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Autore: Halosydne    16/03/2016    1 recensioni
[SPOILER fino alla 4x22 + possibili SPOILER quinta stagione]
Emma Swan ha sacrificato se stessa per Regina, diventando l'Oscuro. Si è lasciata dietro la sua famiglia, i suoi affetti e il suo grande amore, per risorgere dalla Volta dell'Oscuro... e scoprire che nel suo destino era scritto qualcosa di ancora più grande e terribile di quello che ha affrontato da quando Henry la ha riportata a casa. Mentre lei intraprende il suo nuovo percorso sotto la guida di un mentore d'eccezione, a Storybrooke nessuno sembra disposto a rinunciare a salvarla. Perché Emma vuole essere salvata dall'Oscurità... giusto? È per questo che Killian Jones è pronto a pagare qualunque prezzo. È per questo che Robin Hood sa che è giunto finalmente il momento di fronteggiare il suo misterioso passato. È per questo che Biancaneve, il Principe e il Vero Credente ripongono tutte le loro speranze nella Regina Cattiva. È per questo che raggiungere Camelot prima che sia troppo tardi è di vitale importanza. Perché se ti abbandoni troppo a lungo all'Oscurità, diventerai Oscurità anche tu...
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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5x06 Ϟ Hoping for the best, expecting the worst

 
 
 
 
 
Qualcuno venne a scuoterla dal suo sonno quando mancavano poche ore dal tramonto. Regina mugolò qualcosa di indistinto, voltandosi di fianco e nascondendo il volto nell’incavo del collo di Robin, placidamente addormentato accanto a lei. Era sicura che fino a pochi istanti prima stesse sognando qualcosa di bello: non aveva molta voglia di rinunciare al tepore di Robin, né ai bei sogni… erano stati eventi fin troppo rari, nella sua vita, e aveva intenzione di tenerseli ben stretti finché poteva, grazie tante. Ma evidentemente la persona intenzionata a svegliarla non era disposta a concederle nemmeno quei piccoli istanti di felicità, dato che continuava a scuoterle il braccio, sempre più forte. Regina non ebbe nemmeno bisogno di aprire gli occhi per capire di chi si trattava: la ragazza drago era rude nei gesti quanto nelle parole.
«È il tuo turno, Maestà» mormorò Lilith, sbrigativa, e non appena si accorse che la regina aveva aperto gli occhi si alzò bruscamente e si diresse subito al suo giaciglio – il più discosto dalle braci morenti, ovviamente. Era palese che la ragazza non avesse bisogno del calore, né di quello del fuoco né di quello delle persone. «Svegliaci al calare del sole… e non addormentarti mentre sei di guardia». Era evidente dal suo tono che non aveva dimenticato il loro battibecco di qualche ora prima.
Regina non aveva nemmeno finito di tirarsi a sedere, che già sentiva il bisogno di alzare gli occhi al cielo. Lilith era disgraziatamente utile, era la figlia di una delle sue più care amiche, e probabilmente sapeva sputare fuoco: se lo disse più volte tra sé e sé, per combattere l’impulso fastidioso di colpirla in qualche modo.
Rabbrividendo, la regina si avvicinò al fuoco che aveva acceso quando si erano accampati, e con un semplice guizzo della mano lo ravvivò perché la riscaldasse. Guardò i suoi compagni di viaggio, accoccolati sul terreno coperto di foglie secche. Robin, con i suoi vecchi vestiti da fuorilegge, si confondeva quasi con il cespuglio accanto al quale si era addormentato, quando aveva finito il suo turno di guardia e la aveva raggiunta nel suo cantuccio. Uncino ronfava sommessamente, appoggiato a un vecchio tronco, ma Regina non si lasciò ingannare dalle apparenze: sapeva che il pirata aveva volontariamente scelto una posizione scomoda, in modo che il suo sonno fosse leggero e che potesse reagire repentinamente a qualunque pericolo. Centinaia di anni passati a combinare chissà quali disastri in giro per tutti i reami ti rendono prudente, pensò Regina. O paranoico. Quale delle due fosse la risposta corretta, lei non poteva negare di sentirsi più tranquilla sapendo che il suo Henry dormiva a pochi metri dall’unico del gruppo che probabilmente dormiva con un’arma a portata di mano. Di sicuro Azzurro e Biancaneve ci avrebbero messo diversi secondi in più a tirarsi in piedi in caso di emergenza, visto che dormivano così abbracciati che era difficile stabilire dove finisse uno e iniziasse l’altra. Ma non poteva biasimarli poi così tanto: se la situazione era difficile per lei e insostenibile per Killian ed Henry, non poteva nemmeno immaginare cosa stessero passando due genitori che avevano dovuto lasciare indietro il loro bambino di nemmeno un anno, per gettarsi in una missione quasi disperata per salvare la loro figlia maggiore, immolatasi per salvare dall’Oscurità proprio la Regina Cattiva che per decenni li aveva tenuti separati. Nessuna sorpresa se quei due avevano letteralmente bisogno di aggrapparsi l’uno all’altra per riuscire a mettere insieme qualche ora di sonno.
