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Autore: Gigli neri e ombre    20/03/2016    1 recensioni
Dal Capitolo 13:
"[...]Notò subito però che quei Veliant invece di essere rossi come i soliti, erano rosa. Puntandola sullo scherzoso pensò fossero Veliant di tipo folletto, ma analizzando meglio lo scenario che lo circondava si accorse che non avevano armi e che inoltre uno di loro aveva un gioiello grazioso e brillante a forma di rosa rossa che evidentemente doveva essere una spilla. Il suo primo pensiero fu quello di portarselo per venderlo eventualmente, al fine di fare qualche soldo valido. Tornò a casa incurante di ciò che si lasciava dietro senza farsi troppe domande riguardo le particolarità notate. Menefreghismo assoluto ben previsto da parte sua.[...]"
Presenza di un linguaggio scurrile.
Genere: Azione, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale
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– Ninth Chapter –




Hideous Port







 
Non bastava la sera prima, nel bel mezzo di un bosco intorno a un robot malandato. In un progetto divino o forse in base ai comandi di una mente ai piani alti – scegliete voi la vostra versione – i Veliant ebbero la loro buonissima parte di lavoro da fare, infatti la loro fortuna stava nel fatto di essere dei robot e in quanto tali esonerati dal sentire la stanchezza. Forse era per questo che erano scarsi in battaglia: non erano stati inizialmente creati come guerrieri, non lo saranno stati almeno, e magari questa poteva rientrare in una serie di opzioni. Tuttavia nei paraggi, allora, non c'era nessuno dei nostri conosciuti Ullr cacciatori di robot.
Immaginatevi una specie porto. Un porto nel quale aveva appena attraccato una nave cargo, esattamente alle cinque del mattino. Perché dunque ho aggiunto “una specie” a descrivere questo fantomatico luogo? Precisamente, poteva avere delle ottime carte in regola per essere definito tale: vi era una nave che aveva attraccato lì e non era l'unica. Poteva sembrare un porto, ma vuoto: non vi era alcun essere vivente all'infuori di un'equipe di scienziati e Veliant i quali scaricavano le merci da quella nave cargo. Ancora più strano, non vi era nessuno nemmeno dentro quella nave. Nessuno scendeva o saliva a bordo di essa, come fosse una nave fantasma capace di condurre una sorta di vita propria, come se pensasse. Che fosse venuta da sola? Strano a dirsi...
L'assenza di personale, potenzialmente, appariva strana dal momento che, per via del lavoro, marinai o scaricatori, chicchessia, avrebbero potuto essere attivi nonostante l'orario. E invece no, solo quell'equipe mista di umani e robot, dipendenti dell'Æsir Corporation. La ragione della loro presenza lì era sconosciuta. Gwen non lo sapeva, nemmeno Duncan e nemmeno un altro degli Ullr che indagavano sull' Æsir Corporation. Ma qualcun'altro sì. In mezzo a tutta quella confusione, composta da casse che contenevano di tutto, vi era una sagoma che, per sua fortuna, nessuno aveva ancora notato. Questo personaggio comunque non restava in un punto fermo, no, si muoveva liberamente incurante del fatto che qualcuno avrebbe potuto scoprirla, o scoprirlo. Se ne fregava altamente, a tal punto da uscire allo scoperto saltando con una capacità insolita da parte di una persona comune sopra a una colonna fatta di 3 casse belle grandi. «BOOH!» Urlò, facendo sì che tali individui si voltassero verso di lei. «Sapete, sono offesa. State organizzando una festa e non mi avete avvisata» Perché sì, alla fine si tratta di un personaggio femminile. Quanto alla “festa” nemmeno quegli scienziati sapevano di cosa stesse parlando.
La lei di cui sto narrandovi aveva lunghi capelli rossi, ricci. Gli occhi erano verdi, un verde acceso particolare e difficile da trovare in un'iride. Sicuramente, non passava inosservata: gli scienziati guardavano soprattutto il suo abbigliamento. Indossava delle ciabatte a forma di testa di cammello, un pantalone di un pigiama beige, stesso colore di una hoodie con la zip slacciata. Il pezzo forte era la t-shirt, nera con un lupo antropomorfo che aveva uno smoking e che, inoltre, vomitava arcobaleni. Lei rise, una risata strana. «Vi piaccio? Lo so, ho scelto i vestiti migliori» E lì, gli studiosi si guardarono tra di loro perplessi, sia perché era una ragazza che non avevano mai visto prima e sia perché, sebbene fossero scienziati, sapevano quel poco di moda per dire che quei vestiti non solo non erano adatti per andare a zonzo come una tredicenne ribelle ma erano anche molto kitsch. Tuttavia la ignorarono e continuarono a fare ciò che stavano facendo poco prima. Un'altra risata isterica da parte della ragazza. «Andiamo ragazzi! Dov'è finito il galateo? È così che si accoglie una carissima amica?» Ancora una volta non ricevette risposta.
