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Autore: _Sherazade_    22/03/2016    1 recensioni
Alina è una grande sognatrice, ma sfortunatamente, tutti i suoi sogni sono andati in fumo.
Da anni è costretta a sopportare la seconda moglie del padre, e quella nuova famiglia nella quale non è mai riuscita ad integrarsi. Lei ci ha provato, ma è stato del tutto inutile.
La giovane capisce che non può andare avanti in quella maniera, e decide finalmente di separarsi da quel nucleo tanto stretto.
Sarà però durante una piccola vacanza che la nostra protagonista riuscirà davvero a far avverare i suoi sogni.
Sospesa fra regni incantati e una realtà all'apparenza dura, riuscirá la nostra eroina a completare il suo percorso?
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iris - custode dei mondi'
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- Capitolo Terzo -


Non ci furono molti clienti durante l'intera giornata, tuttavia mi sentivo ugualmente stanca e provata, e la ragione era ahimè solo una: la stupida festa di Kalika.
Sarebbe stato più logico che fosse la madre a pensare a tutti i preparativi, dato che lei stava avallando le stupide e inutili richieste della bambina. Però, gran parte del lavoro, era invece stata affidata a me.
Ci avevo messo un po' per capire, ma alla fine ci ero arrivata.
Questo non era che l'ennesimo tentativo di farmi avvicinare a Kalika, e non escludevo nemmeno il fatto che l'idea di farmi organizzare il party fosse stata di mio padre.
Lui aveva sempre sperato che noi avessimo potuto creare una nuova famiglia unita, e forse il suo era un desiderio più egoistico che altro. Non ha mai tenuto realmente in conto la mia opinione circa Angelica e Kalika.
Era un bel problema, ma avrei dovuto, ancora una volta, mettere da parte le mie esigenze e i miei veri desideri per loro. Un'ultima volta.
Zia Lilian insistette nell'accompagnarmi all'albergo, sapendo quanto la cosa mi pesava. Aveva pensato bene di darmi una mano nel suo piccolo.
Il proprietario fu, a dispetto di quanto pensavo, molto gentile e disponibile. Anche se ero lì per conto della mia matrigna e di sua figlia, finii anche col passare dei piacevoli momenti, dimenticandomi che ero lì per persone che mal sopportavo.
Una volta sistemati gli ultimi dettagli, riaccompagnai zia Lilian a casa, e una sensazione d'angoscia mi strinse il cuore.
- Fai attenzione nel tornare a casa. Ti vedo un po’ troppo agitata, e guidare in certe condizioni non è certo il massimo. - mi disse zia Lilian dandomi una pacca delicata sulle spalle. - Non è che vorresti fermarti da me per un po’? Se la giornata di lavoro non è riuscita nel farti scaricare, magari una tazza di tè potrebbe invece giovarti.
- Sarei tentata, e anche molto, ma non posso. Papà mi ha accennato ieri che stasera ha qualcosa di importante da annunciarci, sembrava molto serio. Deve essere una cosa importante. Ultimamente ha sempre la testa fra le nuvole. Temo che la cosa riguardi l'azienda: le cose stanno peggiorando sempre di più.
- È così grave la situazione? - mi chiese lei corrugano la fronte.
- Lo sai anche tu come stanno andando gli affari ultimamente. Ne hanno parlato anche i giornali. Hanno perso parecchi clienti e hanno dovuto licenziare buona parte del personale. Non sono sul lastrico, non devono chiudere completamente l'azienda, ma non è più il colosso che hanno messo su i nonni. - se da una parte ero contenta di vedere che loro, senza di me, non ce la facevano, dall'altra non potevo che essere in apprensione. Apprensione per tutte quelle persone che erano rimaste senza lavoro a causa della mala-gestione dell'azienda da parte di Angelica.
Mio padre non si occupava quasi più della direzione della stessa, ma era tutto in mano alla sua dolce metà.
L'aveva affossata, non del tutto, ma sarebbe stato davvero difficile riportare il gruppo alla magnificenza acquisita dopo anni e anni di duro lavoro.
- Vedrai che troveranno il modo di risollevarsi. Tuo padre però deve riprendere in mano il tutto e non lasciarsi guidare da una persona che ha dimostrato di avere tutto fuorché naso per gli affari. Se Angelica continuerà a tenere le redini dell'azienda, il gruppo finirà per crollare. - concluse amaramente zia Lilian. Anche se lei ne era uscita, anche se io avevo mollato, quella era pur sempre l'azienda di famiglia.
- Magari mi sbaglio e papà dovrà parlarmi di qualche stupidata. Magari qualche scemenza o vacanza. Mi chiederà come minimo di badare alla bambina pestifera mentre lui e la sua bella se ne andranno in vacanza in qualche esotico posto, qualche paradiso terrestre. - lei rise di gusto, e l'ombra che per un momento si era impadronita di noi, se ne era andata. Le cose non erano facili, né buone, ma io volevo davvero credere che mio padre avrebbe salvato l'azienda.
