Come era
prevedibile immaginare, le cose iniziarono a degenerare in fretta, come
se
quello che stavo vivendo fosse un incubo e non la realtà.
Quando viene a
mancare una leader nata come Faragonda, chi si affidava a lei si sente
perduto,
inutile. Nel caso specifico di Tecna, lei si sentiva in dovere di
riempire il
vuoto lasciato dalla figura di comando, ristabilire l'ordine con la
logica.
Continua a
tremarmi la mano... ma che dico, non ha mai smesso di farlo. Sto
scrivendo
delle mie amiche come vittime sacrificali annunciate da qualche
oracolo. Davvero
non c'è via d'uscita dal destino che ti strozza la gola?
Non lo
so... so solo che quel giorno, equilibri essenziali alla vita furono
spezzati,
lasciando le Winx alla deriva nel mare come naufraghe. Dei morti che
camminano,
ecco cosa sono tutte loro, a meno che io non faccia qualcosa. A meno
che io...
non metta mano sull'Universo stesso.
Con la
caduta di Faragonda, ognuno ha dovuto trovare un modo per reagire.
Rimanere
esposti agli eventi come lo eravamo noi poteva significare la nostra
stessa
fine, esattamente come è successo alla preside. Non avevamo
risposte a ciò che
era accaduto, non avevamo certezze, avevamo solo un mucchio di domande
senza
risposta.
Camminavamo
sul filo del rasoio in punta di piedi, col pericolo di cadere da un
momento
all'altro. Tutti lo stavamo facendo. Potrei raccontare mille storie su
altrettante persone e comunque il finale non cambierebbe, per questo
motivo
narrerò i fatti delle persone che amo: voglio che siano
d'esempio per tutti,
voglio che l'umanità intera veda come l'amore può
trascendere nella miseria
così facilmente, affinché la combatta con tutte
le sue forze.
Ho deciso
di iniziare dalla fata della tecnologia perché fu la prima a
mostrare segni di
anomalia, ma tutte le ragazze iniziarono a covare il loro profondo
disagio
interiore più o meno nello stesso periodo, manifestato, poi,
in tempi diversi.
Ciò è dipeso sia dal loro differente carattere,
sia dal loro differente modo di
affrontare le tragedie.
Tecna
è
quel tipo di persona che consolida la tua vita. Su di lei puoi contare
in ogni
momento, quasi sempre sa dare risposte alle tue domande, elargire
consigli; ti
mostra nuovi modi di pensare e nuove prospettive da cui osservare il
problema. Se
hai lei vicino, ti senti in grado di affrontare qualsiasi cosa. Posso
definirla
come coraggio puro. Lei è davvero coraggio puro,
sì.
Una delle
cose più atroci che possa accadere, è quando una
persona del genere perde sé
stessa: ad un certo punto, il coraggio non te lo infonde
più. Non perché non ne
sia più in grado o perché non voglia ma,
semplicemente, perché quell'anima che
donava così tanta forza agli altri diventa la maledizione di
sé stessa, il suo
tormento.
Come in un
circolo vizioso, ciò non faceva altro che generare altro
tormento fino ad
avvelenare in primis lei, e poi chi le era intorno, fino a raggiungere
inesorabilmente
conseguenze fatali. Ciò l’ha portata a toccare con
mano quella stessa follia
che ha sempre terrorizzato i popoli di tutto l'Universo, spingendoli ad
ancorarsi con tutto il loro cuore a mantra del tipo 'non
accadrà mai a me'. Se
lo ripetete anche voi di continuo, vi informo che vi sbagliate di
grosso.
Pensate che
una normalità fatta di pazzia non vi si addica? Pensate
davvero che la vostra
vita, che la vostra realtà, non possa essere toccata? Non
è forse già questa
convinzione una follia? È probabile che il vostro modo di
vivere si sia già
avvicinato al mio e nemmeno lo sapete... è un pensiero che
fa ghiacciare il
sangue.
Comunque
sia, sono qui per questo: è per farvi aprire gli occhi che
mi sto rompendo la
mano a scrivere tutto quello che posso prima che sia troppo tardi. Ho
una sola
possibilità, devo farcela per forza. Non lasciate che la
sofferenza che vi sto
narrando vada sprecata: combattete quello che verrà a
sporcare la vostra anima,
perché credetemi, verrà. In che modo essa vi
coglierà, dipenderà solo da me.
Ora... ora
passiamo a Tecna. Povera, cara Tecna. Con Griselda al comando e
Faragonda
internata, tutto sembrò apparentemente calmarsi: le allieve
non osavano più
nemmeno sorridere fuori dalle loro camere, figuriamoci a creare caos e
discussioni futili. Erano profondamente turbate e sconvolte, come
tutti, del resto.
Si
potrebbe pensare che le cose stessero iniziando a sistemarsi, ma fu
proprio
questo clima di calma forzata che disturbò l'equilibrio
interiore della mia
cara amica: con più tempo e tranquillità da
dedicare ad altro all'infuori
dell'insegnamento, iniziò ad arrovellarsi il cervello sulle
possibili cause che
potrebbero aver trasformato Faragonda in una Orphan.