Si sedette sul bordo della colonna di casse. «Insomma ragazzi! Ora ci rimango male!» Strillò con una voce triste e dispiaciuta ma era come se non ci fosse. Istintivamente, sorrise in maniera diabolica puntando una cassa dove intorno ad essa vi erano degli scienziati che estraevano dei pezzi di metallo, provette chimiche con dentro uno strano liquido. Inoltre, badili neri con un chiaro segno su di esse: infiammabile. Ennesima risata isterica e folle, come se non sapesse fare altro. «BOOM BOOM!»
E dopo il suo grido di attacco, quella cassa esplose letteralmente causando anche, come una reazione a catena, l'esplosione dei badili neri. Si era aperto un incendio in breve tempo. Degli scienziati rimasero infortunati gravemente, altri morirono, e la stessa sorte toccò ai Veliant. Eppure, non tardarono a venirne altri, sia robot che umani. Vi era un uomo poco più avanti di loro al centro, sembrava essere qualcuno di importante. Aveva occhiali circolari e capelli pettinati, neri. Essi analizzarono la zona col tentativo di capirci qualcosa, capire la causa di quell'esplosione. «Ehi, teste di cazzo! Sono sopra di voi!» Avvisò con un tono di voce arrabbiato e irritato. I suoi avversari alzarono il capo verso di lei, l'uomo dai capelli neri la indicò tremando per poi ansimare. «PRENDETELA!» Sbraitò con un tono di voce altissimo e furioso allungando l'ultima vocale.
I Veliant cominciarono a sparare senza sosta ma lei, rapida come una gatta, saltò da una cassa all'altra, mentre strane scie giallastre la avvolgevano, assomigliavano a lingue di fuoco. A un certo punto della corsa si fermò, ghignò con convinzione e decise di fiondarsi, nel vero senso del termine, verso i robot, per poi respingere quell'energia color ocra verso i Veliant i quali rimasero coinvolti e spinti brutalmente verso le fiamme che non fecero complimenti e divorarono i robot come se fossero la loro colazione. Il tizio pettinato e laccato si ritirò dicendo delle frasi, come se parlasse con qualcuno: «Attacco da un Ullr, siamo stati attaccati da un Ullr, codice rosso, siamo in pericolo! Ah! Come cazzo ve lo devo dire?!» Era preoccupato e terrorizzato, più che essere un comandante sembrava un poppante che se la faceva nei pantaloni davanti a un bulletto. Rimasero altri Veliant e altri scienziati i quali si fecero coraggio e attaccarono la Ullr con le prime cose che trovarono, afferrando anche schegge di vetro e materiali taglienti che in effetti la ferirono. Beh, si erano fidati, ma quanto meno il loro coraggio era da premiare. La ragazza sorrise ambigua e malefica, chinò la testa e sussurrò con voce bassa e minacciosa «...boom» il corpo degli scienziati esplose. Veramente, erano scoppiati. Del loro cadavere nessuna traccia, solo chiazze rosse e organi. Uno scenario splatter/horror. «Fatevi sotto, robottoni!» Ignorando le ferite, combattette anche con i Veliant trascurando però un dettaglio importante. Il “comandante”.
Era lontano da loro, all'interno di una macchina seduto dietro il pilota e osservava la scena come se fosse seduto sul divano a guardare la sua soap-opera preferita. Una codardia senza precedenti, al pari di Schettino. Alzò la manica del suo camice sotto cui c'era uno smartwatch. Lo schiacciò con paura, fretta e furia e successivamente comandò gridando. «PARTI!»
Il pilota non indugiò oltre e schiacciò l'acceleratore – ne andava del suo udito, era una priorità oppure avrebbe dovuto sganciare soldi all'otorino.
La Riccia continuava a combattere ma lei non sapeva cosa sarebbe successo dopo. Il mare si agitò improvvisamente e, non appena lei si sbarazzò di tutti i Veliant, si accorse che da quella distesa di blu si innalzò un enorme serpente che sembrava essere composto solamente d'acqua. Aveva occhi verde-giallo, uno chartreuse che non prometteva bene. «Ahh! Ma sei un digimon? Non credevo esistessero» Rise «A noi due, IdroSerpemon, ti...» Manco il tempo di finire la frase che il serpente con movimenti rapidi e lesti si schiantò verso di lei travolgendola violentemente in una corrente marina. Dentro di sé, il serpente la attaccava grazie alla pressione dell'acqua e senza darle possibilità di fuga si ritirò nel suo habitat, il mare, lasciando in quel porto il caos più totale.