Temevo ancora che le cose potessero precipitare, ma ancora speravo...
- Sarà meglio che vada. Non mi piace fare aspettare le persone.
- Lo so, e non ti tratterrò oltre. Vai tranquilla e serena, cara. Magari sono buone notizie. E magari Sirio ti dirà invece che l'azienda sta avendo una ripresa. - disse lei sorridendomi con dolcezza.
- Magari, magari. - dissi con aria sognante.
- Finché non parti, non lo saprai. Vai a casa e non preoccuparti più del dovuto. Farlo non ti porta ad altro che a stare male. - Annuii e mi avviai verso la macchina, senza sapere minimamente a cosa stavo andando incontro.
Nel bene e nel male quella sarebbe stata la fine, che mi avrebbe però portata ad un nuovo inizio.


- Finalmente sei arrivata. - disse Angelica non appena aprii la porta, mostrandomi un sospetto sorriso a trentadue denti. Cercò di abbracciarmi, ma mi ritrassi. Non sopportavo il contatto fisico in generale con persone sconosciute, ma soprattutto con persone che mal sopportavo. E Angelica lo sapeva bene. Una leggera ruga le solcò la fronte, era una ruga da delusione, e mi sorprese. Da tempo non cercava più di valicare il limite dell'approccio fisico. Cosa era cambiato?
Se da una parte potevo essere rincuorata da tanta allegria, dato che Angelica era di rado così allegra e sorridente, dall'altra poteva anche essere una recita.
Quello poteva anche essere un sorriso di facciata. Magari le cose stavano andando davvero molto male. Col cuore che mi batteva forte nel petto, inspirai profondamente e superai il corridoio che portava al salotto.
- Scusate, c’era un po’ di traffico. - dissi per chiudere lì ogni possibile domanda.
- Oh, ben arrivata, aspettavamo solo te! - mi disse mio padre dopo aver interrotto la conversazione che stava avendo con Kalika. Di certo non stavano parlando di nulla di serio. Lei si alzò, ma non mi venne incontro, a differenza di mio padre che, invece, mi raggiunse abbracciandomi con allegria.
- Ciao. - dissi io un po' scossa dal suo atteggiamento. Vederlo così mi aveva sorpresa non poco. Anche lui come Angelica era tutto fuorché bontempone. - Dunque... di che volevi parlare stasera? Spero non sia nulla di grave. - dissi io osservando le sue espressioni per carpire cosa gli passasse per la testa. - Non avrai ancora problemi con l'azienda, vero? - e in quel momento mi balenò per la testa un terrore ancora più atroce.
Non avevo preso in considerazione il fatto che potesse anche essere un problema di salute. E se lui avesse indetto quella riunione famigliare proprio per parlarci di una sua grave malattia?
Lo fissai con occhi sgranati mentre realizzavo quell'eventualità, ma mio padre scoppiò a ridere.
- Tu, Alina ti stai già facendo un filmino mentale. - disse prendendomi per le spalle e facendomi sedere sulla poltroncina. - Non oso pensare a quale catastrofe tu ci abbia già condannati.
- Ultimamente al lavoro...
- Ah... ora capisco. - disse lui scompigliandomi i capelli come faceva quando ero piccola. - Eri preoccupata per questo? - io annuii. - Sappi che le cose stanno migliorando. Certo, abbiamo perso parecchi clienti, ma non siamo ancora messi così male. L'azienda non è sull'orlo del crollo come vorrebbero far credere i giornali e, soprattutto, la concorrenza.
- Che fossi preoccupata era normale e comprensibile. È da molto che non fai una cosa del genere e tutte le altre volte è sempre andata a finire male... - ripensai all'ultima riunione... l'odiosa rivelazione sulla successione dell'azienda. Cercai però di scrollarmi di dosso quel pensiero e sorridendo gli dissi invece che vederlo così contento mi stava facendo sperare che la notizia fosse molto più allegra.
E cominciai così a credere che quello di cui ridevamo io e Lilian non fosse poi così lontano dal vero.
Forse quei due avevano davvero intenzione di farsi una vacanza.
- Io e Angelica dobbiamo parlare ad entrambe, e non è una bella notizia. È molto di più che una bella notizia! - Squadrai Kalika cercando di capire se lei sapesse qualcosa, ma capii in fretta che anche lei era totalmente all'oscuro di tutto. - Su, sedetevi vicine. - mi disse, ma io non mi spostai dalla mia poltrona, mentre Kalika mi raggiunse sedendosi sul divanetto accanto a me. Cominciavo invece ad avere i sudori freddi, e una strana sensazione di disagio mi pervase il corpo.
