmi più di quanto potessi pensare.

«Faragonda, devi venire con me. Andiamo dalla Griffin, lei ti curerà».

Per un momento, la preside si sentì come sollevata al sentire il nome della sua migliore amica, ma fu davvero un fugace attimo prima di perdere completamente il controllo.

«No… no! Siete tutte corrotte! Devo proteggere la scuola!»

Con occhi folli, iniziò a far tremare tutto intorno a sé, con una potenza incredibile per una fata anziana come lei; i corpi delle ragazze si mossero leggermente, il sangue prese a scorrere e si polverizzò nell'aria, fondendosi a quella che, una volta, era magia bianca.

Frecce vermiglie vorticavano intorno a Faragonda minacciando di colpirci, tanto che non feci in tempo nemmeno a trasformarmi che le lanciò violentemente contro Griselda. Aiutata dalle mie fiamme scattai di lato, mi parai davanti a lei ed evocai un turbine azzurro incandescente che liquefò le armi scarlatte, innescando un incendio nello studio.

La preside gridò furiosa e fece per preparare un secondo attacco, ma Daphne fu pronta prima di me. Il sangue proteggeva Faragonda come uno scudo, così mia sorella evocò il suo piccolo famiglio draconico e lo usò per far breccia in quel muro rosso colpendo, suo malgrado, la Orphan.

Sì, avete capito bene: mia sorella, pur non essendo trasformata, ha evocato un piccolo drago in tempo zero. Non scherzavo quando dicevo che lei mi è infinitamente superiore. Comunque...

Ella urlò terribilmente, il fuoco le aveva lambito profondamente le carni. Approfittando del momento, usai il Morphix ereditato dal potere di Aisha e la immobilizzai, mentre Griselda cercava di estinguere l'incendio ormai divampato violentemente.

Quella QUellaQfu la fine di Faragonda. Rinchiusa nella clinica della Griffin, tenuta in isolamento e sotto strettissima sorveglianza, come una criminale, come... beh, come un'assassina. Questa è la storia in frantumi di colei che era la colonna portante delle nostre vite.

Le salme furono riconsegnate alle famiglie, mentre l'opinione pubblica a riguardo fu giustamente disgustata, come furono disgustati tutti i genitori delle alunne. Alla fine, grazie alla mediazione e alla diplomazia della nuova preside Griselda, solo poche di loro decisero di andarsene. Io, Daphne, le Winx rimanemmo addolorate profondamente, per molto tempo.

Avevamo perso la nostra leader nel modo più terribile di tutti, un fato peggiore della morte. E quello, oh dei aiutatemi, era solo l'inizio.

  
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