Non appena Duncan si svegliò si accorse che durante la notte nevicò una tempesta come se vivessero in montagna con Heidi. Era affacciato alla finestra della sua stanza da letto con un volto che oscillava tra l'essere triste e arrabbiato – ad occhio la percentuale più alta stava dalla parte della tristezza. A differenza sua, Gwen era bellamente addormentata e lui curava con attenzione il silenzio per non svegliarla. Fu inutile, lei si svegliò ugualmente non per colpa sua. Benché avesse appena aperto gli occhi rifiutò l'idea di alzarsi dal letto e, al contrario, si rimboccò di nuovo le coperte fino alla testa e non si mosse totalmente da lì, nemmeno se in cambio ci fossero stati un milione di dollari. Voleva solo dormire e intanto Duncan rimase davanti alla finestra con la stessa faccia di chi era stato appena lasciato dalla fidanzata o di chi aveva appena saputo della morte della sua tarantola. Afflitto, tornò a letto, del resto indossava ancora il pigiama. Coperte fino al collo e mano sotto la testa, coricato di lato -- fianco sinistro.
«Che succede Duncan? Hai finito la serie TV che stavi guardando? Per questo sei depresso?» Pur restando completamente sotto le coperte, senza muoversi, aveva notato che suo cugino era di malumore. La sua voce era offuscata per via delle sue amatissime lenzuola. Le soluzioni, secondo il Punk, erano due: o Gwen sapeva leggere le auree come Dawn e lui non lo sapeva, oppure era più sveglia di quanto si potesse immaginare nonostante fosse assonnata.
«Per favore, se così fosse a quest'ora ne starei guardando un'altra» Disse sorridendo compiaciuto, non rise perché non ne aveva nemmeno la voglia, già era tanto se sorrise.
«E allora che succede? Niente internet e quindi niente porno e quindi niente sfoghi sessuali?»
«Credi davvero che ancora abbia la vita sessuale di un undicenne, Gwen?» Negò subito ciò che la cugina stesse insinuando.
«Sì»
«Ottimo, allora» Sospirò il verde.
«Senti, sai che non mi piace tirare ad indovinare» Tirò subito la corda sperando di arrivare dritti al sodo.
«Insistente quanto un paparazzo» Simulò una piccola risata «Oggi è una giornata no»
«Quando mai una giornata sì? Mai na gioia, non era questo il motto?»
«Beh, uno a zero per te fata turchina gotica» Si posizionò a pancia in su «Vedi... nevica»
«Bello, no? Vorrà dire che se farai incazzare Heather ti aprirà in due» Ci scherzò.
«Troppa neve» Altro sospiro.
«Duncan, dov'è che vuoi arrivare?»
Le parole del ragazzo si bloccarono a metà, ma ci andò dritto senza troppi giri. «Non posso usare nessuno dei miei veicoli, la moto sulla neve è vietata e non ho catene per l'auto»
«Quindi le radici del tuo malumore sono delle minchiate» Affermò convinta.
«Più che malumore, mi definisco incazzato nero» precisò con voce decisa. «Come ci muoveremo oggi? Resteremo bloccati in casa!» Sbottò in seguito.
«La cosa non mi spiace. Oppure, si va a piedi» Suggerì Gwen sistemandosi meglio.
«Che rottura di coglioni! No, oggi spacco il mondo in due» Sbuffò con rabbia. Allora Gwen uscì la testa dalle coperte, i suoi capelli sciolti erano disordinati e scompigliati, occhiaie e un volto che implorava clemenza al cospetto delle luci del mattino. «Ascoltami con attenzione, ti offro delle opzioni: Scegli se restare qui a farmi compagna ma formulando frasi di senso compiuto evitando possibilmente di autofrustarti per via di un fenomeno atmosferico di cui tu non c'entri un cazzo oppure alzi il culo e vai a prepararmi un caffè aspettando che ti raggiunga, magari facendo qualsiasi cosa purché non sia rompere le palle. Ma qualsiasi cosa tu scelga: Smetti. Di. Frignare. Dunchina» Respirò «Guarda meglio e ti accorgerai di avere altri motivi per i quali distruggere il mondo, dammi retta. Troveremo un'alternativa per muoverci, tranquillo» Sistemò meglio la testa sul cuscino. Lì per lì Duncan si chiese tra sé e sé cosa le prendesse, ma in effetti la risposta era scontata e poteva anche capirla perfettamente. La conosceva meglio di chiunque altro, quindi inizialmente le chinò la testa senza battere ciglia, cosa che non era da lui, però non voleva incrementare il suo nervosismo dato che ciò era inutile e da idioti. Rimase lì, nonostante la richiesta del caffè che avrebbe esaudito più tardi.
«Che si fa oggi? O questa sera?» Chiese guardando la ragazza la quale soffiò fragorosamente per poi guardarlo con una faccia stremata e infastidita.
«Quello che facciamo tutte le sere, Mignolo. Tentare di conquistare il mondo» Fu un'ottima alternativa alla parolina magica che aveva pensato in primo luogo.
«Bella citazione, grazie» Duncan si sentì preso in giro. Forse lo era.
«Ma scusa, io mi sono appena svegliata e tu mi chiedi che faremo? Ma che ne so, Panta Rhei, io non sono nemmeno sicura se mi alzerò oggi!»