Presi un bicchiere d'acqua per cercare di calmarmi, ma non fece molto effetto.
Mio padre e Angelica erano in piedi davanti a noi che ci fissavano come due ragazzini innamorati che stavano per annunciare ai genitori la loro intenzione di sposarsi.
Una cosa carina... in altri frangenti, e con altre persone. Ma non loro.
Stavo davvero temendo la catastrofe...
- Ragazze, abbiamo un annuncio importante. - disse stringendo la mano della moglie e scambiando con lei un dolce sguardo carico d'amore. Con la voce tremante per l'emozione fece il suo annuncio, un annuncio così inaspettato. Quella cosa non avrei mai potuto tenerla in considerazione. - Dopo tanti anni, finalmente, Angelica è incinta. - disse lui esultando come un ragazzino. E con la voce quasi strozzata. - Presto avrete un fratellino o una sorellina, non è meraviglioso? - Io lo ascoltavo, con gli occhi che strabuzzavano fuori dalle orbite, e col cuore che batteva così forte da farmi temere che presto avrei anche potuto avere un infarto. - Era già da un po' che lo sapevamo, ma abbiamo preferito aspettare. Data l’età di Angelica, sapevamo che si trattava di una gravidanza a rischio e non volevamo parlarne fino a quando non fossimo stati certi della stabilità del bambino. A breve comincerà anche a vedersi la pancia. Siamo quasi al quarto mese. - Kalika gettò le braccia al collo della madre, e, grazie alle sue urla si coprirono i miei di versi, che erano tutto, fuorché di gioia.
Mio padre venne ad abbracciarmi, e lo lasciai fare.
Mi sarei fatta abbracciare anche da Angelica o Kalika. In quel momento mi ero come tramutata in una statua di marmo.




Un figlio, l’unico avvenimento che avevo escluso potesse accadere, l’unico che oramai, data la loro età, avevo scartato con sollievo. Nei primi anni del loro matrimonio avevo seriamente temuto tale eventualità, ma dopo quattro anni, avevo tirato un lungo sospiro di sollievo. Ma il destino aveva uno strano modo di dimostrarmi che anche io contavo qualcosa nel mondo, che anche i miei desideri erano importanti e contavano qualcosa per esso.
Un figlio...
Mi ci volle un attimo per riprendermi.
Loro, sotto sotto, si aspettavano le feste, baci e abbracci... ma da me cosa potevano realmente aspettarsi? Credevano davvero che avrei gioito di tutto cuore per la loro notizia? Mi sentivo i loro occhi addosso. Si aspettavano che io facessi qualcosa, e qualcosa di carino.
Strinsi la mano di mio padre, e anche quella di Angelica, dicendo semplicemente “Congratulazioni”, con il sorriso più finto che potevo loro mostrare.
C’erano tante cose che avrei voluto dire in realtà, cose che avrei finito col gridare loro in faccia, ma non era certo il caso di dare sfogo alla mia rabbia repressa. E allora presi la mia decisione.
Avrei voluto aspettare per dare la mia grande notizia, quella che fremevo da tempo di poter dare loro, ma decisi di prendere la palla al balzo.
Quello era il momento giusto per porre fine a un qualcosa che era andato avanti per troppo tempo.
- Dato che è serata di grandi notizie, anche io ne ho una per voi. - dissi sorridendo, e quel sorriso era vero. Era un sorriso non solo di gioia , ma anche di rivincita. Contro il destino e contro di loro. - Ho deciso di trasferirmi finalmente nella casa di mamma. - Vedere il loro sorriso spegnersi lentamente per l'incredulità mi stava riempiendo di una carica positiva che non immaginavo che sarei mai stata in grado di provare. - Mi ci è voluto un po', ma ho messo da parte una certa cifra, come avevo sempre programmato. Posso finalmente rendermi indipendente. Non avrete più da pensare anche a me, non sarò più un peso.
- Ma non lo sei mai stata... - cominciò Angelica con gli occhi lucidi.
“No, perché facevo tutto quello che tu da sola non eri in grado, anzi no... facevo ciò che non volevi fare” pensai guardandola continuando a sorridere.
- Ma adesso, col nuovo bambino in arrivo, avrete per la testa un sacco di pensieri ed impegni. Avrete anche bisogno di una nuova camera, e la mia è in un'ottima posizione. Sono certa che quando sarà grande gli piacerà infinitamente. - Il mio annuncio sortì gli stessi effetti del loro. Non era così che l'avevo immaginato, ma era andata persino meglio. Il silenzio calato inesorabile nel salotto venne interrotto da un'esultante Kalika che ancora non aveva capito cosa significava davvero per me andare a vivere lontano da loro.
