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Autore: DueDiFiori    21/03/2016    1 recensioni
Nessuno aveva detto a Ryou che dopo tutte quelle che aveva passato si sarebbe anche ritrovato a decidere cosa fare della seconda personalità vendicativa di Marik tornata dal Regno delle Ombre. Ma evidentemente era destinato ad essere perseguitato da ogni singolo spirito maligno ci fosse in circolazione.
Non che lui si impegnasse poi tanto a tenersi lontano da situazioni del genere.
[Seguito di "Meravigliosa Paura", diventerà Deathshipping nei capitoli successivi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryou Bakura, Yami no Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Buongiorno! Questo capitolo potremmo chiamarlo "Ryou Bakura fa pessime decisioni e ha troppo buon cuore" e spero possa piacervi. Le recensioni sono sempre ben gradite, anche quelle critiche.


Ryou era combattuto.

Da un lato, si rendeva perfettamente conto che Marik doveva essere rimandato nel Regno delle Ombre il più presto possibile. Doveva sbrigarsi a trovare il modo di riaprire un portale, prima che Marik decidesse di far del male a qualcuno.

D'altro canto, c'erano cose che Ryou non capiva, e lui detestava non capire. Andare nel panico era, probabilmente, una reazione normale alla prospettiva di essere rimandati nel Regno delle Ombre. Eppure quasi non riusciva a razionalizzare l'idea del lato oscuro di Marik spaventato, nonostante l'avesse visto con i suoi occhi.

Faceva sempre uno strano effetto provare a immaginarsi che uno spirito maligno possa provare paura. Una creatura che amava tanto terrorizzare altri spaventata.

Certo, nessuno poteva sapere meglio di Ryou che uno spirito può provare tante emozioni quante un essere umano. Lo Spirito dell'Anello era sempre stato concentrato sul suo desiderio di vendetta, sempre pieno di odio e di rabbia, ma Ryou poteva ricordare alcune occasioni nelle quali era stato spaventato, triste, persino felice.

Però lo Spirito era un essere a sé stante, mentre il lato oscuro di Marik... beh, era il lato oscuro di Marik. Un concentrato dell'odio e della rabbia di un bambino di dieci anni traumatizzato che aveva guadagnato una coscienza propria. Non una persona vera e propria, ma qualcosa animato solo da rabbia incontrollata e un desiderio di distruggere chiunque gli si parasse davanti.

Almeno, queste erano state tutte le esperienze che Ryou avesse avuto con lui. Ma questo... istinto di autoconservazione, perché quello doveva essere stato, che Marik aveva mostrato intrigava Ryou. Fino a che punto si era sviluppata l'individualità di Marik? Quanto era profondo il divario fra lui e il Marik originale?

La curiosità lo stava tormentando, e di certo Ryou non avrebbe avuto risposte se avesse rimandato subito Marik nel Regno delle Ombre. Forse avrebbe potuto aspettare ancora un poco, magari se avesse battuto Marik a un altro gioco o due sarebbe riuscito a farsi dire qualcosa di più... tanto per il momento nessuno era finito nei guai...

«Terra a Ryou, Ryou mi ricevi?» Ryou batté le palpebre un paio di volte, vedendo una mano che gli passava davanti agli occhi.

«Cosa?» disse, confuso. Non si era nemmeno accorto di Jounouchi seduto sul suo banco e di Anzu e Honda in piedi vicino a lui.

«Sei con noi? È la quarta volta che ti chiamo» disse Jounouchi.

«Sì, scusami. Ero solo un attimo sovrappensiero» A dire il vero, Ryou non si era nemmeno reso conto che la lezione era finita e l'insegnante se n'era andata. Anzi, quasi si era dimenticato di essere a scuola, tanto era stato preso dai suoi pensieri.

«Sicuro di esserti ripreso da quello che avevi settimana scorsa?» chiese Honda. No, a dire il vero il maniaco che ha tentato di uccidermi e di cui voi non sapete nulla è ancora in giro e non ho idea di come comportarmi.

«Sì, sì, sto bene» Ryou sorrise, sperando che gli altri lasciassero cadere il discorso.

«Sarà» commentò Anzu «Ma mi sembri pallido come la morte»

«E dov'è la novità?» disse Jounouchi.

«Forse avresti dovuto rimanere a casa un altro paio di giorni?» continuò Anzu, ignorando l'altro.

Ryou si trattenne dal sospirare. Apprezzava molto il fatto che i suoi amici si preoccupassero di lui, davvero, ma a volte gli sembravano fin troppo apprensivi nei suoi confronti. In fondo era da quando sua madre era morta che si prendeva cura di sé da solo, non aveva bisogno della balia.

Ed è perché ti sai prendere tanto bene cura di te che hai mezza schiena massacrata e una lunga serie di cicatrici, no?

«Comunque» disse Jounouchi «L'hai sentito cos'è successo ieri notte?»

Ryou aggrottò le sopracciglia. «No, cosa?»