Duncan tornò a guardare il soffitto, alzò le sopracciglia «Giusto» chiuse gli occhi, mani incrociate sulla pancia «Hai ragione» Si stava per rilassare pure lui, il che non gli dispiaceva affatto. Respirava regolarmente, stava pure per conciliare di nuovo il sonno ma, per fortuna o sfortuna, il telefono squillò distruggendo bruscamente il silenzio e il relax, Gwen e Duncan aprirono gli occhi. Il telefono era quello del Punk, si alzò dal letto e lo prese anche se l'intensione era quella di distruggerlo. Rispose andando via, in cucina. Gwen si godette il letto che era tutto per lei solo nell'arco di 5 minuti o qualcosa in più, dopodiché anche lei abbandonò il suo amato letto affacciandosi alla finestra. In effetti la neve era abbondantemente presente nelle strade, ma anche nella finestra, dove era troppa rispetto al normale. Finì di contemplare la neve e indossò qualcos'altro oltre il pigiama, una felpa nera di suo cugino abbastanza pesante e larga con la zip aperta. Lo raggiunse in cucina il quale aveva casualmente chiuso la telefonata e preparava i caffè con la caffettiera, questa volta senza moka. Si sedette «Chi era?»
«Scott. Abbiamo discusso di una cosa nostra» In 5 secondi diede il caffè alla ragazza e si accomodò insieme a lei. Gwen non rispose dal momento che già sapeva che non le sarebbe interessato manco lontanamente, così calò il silenzio, bevevano il caffè mentre la Dark prese un giornale trovato al centro del tavolo. Non sapeva fossero notizie del giorno o passate, era giusto per passare il tempo. Tra un sorso e l'altro si era resa conto che oltretutto quel giornale era diverso. Sì, trattava sempre i soliti argomenti di un giornale qualunque però la differenza stava nello stile di quel giornale, la scrittura era più fluida esattamente come la grafica, l'ordine delle parole e delle immagini. Non se ne intendeva di giornali – non era solita a leggerli – eppure sentiva che quello aveva qualcosa di particolare. Andando avanti con le pagine, i suoi occhi si sgranarono istantaneamente quando trovò un argomento che le interessava non poco – ma più che interessava, possiamo dire che la riguardava in prima persona.
Strani robot soldati distruggono spietati la quiete odierna.
Si preannunciava così.
La descrizione dell'articolo invece era la seguente:
Vengono infiammate le abitudini urbane dei cittadini da soldati cyborg che seminano il terrore.
Descrizione breve e, tra l'altro, scorretta. I Veliant non erano Cyborg, la differenza tra Cyborg e Robot non è esattamente minimale. Quindi decise di dare una seconda possibilità, magari quei “cyborg” lo erano veramente. Lesse, prestando più attenzione alla lettura invece che al caffè. Duncan se ne accorse, la vide seria e ben concentrata.
Panico per le strade.
Dei robot armati e corazzati hanno diffuso recentemente scompiglio e disordine nella nostra città a fini sconosciuti. Quale sia la ragione esatta per la quale si presentano di notte non ci è dato saperlo. L'unica cosa che sappiamo su di loro è l'aspetto: si presentano armati di fucili dotati di […] – Gwen passò oltre, sapeva già com'erano – […] I loro movimenti sono sospetti, agiscono come criminali che nascondo qualcosa e la cosa che ha colpito diversi individui (nei quali consideriamo anche persone comuni) è che sembrano in cerca di qualcosa o di qualcuno. Alcune persone si dichiarano vittime accusando di essere stati aggrediti e talvolta picchiati da tali mercenari meccanici. Siamo in cerca di risposte mentre arrivano altre domande, come ad esempio: Perché nessun media non ha sparso la notizia? Perché non interviene nessun tipo di forza contro di loro? Perché nessuno si preoccupa mentre i cittadini hanno paura pure di andare a fare il bucato? È vero, ci sono dati mancanti. Altra cosa ricorrente all'argomento è il fatto che sono stati trovati anche tali robot senza energia, come se fossero scarichi, altri ammaccati, bruciati o addirittura devastati. Qualcuno o qualcosa è in combutta contro di loro, ma questo qualcuno o qualcosa è a nostro favore? Viviamo nel mistero in cerca di verità, un tipo di verità che nemmeno i giornalisti più puri possono sapere.
The Squirrel.
«Dove hai preso questo giornale?» Chiese puntando gli occhi al ragazzo con una serietà più unica che rara.
«Sicuramente non in macelleria. Comunque, è l'unico giornale per il quale sono sicuro che non ci lavorano giornalisti corrotti e leccaculo» Aggiunse mentre rispondeva sicuro di ciò che disse. «Che cos'hai letto? Ti vedo troppo rigida» Interrogò e come risposta la Gotica porse l'articolo al cugino «Sono convinta che non l'hai letto» E aveva ragione. Anche lui si mise a leggere e, esattamente come lei, rimase trascinato come in una corrente. Intanto lui decodificava il messaggio della pagina, lei aveva appena scoperto il nome del giornale. Craine Gazette. Nome strano ma credeva che fosse da tenere d'occhio costantemente.
«Beh...» Il Punk alzò le sopracciglia «Consideriamo che è un articolo un po' datato»
«Fregacazzi» Ribatté Gwen decisa.
Duncan scorreva le pagine molto rapidamente in cerca di altre notizie collegabili alla precedente ma chiuse il giornale senza risultati. «Non mi ero ancora chiesto perché i media non ne parlano proprio. Mi ha fatto pensare, sotto certi versi» Commentò grattandosi il mento. «Tralasciando un giornalista che si firma “the Squirrel”»
«Esatto» Continuò Gwen «Teniamo d'occhio questo giornalista, chiunque esso sia»
Ducnan studiava la sua espressione facciale inflessibile mentre si accendeva una sigaretta. «Cosa stai pianificando?»
Gwen rimase zitta per cinque secondi dopodiché sospirò. «Qualcosa pianificherò» Doveva per prima cosa trovare qualcosa da cui partire.


