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Autore: Placebogirl_Black Stones    19/04/2016    4 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 4: Punti di vista
 
 
Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si era seduta su quella panchina, forse due o tre ore. Aveva detto al Professor Agasa che sarebbe uscita per prendere una boccata d’aria, ma non lo aveva avvertito che avrebbe fatto così tardi. Sospirò, pentita del fatto che probabilmente lo stava facendo preoccupare: sapeva bene quanto fosse in pensiero per la sua instabilità, dopo il crollo emotivo e l’accaduto del pomeriggio precedente. Tuttavia sentiva il bisogno di restare sola, di allontanarsi da quella casa accanto alla sua, diventata per lei un covo di serpi. Più ci pensava e più si sentiva arrabbiata, confusa e triste. Non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile giocare così coi sentimenti delle persone, di come si potesse essere senza scrupoli di fronte alle tragedie altrui. Eppure aveva vissuto per anni in mezzo a un’intera organizzazione criminale formata da persone di quello stesso stampo. La parte difficile era accettare che anche quelli a cui voleva bene e si fidava potessero agire in quel modo.
Strinse i pugni, abbassando la testa e cercando di trattenere quelle poche lacrime che le erano rimaste da versare. Non voleva più piangere per chi non lo meritava.
Assorta nella sua rabbia e nei suoi pensieri, non sentì i passi che si stavano avvicinando sempre più a lei.
 
- Hello!- sentì una voce dall’inconfondibile accento americano, che aveva imparato a riconoscere dopo anni trascorsi negli Stati Uniti a studiare, diverso da quello britannico di sua madre.
 
Alzò di scatto la testa, più spaventata che sorpresa, guardando alla sua sinistra: era l’agente Jodie. La stava  salutando nella sua lingua madre, regalandole un sorriso radioso, con la testa piegata da un lato. Non aveva avuto molte occasioni di passare del tempo con quella donna o di parlarle, però le aveva sempre fatto una buona impressione, sin da quando le aveva proposto di entrare nel Programma di Protezione Testimoni per sfuggire agli Uomini in Nero. Jodie era simpatica, disponibile ad aiutare il prossimo e anche molto dolce quando voleva. Le piaceva, sentiva di potersi fidare di lei, anche se in quel momento non sarebbe riuscita a fidarsi nemmeno della sua stessa ombra.
Si sforzò di ricambiare il suo sorriso, ma tutto quello che le uscì fu una sorta di smorfia. Sperò di non averle dato l’impressione di essere una maleducata, o peggio ancora di odiarla.
 
- Agente Jodie…- riuscì solo a dirle.
- Che cosa fai qui tutta sola a quest’ora? Non dovresti essere a casa per la cena?- le chiese dolcemente l’ex professoressa.
- Preferisco stare qui- abbassò lo sguardo, incapace di nascondere ciò che stava provando e fingersi spensierata di fronte a lei.
 
Con la testa bassa e lo sguardo puntato sui suoi stessi piedi, non si accorse che l’espressione di Jodie era mutata da dolce e sorridente a corrucciata e pensierosa.
 
- Per caso c’è qualcosa che non va?- le chiese.
 
