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Autore: releuse    31/03/2009    5 recensioni
C'era qualcosa che Ken Wakashimazu aveva perso. Qualcosa che gli impediva di giocare, qualcosa che il principe di vetro possedeva. "Incatenato nelle braccia e nelle gambe, avevo l’impressione di essere uno schiavo privo di qualsiasi facoltà di decisione, ormai rassegnato alla sconfitta e annichilito nell’animo, dominato da un potere troppo sacro per essere abbattuto. Atterrito dai suoi occhi decisi." Fanfiction interamente rivista, corretta e modificata. La trama di base è la stessa, ma arricchita con nuovi dialoghi, descrizioni e situazioni.
Genere: Romantico, Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Jun Misugi/Julian Ross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ma eccomi finalmente qui con questo capitolo decisivo della ff *___* Come sono contenta di essere arrivata già a questo...quando ho ripreso in mano la storia mi continuavo a chiedere se avrei avuto costanza nel riscriverla, invece sembra ce la stia facendo, mi sta riappassionando e mi vengono in mente sempre nuove idee! Inoltre  è anche merito vostro che mi spronate a continuare ;) questo è il mio capitolo preferito...spero lo possiate apprezzare anche voi---> Ichigo so già non lo apprezza troppo XDDD Vero oneechan?

Grazie di cuore a Melantò, Eos, Kara, berlinene e tutte coloro che leggono questa ff !

Un grazie speciale ad Haley per le lunghe recensioni e le mail*___* sul nostro caro Jun! Inoltre il cap scorso te l’varei lo stesso dedicato anche se non me lo chiedevi, eh eh ^___^ Mi sembrava logico! Sono contentissima ti sia piaciuto!

Grazie millissimissime a Ichigo per il betaggio extra veloce...se non ci fosse lei *_* ..non riuscirebbero ad inventarla! Voglio solo l’originale é_é

A voi tutte....

Buona lettura!





Il cuore e il pallone
V parte

Di  Releuse
    

“Stai in guardia, portiere!”

La voce di Jun Misugi raggiunse le mie orecchie trasportata dal vento che, quella mattina, soffiava dolcemente. Il timbro intimidatorio si sposava bene con la posa assunta dal principe del calcio: il dito indice puntato fermamente nella mia direzione indicava che mi stava sfidando.

“Questo sarà l’ultimo tiro, preparati!” Gridò ancora, con l’espressione di chi sa di avere la vittoria in pugno, con quello sguardo da me già definito come placido ma bramoso di vittoria.

Lo sguardo del dominatore che già una volta aveva saputo atterrirmi, inchiodandomi a terra ed impedendomi ogni movimento. In quell’occasione Jun Misugi mi aveva sconfitto, riuscendo a consacrare il suo potere assoluto su di me.

Ora, invece, non era più così. Il suo sguardo provocatorio mi solleticava, incitandomi alla ribellione, a contrastare la forza del principe. Non mi sentivo più bloccato ed incapace di reagire, anzi, ben saldo sul terreno, attendevo la sua prossima mossa, pronto a sancire la mia superiorità e a combattere contro la sua . Avrei parato all’infinito i suoi tiri, in modo da dimostrargli di essere il migliore.

Vidi la gamba sinistra del principe piegarsi per darsi lo slancio, la destra indietreggiare e tendersi come la corda di un arco, poi uno scatto potente ed il suo piede che calciava con forza il pallone, imprimendogli un effetto che rendeva difficile intuirne la direzione.

Confidenza col proprio corpo e sicurezza nelle proprie capacità...questo mi ripeteva mio padre, durante gli allenamenti di karaté nella palestra di casa.

Furono solo pochi attimi, millesimi di secondo in cui concentrai il mio campo visivo sul pallone, durante i quali ascoltai i miei sensi, lanciandomi nella direzione da loro indicata...e il pallone fu tra le mie mani. Sdraiato per terra, lo sentivo roteare ancora fra i guanti, finché terminò il suo moto, bloccandosi una volta per tutte. Mentre ero ancora disteso, una sensazione effervescente cominciò a fibrillare per tutto il mio corpo, provocandomi un moto di gioia e soddisfazione.

“Grande, Wakashimazu!” Esultò Jun, correndo fino alla porta, raggiungendomi.

Io mi sollevai, mettendomi a sedere, mentre fra le mani stringevo il pallone quasi con gelosia, come se fosse la Coppa del Mondo. “Accidenti, sono sfinito, Misugi!” Esclamai, ancora seduto e ridendo soddisfatto del mio successo. Mi passai una mano fra i capelli, nel tentativo di portarmeli indietro, ma erano troppo sudati. Anche Jun sembrava sfinito, ormai erano due ore buone che ci allenavamo quella mattina; naturalmente avevamo intervallato il gioco con delle pause per permettere a Misugi di riposarsi.