«Pare che un tizio sia stato portato all'ospedale mezzo morto dopo che qualcuno l'ha aggredito» disse Honda «Non si sa chi sia stato, ma della gente dice di aver sentito delle risate nella zona dell'aggressione quando è stato picchiato. Si pensa ci sia in giro un maniaco»

«E dov'è successo?» chiese Ryou, sforzandosi di suonare tranquillo.

«In periferia, sai la zona industriale? Lì da qualche parte» rispose Honda.

In quel momento entrò l'insegnante, il che risparmiò a Ryou il disturbo di spiegare ai suoi amici perché il suo volto avesse assunto un colorito ancora peggiore di prima.

La zona era quella, e le risate maniache indicavano un possibile colpevole. Di cui solo Ryou sapeva. Stava giusto pensando prima che Marik si stava comportando bene e non aveva ancora fatto del male a nessuno, vero?

Ora una persona era all'ospedale, in chissà che condizioni. E Ryou quasi si era dimenticato dell'uomo che Marik stava picchiando la prima sera che l'aveva incontrato. Quello alla fine poteva ringraziare Ryou per essersi salvato probabilmente, ma questa nuova vittima...

Se Ryou non avesse esitato tanto, quella persona non sarebbe all'ospedale. Era sua responsabilità se Marik era ancora in giro, era anche sua responsabilità se della gente veniva aggredita da quel pazzo.

Ryou era un idiota, un enorme idiota.

 

***

 

Ryou passò il pomeriggio a camminare avanti e indietro per il suo appartamento, aspettando che iniziasse a calare il sole per uscire e andare in cerca di Marik. Non appena iniziò il tramonto, Ryou si lanciò fuori di casa e verso la zona industriale.

Non poteva rimandare Marik nel Regno delle Ombre in quel momento – se solo si fosse concentrato di più sul come mettere in comunicazione le due dimensioni, invece di pensare al se e al ma – però doveva trovare un modo per neutralizzarlo, quantomeno, prima che succedesse qualcos'altro.

La periferia era, se possibile, più deserta del solito. La notizia dell'aggressione doveva aver fatto impressione sulla gente del posto. Con tutto quello che succedeva normalmente in quella zona, per finire addirittura sui giornali quel tizio doveva essere stato conciato proprio male.

Ryou girò un angolo, e si ritrovò di fronte proprio la persona che stava cercando.

«Tu?!» esclamò Marik, sorpreso.

«Sei stato tu a mandare quella persone in ospedale ieri notte, non è vero?» disse Ryou. Marik per un attimo lo fissò come confuso, prima di scoppiare a ridere.

«E chi altri?» rispose.

«Perché?»

«Mi annoiavo» Marik fece spallucce, come se cercare di uccidere qualcuno fosse una cosa da nulla. Poi fece uno scatto, prendendo Ryou di sorpresa, e gli mollò un pugno allo stomaco.

Ryou boccheggiò e si piegò in avanti, tenendosi le mani sull'addome. Marik era piuttosto magro, ma era decisamente forte. Un altro colpo al fianco fece gemere Ryou, che cercò di infilarsi una mano in tasca per prendere lo spray che vi aveva nascosto.

Marik gli afferrò il braccio e glielo torse. «Non pensare nemmeno di rifarmi quello scherzo agli occhi» disse. Ryou gli tirò un calcio agli stinchi e Marik lo lasciò con un grugnito di dolore.

«Aspetta, aspetta!» ansimò Ryou, alzando le mani, vedendo che Marik gli aveva rivolto un ghigno animalesco e si stava preparando a colpirlo di nuovo.

«Un altro gioco del cazzo? No, te lo scordi» ringhiò lui. Ryou si spostò per evitare un pugno e si trovò con le spalle al muro. Sta diventando divertente, pensò una parte di lui, quella che trovava divertente anche farsi inseguire di notte. Non è il caso ora.

«Non puoi uccidermi. Ti verranno a cercare» disse.

«Chi? I tuoi amici?» lo derise Marik.

«Isis. Rishid. L'altro te» Marik esitò per un istante, prima di gridare e attaccare di nuovo Ryou. Il ragazzo fu spinto contro il muro e si prese un pugno nelle costole.

«Non li nominare!» urlò Marik «Li odio, li odio!»

Ryou cercò di difendersi con le braccia dai colpi che gli stavano arrivando. «E loro odiano te! Ma ho lasciato un biglietto a casa, dove dico che sei tornato! Se non torno, i miei amici lo troveranno e li chiameranno, e loro verranno a cercarti!»

«Stai mentendo» disse Marik, ma aveva smesso di colpire Ryou. La sua espressione sembrava turbata, ma poi si mutò in un altro ghigno. «Fa niente. Prima ammazzo te, poi arriverà il loro turno»

«Se loro prima non ti rimandano nel Regno delle Ombre» ansimò Ryou.

Non ci si poteva sbagliare. Gli occhi di Marik si allargarono per il terrore, e il pugno che stava preparando per colpire Ryou si bloccò a mezz'aria. «No» sussurrò.