Rifletteva
senza sosta, ogni momento della sua giornata era dedicata alla ricerca.
Non si
dava pace, Tecna: non riusciva a concepire e nemmeno a sopportare
l'idea di non
venire a capo della questione, di non avere risposte da dare. Di
sentirsi
inutile e non all'altezza.
Da quando
le acque si erano calmate, noi Winx eravamo solite passare
più tempo insieme,
anche per rincuorarci a vicenda dell'accaduto; la presenza di Tecna
divenne
sempre più sporadica, fino a quasi scomparire dalla
circolazione.
All'inizio
cercavamo di non darci troppo peso. Ormai conosciamo la fata della
tecnologia,
sappiamo cosa le frulla in testa il più delle volte,
però qualcosa mi diceva
che stavamo sottovalutando la situazione ancora una volta, come era
successo
con Faragonda. Che sia questo uno dei segnali che nell'aria qualcosa
non va?
Probabile, molto probabile.
Non
riuscivamo più a comprendere la gravità delle
vicende che ci accadevano
intorno, e questo era pericoloso, se non fatale. Durante le sue lezioni
divenne
sempre più severa e rigida: assegnava compiti davvero
pesanti, era sempre molto
nervosa e spiegava le nozioni non più in modo chiaro e
semplificato, ma in modo
contorto e difficile, anche per noi che siamo fate esperte.
Capimmo
tutte che la cosa stava prendendo una brutta piega quando un'alunna,
esasperata
da tutto, le chiese il motivo di tutti quegli esercizi così
assurdi e fuori da
ogni portata.
Lei
sbottò
così: «Vuoi forse fare la fine delle tue
compagne?! Se avessero studiato di
più, se fossero state più preparate, avrebbero
trovato un modo per difendersi e
salvarsi! Avrebbero capito prima che qualcosa non andava! Vuoi morire
anche tu?
Eh?! Allora? Vi sto solo dando i mezzi per prepararvi, per non essere
un peso
per nessuno! Nessuno verrà a salvarvi se accadrà
di nuovo una cosa del genere!»
In quel
momento, ebbi la chiara impressione che quelle parole riflettevano
ciò che
provava dentro la sua anima.
Man mano
che passava il tempo, tenere a bada la mia corruzione, con tutti i
problemi che
mi fluttuavano intorno, stava diventando davvero complicato. Molti
interpretarono la mia freddezza verso la questione come menefreghismo,
ma la
verità era che, fisicamente, non potevo farmi coinvolgere
troppo o sarei caduta
anche io: dovevo andarci pianissimo con le emozioni forti.
Musa aveva
la camera comunicante con quella di Tecna. Ci riferiva ogni giorno cose
preoccupanti: aveva praticamente smesso di dormire e passava la notte a
fare
ricerche sulla corruzione in cerca di risposte che, puntualmente, non
trovava.
Il terrore
viscerale che anche lei fosse stata corrotta era tangibile, ma la sua
situazione era davvero analoga a quella di Faragonda? No, non proprio.
I tic
nervosi tipici non li aveva e, per esperienza personale, so che non
è possibile
essere corrotti e non averli, quindi, almeno per il momento, eravamo
tranquille
su quel fronte.
La storia
andò avanti così finché, un giorno, la
vedemmo arrivare in classe tranquilla e
rilassata, anche se, dal tono della voce, notammo che era comunque
fredda e
distante. Flora azzardò una conversazione amichevole per
tastare il terreno.
«Ti
vedo
bene oggi, Tecna. Ti senti meglio?»
La fata
delle piante sfoderò il sorriso più dolce che
aveva, ma la nostra amica la guardò
come se fosse trasparente: sembrava il fantasma di sé
stessa.
«Ah,
sì...
sto meglio, grazie. Ora scusatemi, ho lezione».
Si
alzò e
girò i tacchi, ignorando il nostro grosso disappunto nei
suoi confronti.
«Forse
ha
bisogno di più tempo» disse Aisha con fare
agitato.
Più
tempo... era stato il tempo a fregarmi con Faragonda, forse era meglio
agire in
modo preventivo.
Decisi che
l'indomani le avrei parlato chiaramente. Mi dedicai, quindi, alle
lezioni e a
pensare a un buon discorso da farle, fin quando non intravidi Tecna sul
calar
della sera in un corridoio vuoto, sentendola parlare da sola. Notai che
si
strofinava le mani sulle braccia, come se avesse freddo: il suo volto
era
scavato, e due grosse occhiaie nere spiccavano prepotentemente sul suo
viso.
Inizialmente,
mi si gelò il sangue nelle vene, dato che il mio primo
pensiero fu la
corruzione, ma mi costrinsi a restare lucida e mi misi a riflettere
bene su ciò
che stavo vedendo. La situazione era diversa da quella di Faragonda,
così come
erano diversi gli atteggiamenti: invece che i segni di una metamorfosi
in
Orphan, sembravano più quelli di una... dipendenza. Mentre
la mia amica
sfrecciava via verso la sua camera, decisi di chiamare Timmy per
scoprire
qualcosa.