“È stata una parata favolosa!” Si complimentò Jun, tendendomi la mano per aiutare a sollevarmi e le sue parole non potevano che farmi piacere oltre a darmi soddisfazione.

Finalmente ti ho raggiunto, principe del calcio.

Allungai il braccio afferrando la mano di Jun, ma, invece di usarla per alzarmi, lo tirai verso di me, facendolo cadere sul mio corpo.

“Hey!” Si lamentò lui, contrariato dalla mia iniziativa. Mi lanciò uno sguardo truce e poi si sedette al mio fianco.
“Stiamo qui ancora un po’...” Gli dissi, gettando la testa all’indietro e poggiandomi sui gomiti. “Non ce la faccio ad alzarmi...!”
“Bah, eppure dovrei essere io quello più stanco...!” Ironizzò Misugi.
“Giusto! Quindi stai qui seduto e fai il bravo!” Risposi, prendendolo in giro.

L’aria fresca di quella mattina stava dando sollievo alle nostre guance arrossate per la fatica, mentre il respirarla piano e a pieni polmoni acquietava lentamente il mio affanno.

Misugi mi guardava con espressione soddisfatta. “Hai parato quasi tutti i miei tiri stamattina...anche la rovesciata di poco fa...la prossima volta che giocheremo l’uno contro l’altro dovrò stare molto attento, non sarà un’impresa facile!” Esclamò scherzoso.
“Bè, dai...” Cominciai, mentre tenevo ancora la testa inclinata e gli occhi chiusi per rilassarmi. “...potremmo invece trovarci a giocare insieme contro la Francia il prossimo mese!” Lo stuzzicai, facendogli intendere che forse sarei tornato in campo.

In verità non avevo ancora deciso, non avendoci mai seriamente pensato, però, in quel momento, non ero riuscito ad esimermi dal dirgli quelle parole.  Non mi ero ancora reso conto che pensare al gioco in campo con Misugi alleggeriva tutto il peso che sentivo gravare sulle mie spalle.

“...e come al mondiale giovanile dovrai aiutarmi a proteggere la porta! Cavolo, se non avessi fermato quel tiro di Pierre El Cid in rovesciata avremmo rischiato di perdere la partita*...”
Jun ridacchiò “Bè, ma tu eri anche ferito alla mano!”
“Sì, ci credo! Un simpatico giocatore francese mi era caduto in ginocchio sul dorso...al diavolo!” Sbuffai, irritato da quel ricordo. “La partita con la Francia è stata davvero faticosa, questa volta non dobbiamo farci mettere in difficoltà!”

Misugi sorrise: “già, sarebbe bello poter giocare di nuovo insieme...” poi, però, mutò improvvisamente la sua espressione, facendosi serio “...ma non so se potrò partecipare all’amichevole con la Francia a dire il vero!”
“Cosa? E perché?” Finalmente aprii gli occhi, prestando più attenzione al discorso, mentre tornavo seduto. Le sue parole mi fecero improvvisamente preoccupare.

“Attendo gli esiti di alcuni esami...purtroppo l’ultima volta mi hanno trovato molto affaticato e il medico mi ha proibito di giocare finché i valori non torneranno a posto...” Parlava con assoluta calma Misugi, come se stesse ripetendo parole non riferite a lui e che non lo toccavano minimamente. Quello era il tono che aveva sempre usato con noi compagni, ogniqualvolta ci si trovava insieme con la nazionale; ai miei occhi e a quelli dei compagni, Jun Misugi era sempre apparso così, il principe di vetro perennemente controllato e determinato. Eppure questa volta c’era qualcosa a tradirlo. I pugni serrati che stringevano l’erba, lo sguardo abbassato e fisso in un punto indefinito, il tremore che stava aumentando in tutto il suo corpo e che ormai si era reso percepibile anche ai miei occhi. Non sapevo cosa dire, davvero, ma fu Misugi a continuare a parlare.

“Ken...” Mi chiamò ed io colsi il turbamento anche solo dal mio nome pronunciato “...hai presente la frustrazione che provi quando stai in panchina, perché sei infortunato, perché c’è Wakabayashi al tuo posto o per qualsiasi altro assurdo motivo? Quella sensazione di impotenza che ti dilania dentro, perché non puoi essere in campo con i tuoi compagni?”

Un attimo di silenzio, un sospiro, il mio.

“Sì, Jun. La conosco bene.” Risposi con rammarico, capendo cosa stava per dirmi, ma il sentirlo dalla sua voce fu qualcosa di tutt’altro effetto.
“Ecco! Quella è la sensazione che io sento ogni giorno! Ogni giorno, capisci?” La voce di Jun si era alzata di tono, caricandosi di rabbia. “Perché so che il mio stare in panchina non è provvisorio, perchè so che non potrò mai più giocare una partita completa con i miei compagni di squadra, perchè questo cuore maledetto me lo impedisce!” Misugi sbatté i pugni sul terreno e poi vi ci conficcò le unghie, con forza, rischiando di farsi male.