Attese qualche istante prima di rispondere, incerta se confidarle l’accaduto o no. Alla fine Jodie per lei era quasi un’estranea, come poteva sapere se fidarsi? Inoltre, non le andava di parlare di ciò che era successo, riportare alla mente i ricordi non faceva bene al suo umore già guasto. E poi figuriamoci se un agente dell’FBI aveva tempo da perdere ad ascoltare le tristi vicende della sua vita!
Sgranò gli occhi, facendo un piccolo ma rapido scatto con la testa, sollevandola. Un agente dell’FBI…Jodie era partner di lavoro di Akai, e sicuramente doveva conoscerlo molto bene. Le tornò in mente quando una volta le era capitato di sentire Amuro, all’epoca ancora infiltrato con il nome in codice di Bourbon, dire che i “cani” dell’FBI erano tutti uguali, tutti fatti della stessa pasta. Fino a quel momento aveva sempre interpretato quella frase come puro e semplice odio che l’uomo nutriva per l’ente investigativo federale americano, dettato da ragioni personali, ma adesso iniziava a pensare che forse non avesse tutti i torti nel descriverli in quel modo. Un dubbio atroce l’assalì: e se Jodie fosse stata mandata dallo stesso Akai e da Shinichi? In fondo era amica e collega del primo, e nutriva una stima e una simpatia profonde per il secondo, tanto da definirlo “il suo detective preferito”.
Il respiro le si fece pesante, i battiti del cuore aumentarono. Non voleva cadere nella loro trappola, non voleva che vincessero la guerra che loro stessi avevano iniziato.
 
- Ѐ venuta anche lei per convincermi a parlare con l’agente Akai?! Se è così si risparmi la recita!!!- le rispose infine, bruscamente, fissandola con rabbia.
- Cosa?! Perché dovrei convincerti a parlare con Shu?!- la fissò scioccata la bionda, sgranando gli occhi azzurro ghiaccio dietro le lenti di quei vecchi occhiali che era solita indossare.
 
Dalla sua espressione sembrava davvero stranita dall’accusa che le aveva appena lanciato, ma non c’era da dimenticarsi che per qualche tempo aveva finto di essere un’insegnante di inglese al Liceo Teitan, e la sua messa in scena era andata a buon fine. Se anche Jodie, proprio come Akai e Shinichi, era brava a mentire, non doveva abbassare la guardia e credere ai suoi trucchetti.
 
- Vuole forse farmi credere che non sa nulla di ciò che è successo ieri?! Ѐ qui perché l’ha mandata quel detective impiccione, non è così?!- continuò a risponderle in malo modo.
- Detective impiccione?! Non so davvero di cosa tu stia parlando!- scosse la testa la donna, sempre più incredula e disorientata da quel discorso.
 
Forse era il caso di fermarsi e riflettere. Gli ultimi avvenimenti l’avevano resa sospettosa e dubbiosa verso tutto e tutti, ma più guardava la faccia di Jodie e più le sembrava che davvero non sapesse nulla. D’altra parte, riflettendoci bene, non aveva detto a nessuno dove andava di preciso quando era uscita, nemmeno al Dottor Agasa, perciò se anche Shinichi e Akai l’avessero “ingaggiata” per tentare di attirarla a loro c’erano pochissime possibilità che fosse venuta a conoscenza del punto preciso dove si trovava. A meno che non fosse stata pedinata dall’inizio.
Sospirò, non sapendo più nemmeno lei a cosa credere. Alla fine Jodie non le aveva fatto nulla di male, era ingiusto trattarla così prima di sapere le sue reali intenzioni. Poteva anche darsi che lei stesse fosse stata ingannata da quei due, che le avessero fatto credere di essere due innocenti che volevano solo avere un dialogo civile. L’unico modo per saperlo era parlare con lei.
 
- Mi dispiace, non volevo essere sgarbata con lei, agente Jodie…- si scusò, chinando la testa in segno di pentimento.
 
La sentì muovere qualche passo, per poi prendere posto accanto a lei su quella panchina.
 
- Ti va di raccontarmi cosa è successo ieri con Shu? Perché sei così arrabbiata con lui?- le chiese, raddolcendo i toni.
 
Convinta che non ci fosse altra soluzione, annuì, cominciando a riassumere l’incontro che aveva avuto il giorno precedente con il suo collega di lavoro, quello che le aveva detto e le bugie che ne erano emerse. Il tutto contornato dal fatto che quello che considerava il suo migliore amico era in realtà un traditore della peggior specie. Più parlava e più vedeva l’espressione di Jodie farsi incredula e scioccata.
Quand’ebbe finito, si sentì improvvisamente più leggera. Non sapeva ancora se aveva fatto bene a fidarsi di Jodie oppure no, ma di certo parlare con lei era stato liberatorio. In cuor suo sperava che la donna potesse comprenderla.
Ci fu un minuto di silenzio prima che l’agente dell’FBI parlasse. L’aveva lasciata letteralmente senza parole.
 