«Ehi
Timmy, sono Bloom. Scusa il disturbo, ma è abbastanza
urgente. Ultimamente
Tecna ti ha parlato di qualcosa di... strano? Una scoperta che ha
fatto, oppure
di qualche problema?»
Era
inutile girare intorno al discorso con il ragazzo, Timmy è
fin troppo sveglio.
«Mh...
non
so perché, ma mi aspettavo la tua telefonata, Bloom. Beh, mi
ha parlato delle
sue ricerche sugli Orphan: è frustrata perché non
riesce a capire cosa sia
successo a Faragonda».
Cercai di
non agitarmi troppo alla risposta già nota, ma avevo fretta,
cavolo se avevo
fretta.
«Ok,
ma ti
ha detto qualcos'altro di strano?»
«Uhm...»
Passarono
pochi secondi di silenzio, ma a me parvero ore interminabili.
«Se
possiamo definirlo strano non lo so, per noi che ci occupiamo di
tecnologia è
normale fare le ore piccole. Ha detto che ha inventato un'energizzante
favoloso
per rimanere sveglia e concentrata, molto meglio del caffè o
altri stimolanti.
Le ho chiesto se me ne procurava un po' ma si è arrabbiata,
eppure lo sa che
sto progettando un nuovo modello di-».
Povero
Timmy, gli chiusi praticamente il telefono in faccia, ma dovevo
muovermi: corsi
spedita verso la camera di Tecna e bussai con fare minaccioso, un po'
troppo,
devo ammettere.
«Tecna,
apri! Devo parlarti!»
Una voce
piatta e, allo stesso tempo, nervosa, venne ovattata dalla porta chiusa
a
chiave.
«Vai
via
Bloom, ho da fare!»
Inutile
dire che persi subito la pazienza.
«Tecna,
apri subito. So cosa stai facendo!
Lo so
che prendi qualcosa per restare sveglia la notte! Ti sta
distruggendo!»
Ci fu un
silenzio di tomba per qualche minuto, poi la porta si
spalancò davanti al mio
naso.
«Come
osi
intrometterti nelle mie faccende? Chi sei tu per giudicarmi, eh? Parla
quella
che ha violato la sua natura senza dire niente a nessuno! Io sto solo
cercando
di salvare tutti!»
Era puro risentimento quello
che sentivo, ma
dovevo costringermi a tutti i costi a restare calma: dovevo far appello
alla
sua intelligenza.
«Esatto,
Tecna. È esatto. Anche io stavo cercando di salvare
qualcuno. Stai facendo
quello che ho fatto io, te ne rendi conto, amica mia?»
Il volto
rabbioso e profondamente contratto della fata si allentò per
un momento: i suoi
occhi verdi ebbero come una rivelazione ovvia ma persa per lungo,
troppo tempo.
«Io...
io... è vero... che sto facendo?»
Provai il contatto fisico ed
accennai un
abbraccio, lei non si oppose.
«Tecna,
ascoltami... è normale, ok? È normale andare
oltre i propri limiti per chi si
ama. Proprio come ho fatto io, ti sei fatta del male per qualcuno e non
l'hai
detto a nessuno. Capisci ora, tesoro? È questo che fa
l'amore. Siamo noi che...
beh... esageriamo».
La fata
della tecnologia mi strinse forte, come se io fossi l'ancora che la
teneva a
galla in un mare di follia.
«M-mi
dispiace così tanto per quello che ho detto... non lo
pensavo veramente,
Bloom...»
«Lo
so
Tecna, lo so. Tranquilla... mi vuoi dire cosa stai
prendendo?»
«Un...
un
derivato del tuo farmaco... calma il sistema nervoso, non mi fa
stancare. Mi fa
restare lucida... mi aiuta a non dormire...»
Tecna
scoppiò a piangere e mi strinse ancora più forte,
crollò come un castello di
carte. È normale fare di tutto per salvaguardare le persone
che amiamo, certo,
ma era normale quello? Era davvero
ciò che normalmente farebbe un essere umano per affrontare
una tale situazione?
Forse, non lo nego, per me, invece, no. Assolutamente no.
Mentre
coccolavo Tecna tra le mie braccia, un pensiero fisso mi frullava nel
cervello:
quello che stava vivendo la mia amica non era corruzione, ma non era
nemmeno
una cosa sana. Cosa c'era sotto? Cosa mi sfuggiva? Perché
una ragazza razionale
come lei era annegata in un limbo di ossessione così
profondo in così poco
tempo?
«Va
bene
tesoro, ora ascoltami. Ascolta una che di autodistruzione se ne
intende:
eliminiamo quel farmaco dal tuo organismo e prenditi un po' di tempo
per te
stessa. Torna a casa, dai tuoi genitori. Spiegherò loro la
situazione e ti aiuteranno
a disintossicarti. Ok?»
Annuì
senza staccarsi da me e pianse tutte le lacrime che doveva versare. Che
diavolo
stava succedendo? La corruzione non c'entrava, almeno non con il caso
di Tecna.
E allora... perché?
Lo
avrei
scoperto presto, sulla pelle dei miei affetti più cari.