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Autore: DueDiFiori    03/04/2016    1 recensioni
Nessuno aveva detto a Ryou che dopo tutte quelle che aveva passato si sarebbe anche ritrovato a decidere cosa fare della seconda personalità vendicativa di Marik tornata dal Regno delle Ombre. Ma evidentemente era destinato ad essere perseguitato da ogni singolo spirito maligno ci fosse in circolazione.
Non che lui si impegnasse poi tanto a tenersi lontano da situazioni del genere.
[Seguito di "Meravigliosa Paura", diventerà Deathshipping nei capitoli successivi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryou Bakura, Yami no Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Salve a tutti! Devo dire che non mi soddisfa troppo questo capitolo, l'ho riscritto tipo quattro volte e ancora non sono del tutto convinta. Spero che possa piacervi


Era evidente che Ryou non avesse ancora imparato a pensare prima di parlare. Altrimenti non si sarebbe trovato nella situazione in cui era.


«Sei venuto per davvero» commentò Marik, osservandolo con aria torva.

«Una promessa è una promessa»

Marik fece spallucce. La sua espressione era stranamente seria, nessun ghigno folle, nessuna smorfia di rabbia. Rimase fermo per un istante, come sovrappensiero, prima di offrire a Ryou un sorriso stranamente tirato. «Inizia a correre. Se esci dalla periferia, hai vinto. Se perdi» Marik si leccò le labbra «non avevamo detto nulla a propostio di ferite non mortali, mi risulta»

«...Mi sembra giusto»

Marik era piuttosto veloce, ma se avesse smesso di ridere e strillare mentre correva forse avrebbe corso di più senza stancarsi. Non che Ryou glielo avrebbe detto.

Dal canto suo, Ryou sarebbe riuscito a scappare molto più in fretta se non si fosse messo a giocare a far finta di farsi prendere per poi scattare di nuovo all'ultimo momento. In fondo lo scopo era non far annoiare Marik, non rischiava nemmeno di morire, quindi cosa c'era di male a divertirsi un po' anche lui?


Ryou andava a giocare con Marik quasi ogni sera. Erano quasi due settimane che andava vanti. Fisicamente, era distrutto, ma preferiva essere un stanco e dolorante che lasciare che Marik ammazzasse qualcuno.

Lo stupiva che l'altro avesse deciso di tener fede al loro patto e non uccidere nessuno, soprattutto Ryou. Era chiaro dal suo atteggiamento che nemmeno lui fosse entusiasta del loro accordo.

Ma se non avesse mantenuto la parola Marik si sarebbe ritrovato gli Ishtar addosso, quindi non gli conveniva rompere il patto. Più o meno come a Ryou non sarebbe convenuto per niente smettere di giocare con Marik, per quanto stancante, e doloroso, potesse essere.


Marik aveva capito in fretta che correre non era il gioco migliore per lui. Sia perché non riusciva mai a prendere Ryou, sia perché entrambi si ritrovavano con le gambe a pezzi per giorni dopo ogni inseguimento. Marik non si lamentava mai, ma era evidente dal modo rigido in cui si muoveva che non stava meglio di Ryou.

A volte Ryou portava qualche gioco di abilità, ma era chiaro che Marik non ne era mai troppo emozionato. Era stato tentato di portare un qualche genere di RPG, ma il materiale era troppo ingombrante e le regole troppo complesse per spiegarle e fare una partita in una sera.

Il gioco preferito di Marik, per l'assoluta gioia di Ryou, la lotta libera. Erano più o meno alla pari: Marik era più forte e pesante, Ryou più coordinato e veloce, e sapeva dove colpire per fare male, per quanto la lotta non fosse mai stato il suo passatempo preferito.


Cambiarsi nello spogliatoio prima di fare educazione fisica era un inferno per Ryou. Cercava sempre di farlo il più in fretta possibile, per nascondere i lividi e le ferite, ma non sempre riusciva a ingannare i suoi amici.

La prima volta che Jounouchi aveva notato il massacro che Marik gli aveva fatto sulla spalla con quella bottiglia la prima volta che si erano incontrati, Ryou si era dovuto sentire una predica infinita sul non correre rischi e via dicendo. Si era inventato di essere caduto in bici, ma gli altri non ne erano stati troppo convinti, visto il fatto che Ryou non amava la bicicletta.