Sospirando, Regina si accoccolò su un grande masso coperto di muschio a pochi passi dagli Azzurri e tese le orecchie per ascoltare i rumori della foresta, che ormai si preparava ad andare a dormire mentre il sole si avvicinava sempre di più all’orizzonte. Aveva proposto di far apparire qualche tenda, dei materassi, un paio di coperte, ma né Robin né Neve erano stati d’accordo con lei: a detta loro, era meglio non circondarsi di troppi oggetti e comodità – sarebbero stati un bel problema, in caso avessero dovuto combattere o fuggire improvvisamente dal loro accampamento. Se aveva pensato che un’idea simile fosse di una cautela eccessiva, prima, adesso le sembrava decisamente una totale assurdità: quell’angolo di bosco ai confini di Camelot era così tranquillo e idillico che le preoccupazioni di Mary Margaret apparivano superflue. Un ruscello poco distante mormorava la sua liquida canzone, qualche uccello notturno iniziava a borbottare, e gli episodici fruscii provenienti dalle fronde degli alberi intorno a loro erano quasi certamente da imputare a nulla di più temibile di una coppia di scoiattoli. Probabilmente, le creature più pericolose nel giro di qualche miglio erano proprio lei e Lilith, pensò. A meno che la signorina Swan e il suo potere oscuro nuovo di zecca non fossero appollaiati su un albero a fissarli da ore. Sembrava proprio una cosa che Emma avrebbe fatto: guardarli dall’alto, controllare che stessero bene, che non si andassero a ficcare in qualche guaio. Sentire la loro mancanza da lontano, senza riuscire a trovare la forza di avvicinarsi per lasciarsi abbracciare e perdonare – anche se Regina aveva anche parecchia voglia di darle della stupida per quello che aveva fatto per lei. Un modo come un altro per dirle grazie.
Si alzò di scatto in piedi, cercando di distrarsi da quei pensieri. Facendo il minimo rumore possibile, si accoccolò vicino ad Henry e lo avvolse più stretto nel mantello che gli aveva fatto apparire sulle spalle quando era arrivata l’ora di coricarsi. Gli spostò i capelli sottili dalla fronte, sorridendo. Il suo piccolo ometto stava diventando grande, pensò con una stretta allo stomaco: non molto tempo prima, erano dovuti andare tutti a salvarlo dalle grinfie di quel ragazzino indisponente che voleva giocare a fare Dio su quell’Isola maledetta… e adesso eccoli lì, nel regno al quale anche lui in fondo apparteneva, pronti anche a gettarsi da una rupe per la donna che un tempo Regina aveva cercato disperatamente di far sparire dalla vita di suo figlio. Sorrise tra sé e sé, pensando che poteva misurare la sua stessa crescita semplicemente riflettendosi negli occhi del suo bambino.
«Che diavolo hai combinato, Emma?» mormorò, con un piccolo sorriso e una scrollata di spalle, allontanandosi da Henry per dare un’occhiata al perimetro della radura.
«A dirla tutta, io sto cercando di non pensarci» le rispose una voce roca alle sue spalle, facendola sussultare.
«Uncino… non mi ero accorta che fossi sveglio» mormorò Regina, voltandosi a fronteggiare il pirata. Le bastò meno di un’occhiata per notare i cerchi scuri intorno agli occhi arrossati del capitano, la tonalità quasi grigiastra della sua pelle, le piccole rughe che gli increspavano la fronte. «O che non stessi dormendo affatto, ora che ti guardo meglio».
«Sei sempre stata una sovrana a cui non sfugge nulla, eh?» ribatté il pirata, lanciandole uno dei suoi sguardi insolenti mentre si metteva a sedere diritto.
«O forse, tu sei sempre stato un pirata incapace di nascondere a dovere il proprio stato d’animo, Jones, che dici?» lo stuzzicò Regina, accomodandosi accanto a lui. Nonostante lo sguardo ancora febbricitante del pirata avrebbe probabilmente fatto tremare le ginocchia a più di un avversario, lei non aveva la minima intenzione di lasciarsi impressionare come le era accaduto solo qualche ora prima a Storybrooke: si era ripromessa di tenere Killian al sicuro dai suoi stessi demoni, e aveva pianificato di riuscirci. Regina aveva deciso di prendere parecchio sul serio la faccenda della speranza, e si rifiutava di pensare che la loro Operazione sarebbe andata incontro al fallimento – perciò, mantenere quell’irritante pirata in salute e in vita era alquanto importante. Non avrebbe dimenticato facilmente l’espressione spezzata che Emma aveva avuto dipinta in volto, dopo la morte di Killian in quel maledetto universo alternativo: e non aveva alcuna intenzione di vederla di nuovo, quando la avrebbero incontrata.
Killian parve trattenere a stento un mezzo sorriso. «Adoro confrontare la mia mente con un avversario che sia anche solo vagamente alla mia altezza… sai, Maestà, nemmeno il nostro amato principe ha la risposta pronta quanto te».
«Sì, lo aveva notato anche la cara Crudelia… pensi che sia una ragione sufficiente perché io reclami di nuovo il trono, così da imporre a tutti la mia incredibile arguzia?».
«Oh, se dipendesse da me la scelta, direi assolutamente di sì. Goccetto, Maestà? Ah no, che sciocco» si rispose da solo, con un ghigno di scherno. «Vostra Grazia non beve rum, me lo ricordo».
«Beh, è sempre bello scoprire di aver lasciato il segno» commentò Regina, caustica, cercando una posizione comoda per la sua schiena contro quel tronco nodoso.
Uncino sbuffò, e mandò giù un sorso dalla sua inseparabile fiaschetta. «E quale sarebbe, questo stato d’animo che sono così poco abile a nascondere?» chiese, piantando i suoi occhi azzurri in quelli di Regina, come a sfidarla a non distogliere lo sguardo.
