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Autore: SabrinaSala    29/03/2016    7 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
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Capitolo 20 – Ribelle
 
 
Konstantin Winkel lasciò scivolare lo sguardo oltre la finestra. Le mani allacciate dietro la schiena eretta, nella posa che assumeva abitualmente.
La sua voce calma riempiva la stanza.
Madonna Lena, gli occhi rivolti a terra, ne percepiva la vibrazione. Era leggera. Quasi indifferente, mentre il vescovo assicurava un accorato cordoglio per la sua precoce condizione di vedova.
«Avrai tutto il mio sostegno» diceva. «In questo momento difficile, così come nella gestione del tuo nuovo patrimonio».
Patrimonio! Lena serrò istintivamente le labbra.
Edelbert era morto e Johannes era stato accusato di omicidio e tradimento…  Le era stato impedito di vederli, entrambi. Ed entrambi  viaggiavano verso  nord. Uno per esservi sepolto, l’altro per essere giudicato e, probabilmente, giustiziato. Ma nella voce del vescovo non vi era traccia di alcun sentimento in merito. Come se la cosa non lo riguardasse affatto.
Sollevò la testa con rabbia.
«Non ho diritto ad alcun patrimonio» disse. «Il matrimonio non è stato consumato» confessò malignamente. Solo per incrinare quell’insopportabile tranquillità del vescovo.  Poi tacque, in attesa che l’uomo cercasse il suo sguardo. E così fu.
Konstantin Winkel la fissò, immobile. Un solo sopracciglio alzato.
Maddalena Aicardo sostenne il suo sguardo. Un improvviso afflusso di sangue le imporporò le guance accaldate e con esso si riaffacciò la determinazione, quel carattere che credeva aver perduto per sempre, tra le svolte di un destino beffardo.
«Il matrimonio sarà dichiarato nullo» continuò, spietata. «Io sono pronta a ritirarmi in convento, se lo ritenete opportuno».
Mentì,   sapendo di mentire.
Sul volto del vescovo calò una maschera imperscrutabile. Poi, inaspettatamente, una risata gorgogliante e un paio di falcate e l’uomo la raggiunse.
Le sollevò delicatamente una mano e se la portò alle labbra, sfiorandola appena, per poi chiuderla tra le mani giunte e rispettare un momento di silenzio.
Un sorriso bieco gli piegava le labbra sottili, mentre le palpebre, calate sugli occhi, celavano i suoi pensieri più reconditi.
«Consumato o meno» mormorò accentuando il sorriso, «nessuno oserà mettere in dubbio la virilità del tuo povero marito» disse. «E se anche fosse… » la trapassò improvvisamente con lo sguardo «Sistemeremmo le cose come meglio ci aggrada» ammiccò velando di dolcezza una minaccia.
Lena sollevo il mento esponendosi spudoratamente a quello sguardo, torvo e tagliente come non lo aveva mai visto.
«In quanto a te, mia pupilla…» proseguì il vescovo, « Porterai il lutto, come si conviene, e ci faremo carico del tuo nuovo titolo e del patrimonio dello sfortunato marchese. E non appena i tempi saranno maturi, suggellerai un nuovo contratto matrimoniale» rivelò stringendole la mano. «E’ questo il tuo dovere, rammentalo» concluse con un tono che non ammetteva repliche.
Lena inspirò profondamente, sdegnata, cercando di liberare la mano dalla morsa del vescovo, le cui poco velate minacce non ottennero di renderla più docile.
«Edelbert è morto… Il vostro protetto è accusato del suo assassinio e voi non pensate che al patrimonio e al dovere…» lo sfidò apertamente, senza tuttavia riuscire a divincolarsi.
«Edelbert ha fatto esattamente quello che doveva fare e in quanto a Johannes…» il vescovo lasciò la frase in sospeso, mentre una smorfia  alterava i tratti del suo profilo perfetto «Ha tradito la mia fiducia» riprese, dissimulando una profonda irritazione. «Ma non è più un mio problema…» affermò, deciso a chiudere il discorso.