Ora aveva tutta una collezione di lividi e tagli, e i suoi amici erano sempre più preoccupati. Ryou sapeva che non si bevevano le storie sul cadere dalle scale o lo sbattere contro qualcosa al buio.

Per non parlare dei segni che aveva sulle nocche, o di quella volta che Marik gli aveva fatto un occhio nero. Jounouchi e Honda si erano offerti di picchiare chiunque fosse che gli faceva del male, se solo lui gli avesse detto chi era, ma Ryou aveva mentito e detto che era stato un incidente.

Sperava solo non tentassero di seguirlo una sera per controllare che non si mettesse nei guai.


La prima volta che Ryou aveva perso una lotta con Marik, rimanendo a terra schiacciato sotto l'altro senza riuscire a rialzarsi, aveva provato un tipo diverso di paura da quello a cui era abituato.

Ciò che a lui piaceva era il rischio, il non sapere come qualcosa sarebbe andato a finire, il vedere se era in grado di tirarsi fuori da una situazione pericolosa o almeno ricavarne qualcosa di positivo.

Ma aspettare la punizione di Marik era snervante. Non perché Ryou temesse il dolore, la sua resistenza era alta e in certe situazioni non gli dispiaceva neanche. Piuttosto, il fatto di sapere esattamente come qualcosa sarebbe andato, senza poter fare nulla, reagire o scappare, gli faceva quasi mancare l'aria.

Era così che si sentivano le persone in genere quando avevano paura? Era orribile.

Marik si era portato con sé una corda quella sera, prima ancora di giocare aveva annunciato a Ryou che l'avrebbe usato per frustarlo se lui avesse perso.

«Che diavolo hai sulla schiena?» aveva chiesto, stupito, quando Ryou si era con riluttanza tolto la maglia.

«Mi hai tirato una bottiglia, ricordi?»

Marik non aveva commentato. Aveva invece colpito la schiena di Ryou con la corda più e più volte, evitando la zona già ferita ma lasciando molti segni rossi sulla pelle. Nulla di grave, ma molto dolorosi.


Ryou stava iniziando a far fatica a dormire. Era dai tempi dello Spirito che non gli succedeva.

I suoi sogni non erano popolati da pazzi coi capelli biondi e la pelle scura, né da inseguimenti o lotte come uno avrebbe potuto aspettarsi. Ciò che teneva Ryou sveglio la notte erano immagini di persone ferite e sanguinanti, fatte a pezzi da Marik, perché Ryou non si era dato una mossa a farlo tornare nel Regno delle Ombre.

Ma a questo punto lui non sapeva più dove cercare informazioni. Internet non era molto utile a riguardo, né lo erano i suoi libri. Non poteva chiedere a nessuno che conoscesse qualcosa senza essere riempito di domande, e di certo non poteva chiederlo a Marik.

Per qualche motivo, Marik sembrava avere una qualche sorta di fiducia in Ryou, e lui si rendeva perfettamente conto che questa fiducia andava mantenuta integra. Non voleva far arrabbiare Marik e mettersi ancora più nei guai di quanto già non fosse.

E poi Ryou non se la sentiva proprio di far venire nuovamente un attacco di panico a Marik. Era evidente che il Regno delle Ombre gli avesse lasciato dei traumi di qualche tipo, e Ryou si rifutava di riaprire quelle ferite. Era una questione di principio.


Ryou si appoggiò a un muro in attesa. Marik non era mai molto preciso quando si trattava di decidere a che ora incontrarsi, quindi spesso uno dei due si ritrovava a dover aspettare l'altro.

Ryou rabbrividì. Tirava vento, e la sua giacca era un po' troppo leggera. Forse avrebbe dovuto dare a Marik un orologio.

«Ehi» Ryou si guardò attorno «Sì, tu, ragazzo» C'era un uomo che si gli si stava avvicinando. Non aveva l'aria di essere una persona piacevole.

«Posso aiutarla?» chiese Ryou, offrendogli un sorriso. Forse non era una cattiva persona, non bisogna giudicare dalle apparenze.

«Mi sembri un ragazzo molto curato» disse l'uomo, avvicinandosi «Ce ne vogliono di soldi per curarsi tanto di se stessi»

Ryou deglutì. Forse in certi casi le apparenze non ingannano affatto. «Non sono poi tanto curato» disse.

«No?» L'uomo era grosso il doppio di Ryou, e se lo avesse aggredito fisicamente il ragazzo ne sarebbe uscito male. Gli conveniva mettersi a correre appena possibile.