«Loro ti odiano, e tu hai fatto del male a una persona. Se ti trovano, non rimarrai a lungo in questo mondo. E a questo punto, io teoricamente dovrei informarli del tuo ritorno» disse Ryou, abbassando le braccia.

Marik stava scuotendo la testa. «No! Non devo rimanere ancora! Sono libero!»

Ryou si rilassò. Marik non sembrava più in vena di picchiarlo. Stava ansimando pesantemente, e teneva gli occhi serrati come per rifiutarsi di vedere qualcosa. «Le persone cattive vanno in prigione, Marik. È così che funziona»

«No!» Marik aveva preso a tremare, e si era avvolto le braccia attorno al petto «No! Mi annoiavo, non era- mi annoiavo! Non potete rimandarmi là!»

«Il fatto che tu ti annoiassi non è una giustificazione» sospirò Ryou. Era venuto qua con un piano d'azione preciso, ma ora non sapeva come metterlo in atto. Di colpo Marik sembrava un bambino spaventato. Infierire sembrava quasi crudele.

Lo è anche lui. Sì, ma Ryou non era il lato oscuro di Marik, no? A volte aveva fatto cose non esattamente morali – tipo mentire ai suoi amici riguardo a uno spirito assassino, più di una volta – ma a Ryou non piaceva far soffrire gli altri.

«Non torno, non torno!» ripeté Marik. Stava ansimando tanto che Ryou non capiva come facesse a respirare. Se all'inizio aveva tirato un sospiro di sollievo quando Marik era andato nel panico, ora gli stava facendo quasi pena.

Che genere di posto era, il Regno delle Ombre, perché persino quest'essere ne fosse tanto terrorizzato?

«Marik» disse Ryou. Non credeva nemmeno lui a cosa stava per fare, ma non ce la faceva a vedere una persona in questo stato. «Marik, calmati. Non ti sto facendo tornare nel Re- in quel posto. Sei ancora qua»

Marik lo fissò, ed aveva... aveva gli occhi lucidi? Il lato oscuro di Marik si stava davvero riducendo alle lacrime? «Non ci torno» disse ancora una volta.

«Va bene. Nessuno ti sta facendo tornare» Che stai facendo, lo stai consolando? Questo ti ammazzerebbe senza pensarci due volte, che problemi hai? Ryou ignorò la propria mente che gli urlava contro, e offrì a Marik un sorriso.

«Hai detto che chiamerai quelle persone. Loro vogliono farmi tornare» disse Marik.

«Mettiamola così. Se tu prometti di non fare più del male a nessuno, io non li chiamerò. Va bene?» Ryou era troppo buono. Decisamente. Ma si sentiva in colpa a far piangere gli altri, non importa chi fossero. Per non parlare del fatto che questo a Ryou sembrava un attacco di panico, come minimo. Anche lui ne aveva avuti a volte, sapeva quanto fossero brutti, e non ce la faceva a mantenersi freddo e distaccato davanti a quella scena.

«Tu sei il ladro. Il ladro è infido» sussurrò Marik.

«Quello era l'altro. Io sono il ladro. Mi chiamo Ryou. Se tu prometti di non uccidere o far del male a nessuno, io prometto di non chiamare quelle persone. Pensi di potermelo promettere? Sii sincero»

Marik deglutì. Aprì la bocca come per parlare, prima di bloccarsi. «Mi annoio, devo fare qualcosa se mi annoio» disse, quasi un piagnucolio.

Ryou a questo punto avrebbe dovuto dirgli qualcosa del genere: "e allora niente patto, tu non puoi restare qua nel nostro mondo". «Se io ti vengo a trovare, e gioco con te, tu non ti annoierai?» chiese invece. Era un'idea folle, e lo seppe appena le parole gli lasciarono la bocca.

«No?» rispose Marik.

«Facciamo così. Io vengo a giocare con te, a quello che vuoi, a condizione che tu non mi uccida, per farti passare il tempo. Tu non uccidi o aggredisci nessuno, e io non dico a nessuno che tu sei qui. Va bene?»

Marik lo fissò per qualche istante. Il suo respiro stava tornando normale, e aveva smesso di tremare. «Lo giuri?» disse.

«Giuro. Abbiamo un patto?»

«...Sì»

Ryou sorrise. Internamente, la sua mente era combattuta e in subbuglio, ma ormai ciò che era fatto era fatto. Avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per pentirsene. In quel momento Marik si stava riprendendo e lo osservava con aria confusa, come se anche lui non si rendesse bene conto di cosa avesse detto.

«Io ora devo andare a casa. Verrò domani sera. Incontriamoci qui dopo il tramonto, va bene? Decidi tu il gioco» disse Ryou.

Marik annuì in silenzio, e Ryou lo salutò nervosamente, girandosi e dirigendosi verso casa sua.

L'aveva fatta grossa. L'aveva fatta davvero grossa. Ma la parola data non può essere rimangiata, soprattutto se l'hai data a un assassino.

   
 
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