“Eppure...” Disse poi, rilassando d’improvviso il corpo e sorridendo con amarezza. “...eppure continuo ad amarlo, il calcio.”

“Jun, io...” Ero senza parole. Non avevo mai visto Jun Misugi in quello stato, così...disperato. Lui era il principe, il fiero numero ventiquattro della nostra nazionale, il giocatore che sapeva sempre dosare le parole di conforto o di severità per incentivare i suoi compagni, la spalla sempre presente della nazionale. Non aveva mai fatto trapelare simili emozioni prima d’allora, davanti a nessuno e, mi rendevo conto, nessuno di noi si era mai seriamente chiesto come vivesse Misugi quella situazione.

Ricordai quando fu messo fuori squadra dalla nazionale giovanile, a causa del suo cuore definito dai dirigenti di ‘cristallo’. Kojiro mi aveva raccontato di come si fosse stupito nel sentire le parole di Jun Misugi a quella notizia: sembra che avesse sorriso ai suoi compagni, dicendo che se non lo facevano giocare per i suoi problemi al cuore era giusto, che lo stavano facendo per lui. Davanti a loro, davanti a tutti mostrava sempre quella serenità che lo contraddistingueva, mentre ora, con me, manifestava tutta la sua rabbia, mostrandomi i suoi veri sentimenti.

Non sapevo cosa dire e, forse, era giusto che io non dicessi nulla e che ascoltassi la sua sofferenza in silenzio. L’unica cosa che sentii di fare fu afferrare le spalle di Jun e tirarlo verso di me, per poterlo abbracciare. Il principe del calcio si lasciò stringere forte e, a poco a poco il suo corpo smise di tremare.

Per la prima volta provai vergogna di me stesso per le incertezze che mi avevano assalito e per l’incapacità di controllarle. Già, perchè noi in fondo in un modo o nell’altro rientravamo in campo, ne avevamo la possibilità. Io potevo ancora lottare con Wakabayashi per la maglia di titolare se solo lo avessi voluto, mentre Jun, per quanto desiderasse giocare con tutto se stesso, non poteva più farlo pienamente.

Io, invece, potevo ancora scegliere.

***




Non c'era giorno in cui non facevamo l'amore. Si capiva che entrambi non vedevamo l'ora che arrivasse quel momento, ogni volta la foga ci assaliva e bramosi ci gettavamo l'uno nelle braccia dell'altro. Bastava solo uno sguardo, dovunque fossimo, per sentire la passione pulsare dentro di noi  e venire inglobati in quel gioco che cominciava con piccoli gesti di seduzione, una carezza sul braccio, un respiro sul collo e che poi si trasformava in un’esplosione di eccitazione.

Penso di non aver mai avuto un'attrazione sessuale tanto intensa per qualcuno, un desiderio così impetuoso, bruciante ed incontrollabile. Jun era capace di far sgretolare la mia ragione con la sua sola presenza, con il lieve movimento delle labbra o con i suoi gesti, come quando si sfilava la maglietta continuando a fissarmi negli occhi.

Quelle sue dense iridi castane, dentro le quali potevo specchiarmi, senza riconoscermi, nelle quali scoprivo un me stesso sconosciuto fino a quel momento, avevano la forza di risucchiarmi in un sentiero del non ritorno.


Con un tacito accordo avevamo deciso di prolungare quella permanenza alla pensione e io misi mano ai risparmi di alcuni lavoretti fatti durante le vacanze scolastiche per poter tenere fede a quel patto. Jun, in verità, non mi aveva mai detto quanto tempo sarebbe dovuto stare laggiù, si era soltanto  limitato a chiedermi se mi andava di fermarmi ancora qualche giorno. “Ti farebbe bene...” Aveva detto con il suo tipico fare sereno, come se fosse uno dei tanti consigli dati ad un compagno di squadra qualsiasi, da buon intenditore di salute, ma, invece, credo che la cosa giovasse anche a lui.

“Tre giorni...” Gli avevo alla fine risposto “...mi fermerò ancora tre giorni...” Sapevo che in fondo aveva ragione, stare in quel posto mi stava facendo ricaricare le energie. Lontano dal caos di Yokohama, dalla vita frenetica, dagli allenamenti obbligatori, potevo finalmente decidere io cosa mi andava di fare durante la giornata e riflettere su ciò che mi avrebbe aspettato al rientro. Eppure...non era solo per quello. Era come se rimanendo lì mi volessi ancorare a tutti i costi a qualcosa che non volevo lasciare fuggire e che con il rientro mi sarebbe potuta sfuggire di mano. Non me ne rendevo ancora conto, ma la catena che mi stava stringendo sempre più nella direzione di Misugi stava chiedendo di non venire spezzata.

