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Autore: Royce    01/04/2016    4 recensioni
Un Giallo ambientato a Solitude, Skyrim.
Quando un famoso scrittore scompare misteriosamente dalla propria abitazione, Elisif la Bella chiede al proprio mago di corte di indagare sull'accaduto.
Le sue indagini lo porteranno a conoscere la giovane pittrice Eris e la relazione che la legava allo scrittore scomparso.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elisif la Bella
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Ispirazione

 

Palazzo Blu di Solitude, Skyrim

 

Edward osservava pensieroso i propri allievi, mentre erano impegnati nella lettura di alcuni testi scolastici. L'idea di insegnare le tecniche magiche ai giovani non l'aveva mai convinto fino in fondo, nonostante Elisif la Bella avesse insistito molto per organizzare queste classi. Era d'accordo sul fatto che, al fine di padroneggiare perfettamente la Magicka, bisognasse seguire ferrei addestramenti fisici e mentali fin dalla giovane età.
Tuttavia, molti altri aspetti di queste lezioni lo lasciavano perplesso: aldilà della pericolosità intrinseca di certe scuole di magia, lo irritava profondamente il trovarsi di fronte a bambini neanche lontanamente in grado di comprendere cosa stessero facendo. La maggior parte di loro aspiravano al massimo ad imparare qualche trucchetto da mostrare ai propri amici ed in pochi avevano davvero le capacità per eccellere.
Tuttavia, dal momento che la sua paga dipendeva esclusivamente da queste lezioni volute dallo Jarl, non poteva lamentarsi. E poi, insegnare non era così male. Anzi, occasionalmente lo divertiva pure.

Mentre i pargoletti leggevano svogliatamente quelle pagine astrusamente complicate, Edward si beava della luce del giorno che illuminava il verde prato ove stavano seduti. Un paio di farfalle volteggiavano davanti ai suoi occhi, incuranti di quanto stesse accadendo attorno a loro. Il giardino del Palazzo Blu era il loro luogo sacro, il loro santuario di sapere. Ogni mattina, chi più puntuale, chi meno, tutti i piccoli studenti si radunavano attorno a lui. Erano perlopiù figli di famiglie ricche, che tenevano all'educazione delle proprie creaturine, nonostante la magia non fosse culturalmente radicata nelle tradizioni nordiche come per altre razze di Tamriel.
- Basta così per oggi – disse il maestro, battendo le mani sonoramente per richiamare la loro attenzione – Adesso proviamo un'esercitazione pratica. Dopodiché, potrete tornare a casa -
Gli studenti iniziarono a guardarsi tra di loro con trepidazione: era la parte che preferivano, quella in cui potevano finalmente dar sfogo al loro istinto, nonostante non avessero mai combinato molto.
- Astien – Edward indicò davanti a sé – Oggi sarai tu ad affrontare la prova -
Il piccolo, che aveva da poco compiuto nove anni, si avvicino con un'espressione esaltata, pur tradendo un pizzico di preoccupazione.
Il maestro lo prese con sé e dopo essersi inginocchiato per fissarlo dritto negli occhi, gli porse una benda di stoffa. Astien la prese e se la sistemò attorno agli occhi, sapendo già che tipo di esercitazione avrebbe affrontato. L'aveva già visto fare ai suoi compagni il giorno prima e non vedeva l'ora che toccasse a lui.
- Prima di iniziare, vorrei porvi una domanda – chiese Edward – Cos'è per voi la Magicka? -
Gli altri si guardarono tra di loro, confusi. Poi provarono a formulare qualche risposta.
- E' una forza magica che... che è dentro ognuno di noi -
- E' come un raggio di luce, ma con diversi colori -
- E' quando riusciamo a fare esplodere le cose... -
Edward li lasciò parlare, osservandoli senza dire nulla. Era importante che cercassero di formulare delle proprie risposte, per quanto sbagliate o infantili potessero sembrare.
Quando i piccoli ebbero finalmente finito, Edward alzò la mano per ottenere il silenzio.
- La Magicka è istinto – disse – E' un istinto primordiale che abbiamo tutti, fin dalla nascita. In alcuni è più forte, in alcuni è più debole. In alcuni si sviluppa prima, in altri dopo. Oggi Astien proverà ad ascoltare quell'impulso. Hai messo la benda? -
Astien annuì.
- Adesso voglio che vi mettiate a cerchio attorno a lui, ma distanti l'uno dall'altro -
Mentre gli altri presero posizione, Edward fece girare lentamente il bendato Astien su se stesso, in modo da fargli perdere i punti di riferimento che aveva prima di perdere temporaneamente la vista.
- Adesso ascoltami – gli sussurrò nell'orecchio – Ascolta solo la mia voce. Ci siamo solo io e te, nessun altro. Concentrati. Fammi un cenno quando sei pronto per proseguire -
Attese qualche secondo, poi Astien annuì leggermente.
- I tuoi compagni sono attorno a te, nel giardino. Tu non puoi vederli, ma puoi percepirli. Concentrati e lasciati guidare dalla Magicka, dal tuo istinto -
Astien rimase fermo, titubante. L'arte magica dell'Alterazione non era la più semplice da padroneggiare alla perfezione, ma allo stesso tempo era la più indicata per chi era alle prime armi. Persino il più selvaggio dei barbari, con il dovuto esercizio mentale, sarebbe stato in grado di percepire delle presenze a pochi metri di distanza da sé.
- Ascolta il tuo istinto, Astien – sussurrò – Senti la Magicka scorrere dentro di te. Ti sta parlando. Devi solo ascoltarla -
Poi fece cenno ai compagni di mantenere il più assoluto silenzio.
Il giovane, dapprima timoroso, aveva all'improvviso compiuto i primi passi, come se stesse lentamente imparando a camminare per la seconda volta. Davanti a sé aveva il giovane Moric, che lo fissava in religioso silenzio.