- Che bello! Se vai a vivere da sola, qualche volta potrò venire da te a dormire, - e gli occhi cominciarono a brillarle ancora di più dalla frenesia, - e fare un sacco di feste.
- Ehm, no Kalika. - dissi io lanciandole uno sguardo che avrebbe dovuto farle capire che con me non ci sarebbero stati più rapporti... ma la ragazzina era dura di comprendonio. - Quella è casa mia, non casa tua. - il tono duro che avevo usato però, aveva quantomeno smorzato il suo grande entusiasmo.
- Pensavamo noi di lasciarvi a bocca aperta, - cominciò Angelica, prendendomi la mano, stringendola forte - ma alla fine sei stata te a stupirci. - sembrava contenta, ma sapevo che non lo era. - Ricordati però che tu farai sempre parte della nostra famiglia. La porta di questa casa sarà sempre aperta per te.
- Lo so, - dissi sciogliendo la stretta, - ma oramai sono grande, ed è giusto che vi lasci per trovare la mia strada. - mi rivolsi poi a mio padre. - Parte dell’arredamento è da sistemare. Purtroppo mamma non è riuscita completamente nell'intento, ma da una parte è un bene. Ci metterò anche io del mio per rendere quella casa davvero mia. - mi fermai un attimo e ripresi. - La zia Lilian si è offerta di aiutarmi nella scelta delle ultime cose. Alcune sono nella sua cantina, erano dei nonni; altre andremo a comprarle uno di questi giorni assieme a Casia.
- Se vuoi potremmo mettere noi i soldi per…
- No! - gridai quasi, ma poi addolcii la voce. - No, non serve. Adesso col bambino avrete parecchie spese, non posso certo permettervi di gettare così inutilmente il denaro per cose che potete evitare di accollarvi. - dissi volgendomi poi verso Kalika, ma lei non capì l'allusione. - Inoltre voglio che casa mia sia mia al cento per cento. Se vi permettessi di partecipare alle spese non potrei mai perdonarmelo.
- Come vuoi cara. - disse mio padre porgendomi un calice di spumante. - Allora direi di festeggiare! Pensavamo di dover festeggiare solo la nostra bella notizia, invece abbiamo tre motivi per gioire: il bebè in arrivo, il compleanno di Kalika, e la tua scelta, Alina.
Guardai il calice colmo della bevanda frizzantina. Quei calici li aveva comperati mia madre, ed erano infatti i più belli della casa. Avrei potuto reclamarli, ma avevo deciso di cederglieli.
Oramai erano suoi. Casa mia sarebbe stata solo e soltanto mia.
Finalmente, dopo tanto, mi sarei ripresa la mia vita.
Quello che si stava affacciando sulla finestra della mia vita era un nuovo inizio.


La serata proseguì e alla fine, l'attenzione dovette per forza dirottare sulla festa di Kalika, che con orgoglio mi porse un foglio.
- Per la mia festa, - disse lei, - questa è la lista degli invitati, devi pensarci tu. Mamma mi aiuterà per il resto, ma chiederemo il tuo aiuto per altre piccole faccende. Di sicuro meno importanti di questa. - per fortuna mi avevano lasciato una delle parti di lavoro più semplici, a dispetto di quanto mi aveva anticipato Angelica. Non sapevo per quale ragione la donna avesse cambiato idea, lasciandomi poche commissioni, ma non m'importava. Sorrisi e le dissi che non ci sarebbero stati problemi e che nei giorni successivi me ne sarei occupata.
- Tranquilla, sai che per queste cose son precisa e affidabile. - ero stranamente gentile. Forse il fatto di aver finalmente rivelato loro le mie intenzioni, mi avevano permesso di reagire con il giusto distacco nei confronti della sorellastra.
- È importantissima questa cosa. Guarda che ci conto.
- Domani mi metterò al lavoro. Promesso. - prima lo facevo e prima me lo toglievo dai pensieri.
Quando però diedi un'occhiata alla lista mi venne quasi un colpo. Erano tantissime persone, almeno una settantina.
- Ma tua madre l’ha vista? Ad occhio e croce mi sembrano almeno settanta.
- Sono centododici per la precisione.
- Quanti?!? Hai invitato tutte le prime?
- No, scherzi? Sarebbero stati molti di più se l'avessi fatto. Sono soprattutto ragazzi più grandi di noi e le ragazze più popolari. Per essere popolare anche io ho cercato di farmele amiche. In questo modo la mia festa sarà un successo, io sarò sulla bocca di tutti, e tutti mi guarderanno con ammirazione. Se riesco anche a trovarmi il fidanzato del terzo o del quarto anno sono certa che sarò la reginetta del liceo.
- Bah, - mi lasciai sfuggire una sbuffata, - se tua madre è d’accordo non è un problema mio. - Per togliermi ogni responsabilità ne parlai proprio con lei, che non solo era al corrente delle intenzioni della figlia, ma che anzi, la incoraggiava.