Alla fine i tre giorni trascorsero veloci, troppo veloci.

Era uno scherzo del destino o eravamo noi che ci stavamo risvegliando?

L’ultima giorno riprendemmo anche il discorso del calcio. Eravamo alla sorgente termale, saranno state le sette di sera. Mentre ci rilassavamo facendo un bagno caldo, Jun si fermò davanti a me interrogandomi con uno sguardo indecifrabile, misto fra il timore e la preoccupazione.

Davanti a quegli occhi sentii il disagio formicolare sulla mia pelle bagnata. L’umidità dell’ambiente rendeva inoltre pesante il respiro gettandomi per alcuni istanti in uno stato di claustrofobia. Tentai di cacciare quelle sensazioni crescenti evitando di far parlare Jun, accarezzandogli la guancia e chinandomi per baciarlo, ma non me lo permise. Con decisione mi afferrò il polso, guardandomi fisso negli occhi.
     
“Non lasciare il calcio, Ken!” Esclamò e non capii se fosse un ordine o una supplica.

...il calcio....

Dopo alcuni istanti in cui il mio corpo s’irrigidì per difesa, cercai di calmarmi, comprendendo che non potevo più sviare il discorso. Sentendomi  rilassare, Jun  mollò la presa.

Il mio problema con il calcio. Non che non ci avessi pensato in quei giorni, anzi, soprattutto da quando Misugi mi aveva rivelato le sue frustrazioni, avevo cominciato a rifletterci seriamente. Inoltre, il confronto con lui era stato stimolante e...divertente. “Perché il calcio deve anche divertire!” Aveva detto una volta il principe del calcio e aveva ragione. Già, mi rendevo conto che giocare con Jun non mi pesava e che adoravo quella continua battaglia che avevamo silenziosamente creato, come se fosse un gioco tutto nostro. L’avrei sfidato all’infinito. Oltretutto, quella sensazione d'intorpidimento che sentivo fino a pochi giorni prima si era sciolta, quasi dileguata. In verità non ero certo di quello che volessi davvero fare, né se azzardare una totale convinzione sul mio rientro mi avrebbe fatto bene, perciò tentai una via di mezzo.


“Forse...tornerò sul campo, Jun” Dissi, espirando tutta l’aria che avevo accumulato nei polmoni, come per liberarmi di un peso e allo stesso tempo mi venne da sorridere. “Contento?”

I suoi occhi s’illuminarono. “Dici davvero?”

“Si. Il mio letargo è durato abbastanza. Devo cercare di riprendere in mano la situazione, anzi, il gioco...e al diavolo Genzo Wakabayashi! Prima o poi lo supererò.” Le mie parole erano cariche di fierezza  e lo sguardo di Jun mostrava una sincera approvazione. “La prossima volta che ci incontreremo sul campo non riuscirai a farmi neanche un goal! Ormai conosco le tue mosse, ‘principe del calcio’!” Ironizzai.

“Questo non mi sembra un ‘forse’....” Rispose compiaciuto il principe.


E poi lo guardai nuovamente, fisso negli occhi, cercando il suo assenso per il mio improvviso desiderio che lui colse subito, finché lo trovai in quelle sue labbra che s’incresparono in un accennato sorriso.

Gli afferrai il viso e cominciai a baciarlo, dapprima lentamente, poi con maggior intensità. Jun ricambiò appoggiandomi le mani sulle spalle e facendo aderire maggiormente il suo corpo al mio. Le mani di Misugi vagavano sulle mie braccia, espandendosi sul petto, scivolando per tutto il corpo, facendo pressione con i palmi e graffiandomi leggermente...era una cosa che mi faceva davvero impazzire. Le acque in cui eravamo immersi fino al torace si smuovevano al ritmo dei nostri movimenti ed ogni tanto Jun ne raccoglieva un poco e me la gettava addosso, prima di accarezzarmi nuovamente, come se gli piacesse sentire il mio corpo bagnato sotto le sue dita.