Lei rimase piuttosto soddisfatta dell’imperturbabilità che riuscì ad ostentare. Inarcò un sopracciglio e lo scrutò attentamente. «Intendi oltre al dolore e alla disperazione che evidentemente ti stanno mangiando da dentro, capitano?» domandò, cercando di non canzonarlo troppo – era pur sempre Killian Jones che la stava interpellando, e lei non alcuna voglia di tirare eccessivamente la corda. «Se i miei occhi non mi ingannano, direi che c’è anche qualcos’altro, sì. Tu ti senti tradito, Uncino» gli disse, ammorbidendo il tono e lo sguardo. «Sai che è una cosa orribile da pensare, visto quanto è stata nobile Emma nel sacrificarsi, ma proprio non riesci a trattenerti: tu la hai implorata di non farlo, ma lei lo ha fatto lo stesso, ti ha lasciato indietro e ora l’Oscurità ti ha portato via l’amore… una seconda volta» aggiunse, quasi sussurrando.
La mano buona del pirata si strinse spasmodicamente sull’impugnatura del pugnale dell’Oscuro, dal quale non si era allontanato nemmeno per un istante. «Chi l’avrebbe mai detto» disse dopo lunghi istanti di silenzio, fissando le fiamme con un’intensità quasi dolorosa. «La Regina Cattiva ha un’insospettabile capacità di leggere le persone! E io che pensavo di essere misterioso e indecifrabile…».
«Se ti dovesse interessare il mio segreto, è decisamente lo strappare i cuori alle persone e tenerli stretti in mano. Ma non essere troppo duro con te stesso, Jones» aggiunse Regina, incoraggiata dal sorriso più disteso che ora ravvivava il viso dell’uomo seduto accanto a lei. «Sei riuscito a fregarmi più di una volta, ricordi? Le tue doti di bugiardo e traditore hanno sempre funzionato alla grande. È solo che… beh, evidentemente Emma non è la sola ad aver tirato giù i suoi muri, da quando vi siete incontrati» gli disse con un sorriso.
«Si direbbe che un uomo della mia età sia diventato anche saggio, con il passare dei secoli… e invece cado e ricado sempre negli stessi maledetti schemi» borbottò il pirata, di nuovo incupito. Soppesò quasi distrattamente la sua fiaschetta, prima di trarne un altro sorso. «Incontro una donna straordinaria, mi innamoro come una ragazzina, combino un sacco di casini per tenerla con me, e alla fine succede un casino ancora più grande, perdo tutto quello che ho e mi ritrovo solo, con il cuore a pezzi, un disperato bisogno di bere e una missione suicida nella quale vado a caccia del dannato Oscuro. Se non altro, stavolta il pugnale ce l’ho già… cin cin» aggiunse in tono funereo, levando la fiaschetta al cielo con un sorriso amaro.
Regina scosse piano la testa. Capitan Eyeliner aveva decisamente una propensione al melodramma. «Andrà tutto bene, alla fine, lo sai vero? Tutte le disavventure che sono capitate a quei due irritanti Azzurri, prima che potessero stare insieme davvero, sono una prova più che sufficiente, se vuoi saperlo» gli disse, cercando di incoraggiare il pirata e se stessa ad un tempo. Difficile dire quale dei due compiti fosse più impegnativo.
«Perdonami, Maestà, ma trovo davvero difficile crederlo» ribatté Uncino, con una risata amara. Evidentemente, la parte facile del suo compito era incoraggiare se stessa, pensò Regina. Era o non era una donna fortunata? «C’è una differenza abbastanza solare tra me e David… oltre al gusto nel vestire, intendo» continuò il pirata, con un breve cenno del capo verso i genitori di Emma. «Lui è un eroe. Lui è il maledetto Principe Azzurro, innamorato di Biancaneve, con la sua armatura scintillante, il coraggio, lo spirito di sacrificio e tutto il resto. Io invece… io sono un pirata. Sono stato un pirata per secoli, ho saccheggiato, devastato, ucciso. Non sarò stato il cattivo sull’Isola Che Non C’è, ma lo sono stato in molti, molti altri reami – e i cattivi non ottengono un lieto fine, Regina, me lo hai detto proprio tu, a bordo della mia nave. E nell’istante in cui ho capito che la vendetta non era tutto, che potevo tornare ad avere una ragione per cercare di essere migliore, che il mio cuore dopotutto poteva guarire… nell’istante in cui Emma è diventata il mio lieto fine, io l’ho condannata, Regina. Se lei è adesso è perduta, la colpa è solo mia».
«Beh… Wow» commentò Regina, alquanto divertita. «Questa è la cosa più egocentrica che io abbia mai sentito… e mia madre mi ha fatta battezzare con un titolo nobiliare al posto del nome».
«Prego?». Il capitano sembrava abbastanza sconcertato dalla sua reazione, ma Regina era più che sicura che fosse giunto il momento di una bella lavata di capo.
«Sei serio? Pensi davvero che Emma sia diventata l’Oscuro per causa tua? Ok, nemmeno dopo secoli passati a tenere in mano i cuori delle persone avrei potuto immaginare che tu stessi pensando questo… che tu ti sentissi in colpa! È ridicolo, Jones, persino per uno convinto che il mondo stia appeso a quel pezzo di ferro che hai al posto della mano. Emma sarà anche il tuo lieto fine, pirata» aggiunse, più dolcemente. «Ma lei è parte integrante del lieto fine di molte, molte altre persone. Credi davvero che le regole del libro possano mai stabilire che Henry perda una delle sue madri a causa dell’Oscurità? O che Neve e Azzurro siano costretti a guardare mentre la loro prima figlia si trasforma in un mostro? Emma tornerà a essere l’irritante Salvatrice, Killian, non preoccuparti di questo. Questa situazione fastidiosamente complicata si risolverà, prima o poi, gli scintillanti eroi avranno il loro zuccheroso lieto fine… e se noi due avremo lavorato abbastanza duro da meritarcelo, saremo con loro. Felici e contenti».