Passo dopo passo, Astien aveva già coperto metà della distanza che lo separava dalla propria meta. Ma proprio quando Edward pensava ormai che ce l'avrebbe fatta, il piccolo si fermò e lasciò cadere la propria benda.
Il maestro si avvicinò, sorpreso.
- Che è successo? -
- Al'inizio lo sentivo, maestro Edward – tentò di giustificarsi lui – Ma poi l'ho perso. Non percepivo più nulla. Nulla, lo giuro -
Edward raccolse la benda da terra, per poi accarezzare i capelli del fanciullo con fare paterno.
- E' un buon inizio. Ricorda che le arti magiche devono essere studiate costantemente, giorno dopo giorno, per poter essere pienamente padroneggiate. Non potete pretendere di... -

- Edward Lacroix! -

Sentì un'imponente voce chiamarlo alle spalle e si voltò rapidamente. Due guardie cittadine si stavano avvicinando a passo spedito. Dietro di loro, vi era Elisif la Bella, visibilmente sconvolta e preoccupata.
Lo Jarl si avvicinò e dopo aver salutato di sfuggita i bambini, prese Edward per un braccio, trascinandolo qualche metro più in là, in modo che non potessero sentire cosa gli avrebbe detto.
- Devo parlargli – disse lei, alle due guardie – In privato -
I due si fermarono di colpo, all'ordine ricevuto. Edward ed Elisif camminarono ancora per qualche metro lungo le mura della città, fino a che non furono sufficientemente lontani da orecchi indiscreti.
- Qual è il problema? - chiese lui, più irritato che spaventato.
- Devo parlarti -
- Questo l'avevo capito -
- Un uomo è scomparso stamattina. Uno scrittore – disse lei con trepidazione – Albarn Skorm. Lo conosci? Si era trasferito in città da poco -
Edward scosse la testa.
- Completamente scomparso. Questa mattina, la moglie non l'ha più ritrovato nel suo studio. Eppure, nessuno è entrato o uscito dai cancelli di Solitude durante la notte -
Il maestro alzò le spalle, con indifferenza.
- Non capisco cosa io abbia a che fare con tutto questo -
- Non vedi? Una persona scompare nel nulla. Così, senza lasciare alcuna traccia. Deve per forza essere stato un qualche tipo di incantesimo. Ne sono convinta. E tu sei il miglior mago che io conosca. O almeno, il migliore tra quelli di cui io mi fido -

 