La scuola di Kalika era privata, ed era frequentata solo da figli di gente benestante. Farsi le giuste amicizie fin dalle scuole, era, secondo Angelica, il modo migliore per assicurarsi un buon avvenire. Le conoscenze giuste, in molte occasioni, potevano rivelarsi estremamente utili.
Da una persona che concepiva simili ragionamenti, non c'era da stupirsi se era venuta fuori una figlia come Kalika.
Annuii, per nulla concorde con il loro modo di pensare, e raggiunsi mio padre per congedarmi.
Ero stanca e provata, dovevo assolutamente dormire e riprendermi. Anche se avevo trovato il modo per superare come meglio potevo quella notizia, non ero del tutto serena. Sapevo che presto l'euforia per aver annunciato il mio trasferimento lasciando tutti a bocca aperta, avrebbe lasciato spazio a paure e a timori ben radicati nella mia testa.
Con quel bambino in arrivo, i rapporti con mio padre avrebbero rischiato di diradarsi sempre più. Lo capivo e non provavo remore o odio nei confronti di quella creatura, ma sentivo che con lui sarebbe stato sempre più difficile mantenere un rapporto vivo.
Mi chiesi se non sarebbe stato addirittura meglio per entrambi se a un certo punto avessi smesso di farmi sentire o di rispondere alle sue chiamate.
Mi congedai, e prima che chiunque mi potesse dire o chiedere altro, ero già sparita verso la mia stanza.
Mi buttai sul letto e cominciai a sentirmi male.
- Tipico di me. - borbottai. In quel momento sentii come se una mano gentile si fosse posata sulla mia fronte, alleviando in parte il dolore che mi stava prendendo.
Cominciai a piangere nel silenzio della mia stanza. Le lacrime scendevano, e ogni tanto i miei singhiozzi riuscivano a spezzare quel silenzio di dolore.
Avrei voluto gridare, battere i piedi per terra come una bambina perché le cose erano andate tutte fuorché come avrei voluto che andassero... avrei voluto fare tante cose, ma cercai di calmarmi e di cacciare tutto giù, come avevo sempre fatto.
Quando anche l'ultima lacrima venne scacciata, qualcuno bussò alla mia porta. Era mio padre.
- Tutto bene? - chiese lui varcando la soglia, e richiudendosi la porta alle spalle. - So che la notizia ti ha scioccata…
- Stai minimizzando la cosa. - dissi alzandomi dal letto e trovandomi faccia a faccia con lui. - Se tu sei felice però, credo di poterlo sopportare e di farmene una ragione. Non posso certo dire che questa situazione mi piaccia, non ero preparata per una tale eventualità. Sappi che se non mi sono lasciata andare è stato solo per te e per il bene che ti voglio.
- Lo so e te ne sono grato. - mi disse sorridendo. - Lo siamo entrambi. - eccolo! Una cosa che mi aveva sempre dato fastidio: doveva sempre esserci lei di mezzo. Anche quando volevo solo che parlassimo di noi: di me e di mio padre. Ma lui la tirava sempre in ballo.
- Non sono sprovveduta a tal punto da non capire che con Angelica in quello stato, fare scenate è l'ultima delle cose da fare. Non posso mettere a rischio la sua gravidanza, quindi non preoccuparti. - feci una pausa, ponderando bene le parole da utilizzare. Non ero mai stata il tipo di persona che si lasciava andare ad espressioni esageratamente colorite o volgari. Avevo finito col mettere sempre le esigenze degli altri prima delle mie, finendo col sopprimere molti sentimenti. Non volevo far soffrire nessuno, ma ero giunta alla conclusione che non potevo lasciare che fosse sempre e solo il bene degli altri a prevalere anche sul mio. - Volevo aspettare dopo la festa per annunciare il mio trasferimento, ma dato che voi avete sganciato la vostra bomba, io ho deciso di farmi avanti con la mia. Sarò schietta, non contare più su di me come hai fatto in questi anni. Ero ospite in casa vostra e mi sono adeguata. In casa mia, regole mie. Ma soprattutto, d'ora in poi cambieranno molte cose.
- Tesoro mio, sai che non volevo ferirti. Ho amato tanto tua madre, non puoi avercela con me perché…
- Non ce l’ho con te perché ti sei rifatto una vita. Credo che quello sia un sacrosanto diritto di ogni persona. Ci sono vedovi che scelgono di rimanere tali, e altri che si rifanno una vita. Son scelte che ognuno deve essere libero di fare senza doversi sentire obbligato da nessuno. - dissi con amarezza. Pensavo davvero quello che avevo detto, ma una parte di me aveva sempre rimproverato mio padre per aver fatto quel passo così in fretta. - Avrei comunque preferito che tu sposassi una donna migliore. Una donna meravigliosa come zia Lilian. - Molte volte mi era sembrato di scorgere un interesse da parte della zia verso mio padre, ma avevo trovato la cosa troppo ridicola per darci peso. Tuttavia, più volte mi ero chiesta “E se lui avesse sposato lei?”. Di certo la mia esistenza sarebbe stata molto più serena.