- Ora capisco perché Shu era così strano oggi…E così te lo ha detto…-
 
L’espressione della donna si fece improvvisamente triste, come se qualche fantasma del passato fosse tornato a tormentarla. Ma non fu tanto questo a colpirla, quanto il fatto che le sue parole confermavano il fatto che anche lei fosse a conoscenza di quello che Akai doveva dirle. Tutti sembravano sapere tranne lei. Il dubbio che Jodie fosse una spia mandata da loro si insinuò nuovamente nella sua testa.
 
- Lo sapeva anche lei, dunque?! A quanto pare avete giocato tutti a tenermi nascosta la verità!- si alterò nuovamente, sentendosi presa in giro.
- Sapevo di ciò che era successo tre anni fa, del fatto che nel momento in cui la copertura di Shu saltò tua sorella rimase coinvolta nella faccenda, ma non pensavo che dietro quella che l’Organizzazione definiva una scienziata dal nome in codice Sherry, si nascondesse una bambina. Noi dell’FBI lo sospettavamo e per questo avevamo iniziato a tenerti d’occhio, ma non avrei mai immaginato che fosse vero-
 
Rimase stupita dalla naturalezza con cui aveva confessato tutto, un modo di atteggiarsi esattamente opposto a quello di Shinichi e Akai. Se avesse voluto fare il loro gioco, di certo non si sarebbe esposta così. Forse Jodie era davvero l’unica persona oltre a lei che non aveva più voglia di tenere dei segreti.
La ascoltò, mentre continuava in tono pacato il suo racconto, facendo però trasparire le sue emozioni con gli occhi e con l’espressione del volto.
 
- Non riesco ancora a credere a tutta questa storia, mi sembra assurdo poter regredire con una pillola. Quando ho saputo con certezza che Ai Haibara era in realtà Shiho Miyano, non avrei comunque potuto dirti nulla sul fatto che Shuichi fosse in realtà il tuo vicino di casa Subaru Okiya, perché non spettava a me farlo. Shu cercava il momento giusto per poterti parlare, per chiarire con te alcune cose; non era mio diritto togliergli questo compito e la stessa cosa vale per Shinichi. Doveva essere Shu a dirtelo, era giusto così-
 
Quelle parole, che racchiudevano in sé tutta la logica e la razionalità di questo mondo, la fecero riflettere per la prima volta dopo un’intera giornata trascorsa ad ascoltare solo la sua rabbia. Non riusciva a vedere le cose con chiarezza, accecata dal risentimento. Jodie aveva perfettamente ragione: se Akai aveva qualcosa da dirle doveva essere lui e solo lui ad aprir bocca, nessun altro aveva il dovere o il diritto di mettere becco in questioni personali.
Vedere le cose da un’altra prospettiva le fece rendere conto degli errori che lei stessa aveva commesso, rifiutandosi di ascoltare tutto e tutti. Nonostante ciò, non riusciva a perdonare Shinichi per la confidenza che aveva dato all’ex fidanzato di sua sorella, causa della morte di quest’ultima. Come si poteva aver fiducia in qualcuno che calpestava i sentimenti degli altri facendo pagare loro il prezzo delle sue stesse bugie?! Non riusciva a capirlo, per quanto si sforzasse.
 
- Questo non giustifica il fatto che quella specie di detective da strapazzo abbia giocato a fare la sua spalla per tutto questo tempo! È l’uomo che ha causato la morte di mia sorella!- precisò, cercando di far capire a Jodie che anche lei aveva i suoi buoni motivi per star male.
 