Lena avvertì il battito accelerato del cuore arrivarle fino in gola, spezzandole il respiro. Johannes era stato giudicato senza appello, dunque.  E non per l’assassinio di Edelbert, ma perché macchiato di un reato ben più grave, agli occhi del vescovo. La disobbedienza!
Eppure, ne era certa, Konstantin Winkel ignorava ancora qualche passaggio di quello che credeva essere un complotto ordito alle sue spalle dall’uomo che più di ogni altro avrebbe dovuto essergli fedele, sempre. Solo il pensiero di compromettere Justus la trattenne dall’andare oltre. Dal girare temerariamente il coltello nella piaga del vescovo, dando libero sfogo alla delusione e alla collera che si portava dentro.  Di confessare i sentimenti che la legavano a Johannes, di avergli ceduto carnalmente così come non era accaduto con il suo povero, indesiderato ma legittimo marito…
Avvertì tutta l’irrazionalità della situazione, le parole del vescovo riecheggiarle nelle orecchie e, con disgusto, ebbe la certezza di essere semplicemente una marionetta nelle mani di un abile stratega.
«Fantocci…» mormorò, le labbra che tremavano per l’indignazione. «Solo questo siamo sempre stati, dunque» sorrise, reclinando leggermente il capo e lo sguardo. E dopo un attimo di silenzio, carica di disprezzo, incalzò: «E’ solo questo che sono per voi? Solo un fantoccio?»
Konstantin Winkel avvertì un leggero formicolio alla mascella e il respiro farsi più pesante. Le sfiorò l’ovale del viso con la mano libera e sorrise a sua volta.
«Uno splendido fantoccio…» sussurrò al suo orecchio, vinto dall’irritazione e dal livore. Poi si ritrasse a guardarla ancora negli occhi, intrattenendosi con una ciocca dei suoi capelli scuri. «Splendida e testarda come tuo padre», disse d’un tratto,  calando finalmente la maschera indossata fino a quel momento. «Ma ero stato avvertito. Tua madre mi aveva messo in guardia in merito al tuo carattere ribelle», le carezzò nuovamente il volto e lei si ritrasse istintivamente.
L’uomo emise una risatina divertita.
«Tua madre… Lei sì che si dimostra compiacente… Consapevole del proprio ruolo di donna», la schernì afferrandole bruscamente il volto e costringendola di nuovo a guardarlo. «Avresti dovuto imparare qualcosa da lei» ringhiò a fior di labbra, trasfigurato dalla collera.
«Pensavo che finalmente avessi capito quale fosse il tuo posto e il tuo potenziale. Che avessi intuito come usare a tuo e a nostro favore le grazie di cui generosamente disponi…» ne soppesò la piacevole figura con lo sguardo torvo. «Ma non è così, evidentemente. E me ne dispiace. Le occasioni vanno colte…» affermò.  
«Tutta la vostra generosità…» sibilò Lena di rimando «Tutto il vostro affetto… non sono che una sordida farsa!»
Konstantin Winkel la guardò fissamente negli occhi. Le labbra piegate in un accenno di sorriso. Indecifrabile.
Poi l’attirò a sé, le afferrò entrambi i polsi e li sollevò a mezz’aria,  fino a che le mani di lei non furono all’altezza del suo viso e, volgendosi verso la porta, richiamò l’attenzione di Erasmus rimasto per suo volere in disparte.
«Le guardie!» ordinò con voce greve. «Svelto» disse inducendolo a chiamare gli armigeri.
Qualche attimo più tardi, un manipolo di soldati varcò la soglia della stanza e prese in consegna quella che era stata la pupilla del vescovo, rea, a suo dire, di averlo aggredito.
«Voglio credere sia stato il dolore per la tua recente perdita a farti sragionare» commentò in tono volutamente rammaricato « Ma come vescovo, è mio  preciso dovere indagare ogni caso di presunta eresia» disse come per giustificare la richiesta di reclusione. «Ve ne prego…» concluse poi prendendo mestamente posto sullo scranno e  rivolgendosi direttamente agli armati, «Usatele dei riguardi. E’ pur sempre la mia protetta»
 