«Siamo sicuri che non ci sia un inquietante mix di Mammolo e Gongolo, nascosto dentro la cosiddetta Regina Cattiva?» domandò Killian dopo un silenzio attonito, cercando di nasconderle quanto le sue parole lo avessero toccato con un po’ del suo sano, vecchio sarcasmo.
«Bada a come parli, capitano» ridacchiò Regina, dandogli una leggera spallata. «Non mi sono mai piaciuti quegli gnomi da giard-».
La risata di Regina fu interrotta sul nascere dall’urlo di Biancaneve. «Emma… no! Noooo!».
In meno di un secondo, tutto l’accampamento era ben sveglio, in piedi, e in allerta.
«Cosa succede?» chiese Robin, con la voce ancora impastata dal sonno.
«Nonna… stai bene?» domandò Henry, dopo che una rapida occhiata in giro gli aveva mostrato che non c’erano pericoli in vista.
Mary Margaret e David erano gli unici ancora accovacciati per terra. Lei aveva il respiro rotto dai singhiozzi e il viso inondato di lacrime. Lui la stringeva dolcemente a sé, accarezzandole piano la schiena. E quando Biancaneve parlò, Regina sentì che le si stringeva il cuore: le sembrava di avere di nuovo davanti la bambina spaventata che di notte correva nella stanza del suo papà a cercare conforto, quando un brutto sogno la svegliava. «Non è niente, piccolo… solo un brutto sogno. Mi... mi dispiace, ho svegliato tutti…».
«Non è un problema» mormorò David, continuando a cullarla.
«Va tutto bene» le disse Regina, chinandosi a stringerle una mano. «Va tutto bene».
Gli sguardi delle due donne si incontrarono, e Regina cercò di trasmettere a Biancaneve un po’ di quella speranza che proprio lei le aveva insegnato come trovare, anche nei momenti più bui e disperati. Neve sembrò tranquillizzarsi un po’.
«È quasi il tramonto» mormorò Lily, e Regina si girò lentamente a guardarla: la mancanza di una nota caustica nelle sue parole la aveva quasi scioccata. Effettivamente, la ragazza drago sembrava troppo impegnata a scrutare la sofferenza sul viso di Biancaneve per impegnarsi a infondere la sua solita durezza in tutto quello che faceva. «Sarà meglio che ci incamminiamo» aggiunse, a voce più alta.
Mary Margaret rabbrividì e prese un lungo respiro, come a volersi fare forza. Poi si sciolse dolcemente dall’abbraccio del marito. «Sì, è ora di andare. Voi incamminatevi, io… resto un secondo indietro a spegnere il fuoco».
Prima ancora che qualcuno potesse protestare, Regina intervenne. «Resto io con lei. Vi raggiungiamo subito». Il Principe Azzurro la ringraziò con lo sguardo e un piccolo cenno del capo. Regina si disse che nonostante fosse Killian a fingere di dormire, era David quello che appariva più stanco. Di certo non aveva tutte quelle rughe, né quell’espressione corrucciata, quando erano ancora nel Maine.
Regina rivolse una finta occhiataccia a Robin, che si era attardato alla retroguardia del gruppetto e per voltarsi a guardarle, evidentemente preoccupato di lasciarle indietro. Vai, articolò la regina senza parlare, sorridendo nel modo più rassicurante che conosceva. Dopotutto, se qualcuno o qualcosa avesse cercato di attaccare lei e Biancaneve, erano armate. Neve non aveva perso affatto la mano con l’arco e le frecce, ed era stata sempre una discreta spadaccina… e quanto a Regina, non era abituata a fuggire davanti al pericolo, perché di solito il pericolo era lei. Sì, erano decisamente in grado di cavarsela.
Regina aspettò che i rumori di cinque paia di piedi intenti a farsi strada nel sottobosco si spegnessero in lontananza, poi si girò ad osservare Mary Margaret, che intanto si era seduta sul masso vicino al fuoco. I corti capelli neri della donna erano appena scompigliati dalla brezza della sera, mentre lei si stringeva le braccia intorno al petto e guardava ostentatamente ovunque, tranne che negli occhi della sua interlocutrice.
«Ti va di raccontarmi cosa hai sognato, Neve?» le domandò Regina, con molti ricordi degli anni infelici passati a Palazzo che le turbinavano nella mente. Quella era la domanda che il re rivolgeva a sua figlia, molti anni addietro, quando Regina era costretta a fingere di voler bene a quella ragazzina che le aveva rovinato la vita. Si era detta tante volte che avrebbe dovuto cercare di conoscere la giovane principessa, perché probabilmente solo attraverso di lei sarebbe riuscita ad instaurare un qualche legame con suo marito e forse a sentirsi un po’ meno sola in quelle sale così lussuose e così opprimenti. Ma ogni volta che si era sforzata di provare, non ci era riuscita: Biancaneve le ricordava troppo tutta la gioia e l’amore che lei sapeva di meritare per se stessa, e che aveva perso per sempre. Così, aveva trascorso molti anni a evitare i contatti non necessari con la sua figliastra, e non aveva permesso al suo cuore di provare il benché minimo affetto per una ragazza che, dopotutto, era una perfetta sconosciuta per lei.