Scott si trovava a passeggiare con lo scopo di raggiungere una meta precisa che era il luogo comune nel quale si incontrava frequentemente con gli altri Ullr accompagnato dalla neve, in un pomeriggio freddo e secco. Giacca nera, sciarpa grigia a coprirgli il volto lasciando gli occhi scoperti insieme ad un cappello del medesimo colore dal quale uscivano delle ciocche rosso-arancio senza alcun ordine. Mani in tasca, dai suoi occhi era visibile la noia che provava in quel momento. La neve non era portatrice di bei ricordi o sentimenti come invece era per i bambini che animavano la via giocando e creando pupazzi di neve, o come altri ragazzi suoi coetanei che per un attimo si erano visibilmente scordati del buonsenso, giocavano a palle di neve. Ridicolo, secondo lui. «Vedo che sei triste» Fu una vocina sottile e leggiadra a interrompere i suoi pensieri, non ci fu il bisogno di voltarsi per capire chi era. Sbuffò. «Figlia dei fiori! Tempismo perfetto quando si parla di rompere le palle!» Bofonchiò sboccato simulando un entusiasmo palesemente falso. Dawn aveva un abbigliamento simile al suo, solo a colori invertiti. Giacca bianca, resto grigio. I capelli raccolti in una treccia.
«Come mai sei a piedi?» Chiese innocentemente.
«Cos'è, oggi non sai più leggere i pensieri?» Replicò seccato.
«La tua aura è grigia»
«E quindi?»
«E quindi è indecifrabile»
«Buon per me»
Ma Dawn non si tirava indietro, cercava ugualmente di leggere i suoi pensieri anche se leggerli richiedeva un certo sforzo dato che essi non erano chiari e definiti nemmeno per lui. Stranamente, ogni volta che la bionda ci provava in cinque minuti ci riusciva. Infatti: «Odi la neve» Osservò.
«Che scoperta sensazionale» Ribatté sarcastico roteando le iridi.
«La odi per la tua infanzia» Continuava.
«Non sono cose che dovrebbero riguardarti»
Erano quasi arrivati a destinazione, mancava pochissimo.
«Dovresti cominciare a...» Dawn stava solo per consigliare e Scott, qualunque consiglio fosse, non era propenso a prenderlo in bene. Arrivati al vicolo cieco, nell'ombra, la presa dalla sua sciarpa. Con rabbia, avvisò: «Azzardati a dire anche un'altra parola e non risponderò delle mie azioni» Avviso che suonava in realtà come una minaccia, lo disse guardandola dritta negli occhi e lei, che nonostante tutto era impassibile e tranquilla, lo ascoltava guardandolo nella sua stessa maniera. Continuarono per un po', Dawn annuiva scusandosi e allora Scott la lasciò andare. In tutto questo, si erano osservati negli occhi per 10 secondi esatti.
Dal vicolo cieco, Scott schiacciò la solita mattonella che aprì il passaggio verso il loro piccolo giaciglio. La Iena si disfò di giacca e co, mostrando una felpa arancione. Dawn fece la stessa cosa, con la differenza che lei aveva un maglione di lana rosso-bordeaux pesante quanto lungo e non mancava la collana con il ciondolo acchiappasogni beige.
Il Rosso, come potrete supporre, prevedeva di arrivare lì e, al massimo, trovare qualcuno, chiunque ma non Dawn. Al fine di ignorare la sua presenza e di non sentire la sua voce, accesa la tv dedicandosi allo Zapping. La ricerca di qualcosa di interessante era estenuante, la noia divorava i due, più lui. Ma, proprio mentre faceva Zapping disperatamente, ricevette una telefonata inaspettata da parte di DJ, il che catturò l'attenzione della Regina dei boschi bionda e minuta. La Iena bofonchiò in segno di scocciatura. Rispose. «Sì, pronto?»
Silenzio, un suono bizzarro proveniva dallo smartphone di Scott. Alzò un sopracciglio creando un espressione di stupore. «Un porto? E che dovrei fare, scusa, mi hai preso per un ormeggiatore?»
Dawn si sedette vicino al Rosso. «Sì, DJ, ho capito ma chiama a Gwen quando è così. O l'FBI, NCIS, vedi un po' tu»
«No, mi spiace, puoi fare in culo» Fu diretto e conciso.
«Non ho intenzione di venire. Fai una cosa: chiama Duncan, giocate agli allegri Baby Sherlock e poi tenetemi aggiornato. Eh? Che dici?» Sogghignò aspettando una risposta. «Ah, amore... ero sicuro avresti risposto così» Disse con un tono quasi seducente, il sogghigno divenne ghigno. Magari voleva farlo innervosire.
«Va bene, bellissimo, dato che ti trovi in un porto potresti portarmi... ha riattaccato» Rise, e intanto Dawn lo guardava con disappunto.
In quel porto Dj non era solo, c'era pure Zoey. La rossa era accovacciata di fronte a una chiazza rossastra ben visibile grazie alla neve, la esaminava al fine di confermare ciò che sosteneva riguardo essa. «Sì, DJ» Guardò lui «È sangue» Non era l'unica macchia di sangue. Vi erano anche alcune carcasse. Visione orribile in un porto orribile. Intorno a loro predominavano tre colori, il bianco – la neve –, il rosso scuro – sangue – e il blu grigio – rappresentante del mare composto interamente da acqua gelida.
Erano i soli ad essere lì. Il Giamaicano ne approfittò per guardarsi intorno: solo casse, contenenti all'interno materiali metallici di diverse misure, arnesi, provette da laboratorio con dentro liquidi di diversi colori – liquidi che lui non avrebbe mai potuto definire –, pezzi riguardanti la meccanica e chip. Tutta roba che non avrebbe mai potuto utilizzare o comunque roba che non aveva a che fare con lui. I suoi hobbies erano altri.
Dal suo punto di vista, tra l'altro, quello sembrava essere un porto abbandonato o qualcosa di simile. Si fece due conti: se era possibile accedere ad un altro porto sempre da quelle parti, perché chiunque ci fosse stato lì non si trovava in un porto via via più funzionale, aggiornato e attivo di quello (del quale, in più, lui era convinto che NON fosse tale. Solo una zona scelta male). No, no, era palese: c'era altro sotto.
«Ho una brutta sensazione» Ecco, Zoey confermò che non era il solo. Lei invece si sentì insicura in quella situazione, non sapeva bene cosa provare a livello emotivo e tanto meno cosa aspettarsi e immaginare.
Nel dubbio, DJ riprese il suo smartphone. «Chi telefoni?» Chiese ingenuamente Bella Gioia, ma non ricevette risposta. Agì solamente: si accovacciò anche lui posizionando il telefono in verticale tra la chiazza rossa e il suo viso, furono solo due secondi perché si sentisse un suono di una macchina fotografica. Zoey capì e si trovò d'accordo. Oltre la macchia, fotografò pure il luogo, le casse e ciò che contenevano. «Andiamo, Zoey» Comandò deciso e lei lo seguì. Prima di andare via, però, DJ trascinò con se una delle tante casse. Una a caso, non troppo piccola, non troppo grande. Dopo ciò, andarono via, mise la cassa nel cofano della sua macchina che grazie al cielo era possibile inserirla. Zoey salì in macchina mentre Dj, prima di seguirla, fece una foto panoramica di tutto il porto che dalla sua postazione era ben visibile.



