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Autore: SoraRoxas    30/03/2016    3 recensioni
-Papà! Papà! Non lasciarmi qui, ti prego!-
-V-voglio solo la mia mamma…”
-Io voglio solo vivere. E per riuscirci... DEVO senza di te. Come ho fatto per troppi, lunghissimi anni.-
Salve! Ricordate questa piccola storiella? Ebbene... riavventuratevi con me nella vita di Hinata, ragazzina di sedici anni che cambierà vita grazie alla famiglia Namikaze/Uzumaki!
[Completamente revisionata e con dovute modifiche, mi scuso del disagio. E grazie a chiunque la seguisse, per la pazienza mantenuta in questi anni...]
Buona lettura!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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PROLOGO

[11 anni prima]


 -E’  la cosa più giusta da fare. E’ questo ciò che voglio.-
-Ne sei sicuro? Dovresti, anzi dovremmo prendercene cura nonostante…-
La frase viene interrotta bruscamente ed è solo un cenno d’assenso, alla debole luce del focolare.

 
“Ma la mamma dov’è?”, me lo chiedo per l’ennesima volta.
Papà mi è passato vicino frettolosamente e quando ho tentato di allungare le braccia verso di lui, come potesse fermarsi solo per questo  gesto, ho visto la sua schiena sparire dietro l’angolo. Mio zio mi ha posto una mano sulla testa e mi ha sorriso, pacato.
-Non devi preoccuparti Hinata-chan ma soltanto rimanere nella tua cameretta, d’accordo?-.
E seppure soltanto una bambina di cinque anni ho annuito, sommessa perché così sono stata abituata a fare. E i miei piedi nudi hanno incontrato subito le cigolanti scale per raggiungere il piano superiore, e le dita hanno stretto forte il corrimano per evitare di cadere: perché la mia mamma mi ha sempre raccomandato di stare attenta e di aiutarmi ove fosse possibile.
Odo un pianto provenire da una delle stanze e mi chiedo cosa succeda… non è bello piangere. Io mi rannicchio sempre contro il petto di mamma quando ho bisogno di nascondermi e non farmi vedere mentre lo faccio. Eppure questo è quasi uno squittio, come quello del topolino che c’era in giardino qualche giorno fa. Non è forte ma solo prolungato.
Apro la porta perché forse è solo la mamma e con lei posso permettermelo, magari si è nascosta e sta ridendo. Perché lei non ha mai pianto come me ma sempre e solo sorriso, con quel modo di fare gentile.
Eppure mi trovo di fronte agli occhi delle spalle che non sono affatto le sue, e il volto di una donna che non conosco voltato verso di me, appena.
-Non dovrebbe essere qui.- asserisce, garbata ma anche tesa.
Non l’ascolto nemmeno perché a catturare la mia attenzione non è lei ma il fagotto che tiene tra le braccia Da cui proviene il suono, QUEL pianto.
Ma certo, è la mia sorellina! Va tutto bene, sicuramente anche la mamma sta tornando perché in ospedale io non ci sono potuta andare e ho dovuto aspettare tutto il tempo con zio Hizashi. Mi avvicino incuriosita e con una nuova speranza; peccato non abbia gli occhi aperti, mi piacerebbe tanto vederla meglio e sto per chiederlo…
-HINATA!-
Sobbalzo impaurita e anche la piccola creaturina scoppia in un pianto, non più solo prolungato ma anche acuto e la vedo a malapena agitarsi tra le braccia di quella donna sconosciuta perché mi giro di scatto verso mio padre.
-N-non stavo facendo…- tento invano, allarmata come stessi combinando chissà quale guaio.
Il suo sguardo è furente, come non l’ho mai visto. Nonostante il suo modo brusco nei miei riguardi tutto quell’orribile risentimento non l’ho mai davvero intravisto nei suoi occhi, troppo simili ai miei. E’ una sensazione talmente orribile che fragile come sono, sento le lacrime appannarmi subito la vista e le manine tremare.
“Ma la mamma dov’è?!”,  il mio unico desiderio è vederla comparire a circondarmi nei suoi abbracci protettivi e caldi.


-Papà! Papà! Non lasciarmi qui, ti prego!-
-V-voglio solo la mia mamma…”

Non è più solo un pianto che emerge da un fagotto rimboccato tra le coperte. Ma è il mio, a volte silenzioso, a volte stridulo ma pieno, pieno di amarezza.

***

-Papà! Paaapààà!-
Emette un lamento, tra il rassegnato e il confuso. Vorrebbe la sua mente non avesse avuto la prontezza di essere rassegnata, prima di qualunque altra sensazione. Ma sa a chi appartiene la voce, chi gli sta schiacciando le costole, premendoci sopra le ginocchia ossute e dunque perforanti, tirando i capelli come non avessero la capacità di indolenzirsi.
“Solo cinque minuti, vi prego. VIPREGO.” lo vorrebbe davvero chiedere. Davvero. Ma il suo caro figlioletto, il suo uragano personale di appena cinque anni gli sta docilmente mordendo il naso e questo lo fa scattare su, come una molla.
-Naruto…- il suo di timbro, è orribilmente nasale mentre quel piccolo essere figlio del diavolo sta ancora ben saldato alla punta del suo povero naso quindi addio ai propositi di voler essere minaccioso. Ma cosa pretendere da Minato Namikaze, uomo docile e che già difficilmente si scompone?
Per tutta risposta il piccoletto dai grandi occhioni azzurri ride, ride in quel modo tanto spensierato e felice come qualsiasi bambino dovrebbe fare. E per la gioia del malcapitato padre, lascia anche la presa con quei  dentini da latte tanto aguzzi.
-Lo avete promesso!- quasi glielo urla nelle orecchie e Minato fa una grossa fatica a placare il battito del cuore e accordarlo con lo stato comatoso in cui ancora verte il cervello; come è capace di sconvolgere le sognanti mattinate di totale ozio, quelle che si attendono per cinque giorni, dopo ore di estenuante lavoro.
Non apre bocca ed è una lotta di sguardi mentre allunga il braccio verso il lato destro del letto: perché Kushina non è ancora intervenuta? Si starà godendo lo spettacolo con quegli occhi da cerbiatta e lo sguardo più che divertito, come suo solito? O starà soltanto trattenendo l’impulso di stendere loro figlio, la voglia di dormire a prevalere sul suo senso materno?
Tasta ma il lenzuolo è freddo, nessun corpo caldo o quantomeno il tepore rimasto di chi si è alzato solo da qualche minuto.
Non vuole distogliere gli occhi da quelli del figlio solo perché desidera averla vinta e se non fosse che un lampo improvviso gli attraversa il cervello, si imporrebbe di doverlo fare per cercare la moglie.
Ma è quel giorno, quel triste giorno che ha sconvolto la vita di lei, soprattutto e non dovrebbe sorprendersi se la porta del bagno è chiusa e la sua consorte si è probabilmente svegliata da molto, molto tempo.
Naruto riattacca e Minato lo capisce solo perché osserva la sua bocca muoversi ma non ode nulla della soave voce infantile; gli sembra, invece, di poter sentire distintamente ogni singhiozzo scuotere le spalle di Kushina e il rumore delle lacrime che bagnano il tappetino, cadendo senza sosta.
   
 
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