Adesso, Regina se ne pentiva. Si pentiva di tutto, ovviamente, dalla prima maledizione che aveva lanciato a tutte le cose orribili che aveva fatto prima e dopo di essa. Non passava giorno senza che qualcosa le facesse venire in mente il suo passato, ed essere tornata nella Foresta Incantata non faceva che acuire quei ricordi dolorosi. Ma in quel momento, Regina si pentiva prima di tutto di non aver mai cercato una connessione con Biancaneve, quando entrambe erano più giovani. I legami che avevano stretto a Storybrooke erano sicuramente qualcosa che nessuno avrebbe potuto mai immaginare, un tempo, ma erano arrivati troppo tardi, forse, o forse erano semplicemente ancora troppo deboli, perché Regina in quel momento stava guardando la persona che conosceva da più tempo mentre cadeva quasi in pezzi davanti a lei, e non sapeva cosa dirle. Non sapeva come consolarla. Né come dirle che si sentiva malissimo, per la sofferenza che aveva causato a quella madre, tanti anni prima… e anche perché in un certo senso il motivo per cui Biancaneve aveva perso nuovamente sua figlia era proprio lei, ancora una volta. Forse non era solo Killian ad avere un problema con i sensi di colpa, pensò distrattamente.
Dopo lunghi istanti di silenzio, Neve parlò. «Era Emma» disse, in un sussurro, sempre senza guardarla. «Era nella cella dove io e David rinchiudemmo Rumplestiltskin tanti anni fa, ed era… strana. La sua pelle… la sua voce… era l’Oscuro, Regina. Sentivo il suo potere, era come un’elettricità che crepitava nell’aria… e i suoi occhi…» rabbrividì, e la sua voce sembrò quasi spezzarsi sotto il peso delle parole che stava pronunciando. «Era come un animale ferito, in gabbia. E m-mi guardava come se a metterla in quella gabbia fossi stata io, Regina! Mi odiava per quello che le avevo fatto, per non essermi fidata di lei, per non aver lasciato che si costruisse da sola il suo destino prima che nascesse… per averla abbandonata ancora, e ancora, e ancora!».
«Ehi, ehi, ehi» mormorò Regina, avvicinandosi istintivamente ed abbracciandola come aveva fatto tante volte con Henry, quando era più piccolo. «Shhhh, era solo un sogno. Solo un brutto sogno, Mary Margaret, lo sai no?» le chiese, cullandola. Era quasi stupita di quanto tutto questo le venisse naturale.
«Sì, lo so che era un sogno» rispose la donna, con una vocina piccola piccola. «Ma è stato così reale da sembrarmi quasi una premonizione, Regina. Io sono ottimista, lo sono sempre stata, e da quando siamo tornati qui è come se la vecchia me fosse tornata al comando, forte e determinata e tutto il resto… ma non appena sono riuscita ad addormentarmi, stanotte, è stato come… come se tutta la luce mi fosse stata portata via, in un secondo. Da sveglia, non voglio neanche pensare all’ipotesi di perdere mia figlia, la mia speranza, a causa dell’Oscurità. Ma quando chiudo gli occhi…» e una nuova ondata di pianto impedì a Biancaneve di terminare la frase. Regina non allentò l’abbraccio nemmeno per un secondo.
Le due donne rimasero diversi minuti così, a dondolarsi su quello scomodo masso mentre tutte le stelle del firmamento finivano di accendersi, sopra di loro. Quando i singhiozzi di Neve si furono calmati, Regina si staccò un poco da lei e le strinse le mani sulle spalle. «Emma sta bene, Neve. Starà ancora meglio quando la avremo trovata, e non ti dico quanto tutto sarà fantastico quando avremo risolto questo casino e voi due finalmente vi sarete parlate col cuore in mano, perché sarebbe troppo persino per una persona speranzosa e ottimista come me!». Ridacchiò, e fu felice di vedere che anche a Mary Margaret sfuggiva una risatina acquosa. «Ora piantiamola con tutto questo dispendio di tempo ed energie, e andiamo a compiere la nostra missione di salvataggio, ti va? E non voglio più sentir parlare di abbandono, signora Nolan» la redarguì scherzosamente. «Siamo tutti quanti venuti a patti con le scelte terribili che la vita ci ha portato a fare, è ora che lo faccia anche tu. Non hai mai lasciato andare Emma di tua spontanea volontà, lo sai tu e lo sa benissimo anche lei. Smettila di farti rovinare la vita da queste sciocchezze». E con queste parole, Regina le tese la mano, invitandola ad alzarsi.
«Grazie, Regina» disse Biancaneve, semplicemente, e trasformò la stretta di mano in un nuovo abbraccio. Qualcosa di inaspettatamente familiare, ormai.
Senza dire altro, le due ex nemiche giurate si affrettarono a spegnere le ultime braci morenti, poi si addentrarono nella foresta seguendo le tracce che le avrebbero portate a ricongiungersi alla loro famiglia.