«Stai scherzando?!» Fu la prima cosa che esclamò Ducnan non appena l'Orsacchiotto, presentando anche la cassa, spiegò il fatto a tutto il resto della comarca. Loro non poterono che restare esterrefatti. «E tu hai ben pensato di portarci qui questi gioiellini per... fare cosa?» Il Punk frugava tra gli oggetti analizzandoli in linea di massima. Per quanto riguarda i liquidi, non sapeva dire nulla, ma sugli oggetti metallici e elettronici sì. Innanzitutto gli oggetti metallici non erano tutti simili, il materiale o la lega – a seconda dell'oggetto – che li componeva era diversa, cambiava da uno all'altro. Acciaio, Ferro, Ottone, Platino, e tanti altri, la lista era lunga. Persino in Acciaio Inox. Nel campo elettronico: Cavi, Circuiti, Schede Madre, Fototransito e, anche qui, tantissimi attrezzi. Duncan tirò un sospiro sorridendo. «Mi sento come a Natale»
«Da quando sei un ratto da laboratorio?» Sfidò Heather con le braccia incrociate.
«Ho lavorato per un po' di tempo nella meccanica, mettiamola così»
«“Un po'” quanto? E poi tu? Proprio tu?»
«Senta, sua freddezza, è vero: non sono completamente un ingegnere, né un meccanico né un inventore. Però ho lavorato in questo campo, so riconoscere questi ninnoli»
Gwen ascoltava, non conosceva questo lato del cugino. Aveva intenzione di andare oltre, ma in un secondo momento. Seduta in disparte, silenziosa, come se fosse troppo concentrata, osservava la marmaglia di oggetti in quella cassa finché, a un certo punto, le parve di aver adocchiato un oggetto a lei famigliare. Forse si sbagliava, ma si alzò mettendovi mani esattamente come al Marcio, prendendo ciò che le interessava in prima persona. In realtà, aveva ragione. Era esattamente un oggetto preciso e identico al tubo di cui erano già in possesso. Questo serviva a testimoniare che le sue supposizioni erano reali: quella cassa, quegli utensili, erano in qualche modo collegati ai Veliant e a chi li comandava. Gwen posò il “tubo” sul tavolo, dolcemente, puntando gli occhi in un punto non preciso della stanza guardando il vuoto, la sua mente fabbricava qualcosa.
«Vorrei capire a cosa serve quel coso» Disse DJ curioso grattandosi la barba.
«Faresti meglio a parlare al plurale, non sbaglieresti» Commentò Duncan senza distogliere gli occhi dalla scatola «Scegli tu»
L'unica ad accorgersi della assenza psicologica di Gwen furono Dawn e Zoey. Rispettivamente, Dawn – come al solito – sapeva cosa passasse per la sua testa. Quanto a Zoey: «Gwen?» Chiamò con delicatezza «Tutto bene?» Gwen passò dal guardare il nulla a guardare Zoey negli occhi. Fu un attimo «Devo andare» Mantenne fede alla sua parola e si diresse verso la porta senza dare spiegazioni, causando sdegno in Heather e Courtney. «Aspet...» Fece tardi, Gwen era già fuori. L'altruismo di DJ si fece successivamente presente. «Dove va? E se le serve qualcosa?»
«Lasciatela fare, tranquilli» Placò gli animi la nonchalance di Duncan.
«Non sei preoccupato?» Interrogò Scott, alzando le sopracciglia.
Duncan, continuando a guardare quel che c'era in quella cassa, fece una smorfia. «Naah...»