La vide abbassare lo sguardo, facendosi di nuovo triste. Sentiva che c’era qualcosa, qualcosa di cui Jodie era a conoscenza ma che per qualche sconosciuta ragione si stava tenendo dentro. L’espressione sul suo volto era sufficiente per capirlo.
 
- Posso comprendere il tuo punto di vista, dev’essere dura per te accettare questa storia- le rivolse un piccolo sorriso, spento e quasi forzato rispetto a quelli che le aveva rivolto al suo arrivo - Ma ci sono cose di cui non sei a conoscenza che potrebbero farti cambiare idea se avessi l’occasione di ascoltarle…-
- Ѐ la stessa cosa che mi ha detto Shinichi- incrociò le braccia al petto - Solo che nessuno si decide a dirmele!-
- Il fatto è che l’argomento è delicato e nessuno vuole farti soffrire-
- Lo state facendo però- la fissò dritta negli occhi.
 
Jodie sospirò, chiudendo gli occhi un istante per poi riaprirli. Doveva sentirsi ai ferri corti, combattuta tra il rispettare le vicende personali del collega e il confessarle tutto ciò che c’era da sapere per mettere fine alle sue sofferenze. Era in una posizione spiacevole, e in parte era anche a causa sua.
 
- Mi spiace, non avrei dovuto coinvolgerla in cose che non la riguardano, agente Jodie- si scusò.
- No, al contrario: mi fa piacere che tu ti sia confidata con me- le sorrise dolcemente - Per questo ti dirò la verità-
- Ѐ sicura di volerlo fare?- le chiese, notando l’espressione seria sul suo volto.
- Meriti di sapere- annuì - Se fossi nei tuoi panni anche io vorrei conoscere la verità-
- Parli, la ascolto-
- Sai già che Shu aveva usato tua sorella per infiltrarsi nell’Organizzazione, giusto? All’inizio era così, Akemi -san era uno strumento nelle mani dell’FBI che serviva per arrivare a te, Shiho, la famosa scienziata; ciò che non sai è che col tempo le cose sono cambiate. Shuichi si era innamorato davvero di tua sorella, anche se non poteva esporsi troppo perché rischiava di mandare all’aria tutto il lavoro fatto. Quando ha saputo della sua morte, nonostante la sua apparenza gelida, ha sofferto molto, più di quanto tu possa immaginare. Sono certa che non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, che se solo avesse saputo sarebbe corso ad aiutarla e avrebbe dato la sua vita per lei. Forse si aspettava addirittura di poter avere un futuro con tua sorella, una volta che fosse riuscita a liberarsi dall’Organizzazione. Non era riuscito a dimenticarla, nonostante tutto…- fece una pausa per deglutire, cercando di sciogliere quel nodo che le se era formato alla gola - Purtroppo quando si svolge un certo tipo di lavoro e ci si ritrova in determinate situazioni, si è consapevoli che le cose non possono andare sempre come vogliamo noi-
 
Mentre pronunciava quelle parole la sua espressione si era fatta sempre più triste, gli occhi visibilmente arrossati e lucidi dietro le lenti degli occhiali. Le sembrò di vedere addirittura un paio di piccole lacrime agli angoli esterni degli occhi, trattenute prima che cadessero lungo le guance. Guardandola si poteva pensare che la sua fosse una reazione normale, che si fosse commossa nel racconto straziante di quell’amore finito male, ma per una come lei abituata a scavare nell’animo delle persone non passò inosservato quel dolore che la bionda cercava di nascondere. Questo le diede finalmente la conferma che Jodie non stava mentendo, che non era una spia e che voleva solo cercare di aggiustare le cose. Doveva ammettere che le sue parole l’avevano colpita, ancora non riusciva a credere che quell’uomo che aveva chiamato più volte “assassino” in realtà si portasse dentro un tale rimorso, un dolore forse simile al suo.
Non riuscì a dire nulla, si limitò a fissare Jodie in attesa che dicesse altro.
 