«Mi spiace, devo andare» disse Ryou, facendo per indietraggiare.

«Ancora un attimo» ringhiò l'altro, tirando fuori un coltello. Ryou fu attraversato da un brivido. Era sul punto di girarsi e scappare, quando un'altra voce si intromise.

«Che succede qua?» L'uomo si girò, e si trovò di fronte Marik.

«Sono affari tuoi per caso? È il tuo ragazzo, quello?» chiese. Marik fece una smorfia.

«Sparisci» ringhiò. Coi capelli sparati in aria, i denti scoperti e gli abiti pieni di vecchie macchie di sangue, il lato oscuro di Marik non avrebbe sfigurato come assassino in un thriller.

«Oppure?» l'uomo rimase immobile, ma Ryou notò un lieve nervosismo nella sua voce.

«Non vuoi saperlo» rispose Marik dopo un istante di esitazione. Fece un passo avanti.

«Fanculo!» L'uomo lo attaccò col coltello.

Marik saltò indietro, tenendosi un braccio. Si leccò le labbra, osservando l'altro con una smorfia simile a un sorriso. Poi si accigliò, e disse qualcosa in arabo. Ma non fece altro.

L'uomo lo attaccò ancora, e Marik si limitò a evitarlo.

Ryou era rimasto immobile, e ora osservava Marik confuso. Era chiaro che voleva fare a pezzi quell'uomo col suo stesso coltello, quindi perché indietreggiava e basta? Si sarebbe fatto ammazzare così. Aveva già un taglio su un braccio, e ora era stato preso di striscio su una guancia.

Ryou si guardò attorno, cercando qualcosa da usare come arma, ma non c'era niente nei dintorni. Non sapendo cosa fare, corse verso l'uomo e lo spinse alle spalle.

L'uomo perse l'equlibrio e cadde in avanti, e Ryou cadde sopra di lui. Il coltello finì poco distante, e Marik fu rapido a prenderlo da terra.

Ryou si spostò da sopra l'uomo e si rialzò, gli occhi puntati su Marik. Non gli piaceva vederlo con un coltello in mano. Quell'uomo sarà anche stato un delinquente, ma Ryou non ci teneva a vederlo sgozzato.

Però Marik non fece nulla. Si limitò a tenere in mano il coltello, ansimando.

L'uomo si alzò lentamente, fissando Marik e imprecando sottovoce. Marik si voltò vero di lui, gli occhi sbarrati e un ghigno folle.

«Io correrei» gli disse, rigirandosi il coltello fra le dita. L'uomo fece un suono patetico, si girò e scappò.

Ryou lo osservò per un istante, prima di rivolgersi a Marik. «Perché non ti sei difeso?» chiese, perplesso.

Marik lo guardò con altrettanta confusione. «Non posso far male agli altri, mi risulta» disse.

Ryou rimase a bocca aperta per un istante. «Non- non puoi aggredire gli altri. Se qualcuno sta cercando di ucciderti, puoi benissimo disarmarlo, difenderti. Basta che non lo mandi in ospedale»

«...Oh» Marik aveva davvero pensato che Ryou intendesse anche autodifesa quando parlava di non far del male alla gente? Non aveva le idee molto chiare sui concetti di vittima e aggressore, pareva.

Sì, beh, suo padre gli aveva intagliato dei geroglifici sulla schiena e lui poi l'aveva ucciso. Per non parlare del fatto che era il lato oscuro di qualcuno che di suo era stato capace di fare cose come controllare mentalmente altri. La sua percezione di giusto e sbagliato non doveva essere esattamente la più accurata.

«Comunque grazie» disse Ryou. Marik lo fissò con ancora più confusione di prima.

«...eh?» disse, guardandolo come se gli fossero spuntate le ali.

A Ryou venne da ridere. Marik sembrava così completamente stupefatto. Come se non capisse cosa Ryou gli avesse detto.

Beh. Ryou dubitava qualcuno avesse mai ringraziato il Marik oscuro prima. Era comprensibile che lui fosse sorpreso. Il che era anche un po' triste, in un certo senso.

«Non eri obbligato a intervenire, ma l'hai fatto. In genere questa è considerata una cosa gentile da fare e si viene ringraziati» spiegò Ryou.

Marik scosse la testa. «Io non... Gentile?» ripeté, come se la parola avesse un gusto acido.