Io seguii il suo esempio ed esplorai ancora una volta quel bellissimo corpo. Sentivo pulsare la testa, il rossore assalire le mie guance ed un’intensa sensazione di possesso che non avevo ancora provato cominciò a diffondersi in ogni terminazione nervosa del mio corpo; era come se quella sera fossi più forte e meno vulnerabile. Gli riempii di baci il collo, poi con la lingua cominciai a scendere sul petto, leccandogli un capezzolo, al che lo sentii gemere forte. Intanto la mia mano destra aveva trovato il suo sesso e cominciai a torturarlo con un tocco dapprima leggero, poi sempre più insistente. Facendo leva col mio corpo lo costrinsi ad indietreggiare, facendolo distendere con la schiena sopra una pietra liscia che emergeva dall’acqua. Io ero sopra di lui e cercavo i suoi occhi: nello sguardo di Jun colsi un velo di sorpresa ed imbarazzo che vidi scomparire subito, lasciando spazio ad un’espressione di complicità e fiducia. Subito dopo presi a baciarlo sotto l'ombelico, a ripassarne i contorni con la lingua per scendere poi ancora più giù fino ad assaporare la sua eccitazione. Il principe del calcio sembrava apprezzare il trattamento che gli stavo improvvisamente riservando, infatti mi afferrò la testa, stringendo le mani fra i capelli per premermi così con forza verso di lui. Durante quei movimenti, con una mano cercai l’apertura fra le sue natiche e cominciai a penetrarlo con le dita. Sentii i muscoli contrarsi tentando di difendersi, mentre Jun tratteneva con forza i lamenti fra i denti.

Faceva caldo, il vapore dell'acqua si mescolava con quello dei nostri corpi ansimanti e ansiosi di fondersi l'un l'altro.

D’improvviso, però, Misugi poggiò le mani sulle mie spalle facendo leva per allontanarmi.

“Wakashimazu, io...”Sussurrò con un filo di voce ed io sospesi quel trattamento, cercando i motivi nei suoi occhi. Il viso di Jun voltato su un lato evitava il mio sguardo, ma il suo corpo lo tradiva: tremava e sembrava spaventato.


“Hey...” Accarezzai allora il suo viso, con il cuore prepotentemente agitato nel petto e una sensazione di colpa che serpeggiava nello stomaco. “Se non te la senti ci fermiamo, Jun” Lo rassicurai. “Possiamo fare come abbiamo sempre fatto, sarò io a...” Ma non finii la frase, sentendo le dita di Jun poggiarsi sulle mie labbra e vedendo i suoi occhi finalmente nei miei.
“No...va bene così...” Sussurrò Jun, mentre respirava agitato. Potevo leggere una forte emozione nei suoi occhi. “Io...lo voglio davvero...”

Gli sorrisi, mentre passavo la mia mano fra i suoi capelli e compresi il suo stato d’animo.

“Continua, Ken...” La sua voce si sciolse nell’aria, come le mie mani che avevamo ripreso a vagare sul suo corpo.

Lentamente alzai le gambe di Jun e le poggiai sopra le mie spalle. Lui afferrò con forza le mie braccia appoggiate sulla pietra e gridò, non appena affondai dentro di lui. Per un attimo tutto si offuscò, la sensazione di essere compresso nel suo corpo annebbiò ogni mio pensiero, ma, poi, mi bloccai, temendo di avergli causato troppo dolore. Invece Jun mantenne il controllo e mi sollevò le braccia, spingendomi intenzionalmente all’indietro. Perdendo l’equilibrio scivolai in acqua, finendo seduto in terra e lui sopra il mio grembo. Il principe del calcio mi rivolse uno sguardo d’intesa prima di afferrarmi la testa e baciarmi con foga. Averlo completamente seduto sopra di me mi faceva ribollire dall'eccitazione...il forte petto che premeva contro il mio, i fianchi poggiati sopra le mie gambe, il mio sesso sprofondato in quel corpo morbido.

Ricambiai i suoi baci avidamente e poi ricominciai a spingere dentro il suo corpo, sentendo Jun abituarsi alla mia presenza e cominciare a godere. Avevo terribilmente caldo, percepivo le gocce di sudore solleticarmi la schiena, mescolarsi con quelle di Misugi e con l'acqua della sorgente, mentre i nostri corpi avevano preso a muoversi simultaneamente. Ero sempre più eccitato e anche il capitano della Musashi non era da meno. Quelle nuove sensazioni erano terribilmente travolgenti e noi non potevamo fare altro che assecondarle fondendoci con loro. Il movimento frenetico, l'aria soffocante, il calore dei nostri respiri, tutto danzava seguendo il nostro ritmo.

Anche i brividi sulla schiena.

L'eccitazione mi assalii violentemente come mai prima d’allora ed il cuore scoppiò quando gridai nel venire dentro il suo corpo, sentendo nello stesso tempo Misugi venire a sua volta. Lo abbracciai, lo strinsi possessivo in quegli istanti, mentre credevo di impazzire.

“Sono pazzo, Misugi” Dissi ansimando, non connettendo ancora la mia voce alla ragione.

Il viso di Jun stava appoggiato nell’incavo del mio collo, lo sentivo affannato e piacevolmente stanco.

“E io di...come te” Sussurrò con un filo di voce.

...ed io ebbi paura di quello che stava per dire...

*****

Drin drin drin drin drin drin drin drin drin

Non riconobbi subito quel suono e, anzi, credevo di starlo sognando.