 
***
 
Trovarono gli altri molto prima di quanto si fossero aspettate. Una volta raggiunta la Foresta Incantata, e dunque il mondo in cui Emma effettivamente si trovava, si erano tutti detti d’accordo sul fatto che convocare l’Oscuro con il pugnale non sarebbe stata affatto una buona idea; anche se Killian era stato assai poco d’accordo, a dirla tutta. Ma alla fine Regina (e il fatto che Henry, sommo conoscitore del mondo del libro – nonché, a quanto pareva, l’unico verso il quale il pirata non avesse intenzione di manifestare istinti omicidi – le desse ragione) era riuscita a convincere anche lui: per Emma sarebbe stato più che spiacevole dover ubbidire al detentore del pugnale, senza possibilità di scelta, come una schiava impotente. Inoltre, usare il pugnale dell’Oscuro era un modo infallibile per farsi trovare da qualunque persona dotata di poteri magici che fosse in attesa del loro arrivo; e stando a quanto Robin aveva raccontato loro, più si avvicinavano a Camelot, più la segretezza e la cautela diventavano opportune.
Perciò, da quando erano atterrati nella Foresta al momento in cui avevano deciso di accamparsi, non avevano fatto altro che seguire Lily: la ragazza drago era taciturna e sembrava detestarli tutti (come darle torto, dopotutto?), ma nonostante non fosse mai stata nelle terre dalle quali lei stessa proveniva sembrava orientarsi piuttosto bene. Si muoveva nella foresta toccando la corteccia degli alberi, fermandosi a raccogliere un pugno di foglie secche per sbriciolarle nel vento, a tratti sembrava quasi fiutare la strada che dovevano percorrere. Ma non aveva esitato nemmeno un momento, nel guidarli.
Per questo sia Regina sia Mary Margaret rimasero abbastanza sorprese quando riuscirono a raggiungere il gruppo dopo nemmeno un quarto d’ora di cammino. E non appena anche loro due entrarono nel cono di luce proiettato debolmente dalla lanterna che Henry teneva in mano, compresero che c’era qualcosa che non andava. La confusione sul volto dei tre uomini era evidente, ma non quanto il tremolio delle mani di Lilith. La ragazza sembrava sconvolta, e si mostrava vulnerabile per la prima volta da quando Regina la aveva incontrata.
«Cos’è successo? David, perché vi siete fermati?» chiese Neve, stringendo la mano del marito e guardandosi intorno, confusa. Ma quando i suoi occhi si soffermarono sul terreno, la sua espressione cambiò in una di spavento. La luce proiettata dalla lanterna che Uncino aveva affidato ad Henry non era granché forte, ma anche così riusciva a illuminare abbastanza da mostrare una larga bruciatura nera, che lasciava una macchia dai bordi precisi dove un tempo doveva esserci stata dell’erba.
Regina sentì un pizzicore familiare torturarle la nuca. «Magia» mormorò, accucciandosi per esaminare il terreno da vicino. Suo figlio le si avvicinò, solerte, illuminando meglio che poteva. La sua mano sfiorò quasi timorosamente i resti carbonizzati dei fili d’erba e gli steli anneriti di qualche fiore selvatico: al solo contatto, tutto il braccio fu percorso da una scossa. Regina si ritrasse, tirandosi in piedi e mettendo istintivamente un braccio tra suo figlio e quell’inquietante bruciatura. «Decisamente, si tratta di magia… e di una potente. Qualcosa di grosso è successo in questa radura, e da poco».
David strinse più forte la mano della moglie e si girò a fronteggiare la ragazza drago. «Lo avevi capito anche tu?» le chiese, con voce gentile. Ma gli occhi del principe non nascondevano più la preoccupazione: le parole di Regina e la reazione che evidentemente la ragazza aveva mostrato non appena le tracce di Emma li avevano portati lì potevano significare una cosa sola.
Lilith annuì, senza guardare nessuno di loro: era come ipnotizzata dal terreno.
Anche Killian le rivolse la parola, e Regina fu felice di constatare che il pirata riusciva ad usare a Lily la delicatezza di non comportarsi da psicopatico: un progresso del quale era ben felice di prendersi almeno una parte del merito. «È Emma, vero?».
La ragazza annuì di nuovo.
«Cos’è successo, Lily?» chiese Biancaneve, tremante.
Probabilmente fu proprio la voce spezzata della donna che aveva condizionato la sua intera esistenza a svegliare la ragazza dalla trance in cui sembrava precipitata. Con un brivido, Lily sembrò riscuotersi e tornare al presente. Incatenò i suoi occhi a quelli di Neve, e Regina vide la leggendaria eroina irrigidirsi, in attesa di una risposta che nessuno di loro era sicuro di voler sentire. «Io… non lo so di preciso. Ma Emma è stata qui. Sento che qualcosa di molto, molto oscuro è accaduto, e sento anche qualcos’altro» e Lily chiuse gli occhi, quasi a volersi concentrare al meglio sugli odori e i rumori di quel luogo. «Orrore. Frustrazione. Pentimento. E… paura, credo» mormorò, mentre una lacrima solitaria le rigava una guancia.
Robin imprecò sottovoce, e stavolta anche Regina si unì a lui. «Dannazione».
«Perciò… è successo» sussurrò David con voce roca, ancora stringendo la mano della moglie. «Emma ha ceduto all’Oscurità».
«Io ve lo avevo detto che non c’era tempo da perdere, maledizione!» esclamò Uncino, la mano destra contratta in un pugno, gli occhi di nuovo infiammati di disperazione e dolore. Il capitano cominciò a camminare in tondo, come se le sue ampie falcate fossero l’unico modo che aveva per sfogare la sua rabbia senza fare del male a nessuno. «Voi dannati eroi avete insistito per avere il vostro sonno di bellezza, e adesso è troppo tardi! Maledizione, maledizione, maledizione!».