Più in fretta possibile, alla fine Gwen era arrivata a destinazione. Un palazzo di appartamenti, in cui lei c'era entrata tranquillamente. Senza prestare attenzioni a ciò che la circondava, ordinò subito l'ascensore che fortunatamente non si fece attendere come una sposa il giorno del suo matrimonio. Entrò dentro e cliccò il bottone con sopra il numero “4”. Gwen si appoggiò al muro chiudendo gli occhi per un po' cercando di rilassarsi, sapeva già che si sarebbe agitata tra non molto. Un'altra manciata di secondi e le porte dell'ascensore si aprirono di nuovo permettendole il passaggio. Decisa, proseguì per la sua via e esattamente al centro della fine del corridoio vi era una porta difronte a lei. Era quella la sua meta. Arrivata bussò, ma nel tentativo la porta si aprì. Qualcuno l'aveva lasciata aperta, il che la fece sbuffare facendo fare un completo angolo giro ai suoi occhi neri. Si permise di entrare senza alcun consenso e si assicurò di chiudere la porta. Il suono della porta chiusa allarmò una persona che era presente insieme a lei e questa, tempestivamente, arrivò alla destra destra di Gwen. Era Cameron, in pigiama, armato di coltello. Aveva lo sguardo minaccioso – cosa che non gli riusciva bene – ma quando realizzò che chi aveva invaso il suo appartamento era la sua amica la sua espressione divenne meravigliata. «Gwen?»
«Ti prego, Cam...» Disse con un tono basso di supplica e sdegno.
«Che ci fai qui?»
«Devo parlarti. Urgentemente»
 