“Il telefono, Ken...” Disse Jun, sciogliendosi dall’abbraccio in cui ci eravamo rifugiati dopo il bagno alla sorgente. Eravamo stanchissimi.
“Eh?” Ci misi diversi secondi a ricordarmi di avere un telefono in camera vicino alla finestra, per giunta mai usato.

Avrei tranquillamente fatto a meno di rispondere, ma chi stava dall’altra parte sembrava non voler assolutamente cedere. Con disappunto e ancora un po’ assonnato, mi alzai dal futon afferrando bruscamente la cornetta.
“Pronto?!” Risposi scocciato.

“Hey, Ken! Ce ne hai messo a rispondere, ma che facevi, dormivi?”

Riconobbi subito in quel suono squillante ma gentile la voce di Takeshi Sawada. E fu come risvegliarsi da un lungo sonno.

“No, io...cioè sì, stavo dormicchiando...” Risposi, cercando di mettere insieme le idee.
“Occavolo, ti abbiamo disturbato?” Rispettoso come sempre.
“Ma no, che dici, Takeshi!” Esclamai con un sorriso, scoprendomi felice di sentire la voce del mio amico e riprendendo la padronanza di voce e pensieri.

Velocemente coprii una parte della cornetta con la mano, spiegando con labiale a Jun chi ci fosse dall’altra parte. Misugi sorrise, facendo ‘ok’ con il pollice. “Ma sbaglio o hai detto ‘abbiamo’?” Chiesi all’improvviso.
“Bè, sì...c’è anche il capitano! In verità ha insistito lui per chiamarti, ma lo sai che vuole fare il duro!Ahia, Kojiro!”
“Sawada vuoi morire?” Il grugnito di Hyuga.

Intuì che Takeshi avesse ricevuto un pugno dal capitano e mi immaginai subito la scena, scoppiando a ridere. In quegli anni noi tre c’eravamo uniti molto, crescendo insieme e Hyuga aveva imparato ad essere meno aggressivo e scostante nei nostri confronti, scoprendo come fosse divertente scherzare con i propri compagni.

“Che ridi, Ken, sei terribile!” Scherzava il centrocampista del Toho.

Era bello sentirli, ero felice.

“Abbiamo chiamato a casa tua e tua madre ci ha detto che sei andato in vacanza...hai fatto bene, Wakashimazu!” Mi disse comprensivo.
“Ma quale fatto bene, quello scansafatiche!” Borbottava Huyga dietro di lui, ma Takeshi lo ignorava. “Come stai?” Mi chiese all’improvviso.
 
Ed io risposi, senza pensarci un secondo, con la massima sincerità. “Bene, Takeshi. Sto benissimo.” E non seppi nemmeno chiedermi il motivo di quella risposta.

“Ah, dai, sono davvero contento! Prenditi il tempo che ti serve amico mio...ma, capitano, che fai?” Sawada non finì di parlare che Kojiro probabilmente gli strappò la cornetta dalle mani. “Ma quale tempo!” Lo sentii inveire.

“Senti, portiere!” Sì, era proprio il capitano. “Vedi di non adagiarti troppo sugli allori e di tornare in squadra. Altrimenti vengo lì e ti prendo a calci nel culo! Mi sembra che hai ronfato abbastanza!”

Eh...i suoi soliti modi gentili. Mi venne da sorridere immaginando quella scenetta a Yokohama, in qualche cabina telefonica vicino alla scuola. Ormai conoscevo bene i miei amici e sapevo anche che quel comportamento di Kojiro nascondeva una sincera preoccupazione: anche lui avrebbe sofferto se avessi lasciato la squadra e il calcio ed, inoltre, non me lo avrebbe mai perdonato.

“Non preoccuparti, capitano...” gli dissi completamente calmo “...tornerò presto...”

Inoltre, avevo davvero voglia di scendere in campo con loro.

“Questa è una bella notizia, Ken...” Sentii la voce di Hyuga rilassarsi e abbassarsi di tono. “Devi riprendere la tua vita normale...tornare alla vita di tutti i giorni”

Sussultai, colpito da quella frase. So che Kojiro intendeva la vita quotidiana con loro, nel Toho, come scuola e come club di calcio; voleva che ritornassi sul campo come portiere della squadra e della nazionale giovanile, come loro compagno e amico. Per questo non poteva sapere ciò che mi causarono le sue parole in quel momento.

“Hey, Wakashimazu, ci sei? Sta per cadere la lin...”

...tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu....

Rimasi immobile per alcuni secondi con la cornetta ancora attaccata all’orecchio. Rivolsi uno sguardo alla finestra, individuando la mia immagine riflessa sul vetro e confusa fra i rami smossi dal vento. Fuori era già buio. Continuando ad osservare il mio riflesso, riattaccai il telefono.