«Non saltiamo subito alle conseguenze peggiori, ti va, Killian?» chiese Regina, afferrandolo per il gomito quando lui le passò accanto. Avvicinò il suo viso a quello del pirata, e si accertò di avere gli occhi di lui ben fissi nei suoi prima di parlare di nuovo. «Quel che è fatto è fatto, ma qualunque cosa sia c’è ancora speranza. C’è sempre speranza, Killian, ricordi? Noi la troveremo, e la aiuteremo a rimediare a qualunque sciocchezza abbia combinato. Insieme. Non farmelo ripetere ancora una volta, capitano, comincio ad annoiarmi a doverti ricordare sempre le regole basilari del gioco».
«La mamma ha ragione» intervenne Henry in suo aiuto, per l’ennesima volta. Lei si voltò subito a guardare suo figlio, improvvisamente spaventata di quello che avrebbe potuto leggere nel suo sguardo: orrore, sfiducia, disperazione, forse anche paura nei confronti della sua stessa madre – ma avrebbe dovuto sapere che suo figlio era fatto della stessa pasta dei suoi incantevoli nonni. C’era una luce che non si spegneva mai nei suoi occhi. «Se anche mamma… beh, l’altra mamma… ha combinato qualcosa di sbagliato, non è ancora troppo tardi per salvarla, per aiutarla a redimersi. La Salvatrice non può smarrire la retta via tutto d’un tratto… la sua è solo una deviazione, e noi possiamo aiutarla a tornare sui suoi passi» affermò, e in quell’istante sembrò molto più saggio e fermo di tutti loro, adulti navigati e protagonisti di centinaia di avventure. Regina si sentì riscaldare da un’ondata di orgoglio e sorrise: l’autorevolezza che veniva dalle parole di suo figlio era tale che nemmeno Lilith, di solito così scettica – e così maledettamente pronta a sbuffare quando qualcuno pronunciava la parola con la S – aveva provato a borbottare una risposta acida delle sue.
«Sembra quasi che le tue parole possano illuminare il nostro cammino meglio di quella lanterna squinternata, figliolo» disse Robin, anche lui piuttosto fiero. Suo figlio sorrise, e Regina gli carezzò una guancia.
«Vorrei poter provare il vostro stesso ottimismo, sapete» intervenne Lily, con voce roca. «Ma se sentiste anche voi quello che Emma sente… che io sento… beh, non so se avreste ancora quei sorrisi stampati sul viso».
«Tutto questo mi sembra solo l’ennesimo motivo per rimetterci subito in cammino, signorina» la apostrofò Regina, con più asprezza di quanto lei stessa si sarebbe aspettata di sentire nella sua voce. Ma era più forte di lei: non aveva intenzione di permettere a niente e nessuno di soffocare il fiducioso ottimismo di Henry. Fintantoché suo figlio riusciva ancora a intravedere la possibilità di un lieto fine, lo avrebbe fatto anche lei: il suo bambino poteva infondere in lei abbastanza speranza da supplire anche alla mancanza di quella di Lily, di Killian, persino degli Azzurri, se necessario.
Con un gesto imperioso, Regina esortò la ragazza a procedere, e non si lasciò neanche lontanamente impressionare dallo sguardo astioso di Lily. Se la draghetta voleva del fuoco, lo avrebbe avuto eccome.

 
***

Ancora scossi dalla scoperta del cedimento di Emma, rianimati dall’ottimismo che Henry si rifiutava di abbandonare, quasi sospinti dalla testardaggine di Regina come pecore da un pastore, i membri di quella bizzarra missione di salvataggio camminarono e camminarono, seguendo le tracce lasciate da Emma grazie alla ragazza drago, che li guidò senza dire un’altra parola in tutta la notte. Regina la tallonava da vicino, un occhio su di lei e un altro su suo figlio: gli aveva sussurrato di rimanere sempre vicino a Killian e di tenerlo sotto controllo, così in un solo colpo otteneva che il capitano fosse sempre affiancato da qualcuno evidentemente più saggio di lui e che suo figlio venisse costantemente protetto dallo spadaccino più temibile della comitiva… ma anche così, l’istinto materno le suggeriva che le precauzioni non erano mai troppe. Gli Azzurri seguivano il pirata e il ragazzino con le armi sguainate, dedicando la loro massima attenzione ad assicurarsi che nessun pericolo giungesse senza preavviso – probabilmente, anche per tenere i loro pensieri ben lontani da cosa potesse stare accadendo in quegli istanti alla loro bambina. Robin chiudeva il gruppo, una freccia già incoccata nell’arco, pronto a qualunque evenienza; ma Regina sapeva che lo sguardo incupito del suo uomo aveva poco a che fare con i pericoli che avrebbero potuto incontrare lungo il tragitto, e molto a che vedere con la loro destinazione finale.
Era una ben strana compagnia, formata da personaggi di tante storie diverse, i cui destini erano così intrecciati che era impossibile districarli; ma con tutte le differenze e gli screzi che potevano esserci, riuscivano comunque a camminare tutti insieme, verso un unico obiettivo comune. L’ennesimo piccolo miracolo che Emma Swan era riuscita a mettere in piedi, senza nemmeno volerlo.
Erano questi i pensieri che le popolavano la mente, pensieri positivi e luminosi, venati al massimo da un po’ di nostalgia, mentre la luna disegnava il suo arco nel cielo e l’alba si avvicinava sempre di più. Regina intendeva concentrarsi solo su pensieri così, voleva illuminare il suo sentiero da dentro di sé… perché era solo con una luce del genere che avrebbe potuto raggiungere Emma, ora ne era sicura.
