Faragonda
è il mio punto fermo. È la mia roccia e la mia
guida, ma anche una carissima
amica. È una donna che ho considerato una zia o una sorella
e, in principio,
anche una madre. Lei rappresenta il luogo dove far ritorno dopo un
lungo
viaggio, una delle poche costanti della mia vita. A lei devo
moltissimo, se non,
addirittura, tutto. Mi piange il cuore scrivere di lei, di quello che
ha fatto,
ma è mio dovere raccontare la verità e mostrare
la portata potenziale di ciò
che sta accadendo.
Con il
passare degli anni, per non soccombere alla corruzione che mi dilania
la mente,
ho imparato a distaccarmi dalle emozioni e diventare fredda come
ghiaccio, insensibile
a ciò che mi circonda. In questo frangente, però,
è davvero difficile. Ma il
tempo stringe, e io ho tanto da dire.
Ad Alfea
le cose iniziarono a prendere una brutta piega in modo inesorabile,
come una
valanga che acquisisce potenza man mano che crolla dalla montagna; le
allieve
perdevano la testa per la più piccola stupidaggine, non
facevano che creare
caos e, noi professori, eravamo al limite della sopportazione.
Faragonda
aveva la scrivania sempre piena di carte e documenti con riportati i
vari
'incidenti', di lamentele sia di genitori, sia delle stesse alunne,
aumentando
ancor di più la nostra frustrazione. Io e Daphne, a pranzo o
a cena, parlavamo
spesso di questi episodi, eppure, nonostante l'acuta mente di mia
sorella, non
riuscimmo a venirne a capo. Era tutto troppo anomalo, tutto troppo
strano.
Sembrava di vivere un sogno lucido.
La preside
era esausta e preoccupata, si vedeva lontano un miglio la sua
stanchezza, ma era
perfettamente normale. Se in principio era qualcosa di ben
comprensibile vista
la situazione, in seguito la questione divenne... instabile.
Iniziò
a
chiamare giornalmente le ragazze nel suo ufficio, solitamente quelle
coinvolte
negli episodi sopra citati, e le sottoponeva a interrogatori
estremamente
logoranti dove pretendeva di sapere anche cose inutili e fuori
contesto. Le
faceva uscire da lì completamente esauste e, spesso, anche
impaurite, se non
addirittura terrorizzate.
Faragonda
iniziò a vedere il marcio anche dove non c'era, e questo mi
mise molto a
disagio. Perché? Perché lei era stata quella che
mi ha letteralmente salvata
quando stavo per soccombere alla corruzione. Mi ha spronata, mi ha
ricordato
chi ero, e si è esposta per me.
Devo
tristemente ammettere che, dopo le vicende di otto anni fa, la mia
adorata
preside non è stata più la stessa: rimasta
profondamente turbata da ciò che avevo
fatto a me stessa e agli altri, nonostante all'apparenza sembrasse
tranquilla,
probabilmente dentro covava un'inquietudine pericolosa che la
avvelenava piano
piano, terrorizzata da quello che poteva ancora accadermi o, peggio,
accaderci.
Non si
è
mai perdonata il fatto di aver permesso alle Trix di averci messo in
pericolo
mortale, ancor meno non si perdona il fatto che io mi sia dovuta
mutilare in
modi disumani per poterle fermare. Lei mi vuole così bene, e
io non me la
sentivo proprio di contestarla, in quei momenti.
Se la
faceva stare più tranquilla interrogare le allieve, io non
mi sentivo nessuno
per impedirglielo, anche perché non ne avevo
l'autorità, lei era la preside.
Se solo
avessi saputo, immaginato a cosa andava incontro. Non mi ha mai, e
dico, mai esternato i suoi
sentimenti dopo la
morte di Daphne, forse per proteggermi e per non appiopparmi altri
pensieri. Non
ha mai detto niente, non mi ha permesso di aiutarla.
Iniziò
a
dormire sempre meno e i suoi interrogatori diventavano sempre
più lunghi. Un
giorno, Griselda venne da me con il volto più corrucciato di
sempre: nemmeno
quando stava al mio capezzale mentre ero mezza morta aveva una faccia
del
genere. Mi disse: «Questa non è la Faragonda che
conosco».
Non
servì
dire altro.
Le altre
Winx, beh... avevano paura anche loro. Una paura fottuta, se posso
permettermi
di dire. Facevano fatica ad ammettere che la preside si stava
comportando in
modo anomalo, un po' per egoismo, un po' per fiducia in Faragonda.
Povere
amiche mie, gliela leggevo in faccia la loro stanchezza, non volevano
passarne
un'altra. Non dopo l'ultima volta. Fu difficile per loro perdonarmi,
ancor di
più fu difficile imparare a conoscere la nuova me.