«Generalmente sì, sarebbe quella la parola. A meno che tu non avessi motivi pariticolari per aiutarmi» disse Ryou. Giusto, questo era il lato oscuro di Marik. Gentile era probabilmente una delle ultime cose che ci teneva ad essere.

«Tu devi giocare con me! Se ti fanno del male, tu non puoi giocare con me, quindi per questo ti ho aiutato» disse Marik «Non era "gentilezza"»

«Tu non ti fai troppi problemi a farmi del male. E avrei potuto scappare senza problemi, e lo sai» commentò Ryou.

«Non ci ho pensato! La prossima volta non ti aiuterò più, va bene? Fine del discorso» ringhiò Marik, gesticolando. Ryou decise che era meglio cambiare argomento.

«Va bene. Il ringraziamento rimane. Per educazione, quantomeno» Ryou sorrise «Quindi. A cosa volevi giocare stasera?»

«La lotta, no?» disse Marik. Ovvio.

«Va bene»

C'era un magazzino abbandonato nelle vicinanze, di cui loro approfittavano per i loro giochi. Le luci funzionavano ancora, e non era la base di una gang, quindi tutto sommato era quasi un edificio di lusso.

«Senti» disse Ryou «Avrei una richiesta da farti»

Marik lo guardò. «Se vinci, puoi farla» disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Poi tirò un pugno a Ryou.

Ryou saltò indietro. Aveva imparato che se riusciva a evitare i colpi di Marik e a rimanere in piedi, aveva buone possibilità di vincere. Se Marik riusciva a buttarlo a terra, difficilmente si sarebbe liberato.

Lasciò che Marik lo inseguisse per un po', prima di mollargli un calcio negli stinchi. Marik grugnì, e Ryou ne approfittò per un pugno al volto. Marik corse verso di lui a testa bassa, spingendolo contro un muro.

Ryou colpì il muro con un fianco, e Marik fece per storcergli un braccio. Ryou gli tirò una testata con una smorfia sul volto. Quanto puzzava Marik. Da quando era tornato nel loro mondo, non si era mai probabilmente fatto una doccia decente.

Con la mano libera, Ryou riuscì ad afferrare il braccio di Marik, e sentì qualcosa di caldo e umido. Con una contorsione, riuscì a mettere le dita sul taglio fresco e stringere. Marik gemette e lo mollò.

Ryou se lo spinse via con un colpo all'addome. Marik corse di nuovo verso di lui, ma Ryou si spostò e gli fece lo sgambetto.

Marik finì a terra di faccia, e Ryou fu rapido a sedersi sulla sua schiena e premerlo a terra. Mise una mano fra i capelli di Marik, e gli premette il volto contro il terreno.

«Uno, due-» iniziò a contare.

Marik si dimenò e iniziò a sferrare colpi alla cieca con le mani. Ryou gli afferrò un polso e gli torse il braccio.

«-cinque, sei-» Marik strillò, e cercò di rialzarsi in qualche modo. Ma con tutto il peso di Ryou sulle reni, non andava da nessuna parte. «-nove, dieci!»

«Fottiti!» gridò Marik, picchiando un pugno a terra. Ryou ghignò.

«Ho vinto» disse, lasciando andare Marik. Gli aveva fatto un po' schifo mettergli la mano fra i capelli, se doveva essere onesto. Davvero doveva lavarsi in un modo o nell'altro.

«Sì, ho capito, ho capito!» ringhiò Marik «Posso alzarmi ora?»

«Sì, scusa» Ryou si spostò, lasciandogli il polso. Marik stava diventando più debole di come era stato all'inizio dei loro incontri. Le sue guance erano scavate e le sue braccia più magre di prima. Ryou si chiese ogni quanto Marik mangiasse.

«Allora. La tua richiesta» disse Marik, incrociando le braccia.

«Giusto. Volevo chiederti se domani sera possiamo saltare, e se posso venire la prossima volta dopodomani» Marik ringhiò.

«Perché?»

«Ho da fare» disse Ryou vagamente. In realtà, i suoi amici gli avevano chiesto se poteva uscire con loro a festeggiare il ritorno di Yugi dal suo tour, ma preferiva non dirlo a Marik. «Comunque ho vinto, quindi va bene»

Marik fece un suono irato e sputò per terra. «Fa come vuoi» soffiò, girandosi e andandosene.

   
 
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