Eris era seduta sull'erba ed ammirava in silenzio lo spettacolare scenario del fiume Karth, mentre scorreva delicatamente sotto l'arcata di roccia naturale posta al di sotto di Solitude.
A fianco a lei, vi era una tavolozza contenente diversi tipi di colori e di pennelli. Aveva trascorso l'intera giornata ad aspettare l'illuminazione ideale sulla riva del fiume ed ora pareva fosse giunto il momento di mettere mano al dipinto su cui stava lavorando. Era lì, davanti a lei, ancora da iniziare.
E così, afferrato il proprio pennello preferito, iniziò a portare la scena dalla realtà dei propri occhi alla tela del dipinto.
Iniziò a raffigurare le alte pareti di roccia della vallata, che costeggiavano imponenti le rive del fiume. Sopra di esse si ergevano le mura della città, anch'esse grigie, quasi a formare un tutt'uno con la conformazione del territorio. Con cura, delineò tutto l'arco di roccia di Solitude, dalle porte principali fino al Palazzo Blu, posto all'estremità opposta.
Passate le ultime pennellate di grigio, Eris iniziò a raffigurare il fiume che sottostava alla città. Le acque erano particolarmente tranquille quel giorno, ravvivate di tanto in tanto dai riflessi di luce e dalle imbarcazioni di legno che lentamente lasciavano il porto.
Gli scenari statici erano i suoi preferiti, sia da un punto di vista artistico che economico. Erano infatti i più richiesti tra i suoi clienti, disposti a pagare cifre anche elevate pur di mettere mano su un bel panorama della propria terra.
Eris era finalmente pronta a completare la propria opera, quando il suo cavallo si intromise, sfioradola con il muso. Di solito, richiamava la sua attenzione solo in caso di pericolo o in caso di fame. Stavolta, era il secondo caso. La giovane pittrice lo accarezzò dolcemente, per poi sussurragli qualcosa, come se potesse effettivamente capire cosa stesse dicendo.
- Tra poco andiamo a casa, non ti preoccupare. Ho quasi finito -
La bestia abbassò lo sguardo e si allontanò lentamente, facendo tintinnare tutto l'equipaggiamento artistico caricato sul suo dorso, tra tele, colori ed aste di legno.
Eris tornò a concentrarsi sulla sua opera. Mancavano solo due elementi per poter finalmente dire di aver terminato il dipinto.
Il primo era una figura femminile, in piedi alla riva del fiume. La dipinse con rapidi tocchi verticali e con una tonalità accesa, per farla risaltare. Ricordava vagamente la pittrice stessa, quanto a costituzione: stessa altezza, stessa corporatura, stessa acconciatura.
A fianco a lei, Eris iniziò a tratteggiare un'altra figura, questa volta maschile. Un uomo all'apparenza giovane, non troppo muscoloso e poco più alto dell'altra. Ma quando arrivò a dipingerne il volto, si fermò all'improvviso.
Lasciò cadere il pennello a terra.
Una lacrima scese dal suo volto, impattando sulla tela.
In breve tempo, i colori ancora freschi si mescolarono alle sue lacrime, mescolandosi tra di loro come in un vortice.

 

 

Pioveva quella notte ed ad Edward andava bene così.
Viveva in una piccola casa ricavata nell'interno della torre di guardia occidentale. Non essendo più disponibile del terreno edificabile all'interno della città, lo Jarl Elisif aveva concesso al proprio mago di corte di vivere comunque a Solitude, ma in una posizione poco usuale. Certo, salire le scale ogni sera era faticoso, ma vivere in cima ad una torre aveva anche i suoi punti di forza, primo fra tutti il silenzio totale di notte. A questo, andava ad aggiungersi la spettacolare vista della vallata, in giornate particolarmente illuminate.
Stava leggendo un bollettino consegnatoli poco prima da un corriere, contenente i principali fatti del momento. Tolti i soliti battibecchi politici, Edward non trovò nulla di particolarmente interessante.

Sentì bussare alla porta.
- Arrivo! – urlò, gettando via il foglio.
Raggiunto l'uscio, aprì la porta.

Davanti a lui, vi era una giovane donna, sulla trentina.
Notò subito una larga ferita all'altezza dell'addome ed i suoi vestiti ricoperti di sangue. A stento si reggeva in piedi.