Improvvisamente stordito e particolarmente inquieto cominciai a chiedermi come eravamo arrivati a quel punto. Era come risvegliarsi da un lungo sogno, quando si è incapaci di realizzare se il momento che stai vivendo sia o meno reale. Cosa mi era successo in quei giorni? Avevo la sensazione che il tempo si fosse fermato e che dopo quella telefonata avesse ricominciato a scorrere.

D’un tratto mi tornò in mente la mia vita, il calcio, il Toho, Hyuga e Takeshi.

‘Io sono il portiere del Toho...’ Ripetei fra me, come se me ne rendessi conto solo in quel momento.

“Hey, tutto bene?” La voce di Jun che mi ricordava di non essere da solo dentro quella stanza. Mi voltai nella sua direzione e lo vidi seduto sul futon che cercava d’interpretare il mio sguardo confuso.


Jun Misugi, il principe del calcio. Quei giorni eravamo stati sempre insieme e lui era diventato una presenza sicura, tant'è che non mi ero mai veramente domandato come sarebbe potuto essere...il dopo. La sua essenza si era impadronita di me, pervadendomi, dominandomi, addentrandosi nelle vene, nutrendosi della mia carne. Era come se avessi perso la ragione.

Mi avvicinai a lui, senza rispondergli e mi sedetti al suo fianco. Jun mi passò una mano fra i capelli, ma capì subito che qualcosa non andava e rimase in attesa.

In verità non sapevo neppure definire ciò che eravamo diventati. Da rivali e compagni della nazionale ad amici e poi...ad amanti? Non sapevo proprio cosa pensare. Io sarei tornato alla mia vita e anche Jun.

‘Come faremo a...’ Fui assalito da una paura spaventosa a quel pensiero...  la squadra, gli amici, il campionato, gli altri. Non avrei certo potuto portare avanti una...non sapevo neanche cosa fosse quello che mi legava a Jun! Relazione? Storia? Io e lui non ne avevamo mai parlato, lui non aveva accennato nulla in proposito, non mi aveva mai chiesto niente, né io potevo farlo con lui.

E che cosa dovevo chiedergli dopotutto? Non avevo alcun diritto, neanche sapevo cosa volere da lui. D’improvviso provai un forte desiderio di tornare al più presto alla mia vita, che tutto tornasse come prima ed allo stesso tempo fu come se una lama mi squarciasse il petto.
 
Lottando contro l’angoscia che mi tormentava, schiusi leggermente le labbra, nel tentativo di parlare. “Misugi...” Dissi con un filo di voce, chiamandolo per cognome.
E lui la percepì la distanza che avevo appena creato con i gesti e con le parole. “Dimmi...” M’incitò, con voce seria.

Cercai di sorridere, di essere forzatamente tranquillo, volgarmente bugiardo.

“Mi chiedevo come faremo a far finta che non sia successo nulla, quando torneremo alla nostra vita quotidiana...”

Stavolta una crepa, nel mio di cuore.

Jun si voltò di scatto verso di me, i suoi occhi si fecero dapprima sorpresi, poi, come per nascondere le emozioni, di ghiaccio. “Cosa intendi?” Ed anche la sua voce.

Avevo il cuore in gola, stavo male, ma mi sforzai di continuare, ferendomi ancora di più, perché stavo lottando disperatamente contro i miei veri sentimenti che ancora non ero stato in grado di decifrare. “Bè, non è che potremo continuare con questa storia...” Cercai l’approvazione guardandolo, ma, davanti a me, c’era solo un muro di ghiaccio. “Sarà difficile nascondere che c'è stato qualcosa fra noi, ma dovremo...sforzarci!” Deglutii, incalzando sull’ultima parola e mordendomi nervosamente un labbro. Quella non era la verità e lo sapevo. Non volevo parlare così, eppure lo facevo.

L'aria sembrò congelarsi e dei brividi cominciarono a turbare il mio corpo.
 
Jun s’irrigidì e lo vidi stringere i pugni, si voltò poi verso di me privo di un'espressione interpretabile. Non era arrabbiato, né triste, neanche deluso. Solo... imperscrutabile.

Non sapevo cosa volesse dirmi ed io ero ansioso di sentire la sua risposta, perchè, se lui avesse messo in discussione il mio discorso, forse le mie sicurezze si sarebbero nuovamente infrante e avrei potuto...

“Bhè...mi sembra giusto!” Disse lapidario. “Basterà far finta di niente. Non ci vuole la laurea...”
 
Le sue parole mi fulminarono e rimasi senza fiato, incredulo. Non...non mi capivo, era come se non mi aspettassi tale risposta da parte sua, ma non volevo chiudere tutto questo? Perchè ora stavo improvvisamente così male? La risposta era davanti ai miei occhi.

Jun era sempre stato sorridente e gentile in quei giorni, non aveva mai nascosto il suo desiderio nei miei confronti, si era sempre lasciato andare come e più di me. Mi era stato vicino, mi aveva ascoltato, spronandomi anche a giocare a calcio. Ora, invece, non lo riconoscevo, chi era la persona che avevo davanti e che mi guardava con quello sguardo...spietato?

