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Autore: Heavensent    23/03/2016    3 recensioni
SPOILER per chi non ha visto decima e undicesima stagione.
Davanti alla proposta della Morte, Dean accetta la soluzione che gli sembra la più ovvia. Farsi mandare in un luogo lontano per far sì che il Marchio non faccia più del male a nessuno.
Dean sparisce nel nulla, accettando di andare via per sempre, per non fare più del male né a se stesso né agli altri. Sam e Castiel non si arrendono, e lo cercano ovunque. Dean però non sa nemmeno più della loro esistenza.
Riusciranno a trovare il cacciatore? E soprattutto, sarà lo stesso Dean che conoscevano?
DESTIEL, ma non nei primi capitoli. E' una what if ma anche una missing moment tra la decima e l'undicesima stagione.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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SPOILER PER CHI NON HA VISTO LA DECIMA E UNDICESIMA STAGIONE.

What if?

Davanti alla proposta della Morte, Dean accetta la soluzione che gli sembra la più ovvia. Farsi mandare in un luogo lontano per far sì che il Marchio non faccia più del male a nessuno.

Dean sparisce nel nulla, accettando di andare via per sempre, per non fare più del male né a se stesso né agli altri. Sam e Castiel non si arrendono, e lo cercano ovunque. Dean però non sa nemmeno più della loro esistenza.

Riusciranno a trovare il cacciatore? E soprattutto, sarà lo stesso Dean che conoscevano?

Destiel, ma non nei primi capitoli. Narrazione che cerca un'alternativa a come si sta attualmente svolgendo l'undicesima stagione.

 

 

 

Ciao gente. Questa fan fiction comincia alla fine della decima stagione. Ho anche leggermente cambiato la proposta che Morte fa a Dean, ma mi serviva per il seguito. Vi lascio alla lettura e ci vediamo nelle note alla fine.

 

I personaggi di Supernatural non mi appartengono e non scrivo questa storia a scopo di lucro. 

Prologo. (Brother’s Keeper)

Davanti a quell’uomo anziano e magro, dalla pelle cadente e rugosa, Dean non aveva perso l’atteggiamento di riverenza che aveva sempre contraddistinto quel loro strano rapporto. Nessuno più di lui poteva dire di aver visto la Morte davanti a sé. Troppe volte, e letteralmente.

Aveva preparato con cura il cibo messicano e gliel’aveva offerto:-Voglio che tu mi uccida.

Glielo aveva chiesto con una lieve nota di supplica, guardandolo dritto negli occhi. Perché dopo tanto uccidere, bere, arrabbiarsi, sentirsi la testa scoppiare, il marchio esplodere, aveva capito che morire, morire una volta per tutte, sarebbe stata l’unica cosa che avrebbe salvato il mondo, Sam, Cas, dalla sua furia. Erano morte troppe persone per colpa sua, di quel marchio maledetto. Era morta Charlie. Charlie dopo Castiel era forse stata la sua amica più cara. E aveva ormai perso quasi tutte le persone che amava. Non ne poteva più, sapeva che non c’era soluzione a quella situazione.

Morte gli aveva purtroppo dovuto dire che sarebbe stato impossibile ucciderlo. Il Marchio lo proteggeva.

 

Nemmeno la Morte in persona poteva ucciderlo. Era così paradossale.

 

-Ma c’è una soluzione, anzi due.

E Dean lo aveva ascoltato. La seconda era a dir poco impensabile. Avrebbe dovuto uccidere Sam. Morte avrebbe dovuto sospettare che lui non avrebbe mai accettato; Dean aveva protetto e salvato così tante volte Sam da averne perso il conto.

Fu per questo che prese in considerazione la prima:-Potrei mandarti in un mondo, un mondo diverso da questo. Un posto in cui potrai finalmente smettere di fare del male a te stesso e agli altri.

 

Per un attimo si immaginò solo in mezzo al nulla. Non avrebbe più visto né Sam, né Castiel. Non avrebbe guidato la sua piccola, dormito nel morbido letto del bunker o bevuto una birra rinfrescante dopo una giornata di caccia. Non ci sarebbero state più persone a ringraziarlo per averle salvate da un vampiro o un fantasma, anche se quei tempi gli sembravano così lontani e sbiaditi, e gli sembrava solo nell’ultimo anno di aver fatto molti più danni di quanti ne avesse mai riparato. Si passò una mano fra i capelli, indeciso sul da farsi. Immaginò Sam che finalmente forse avrebbe preso in mano la sua vita. Forse lo avrebbe cercato per un po’, ma stavolta sarebbe stato diverso. Dean non voleva essere trovato, non come quando era in purgatorio. Era una sua scelta.