Normalmente, una persona comune si sarebbe allarmata di fronte a tale spettacolo, o avrebbe quantomeno chiamato la guardia cittadina.
Ma Edward no. Sapeva perfettamente chi aveva davanti e perché fosse ridotta in quello stato.
- Cosa ti sei fatta stavolta? - le chiese, aiutandola ad entrare in casa.
- Non è niente, te lo assicuro. E' solo un graffio – sbuffò lei, barcollando verso il letto matrimoniale.
Edward la aiutò a sedersi, senza nascondere una certa disapprovazione.
- Non mi sembra sia “solo un graffio”. Stai ferma qui, vado a prendere delle garze -
Lei annuì, cercando di soffocare il dolore insopportabile che provava in quel momento.
Il mago iniziò a cercare i medicinali necessari, senza curarsi del disordine provocato dalla sua frenetica ricerca. Afferrate un paio di pozioni e delle bende, tornò nella stanza matrimoniale, dove lo attendeva la donna. Nel mentre, si era slacciata l'armatura di cuoio, rimanendo solo con un sottile vestito di stoffa, intriso di sangue.
- Raccontami cos'è successo questa volta – disse Edward, iniziando ad esaminare la ferita – Orsi? Necromanti? Scheletri? -
- Niente di tutto questo. E' stata una freccia -
- Solo una freccia? - chiese lui – Zoppicavi quando sei entrata in casa. Deve essere successo qualcos'altro -
L'altra scosse la testa.
- Mi hanno colpita mentre ero a cavallo. Sono caduta. Gli uomini di Brondiff mi hanno soccorso subito -
- Ho visto – rispose l'altro, notando un tentativo di bendaggio artigianale. Il tessuto completamente imbevuto di sangue e avrebbe fatto infezione, da lì a poco.
- Devo togliere queste bende e sostituirle con delle nuove. Farà un po' male -
- Fallo e basta – disse lei, sistemandosi i lunghi capelli chiari di lato.
Il mago iniziò a scoprire lentamente la ferita, che si estendeva lungo il costato. Notò subito che alcuni frammenti di legno erano rimasti conficcati, segno di una cura superficiale. D'altronde, non ci si poteva aspettare molto di più da una banda di mercenari.
Edward rimosse delicatamente ogni scheggia visibile, mentre l'altra cercava in tutti i modi di contenere le urla di dolore.
- Dovresti smetterla di accettare questi incarichi – disse lui – Non abbiamo bisogno di soldi. Possiamo vivere tranquillamente con la mia paga. Se proprio vuoi comprarti qualcosa, posso chiedere ad Elisif un prestito -
- Ne abbiamo già parlato e sai perfettamente cosa penso a riguardo – rispose l'altra, visibilmente irritata dall'argomento della discussione – Non cercare di cambiarmi. Questa è la mia vita e lo è sempre stata -
- Non è assolutamente questo che intendo e lo sai – proseguì l'altro, mentre ripuliva la pelle della moglie dalle chiazze di sangue – Ci sono molte attività a cui dedicarsi nella vita, che non siano uccisioni e battaglie. Potresti andare a pesca, potresti scrivere. Possiamo prenderci un campo tutto nostro, a sud, e vivere di agricoltura. Non ci servono soldi -
Eppure Edward sapeva che quelle parole non avrebbero avuto alcun seguito. Lei lo avrebbe rassicurato, gli avrebbe detto che la situazione era sotto controllo e la mattina dopo sarebbe partita nuovamente con quella banda di cacciatori di taglie, pronta a rischiare la vita inutilmente e per pochi spiccioli.
- Sentirai un leggero formicolio, adesso – disse lui, mentre dalla sua mano si propagava una magica aura biancastra. La ferita sul costato si cicatrizzò immediatamente, lasciando solo un livido rossastro in memoria dell'accaduto.
- Sei il migliore in questo genere di incantesimi – rispose lei, massaggiandosi la zona del copro prima ferita – Ma, a prescindere da ciò, scordati che io resti a casa a vita. Tu piuttosto, cos'hai che non va stasera? Mi sembri più nervoso del solito -
Edward evitò il suo sguardo e si avvicinò al piccolo mobile di legno posto a fianco del loro letto. Lì, aprì una piccola boccia di unguento verdastro e, una volta imbevuto un pezzo di stoffa, tornò da lei.
- Che succede? Uno dei quei marmocchi ti ha fatto imbestialire, immagino -
- No, loro non hanno niente a che fare con questo – rispose lui – Quale delle due caviglie ti sei storta? -
L'altra alzò leggermente la gamba sinistra. Edward le tolse delicatamente lo stivale, cercando di non farle fare movimenti bruschi. Nonostante la cura riposta nell'operazione, qualche fitta di dolore fu inevitabile. Una volta tolta la calzatura, il mago notò subito un'evidente chiazza violacea poco sotto il polpaccio.