“Più sereno adesso?” Un sorriso maledettamente ironico “Meglio dormire ora. Sono stanco.”

Il principe del calcio si distese, senza più guardarmi in faccia, voltandosi sul lato opposto, terminando con un infinito e lacerante silenzio. Non più una parola, non più una carezza.

Come se nulla fosse mai esistito.

Ed intanto, qualcosa dentro al mio corpo mi stava sbranando l’anima.

***

I raggi del sole di quella mattina si poggiavano ostinati sul mio viso, infastidendo gli occhi. Avevo un forte mal di testa e non riuscivo a svegliarmi completamente.

“Mhn...Misugi” Mugolai, cercando con le braccia il calore del suo corpo, ma le mie mani scivolarono nel vuoto. Aprii di colpo gli occhi, guardandomi intorno e scoprendo di essere da solo nella stanza. Constatai che quella parte del futon era fredda e immaginai che Misugi si fosse alzato presto. Cominciai ad avere una strana sensazione ma l’interpretai come un senso di smarrimento, ormai troppo abituato alla sua presenza in questi giorni. Molto probabilmente era andato a fare due tiri al campo, deluso dal mio comportamento, in fondo, non aveva più detto una parola. Amaramente ricordai il discorso della sera prima e mi pentii di aver parlato in quel modo. Forse avremmo dovuto discuterne con più calma e riflettendoci un poco, solo che ‘a caldo’ non avevo potuto fare altro che avere quella reazione. Ero spaventato da ciò che il nostro rapporto poteva comportare, non potevo negarlo.

C’era comunque qualcosa che non mi tornava e decisi così, prima di tutto, di bussare nella camera di Misugi, magari era semplicemente andato lì a riposare. Noncurante dei capelli disordinati e del viso stanco, indossai i pantaloni della divisa di calcio, rapido nei movimenti, poiché c’era qualcosa che mi stava mettendo fretta. Aprii di scatto la porta e mi precipitai verso la stanza di Misugi.

Mi bloccai all’entrata, sbarrando gli occhi e la voce mi si chiuse in gola.

La porta era spalancata, così come la finestra ed insieme facevano corrente. La stanza vuota: non più un vestito, una borsa, neanche l’accappatoio appoggiato sulla sedia. Incredulo, continuavo a fissare il vuoto.

“....mazu...Signor Wakashimazu...”

Meccanicamente mi voltai nella direzione di quella voce, ancora in stato di shock.  C'era il signor Matsumoto dietro di me con alcune coperte in mano. Lo feci passare, senza dire una parola.

 “Grazie ragazzo.” Si accinse a mettere le coperte nell'armadio ed io osservavo i suoi movimenti in silenzio. Mi sembrava tutto un sogno, un bruttissimo e assurdo sogno.  Fu l’uomo a spezzare il mio mutismo con la sua domanda, risvegliandomi.

“È successo qualcosa al signorino Jun?” In un primo momento il suo sguardo era severo, come di chi avesse intuito, ma subito dopo si fece quasi comprensivo.

“Perchè...” Chiesi con grande sforzo, quasi balbettando. L’uomo fece un profondo respiro e probabilmente si stava domandando se fosse giusto dirmi la verità.

“Vede...è che stamattina aveva uno sguardo così cupo, come se fosse ferito profondamente.”

Strinsi i pugni, divorato dal senso di colpa.

“In questi giorni mi era sembrato così sereno...aveva pure rimandato la partenza...”
“Cosa...?” Cominciai a tornare in me. “Perchè, quando sarebbe dovuto andare via?”
“Il giorno dopo il suo arrivo, signor Wakashimazu...”

Non credevo alle sue parole...Jun mi aveva detto che non aveva una data, invece...per stare con me...

“Stamattina invece è voluto partire così d'improvviso. Sono preoccupato, non l’avevo mai visto così turbato...il signorino non è una persona che esterna facilmente le sue preoccupazioni...”

Non potevo più ascoltare, non ne ero più in grado, quelle parole mi stavano facendo troppo male. Così mi allontanai e tornai in camera. Chiusi la porta alle mie spalle, tremando. Respiravo lentamente, cercando di riflettere.

Poi uno scatto, un pugno violento sulla porta, la mano che mi faceva male.



“Sei un bastardo, Jun Misugi...”

Sei un bastardo, Ken Wakashimazu.



Fine V parte


* ...ho rivisto da poco questa puntata...povero Ken si era fatto male e tutti assalivano la sua porta, ma proprio quando la palla sembrava ormai entrata...chi c’era a deviarla? Jun *_* Poi durante i rigori è lì pensieroso guardando Ken e Ishizaki gli chiede che cos’ha... è amooore*_*
  
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