:
Oooohh, bellissime bestiole degli infermi miei, come state?
Strano vedere un mio aggiornamento, eh? Ogni volta fa strano pure a me.
E che aggiornamento... Posate i forconi e le torce infuocate, posso spiegarvi tranquillamente:

Per una ragione o per un altra, mi sono visto costretto a rimandare la scrittura e la vaga possibilità di aggiornare, il che da un lato dispiace ma amen. Sincero? Mi sono un po' legato a questo mondo, le storie, le ff, questa storia, storie che verranno - delle quali vorrei parlarvi più tardi -, voi, etc.
Parliamo del capitolo:
Questa cosa dell'introdurre nuovi personaggi è sì, figa, carina, e quant'altro, però tranquilli, con quei due del capitolo precedente e quella di questo capitolo - 3 persone delle quale non vi svelerò nulla, no spoiler - devo calmarmi un secondo. Dovrei finire qui. O forse no. Mi spiego: ne verranno altri al 90% ma per ora dovrebbe andar bene così, o perlomeno, se ne verranno altri per ora saranno quelli che non saranno avvolti nel mistero. No, tranquilli.
Ovviamente, mi farebbe molto piacere sapere voi cosa ne pensate.
IdroSerpemon? Aaah, no, non esiste, probabilmente lo saprete meglio di me. *guarda una foto di Dianamon* ok, ricomponiamoci.
E il porto? Non mi piace esattamente chiamarlo porto, perché fondamentalmente è una zona creata dall' Aesir corp. stessa quindi  è una cosa non definita, situazione più o meno diversa del buco nel bosco dove in realtà la carcassa robotica era Prir, mi aspetto che l'abbiate capito.
Lo so, il mio modo di scrivere è terribilmente confusionario e... orrendo? Cercho sempre di migliorare, vogliate scusarmi.
Ah, un'altra cosa: questo capitolo è venuto più lungo del solito, un pochetto. Ma questo capitolo e quello successivo erano all'inizio destinati ad essere un tutt'uno.
Volevo chiedervi, se dovessi tergiversare con il limite delle 6 pagine per voi andrebbe lo stesso bene? Sono nelle vostre mani.

E assolutamente, se avete domande, se avete da ridire, potete tranquillamente farlo, senza alcun timore.
Recensite, se potete, se volete, ditemi sull'OOC, errori, nosense, se vi è piaciuto Ciao Darwin 7, cosa farete a pasqua, se volete bruciare a Donald Trump, tutto quello che volete voi bellezze!
Nel frattempo io starò sicuramente guardando, appunto, per l'ennesima volta la prima puntata di Ciao Darwin perché, mamma mia, il trash trasuda da tutti i lati. Ma va bene, in effetti si vocifera che sia stata creata per rappresentare effettivamente l'italiano medio quindi sì, ci siamo. Ma non è per questo, la parte che mi è piaciuta di più è stata Fabio Filisetti, l'ho adorato. Lo voglio assolutamente trovare anche ad Avanti un altro. 
Piccola chicca: Non amo molto la televisione, tuttavia ho stima nei confronti del duo BonolisLaurenti. Sì, mi piacciono, sinceramente.
Ma beh, e sia...

Prima di andare volevo parlarvi, come già detto sopra, delle storie che verranno.
Ho intenzione di scriverne un'altra, senza trascurare questa, Ragnarok, perché sinceramente non lo farei. E' vero, ho sbagliato alcune cose, ma non me la sento di buttarla nel cestino o di trascurarla. Cerco di riparare questi piccoli errori. 
Volevo dirvelo solamente, solo un'altra. 
Ne avrò quindi tre (delle quali una sta facendo la muffa)
Ma diciamo che sento il bisogno di... ecco, mostrare un altro lato di Nero, un altro genere in un certo senso.
Quindi fatemi sapere.

Ok, ho finito.
Detto tutto questo vado via, non rompo oltre.
Mi raccomando non vi affogate con le uova di Pashhkua.

Grazie per avermi sopportato anche questa volta.
Vi amerò per sempre...
Cit.

*Passa a prenderlo Batman con la batmobile. Nero saluta con uno striscione che mostra unicorni che cagano arcobaleni*

 
   
 
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