E così Dean disse sì a quella soluzione. Sancì un patto con la Morte.

***

 

Quando Sam arrivò in quell’abbandonato ristorante messicano in mezzo al nulla, ebbe la terribile sensazione di deja vù di qualche anno prima. Ma al posto del sangue nero di leviatano c’era una terribile calma apparente e al posto di Crowley che portava via Kevin c’era solo uno dei cavalieri dell’apocalisse. Il peggiore.

Morte stava seduto al tavolo lurido del ristorante, mangiando qualcosa di unto e strafritto. La sua falce era posata con noncuranza sul bordo del tavolo.

-Sam…Winchester…-scandì Morte tra un boccone e l’altro, pulendo educatamente la bocca con un tovagliolo- ti stavo aspettando.

Sam lo guardava spaesato, temendo il peggio. Immaginò quella falce trionfante sulla testa di suo fratello; se c’era qualcuno o qualcosa che poteva ucciderlo, poteva essere solo Morte. Ma la logica si scontrava con la speranza, la speranza che Dean non avesse realmente fatto quella richiesta. Che avesse continuato a lottare, magari se n’era già andato, mandando Morte a farsi fottere, e stava cercando lui stesso, Sam.

Ma nello stesso tempo in cui formulava quella speranza gli sembrava già assurda.

-Dov’è Dean?-chiese subito il minore dei Winchester, forse con un po’ troppa veemenza nella voce, giudicando che stava parlando con la Morte in persona.

-Tuo fratello non c’è più-mormorò il vecchio, puntando su di lui i suoi piccoli occhi scuri.

Sam si sentì mancare il terreno sotto i piedi. Era vero che erano morti tante volte, ma si erano sempre salvati, se l’erano cavata, sempre. Stavolta la Morte stessa si era portata via suo fratello. Ma il Cavaliere lo precedette prima che Sam potesse fare qualche altra domanda:-Non l’ho ucciso, se è questo che credi. Non si può uccidere il portatore del Marchio.

-E dov’è andato, allora?-chiese Sam, supplicante, speranzoso, la voce rotta dal dolore.

Il vecchio si alzò e impugnò la sua falce:-In un posto che non potrai mai raggiungere.

Svanì.

Sam si ritrovò solo. Solo per davvero, questa volta.

 

 

1.

 

« Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?».

 

(Genesi, capitolo 4).

 

Sam non seppe nemmeno come trovò le forze per tornare dove aveva lasciato Rowena e Castiel. Per fare cosa, poi? Non aveva idea di dove fosse finito Dean, quindi l’incantesimo che stava preparando la strega era del tutto inutile. Appena scese le scalette di quel posto subito angusto, capì che qualcosa non andava. C’era solo Castiel, in quella stanza, ed era riverso a terra, in una per niente rassicurante pozza di sangue. Sam gli si avvicinò a passo svelto, sollevandogli la testa. Il sangue era uscito dagli occhi, dal naso e dalla bocca. La lama angelica era poggiata accanto a lui, anch’essa sporca di sangue, ma non c’erano tracce di ferite sul suo corpo. Sam gli tastò il petto e poi avvicinando l’orecchio al viso dell’angelo si accorse che respirava ancora, o per lo meno la faceva il suo corpo. Non sapeva cosa gli fosse successo ma sapeva che probabilmente si sarebbe potuto rimettere in forze, allora lo caricò in spalla, portandolo in macchina. Forse al bunker avrebbe potuto curarlo meglio.