- Shu è una persona fantastica- riprese il suo discorso, sforzandosi di sorridere dietro la tristezza che l’aveva colta - Darebbe la vita per le persone a cui tiene e lo ha dimostrato nell’atto finale contro l’Organizzazione: per questo credo che dovresti concedergli un’altra possibilità di spiegarti di persona tutto ciò. Stallo a sentire, in fondo un pochino se lo merita, no?- le fece l’occhiolino.
 
Avrebbe voluto replicare, avrebbe voluto dirle ancora una volta che Akai era una persona senza scrupoli morali, ma non ci riuscì. Jodie l’aveva spiazzata, e soprattutto l’aveva fatta ragionare. L’apparenza inganna, e quello era decisamente il caso. Forse la meritava davvero una seconda occasione, nel bene e nel male. Nessuno poi le avrebbe chiesto di andare a pranzo con lui o di diventare la sua migliore amica, era solo questione di ascoltare ciò che aveva da dirle; poi avrebbe tratto le sue conclusioni.
 
- Non immaginavo che le cose stessero così…- rispose infine - Ha ragione agente Jodie: domani parlerò con lui-
- Bene!- fece un cenno di assenso con la testa, mostrandosi felice per quella decisione - Vedrai che cambierai idea su di lui-
- Questo è da vedere…- fece la sostenuta.
- Oh, andiamo, ma sei sempre così seria?- scherzò, picchiettandole una mano sulla spalla in modo giocoso.
 
Rispose con un sorriso a quel gesto, sentendosi più serena ora che tutto era alla luce del sole. Di questo doveva ringraziare Jodie. Se prima le sembrava una bella persona, ora che aveva avuto occasione di conversare con lei poteva affermare che le piaceva molto. Era una donna in gamba, simpatica e altruista: un modello da seguire.
 
- Che ne dici se ti accompagno a casa adesso?- le propose - Si è fatto tardi, il Dottor Agasa sarà in pensiero per te-
- Non serve che si disturbi, posso tornare da sola. Se non sbaglio il suo appartamento è qui nelle vicinanze, sarebbe inutile fare della strada in più per poi tornare indietro solo per accompagnarmi- declinò con gentilezza l’invito.
- Non importa, posso chiamare un taxi- alzò il pollice.
- Guardi che adesso non ho più bisogno della scorta, gli Uomini in Nero non mi daranno più la caccia- sorrise.
- Una signorina non deve mai girare da sola di sera, potrebbe sempre incontrare qualche malintenzionato!- scosse la testa.
- Questo discorso vale anche per lei-
- Io sono un’agente dell’FBI!- sottolineò con orgoglio.
- Giusto, lo avevo scordato, agente Jodie- sottolineò con ironia quelle ultime parole.
- Non chiamarmi “agente”, chiamami solo Jodie, ok? E dammi del tu, che mi fai sentire vecchia!- le fece l’occhiolino.
- Come vuoi, Jodie- annuì sorridendo.
- Forza, andiamo a casa- si alzò dalla panchina, facendole cenno di seguirla.
 
Nella penombra della sera che non avrebbe tardato ad arrivare, si avviarono verso l’abitazione del Dottore nel quartiere di Beika, continuando a chiacchierare del più e del meno come se fossero amiche da sempre.
 
 
…………………….
 
 
Quando giunsero davanti al cancello di casa del Professor Agasa era ormai sera inoltrata, tanto che in cielo era possibile distinguere ogni singola stella. Si accorsero entrambe che anche le luci di villa Kudo erano accese, segno che Shinichi era in casa, con ogni probabilità in compagnia di Shuichi. Le venne spontaneo chiedersi se anche in quel momento la stessero spiando, controllando ogni suo movimento.
 