- Non avrei mai potuto sposare Lilian. È una donna meravigliosa, è vero, ma era pur sempre la sorella di tua madre. - disse lui imbarazzato. - Angelica è una brava donna. Lo sai anche tu. L'amo immensamente.
- Non mi pare di avervi mai ostacolati, o di averla sempre trattata male. - lessi del disappunto nel suo sguardo. Non ritenevo Angelica cattiva nel senso assoluto: è solo che non mi piaceva e la ritenevo anche un po' arrivista. Di certo un po' si era avvicinata a lui nella speranza di potersi garantire un solido futuro e un avvenire sereno per la figlia. Aveva fatto tombola, questo era certo.
Sui suoi sentimenti non avevo dubbi, lei voleva bene a mio padre, e questo mi aveva tenuta buona. Solo questo mi aveva frenata.
- Non si può dire nemmeno che tu la tratti con affetto.
- Non provo affetto per lei o per sua figlia, ma se c’è bisogno alla fine mi sono sempre prestata al loro servizio, anche controvoglia. Non negarlo.
- È vero, anche se avrei preferito un po’ di calore da parte tua. Ma so che era chiedere troppo. - almeno, pur se deluso, l’aveva capito.
- L'affetto non si compra... - sussurrai sentendo una stretta al cuore. Non era mai stato così esplicito. Anche se sapevo cosa voleva. Ma io non credevo nelle famiglie allargate sempre felici, sempre sorridenti e sempre unite. E così non riuscii a trattenermi.
- Papà, però, un bambino alla vostra età… certo non sono affari miei, hai ragione, non è un problema mio, ma vostro. Anche se andrò a vivere per conto mio tu sarai sempre mio padre, io non smetterò mai di volerti bene. Credo però che abbiate fatto un azzardo con questa gravidanza.
- Ce la faremo, bambina mia. E avrei piacere che tu facessi parte della vita del tuo fratellino o della tua sorellina. - Sentii una stretta allo stomaco. Mi stavo calmando e quell'ultima cosa stava per farmi straparlare.
- Non puoi chiedermi questo. Per me, le tue scelte, non sono mai state buone dato che il mio coinvolgimento in esse è stato a dir poco disastroso. Ma ho resistito e fatto la buona figlia obbediente che non vi ha mai causato disagi. - lui annuì.
- Sì è vero. A scuola sei sempre andata bene, ti sei sempre impegnata e non hai mai dato a me e Angelica grosse preoccupazioni. L'unica cosa era la tua freddezza nei nostri riguardi. - mi dovetti morsicare la lingua per non rispondergli come invece avrebbe meritato.
- Papà, non intendo mantenere un vivo contatto con la tua nuova famiglia. Per me l'unica famiglia nella quale abbia creduto era quella formata da te, da me, dalla mamma, dalla zia e dai nonni. - lui evitò il mio sguardo, ma sapevo che cominciava a sentire una morsa allo stomaco. Non gli piaceva parlare di loro. Non gli piaceva ricordare il passato. - Io ho accettato la vostra relazione, non vi ho mai messo i bastoni fra le ruote facendo la bambina capricciosa. Non l'ho fatto allora e non intendo farlo nemmeno adesso. Scelgo semplicemente di farmi la mia vita lontano da loro. - Le parole che a lungo avevo tenuto celate, stavano uscendo, non con un impeto tale da investirlo con una violenza senza pari, ma di certo lo stavano colpendo. - L'azienda è stata l'unica cosa per la quale mi avete fatta uscire dai gangheri, e anche in quel caso mi sono trattenuta dal far valere i miei diritti. E lo sapevi che con le giuste conoscenze sarei riuscita ad ottenere molto di più. Avrei anche potuto battere gli ottimi avvocati trovati da Angelica e dalla sua famiglia.
Tu hai ipotecato il mio futuro per quella là e per sua figlia, ma va bene. Non importa, non più almeno. - mi andai a sedere sulla poltroncina accanto alla scrivania guardandolo ed esprimendo tutta la mia amarezza e delusione per come si erano evolute le cose.
- Alina... - lo zittii con un semplice gesto della mano. Lui sembrava afflitto, ma, forse con eccessiva malizia, pensai che il suo dispiacere non era per me, quanto per la sua compagna e figliastra.