 

Castiel alzò la testa, sentendo una lunga fitta percorrerlo per tutto il corpo. Realizzò dopo qualche istante di trovarsi in una camera da letto del bunker. Quella di Sam, per la precisione. Riconobbe l’ordine, i libri sulla scrivania, la parete vuota, mentre quella di Dean era ricoperta di fucili e armi. Inoltre mancava la foto della madre sul comodino. Si alzò, constatando di avere addosso solo pantaloni e una maglietta non sua. Cercò di ripercorrere chiudendo gli occhi i suoi ultimi ricordi. Era sicuro di non aver dormito, lui non poteva dormire. Probabilmente era rimasto come in uno stato di trans, di sonno ad occhi aperti, troppo ferito e dissanguato per potersi muovere o anche solo pensare. Percorse lentamente la distanza che lo separava dalla porta e la aprì. Il corridoio era buio, la luce proveniva dalla biblioteca. Mentre percorreva il pavimento a passi lenti, ripercorreva anche con la mente le ultime scene. Rowena che uccideva Oskar, il suo sangue riversato nella ciotola. Poi l’incantesimo e un’esplosione nella stanza che aveva scaraventato Crowley, lui e Rowena a terra. E poi Rowena che prendeva il Libro dei dannati e gli lanciava un incantesimo. Il resto era buio.

Raggiunse la biblioteca, riconoscendo la schiena di Sam piegata sul tavolo. Guardò quella stanza con un nodo alla gola, era tornata come nuova da quella sera in cui Dean l’aveva quasi ucciso, dopo la loro lotta. I corpi degli Stein non c’erano più, le cose al centro della stanza ricoperte di benzina e pronte per essere bruciate dovevano essere state perfettamente riordinate da Sam mentre lui si riprendeva. Si avvicinò per guardare meglio. Sam si era addormentato su un enorme libro aperto. La fronte corrugata in un’espressione dura, le braccia gli facevano da cuscino. Castiel gli posò una mano sulla spalla e l’uomo si svegliò di soprassalto, tranquillizzandosi nel vedere Castiel. Si passò una mano sul viso stanco e segnato dalle occhiaie, dalla barba incolta e le labbra pallide:-Come ti senti Cas?-gli chiese d’istinto, guardandolo con circospezione.

-Sto bene Sam. Perché?

Sam gli spiegò come l’avesse trovato, riverso nel suo sangue. Castiel si portò una mano al viso, e guardandosi poi le dita si accorse che effettivamente era rimasto del sangue secco sulla pelle.

-Ti ho ripulito il più possibile- spiegò il cacciatore- sono passati alcuni giorni. Le ferite si sono rimarginate pian piano.

-Non..non so cosa mi sia successo- spiegò l’angelo, raccontando il suoi ultimi ricordi. E poi come ridestato nuovamente, gli chiese di Dean.

Sam si morse il labbro, cercando di ignorare il terribile nodo alla gola che sentiva.

-Avremo molto da fare, Cas- disse soltanto Sam, prima di iniziare a raccontare cosa fosse successo.

 

 

***

 

Cause the players gonna play, play, play
And the haters gonna hate, hate, hate
Baby I’m just gonna shake, shake, shake
Shake it off, shake it off...

 

 

Dean si ritrovò, inconsciamente, a cantare il testo della canzone che stavano passando alla radio in quel momento. Quando se ne accorse scosse la testa, alzando lo sguardo sui pochi clienti rimasti al negozio, sperando che nessuno lo avesse notato. Fortunatamente fu così. Andiamo, adesso si metteva a canticchiare le canzoni di Taylor Swift? Ok che aveva dovuto ampliare il panorama musicale dei cd che vendeva al negozio, non limitandosi più al tanto suo amato rock anni ’80, ma c’era una gran bella differenza tra il vendere musica pop per sfamare se stesso e la propria famiglia e farsela piacere. Rimase piacevolmente sorpreso quando alla cassa si avvicinarono due ragazze, una che doveva avere una decina d’anni meno dell’altra. La più piccola, che aveva capelli cortissimi e una maglietta dei Beatles, gli porgeva timidamente un cd dei Nirvana. Non era esattamente il suo preferito, ma solitamente una ragazzina di quell’età si presentava alla cassa al massimo con l’ultimo cd degli One Direction o Miley Cyrus.

-Non male, davvero non male- commentò Dean, passando il codice a barre e comunicando il prezzo, e la ragazza più grande gli porse i soldi:-Già, mia sorella ha dei gusti leggermente non convenzionali- commentò, mentre aspettava che Dean le desse il resto e lo scontrino.

-Meglio così, puoi andarne fiera-commentò lui, facendole l’occhiolino- tornate presto!

Le due ragazze lo salutarono, e il negozio si ritrovò finalmente vuoto. Si sentiva particolarmente stanco quel giorno. Non sapeva cosa ci fosse di diverso da quando si era svegliato. Semplicemente aveva una strana sensazione dalla testa che gli percorreva tutto il corpo. Si era svegliato dopo un sogno stranissimo: un uomo anziano, dalla pelle spaventosamente cadente, avvolto da un lungo cappotto nero, gli aveva detto che avrebbe dovuto uccidere Sam.