Non
volevano altre gatte da pelare, e come biasimarle. L'unica che aveva la
forza
di farsi avanti era Daphne, così iniziammo a vedercela noi
due sole, insieme a
Griselda, ovviamente. Non avrebbe abbandonato la preside nemmeno se
minacciata
di morte.
Appena
potevamo liberarci dalle lezioni o, nel mio caso, dalla caccia agli
Orphan,
andavamo a farle compagnia nel suo ufficio; chiacchieravamo del
più e del meno,
cercando di persuaderla a parlare con noi di... non lo so, qualunque
cosa: di
come si sentiva, di quello che le passava per la mente, ma niente, non
cedeva.
Non ho mai
visto dei sorrisi più falsi dei suoi: erano così
simili ai miei. Notai piccoli
atteggiamenti che mi turbarono da morire: si stringeva spesso il
braccio
sinistro, oppure si grattava spesso la testa, non ci guardava mai negli
occhi.
Non potete nemmeno immaginare quanto tremai quando me ne resi conto, un
gelo
così terribile nel sangue da farmi male fisico.
Mi misi
l'anima in pace e presi il coraggio a due mani, alla fine glielo chiesi
direttamente: «Faragonda, c'è qualcosa che non va?
A me puoi dirlo, puoi dirmi
tutto. Lo sai questo».
Mi
guardò
con tanta di quella tristezza che le voci nella mia testa ripresero a
parlarmi
come ai vecchi tempi. Sorrise: un sorriso inquietante e perso, ma non
si aprì.
Ancora una volta, rifiutò il mio aiuto.
«No,
Bloom, va tutto bene...»
Girò
i
tacchi e se ne andò, quando notai l'elemento principe di
quello che stavo
iniziando a sospettare: scosse forte la testa e iniziò a
mandare via dalla sua
spalla qualcosa che non c'era. La mia roccia, il mio baluardo di difesa
in
questo mondo freddo e indifferente, era stata corrotta.
Rimasi
paralizzata sul posto come se il corpo fosse andato in black out. I
miei
pensieri correvano così velocemente da rendermi la mente
vuota, sembravo
lobotomizzata. Mi diedi uno schiaffo fortissimo sul braccio: il dolore
produce
adrenalina, essa riuscì a scongelarmi da quello stato
catatonico.
Corsi da
Daphne con quanto fiato avevo nei polmoni, spalancai la porta della sua
camera,
la richiusi con un tonfo, mi appoggiai ad essa e iniziai a piangere
davanti a
lei singhiozzando rumorosamente, senza curarmi minimamente se qualcuno
mi
avesse sentita o no.
«È
diventata
una Orphan! Daphne, non è possibile, non lei,
perché?!»
Mia
sorella diventò bianca in volto e rimase completamente
impietrita, strinse gli
occhi gonfi di lacrime e mi abbracciò saldamente senza
mollare mai la presa. Abbiamo
notato che, quando ho le mie crisi, se mi si tiene stretta nelle
braccia di
qualcuno sto molto meglio rispetto a quando sono sola. Per qualche
minuto,
tutto sembrò sparito.
«Bloom...
dobbiamo dirlo alla Griffin, lo sai anche tu sorellina...»
Annuii senza
staccarmi da lei, sapevamo entrambe cosa andava fatto. Ma
perché proprio
Faragonda? Cos'era che l'aveva corrotta? La mia vicinanza? Il fatto che
mi è
rimasta accanto anche quando ero nel bel mezzo della mia mutazione? Non
ne
avevo proprio idea. Il pensiero di essere diventata come un virus
contagioso mi
faceva letteralmente impazzire.
La
situazione stava inesorabilmente degenerando ma, in quel momento, la
cosa passò
in secondo piano. Volevo aspettare qualche giorno, aspettare il momento
giusto
per prenderla il più delicatamente possibile senza farla
sentire un... mostro.
Rare volte
ho visto la Griffin tanto desolata: la sua migliore amica era diventata
ciò che
lei più temeva. Il terrore di perderla e di non riuscire ad
aiutarla la faceva
soffrire terribilmente. Nonostante tutto, fu d'accordo con me sul fatto
di
aspettare prima di portarla alla sua clinica, mentre da dietro le
quinte cercavo
di trovare un degno sostituto che pensasse ad Alfea mentre Faragonda si
curava.
Vagliai
molti candidati, ma alla fine la mia scelta ricadde su Griselda: chi
meglio di
lei conosceva la scuola e i suoi alunni?
Passarono
due giorni. Ebbi l'approvazione della vicepreside stessa e, tutte
insieme, ci
preparammo psicologicamente per parlare con la preside. Almeno, era
ciò che
volevamo fare, quando accadde il peggio.