- Tu sei felice e questo mi basta. Ti sei rifatto una famiglia, e ne avevi ogni diritto. Tu sei libero di fare ciò che vuoi, ma non di impormi, ora che me ne sto per andare, di continuare a vivere con la loro presenza nella mia vita. - sentii una strana forza in me, mai sentita prima di allora. Mi sentivo quasi invulnerabile, e provai pena per lui, così mi addolcii. - Non ti sto chiedendo di scegliere fra me e loro. Non potrei mai. Voglio solo che tu la smetta di pretendere amore da parte mia, nei confronti di chi tu ami ma che per me non conta nulla.
Lui mi fissò con tristezza, ma alla fine cedette, anche se sapevo che in futuro avrebbe ancora tentato di farmi cambiare idea. Era una piccola vittoria, ma sempre di vittoria si trattava.
- Va bene, bambina. So quanto è stata dura per te questi anni, e so anche quanto impegno ci hai messo per non creare a noi alcun fastidio. Sei stata brava, e so che per te è stato un grande sacrificio. Credo però che, in fondo al tuo cuore, un po' di affetto per loro tu lo abbia provato, e lo provi tutt'ora. Ho sempre pensato che la tua ritrosia fosse legata al ricordo di tua madre, e alla paura di non rendere onore alla sua memoria affezionandoti a un'altra donna. Con una nuova madre, non avresti reso disonore alla mamma, ma anzi, l'avresti resa felice perché ti avrebbe vista più serena. - quelle parole le trovai fuori luogo, ma non replicai. Lo lasciai credere a quell'orribile illusione. - Speravo che cambiando casa e unendoci per formare una nuova famiglia, avresti potuto lasciarti il dolore della perdita alle spalle, e, un giorno, aprirti a tutti noi. Mi rendo però conto non averti lasciato il tempo per accettare tutto questo. È stata colpa mia, e ti chiedo scusa per non averti aiutata abbastanza. - mi stampò un bacio sulla fronte e mi augurò la buonanotte, lasciandomi di nuovo sola.
- Tu non hai ancora capito nulla, ma anche se te lo spiegassi e rispiegassi, tu non lo capiresti. - conclusi nell'oscurità della mia stanza.
Non aveva senso pensarci e rimuginarci ancora sopra. Contava solo una cosa in quel momento. Una soltanto.
Finalmente l’incubo stava per finire.


Quella notte non mi trasformai nella Giustiziera. Quella notte non venne a trovarmi nemmeno il principe.
Ah, giusto, il principe…
Da molti anni, di tanto in tanto, sognavo che un principe bellissimo entrava dalla finestra della mia stanza per portarmi via in un regno lontano, dove avrei potuto vivere serena.
Non era come quando sognavo di essere la Giustiziera, era molto di più. A volte, quando mi recavo nella vecchia tenuta di famiglia, mi sembrava di scorgere un'ombra che si aggirava nel giardino. Non un'ombra ostile, ma quasi un guardiano tutto mio. Una specie di guardia del corpo che vegliava su di me, che mi proteggeva.
Quando ero triste, come lo ero stata la sera prima, e cominciavo a sentirmi male, spesso sentivo come un'energia che mi avvolgeva e pian piano mi guariva.
Non sapevo se fosse o meno frutto della mia immaginazione. Non lo sapevo e non mi importava nemmeno di scoprire se fosse vero o meno. Se dopo stavo meglio, cosa mi importava se fosse realtà o finzione?
Una cosa era certa, tutte le volte che sognavo il principe misterioso, del quale non ero mai stata in grado di vedere nemmeno il volto, la mattina ero sempre di buonumore.


Passarono due settimane e il “grande” giorno di Kalika arrivò, sollevandomi finalmente da ogni impegno che la riguardasse.
In fin dei conti, poi, i preparativi furono molto meno impegnativi di quanto non avessi previsto, e il tutto mi risultò tutt'altro che sgradevole. Non ero certo contenta di essermi trovata in quella situazione, ma fu molto meno tragica, e riuscii anche a passare una serata tranquilla.
Una volta che mio padre e Angelica lasciarono la sala in cui si stava svolgendo la festa, io mi recai al piano bar dell‘hotel. Dato che la festa, anche una volta che “gli adulti” se ne erano andati, sembravano tranquilli, non c‘era motivo che io rimanessi. C'era comunque il personale di sala, e se fosse successo qualcosa mi avrebbero chiamata, se non addirittura mio padre e Angelica.
Avrei dovuto rimanere a vigilare, ma ero una ragazza di ventidue anni, e tutto avrei voluto tranne che fare da balia a dei ragazzini.
Vedendo poi come avevano lasciato la sala alla fine dell'evento, mi dovetti ricredere un poco su Kalika.
Non era rimasta immacolata la sala, ma non era poi così disastrata dal doversi strappare i capelli.
Forse la bambina capricciosa e viziata stava crescendo.