Si era svegliato completamente sudato, con Lisa che cercava di rassicurarlo inutilmente.

Aveva anche chiamato Sam assicurandosi che stesse bene ed era, infatti, tutto ok. Certo si era beccato degli insulti per averlo interrotto nel mezzo di una riunione all’ufficio legale ma a parte questo niente di diverso.

Spense le luci del Ramble on e chiuse a chiave. Come sempre si concedette qualche istante per godersi la vista del suo negozio, per poi indietreggiare fino alla propria moto. Non aveva ancor convinto suo padre a lasciargli la sua Chevrolet Impala del ’67. John c’era troppo affezionato, e proprio non se la sentiva. Dean a volte si sentiva un po’ stupido a desiderare quella vecchia macchina quando avrebbe potuto comprarsene benissimo una nuova, ma era troppo affezionato ad essa. Troppi erano i ricordi della sua infanzia passati lì dentro, e non aveva mai comprato una macchina tutta sua aspettando l’Impala. Se serviva una macchina c’era quella di Lisa, a lui bastava la moto. Mise il casco e fece rombare il motore, sentendo il vento fresco inoltrarsi fra le pieghe della sua camicia non appena imboccò la strada. Il caldo di fine maggio cominciava a farsi sentire a Lawrence. Non c’era molto traffico e Dean si destreggiò agilmente fra le macchine. Raggiunse in fretta la casa di sua madre, la casa della sua infanzia. Si tolse il casco e scese dalla moto, godendosi come ogni volta la facciata della casa: gli dava sempre un senso di benessere guardarla, e quel giorno più del solito. Come se non si aspettasse di vederla lì ma poi, vederla gli donava un immenso sollievo. Avanzò fino alla porta e suonò. Mary quando aprì non si sorprese di vederlo. Il suo figlio maggiore infatti andava a trovarla spesso, molto più spesso di quanto facesse Sam.

-Ciao Dean- gli disse facendolo entrare, e gli diede un bacio sulla guancia quando il figlio, leggermente più alto di lei, si chinò appena ad abbracciarla.

-Papà non è ancora tornato dall’officina?-chiese Dean, chiudendo la porta d’ingresso dietro di sé. Poggiò il casco e le chiavi nel tavolino all’entrata, mentre la madre annuiva dirigendosi verso la cucina e lui la seguiva:-Sì, oggi aveva qualche lavoro in più e finisce più tardi. Vuoi una birra tesoro?-gli chiese, aprendo il frigo. Era una domanda retorica e infatti prima che il figlio potesse rispondere si era già ritrovato una birra fresca fra le mani. Dean scorse con lo sguardo le foto nella casa: molte di loro da piccoli, varie di compleanni, i loro diplomi, la laurea di Sam. Leggermente più discostate due belle cornici ritraevano il matrimonio di Sam con Jessica e una foto di Dean con Lisa e Ben, il figlio che la sua compagna aveva avuto da una precedente relazione. Mary sapeva che Dean non voleva sposarsi e aveva accettato la cosa: mettendo la foto della famiglia del maggiore vicino a quella del matrimonio di Sam gli aveva dimostrato a modo suo di aver accettato la cosa, completamente.

-Papà lavora troppo- mormorò Dean preoccupato, bevendo un sorso della sua birra. Mary versò un bicchiere d’acqua per sé, sedendosi davanti a lui:-Lo so caro, ma sai, dovendo fare tutto da solo..

Dean la interruppe in un modo che solitamente non era da lui, non almeno rivolto verso la madre:-Lo so già mamma. Io e Sam però abbiamo deciso di prendere strade diverse. Non devi farcene una colpa.

Mary annuì, sorseggiando piano l’acqua. Per pochi istanti fra loro ci fu il silenzio, ma poi presero a parlare come se nulla fosse. Dean le raccontò dei voti di Ben a scuola, del fatto che Lisa avesse cambiato la palestra in cui insegnava Yoga, e altri dettagli della sua vita. Non era mai noioso parlare con la mamma, anche se erano chiacchierate di routine, visite affettuose di un figlio alla madre. Mary sapeva sempre cosa dire e come rassicurarlo, anche davanti a un piccolo minuscolo problema e Dean si sentiva subito meglio.