Delle
allieve del primo anno corsero da noi terrorizzate, alcune di loro
ferite:
Faragonda stava interrogando delle ragazze ma, non contenta delle loro
risposte,
ha iniziato a… a torturarle, per farsi dire quello che
voleva sentire. Alcune
erano riuscite a scappare, ma delle altre... povere, povere giovani
anime.
Quando
arrivammo davanti al suo ufficio, sfondammo la porta sigillata e le
trovammo
lì, sdraiate in una pozza di sangue, i segni dei colpi
magici sulla pelle.
Arti
rotti, corpi flagellati, ferite di ogni tipo. I loro occhi terrorizzati
e
spenti che fissavano il vuoto. La preside era in mezzo a loro,
ansimante, con i
bulbi oculari fuori dalle orbite, in lacrime. Era la follia incarnata:
rividi
me stessa incatenata alle rune oscure mentre vomitavo corruzione.
Non
avremmo mai potuto salvarle, l'ufficio è piuttosto lontano
dalle aule di
studio.
«Erano
corrotte! Erano corrotte, Bloom, ho dovuto farlo! Ci avrebbero uccisi
tutti!»
Mi sentivo
svuotata di ogni emozione per quanto ero raccapricciata. Volevo
proteggerla, ma
ormai era troppo tardi.
«Faragonda...
erano davvero corrotte, o te l'hanno detto le voci nella tua
testa?»
Sembrava
un animale braccato dai cacciatori, senza via di scampo. Dovevamo
prestare la
massima attenzione ai nostri movimenti.
«L-le
voci? Sì, no! Nessuna
voce!» disse
con tono stridulo e isterico, ormai era irrecuperabile.
«Ah,
no?
Io dico di sì, Faragonda. E sono sicura che, adesso, ti
stanno dicendo di ucciderci».
La preside
iniziò a tremare violentemente e si portò le mani
alla testa, sofferente.
«N-no,
cioè sì, m-ma io posso gestirlo, i-io
posso!»
Griselda
strinse i pugni e sbottò di brutto, mi fece sobbalzare sul
posto.
«No
che
non può! Si guardi! Ha ucciso delle vittime
innocenti!»
Faragonda
si guardò faticosamente intorno e scosse la testa, negando
l’evidenza.
«Loro...
loro se la sono cercata... erano corrotte... e… anche voi...
ve la state
cercando anche voi...»
Iniziai a
perdere la pazienza, anche perché le pareti tinte di sangue
stavano iniziando a
disturbarmi più di quanto potessi pensare.
«Faragonda,
devi venire con me. Andiamo dalla Griffin, lei ti
curerà».
Per un
momento, la preside si sentì come sollevata al sentire il
nome della sua
migliore amica, ma fu davvero un fugace attimo prima di perdere
completamente
il controllo.
«No…
no! Siete
tutte corrotte! Devo proteggere la scuola!»
Con occhi
folli, iniziò a far tremare tutto intorno a sé,
con una potenza incredibile per
una fata anziana come lei; i corpi delle ragazze si mossero
leggermente, il
sangue prese a scorrere e si polverizzò nell'aria,
fondendosi a quella che, una
volta, era magia bianca.
Frecce
vermiglie vorticavano intorno a Faragonda minacciando di colpirci,
tanto che non
feci in tempo nemmeno a trasformarmi che le lanciò
violentemente contro Griselda.
Aiutata dalle mie fiamme scattai di lato, mi parai davanti a lei ed
evocai un
turbine azzurro incandescente che liquefò le armi scarlatte,
innescando un
incendio nello studio.
La preside
gridò furiosa e fece per preparare un secondo attacco, ma
Daphne fu pronta
prima di me. Il sangue proteggeva Faragonda come uno scudo,
così mia sorella
evocò il suo piccolo famiglio draconico e lo usò
per far breccia in quel muro
rosso colpendo, suo malgrado, la Orphan.
Sì,
avete
capito bene: mia sorella, pur non essendo trasformata, ha evocato un
piccolo
drago in tempo zero. Non scherzavo quando dicevo che lei mi
è infinitamente
superiore. Comunque...
Ella
urlò
terribilmente, il fuoco le aveva lambito profondamente le carni.
Approfittando
del momento, usai il Morphix ereditato dal potere di Aisha e la
immobilizzai,
mentre Griselda cercava di estinguere l'incendio ormai divampato
violentemente.
Quella
Le salme
furono riconsegnate alle famiglie, mentre l'opinione pubblica a
riguardo fu
giustamente disgustata, come furono disgustati tutti i genitori delle
alunne.
Alla fine, grazie alla mediazione e alla diplomazia della nuova preside
Griselda, solo poche di loro decisero di andarsene. Io, Daphne, le Winx
rimanemmo
addolorate profondamente, per molto tempo.
Avevamo
perso la nostra leader nel modo più terribile di tutti, un
fato peggiore della
morte. E quello, oh dei aiutatemi, era solo l'inizio.