Così come era sicura di avere bisogno di una pausa. L’ottimismo era una gran cosa, ma decisamente non aiutava quando i piedi cominciavano a urlare di stanchezza e la fame si faceva sentire. Per non parlare di quanto poco avesse dormito… stava quasi per proporre a tutti di fermarsi a cercare un po’ di ristoro – era quasi sicura di sentire il mormorio allegro di un ruscello poco lontano – quando Lily si fermò bruscamente e Regina le arrivò addosso.
«Fai attenzione, ragazza!» sbottò la regina, strofinandosi la fronte che aveva inavvertitamente sbattuto contro la testa della figlia di Malefica.
«Shhhh!» intimò l’altra per tutta risposta, tendendo le orecchie verso qualcosa che evidentemente aveva sentito accadere alla loro sinistra.
«Cosa succede?» mormorò Killian, avvicinandosi insieme agli altri.
«È Emma. È qui vicino» rispose Lilith, con un cenno del capo.
Tutti e sette, tacitamente d’accordo, mossero qualche passo verso un gruppo di cespugli coperti di rugiada, cercando di fare meno rumore possibile. C’era una radura al di là delle fronde, uno spiazzo erboso a malapena illuminato dal sole nascente. E nel bel mezzo di quella radura, una figura avvolta in un ampio, logoro mantello si guardava intorno, apparentemente parecchio scossa. Gli abiti non erano gli stessi che indossava a Storybrooke la notte in cui era scomparsa, ma i lunghi capelli biondi che cadevano sulle spalle non lasciavano adito a dubbi. E quando la donna a pochi metri da loro girò la testa di scatto, come se qualcuno le stesse parlando, la voce con cui parlò fu inequivocabilmente quella di Emma Swan. «No…» stava mormorando la Salvatrice, i grandi occhi verdi spalancati dal terrore.
Ma qualunque cosa la stesse spaventando, a loro non importava. Non si fermarono neanche per un secondo ad elaborare una strategia, né diedero retta a Lily, che stava evidentemente per parlare, per dire loro di aspettare, di non apparirle davanti all’improvviso. Niente al mondo avrebbe potuto trattenere gli Azzurri, Henry e Killian dal lanciarsi in quella radura e afferrare la loro splendida Salvatrice prima che sfuggisse loro un’altra volta. E Regina nemmeno si stupì di se stessa, quando si gettò in avanti con tutti loro, incredibilmente sollevata nell’averla trovata così presto. La sua voce si unì a quella dei suoi improbabili compagni di viaggio, e fu meraviglioso urlare il suo nome per chiamarla, ora che finalmente lei era a portata di mano.
«Emma!»


  
··· Angolo Autore ···
Allora, la 5x12 e la 5x13 hanno sostanzialmente preso il mio cuore, ci hanno giocato a squash per qualche ora, lo hanno ridotto a una poltiglia sanguinolenta e piena di lacrime e me l'hanno restituito. Il promo e gli sneak peek della 5x14 hanno sostanzialmente dato il colpo di grazia, quindi in pratica vi sto scrivendo dall'Aldilà (lol).
Ammetto di aver trascurato parecchio questa fanfiction nelle ultime settimane, ma solo perché l'ispirazione per una nuova storia - sempre ambientata in questo fandom - mi ha catturata e portata altrove... al momento ho già scritto quattro capitoli della nuova fanfiction, ma mi sento in colpissima per aver abbandonato i miei piccoli DarkSeekers e dunque sto cercando di recuperare (piccolo teaser: il prossimo capitolo, che è ancora in lavorazione, è di Killian *-*).
La nostra cara Lily (il suo acidume è tutta farina del mio sacco, purtroppo nella 4B non la abbiamo conosciuta abbastanza a fondo... diciamo che la ritengo quasi un personaggio originale) ha scoperto qualcosa di terribile su quello che Emma ha fatto a Prim, ma Henry e Regina riescono a tenere alto il morale... anche perché, miei cari, vorrei dirvi dall'alto della mia assoluta conoscenza (e grazie al cavolo, la storia la scrivo io! Lol di nuovo) che non tutto è come sembra...
Mi è piaciuto un sacco approfondire la relazione di Regina con Neve (e giuro che questo capitolo l'ho scritto settimane e settimane prima di Labor of Love, dove c'è una scena tremendamente simile tra la mia Queen e la mia Bandit del cuore <3) e soprattutto far interagire lei e Killian, perché sono sostanzialmente i miei tre personaggi preferiti e li amo in tutte le salse (cosa che, se riesco a pubblicare anche l'altra fanfiction, scoprirete fin troppo presto MUAHAHAHA).
Finalmente siamo giunti alla tanto agognata reunion tra il DreamTeam e la piccola Emma, ma ovviamente non potevo lasciarvi senza un cliffhanger come si deve :D sono sadica, lo ammetto.
Spero però che vorrete perdonarmi il ritardo e tutto, e che continuerete a seguirmi - accetto e anzi richiedo un po' di insulti per i miei ritardi nel pubblicare. Sono imperdonabile, lo so!
Un abbraccione a tutti :D
 -R


Disclaimer: tutti i personaggi, meno eventuali OC, appartengono ai creatori della serie TV. Se fossero miei, probabilmente sarebbero tutti felici e contenti, e io sarei ricca sfondata. Vista l'infelicità che aleggia su Storybrooke e nel mio portafogli, direi che sappiamo tutti qual è l'amara verità.
   
 
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