Quando si accorse essere quasi ora di cena, decise di andare. Si alzò, colto da un terribile capogiro.

-Dean..tutto bene?-la madre gli posò preoccupata una mano su un braccio, e Dean sentì la sua voce ovattata, lontana.

Dean scosse la testa e la sua vista fu nuovamente nitida:-Sì mamma devo solo..andare in bagno un attimo.

-Vai al piano di sopra, nel bagno al piano terra stiamo facendo dei lavori.

Dean annuì e si avviò a salire le scale. Se le ricordava molto più grandi. Era da parecchio tempo che non saliva al piano di sopra, non c’era motivo essendo la zona notte. Prima andò in bagno e si sciacquò il viso, riempiendosi le mani di acqua fredda, trovandola subito rigenerante. Forse Lisa aveva ragione, stava troppo al negozio. Si tamponò il viso con un asciugamano, uscendo poi nel piccolo corridoio. Passò davanti alla sua vecchia camera, sorridendo sghembo nel vederla intatta a come l’aveva lasciata quando se n’era definitivamente andato di casa dieci anni prima. E poi passò davanti a quella di Sam. Non seppe esattamente cosa lo attirò, ma aprì la porta socchiusa. Improvvisamene il capogiro tornò ma stavolta più forte. Chiuse gli occhi sentendo delle fitte perforargli la testa e senza che se ne potesse accorgere si ritrovò inginocchiato a terra, in preda a dolori lancinanti, così forti che non gli permisero di emettere nemmeno un suono. Riaprì gli occhi ma al posto della camera da diciottenne che Sam aveva lasciato si presentò davanti a lui un’altra stanza. C’era una culla, ed era notte. E poi caldo. Caldo che fa star male, che fa sudare. Il caldo di un fuoco, di un incendio. Le urla di suo padre.

 

Vai Dean, prendi Sam e corri più forte che puoi!

 

Dean si ritrovò a terra, la testa fra le mani e il corpo rannicchiato su se stesso. “Sam..devo portare Sam fuori” riusciva solo a pensare, mentre sentiva l’odore di fumo pervadergli i polmoni.

 

Poi tutto smise così come era cominciato. Dean aprì gli occhi, era per terra. Il sudore freddo gli aveva fatto attaccare la maglietta al petto e alla schiena. La cameretta di Sam era illuminata dalla luce delle sette della sera, il letto perfettamente rifatto, i poster alle pareti, i libri nella libreria. Niente era rimasto immutato. Dean a fatica si alzò in piedi, tornando faticosamente sulle proprie gambe. Ma che diavolo era successo?

Barcollante scese fino alla cucina dove la madre ovviamente lo aveva guardato preoccupata:-Dean, che cos’hai?

Dean non rispose subito. Ripensò a quella specie incubo ad occhi aperti che aveva avuto, e perdendosi negli occhi rassicuranti della mamma, le chiese:-C’è stato un incendio qui, quando ero piccolo?

Mary lo guardò come si guarda una persona che non sta bene con accondiscendenza:-No tesoro, assolutamente… Perché me lo chiedi?

E così come era apparsa quella visione qualche attimo prima, lentamente sparì dalla sua mente anche solo il ricordo di ciò che era successo.

-Devo andare a casa, mamma –le diede un affettuoso bacio sulla fronte prima di dirigersi nuovamente alla porta, prendendo casco e chiavi.

Tagliando l’aria in sella alla propria moto avvertì refrigerio per quel caldo inspiegabile. Arrivato a casa, nessun ricordo del fuoco era rimasto nella sua memoria.

 

 

 

 

 

Note importanti: chi mi conosce sa che io inizio a pubblicare quando nel mio pc la fan fiction è finita o quasi. Non è questo il caso, sono solo all'inizio e sono ferma praticamente da mesi, ma ci tengo a questa storia e vorrei davvero scriverla. Quindi vorrei sapere prima di tutto se vi piace e poi potreste essere proprio voi, recensendo, a darmi qualche stimolo per il seguito. Oltre a questo ho scritto un altro capitolo e mezzo, circa. Spero di avervi incuriosito e che questo primo capitolo non sia sembrato troppo oscuro.

Tra questo capitolo e il prossimo potrebbe passare un po' di tempo ma dal terzo in poi, se la storia vi piace e se mi aiuterete potrò pubblicare più regolarmente. Fatemi sapere cosa ne pensate, baci

H. 

  
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