***
 
Justus attraversò la piazza d’armi, raggiunse il corpo di guardia, bussò tre volte alla porta e attese che qualcuno gli aprisse e gli spiegasse il reale contenuto del messaggio che il capitano Kraft gli aveva fatto recapitare.
«Ti aspettavo, prete» lo accolse Heinrich, fissando il volto trafelato e pallido del giovane chierico.
«Lei dov’è? » domandò Justus, senza preamboli.
Il capitano accennò col capo alla porta chiusa in fondo alla stanza dalla quale si aveva accesso alle prigioni.
Ancora fermo sulla soglia, Justus si passò una mano tremante tra i capelli biondi, poi si massaggiò la nuca e la base del collo.
«L’accusa?»  domandò con voce flebile ma ferma.
Seguì un lungo attimo di silenzio, durante il quale Heinrich catturò di nuovo lo sguardo del chierico.
«Eresia» disse, serrando immediatamente dopo la mascella.
Le narici di Justus si allargarono, nel penoso tentativo di immettere più rapidamente aria nei polmoni. L’armigero lo invitò ad entrare e
il ragazzo si fermò al centro della stanza. Il capitano si chiuse la porta alle spalle.
«Cosa sta succedendo? » domandò.
Justus ignorò la sua richiesta.
«Portami da lei» lo pregò, azzardando un passo verso il corridoio che scendeva alle prigioni.  
Heinrich lo afferrò per un braccio, trattenendolo. Certo, così, di costringerlo a voltarsi. Ma il chierico rimase impassibile. Solo allentò la tensione delle spalle e il capitano emise una sorta di brontolio sommesso.
«Devi darmi una spiegazione, prete… » gli intimò. «Prima Johannes e adesso madonna Lena. Te lo ripeto: cosa sta succedendo? »
Justus chinò lentamente il capo. Espirò, emettendo tutta l’aria che aveva trattenuto fino a quel momento nei polmoni. Sentì le palpebre pesanti.
Infine si decise a raccontare quanto necessario affinché il soldato continuasse a fidarsi di lui e, soprattutto, rimanesse fedele ai suoi  fratelli.
Terminato il racconto, Heinrich cadde pesantemente sulla panca accanto al tavolo.
«Non sono certo di cosa il vescovo sappia e cosa semplicemente intuisca» continuò Justus. «Ma sono certo che Johannes è innocente e non dubito della fede di Maddalena Aicardo»
L’armigero si passò una mano sul mento, accarezzando l’ispida peluria bionda che lo ricopriva e desiderò ardentemente un boccale di birra. Amara e carica di schiuma.
«Ho messo uno dei miei uomini alle calcagna del convoglio» disse inaspettatamente, lo sguardo rivolto alle tavole di legno grezzo del pavimento. «Ma non nutro molte speranze», confidò.
Poi, sollevando gli occhi su Justus, tornò a preoccuparsi della sua nuova e inattesa ospite.
«Non dovrebbe essere il tribunale a confermare l’accusa di eresia?» domandò perplesso e amareggiato.
Justus inspirò profondamente.
«Non in questo caso» disse. «Essendo coinvolto il vescovo in persona, lui stesso può giudicare e condannare l’accusato».
Heinrich strinse le mani, che teneva appoggiate sulle cosce, a pugno. Si sentiva inerme e questo lo infastidiva.  
«E’ certo che entrambi hanno perso i favori del loro padrino… » ironizzò con un cinico sorriso. «E tu? Cosa mi dici di te, prete? » domandò a bruciapelo, agganciando lo sguardo del chierico.
Justus sollevò leggermente il mento.
«Ti prego… » rispose sostenendo lo sguardo greve del capitano. «Portami da lei».
 
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IL CONFESSIONALE (ossia, l’angolo dell’autrice):
 
Se siete giunte fino a queste note, avrete collezionato una serie di informazioni utili alle prossime supposizioni, immagino!
Per quanto mi riguarda, parto con una confessione: MAI CAPITOLO FU PIU’ DIFFICILE! Perché siamo giunti ad uno snodo importante? Forse… Ma soprattutto perché la protagonista è tornata prepotentemente LENA e si sa, mi trovo MOOOOOOLTO più a mio agio con i personaggi maschili! Fortuna che nel finale, Justus e il neo-capitano Kraft mi hanno fatta rilassare un po’… Comunque, dal prossimo capitolo sarà tutto molto più facile e le parole sono già qui che premono per uscire!
Ma veniamo alla storia… definireste tutto questo un “colpo di scena”? O ve lo aspettavate?
Intanto che ci pensate, io mi rimetto all’opera… Ve l’ho detto che le parole del prossimo capitolo scalpitano per uscire (cari i miei “ragazzi”)!!!
A prestissimo,
Sabrina 
   
 
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