Forse, ma la cosa non era più di mio interesse. Il giorno dopo avrei lasciato per sempre la loro casa, e non avevo intenzione di guardarmi mai più indietro.


- E questo è l’ultimo scatolone. - Il giorno dopo la festa, cominciai a trasportare tutti gli scatoloni che avevo preparato nei giorni precedenti. Non si trattava di tanta roba, dato che tutto quello che mia madre mi aveva lasciato, o quasi, era rimasto nell'appartamento.
Mio padre insistette per accompagnarmi in quel breve viaggio da casa sua alla mia, desideroso di darmi una mano nello scaricare i miei averi.
- Sono davvero fiero di te, ma mi mancherai. - disse mentre parcheggiavo davanti casa.
- Grazie papà. Anche tu. Ma ora dobbiamo assolutamente portare tutta questa roba di sopra.


Varcata la soglia, fu come se quella fosse la prima volta.
Il bel trilocale lasciatomi in eredità da mia madre mi sembrava davvero meraviglioso. Certo, la villa di mio padre era stupenda, ma non era casa mia. Quella invece lo era, e lo sarebbe stata per sempre.
Non avrei avuto accanto mio padre. Non lo avrei più visto ogni giorno, certo, ma non sarei stata sola. Accanto a me, sullo stesso pianerottolo, ci sarebbe stata zia Lilian, dato che l'altro appartamento era il suo, mentre al piano superiore viveva Casia. La mia vita non sarebbe stata poi così solitaria, e se avessi avuto bisogno di aiuto, gente disposta ad aiutarmi si sarebbe fatta avanti.
Portai le mie cose in camera da letto. Avrei sistemato il tutto pian piano, non avevo fretta, e non intendevo certo dare feste o altro. Avrei potuto prendermi il mio tempo per fare tutto quello che era necessario per rendere ancora più meravigliosa quella semplice casetta.
Mio padre mi aiutò a spostare gli scatoloni più pesanti: erano dei regali di mia madre. Non si era fidato nel lasciarli nell'appartamento. Li avevamo tenuti nella sua casa, ma nessuno li aveva mai toccati. Erano un servizio di piatti e delle porcellane.
Il corredo di nozze di mia madre. Uno dei suoi più preziosi lasciti dato che non era solo un suo ricordo, ma anche quello dei nonni.
- Sono davvero splendidi. - dissi ammirando uno dei calici in vetro.
- So che non vuoi più vedere Angelica e Kalika, - ed eccolo che tornava alla carica, - ma che ne diresti di dare una piccola cena? Per festeggiare tutti insieme. - fui sul punto di sbatterlo fuori di casa, ma ci ripensai.
- Va bene, ma verrà anche la zia Lilian. - lei era la mia famiglia, e, dato che mi era sempre stata accanto e dato che si era presa lei cura dell'appartamento, era il minimo renderla partecipe.
In fondo, che sarà mai? Mi chiesi scioccamente.
La cena fu solo una scusa, e io avrei dovuto intuirlo fin dall'inizio, ma tendevo a non vedere la malafede nei gesti degli altri. Specie in mio padre. Lui lo aveva definito un piccolo favore, ma per me era peggio di un incubo.
Mi chiesero di ospitare Kalika per qualche giorno dato che Angelica doveva recarsi dai suoi genitori, i quali abitavano lontani. Non volendo far perdere alla ragazzina giorni di scuola, l'unica soluzione era chiedermi di ospitarla.
Scambiai uno sguardo malinconico con zia Lilian, ma alla fine accettai.
È l'ultima volta, mi dissi.
Alla festa non si è comportata poi così male.
Ero troppo buona, e lo sapevo, ma non potei fare a meno di acconsentire.
Se avessi saputo fin dal principio i guai che ne sarebbero scaturiti, non avrei mai accettato.



 
L'angolo di Shera ♥

Come promesso, eccoci anche col terzo capitolo ^^. Almeno questa volta son riuscita a pubblicare come volevo. Sebbene avessi da tempo pronto il capitolo, non son mai riuscita a trovare il tempo, o la voglia, per decidermi a postare.
Con l'arrivo della primavera mi è tornato pure il buonumore, sarà il ritorno di Persefone in superficie, o chi lo sa ;)
Come avevo accennato nell'ultima one shot, mi stava venendo l'idea di scrivere una nuova versione di "Lux Averni", o per meglio dire, prendere la versione della mitologia romana di Ade e Persefone, quindi Plutone e Proserpina, per fare una nuova versione.
Voi che ne pensate? Se lo facessi dite che sarebbe una buona idea?
Probabilmente punterei ancora a un lieto fine, ma volevo scrivere una storia diversa.
Sono parecchio combattuta, anche perché dovrei finire questa storia e proseguire con la nuova torre, per non parlare della long su Sel....

Un abbraccio
Shera <3
  
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