- E' Elisif la Bella – spiegò lui, abbassandosi per meglio esaminare la contusione – Vuole che la aiuti per una faccenda -
- E scommetto che sia una faccenda pericolosa, altrimenti non saresti così irritato -
Edward annuì, mentre con le dita tastava delicatamente la ferita.
- Qui ti fa male? -
- No -
- Qui? -
- No -
- Qua sopra? -
- Sì -
Prese il panno ed iniziò a medicarla.
- Sono due gli aspetti che mi irritano in questa faccenda – spiegò lui – Il primo è il fatto che Elisif non sia in grado di fare assolutamente nulla da sola e che debba delegare tutto ai propri sottoposti -
- Sai come è fatta lei – rispose la moglie, cercando al meglio di nascondere le smorfie di dolore – E' giovane. Non è in grado di gestire un incarico di tale portata. Probabilmente mi comporterei anche io così se fossi Jarl. Non è facile -
- Non è una giustificazione -
Ci fu un istante di silenzio.
- Quale è il secondo aspetto? - chiese lei, più incuriosita che preoccupata – Non verrai pagato? -
- No – Edward iniziò a passare una benda attorno alla caviglia – E' la faccenda stessa che mi preoccupa. Un uomo è scomparso. Così, senza lasciare traccia, nel bel mezzo della notte. Sicuramente non è niente di buono. Non dico di avere paura, ma... -
- Un tempo eri diverso – rispose lei, rimettendosi finalmente lo stivale – Eri più combattivo, più coraggioso. Non dico che tu debba tornare ad essere dei nostri, ma queste faccende non dovrebbero preoccuparti minimamente dopo tutte le nostre avventure -
- E' proprio questo il punto. Quella vita fatta di taglie, caverne, forti e combattimenti non fa più per me. E' un capitolo chiuso. Sono venuto qui a Solitude per ripartire da capo. Volevo insegnare a quei ragazzi e limitarmi a fare un lavoro da consigliere per lo Jarl. E adesso, invece, la stessa persona che dovrebbe essere la mia protettrice, mi trascina nuovamente dentro la stessa vita che volevo lasciarmi alle spalle -
Edward si alzò e si diresse verso il tavolo da pranzo. Afferrò un calice, ancora mezzo pieno; dopo aver verificato che il contenuto fosse effettivamente vino, lo bevve in un sol sorso. Nel mentre, la giovane moglie Selene, si era sdraiata nel letto, esausta per la faticosa giornata.
- Io la aiuterò perché semplicemente non ho altra scelta – proseguì lui, tornando nella stanza da letto – Ma al primo pericolo, alla prima richiesta... -
Si accorse che la propria interlocutrice si era in realtà addormentata. Non che fosse inusuale parlare da solo per lui, ma in quel frangente decise che forse era meglio seguire il suo esempio ed andare a dormire.
Posò il calice sul mobile e si avvicinò a lei, osservandola mentre dormiva. Le passò una mano tra i capelli, delicatamente.
- Buonanotte – sussurrò, come se potesse effettivamente sentirlo.

Poi si sdraiò al suo fianco, in attesa di prendere sonno e porre finalmente fine a quella orrenda giornata.

 







Note:
Sì, purtroppo ho eliminato la precedente FF "Il Rosso e il Bianco", per mancanza di spunti. Semplicemente ho preferito ripartire da zero, anziché procedere stancamente in una storia verso la quale ammetto di aver perso qualsivoglia ispirazione. Mi scuso per l'accaduto.
La Fiction è ambientata dopo la fine del conflitto civile , ipotizzando una vittoria degli Stormcloack sulle truppe imperiali. Questo spiega la presenza di Elisif sul trono, ma al contempo anche i nuovi volti nella sua corte, come il protagonista.
   
 
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