- Credo che dovresti perdonare anche Cool Guy- le disse Jodie, interrompendo i suoi pensieri - Ѐ un bravo ragazzo e ti vuole molto bene-
-Non lo ha dimostrato però…- chiuse gli occhi.
- Facciamo tutti degli errori, ma non per questo dobbiamo essere per forza persone cattive o indegne di ricevere perdono. Sai meglio di me che le persone cattive sono altre, e sono capaci di fare cose molto peggiori di quello che ha fatto Shinichi. Una bugia a fin di bene non è peggio di un omicidio, giusto?- si sforzò di sorridere, anche se quel discorso che probabilmente le aveva riportato alla mente tristi ricordi fece sì che i suoi occhi si velassero di tristezza.
 
Ancora una volta in quelle poche ore che aveva conversato con lei, Jodie aveva ragione. Di fronte a lei si sentiva come una ragazzina impulsiva incapace di ragionare, nonostante avesse sempre ritenuto di essere molto più matura della sua età. Forse era quella che chiamavano “saggezza dell’età”, nonostante Jodie fosse ancora giovane, o forse era il lavoro che svolgeva da anni.
 
- D’accordo, parlerò anche con lui- annuì, cercando di mostrarle la sua gratitudine con un sorriso.
- Very good!- alzò il pollice facendole l’occhiolino - Ora è meglio che vada a casa anch’io, altrimenti dovrò cenare a mezzanotte!-
- Le va di restare? Sono certa che al Professore non dispiacerà aggiungere un posto a tavola, senza contare che quando cucina esagera sempre con la quantità perché è un ingordo!- scosse la testa in segno di disapprovazione.
- Sei gentile, ma purtroppo devo tornare al mio appartamento perché ho il cellulare scarico e non ho il caricabatteria con me. Però se ti va una di queste sere possiamo andare a mangiare in qualche posto carino!- le sorrise - Pensavo che fossi una ragazza troppo seria, invece è piacevole conversare con te!-
- Pensavo la stessa cosa di te-
- Allora ci conto!- le fece nuovamente l’occhiolino, per poi salutarla con un cenno della mano e avviarsi verso il suo appartamento - Ci vediamo presto! Ah, una cosa: quando domani parlerai con Shu potresti fingere di non sapere nulla? Immagino che ci tenesse a dirti quelle cose per primo, non vorrei che pensasse che mi sono impicciata in affari che non mi riguardano-
- Non si preoccupi, non farò il suo nome- la rassicurò.
- Bye bye!- la salutò nuovamente.
- Jodie- la richiamò.
- Sì?- si girò verso di lei la bionda.
 
Non seppe spiegarsi di preciso cosa la spinse a fare quel gesto, o meglio da cosa derivasse la curiosità di avere una risposta alla domanda che stava per farle. Forse voleva semplicemente aiutarla, anche se non sapeva bene come, ricambiando così quello che aveva fatto per lei quel pomeriggio.
 
- Per caso c’è dell’altro dietro a tutte le belle parole che hai detto sull’agente Akai? Ho avuto come l’impressione che non stessi solo elogiando le buone qualità di un collega di lavoro…-
 
Vedendo l’espressione stupita di Jodie, mista a quella che si è soliti fare quando qualcuno scopre un nostro segreto intimo, si chiese se non fosse stata troppo indiscreta nel rivolgere quella domanda così personale. In fondo non erano affari suoi se fra loro c’era del tenero, e Akai non era più il fidanzato di sua sorella da tempo, perciò non avrebbe tradito nessuno se anche avesse instaurato un rapporto amoroso con Jodie.
 
- C-cosa dovrebbe esserci?- dissimulò indifferenza, nonostante fosse chiaro che aveva capito perfettamente cosa volesse intendere con quella domanda.
- Ti sto chiedendo se sei innamorata di lui- le disse senza troppi giri di parole.
 
Adesso sì che poteva dire di essere stata indiscreta. Forse Jodie le avrebbe risposto in malo modo, ma ormai non poteva tornare indietro.
Osservò la donna sgranare gli occhi, per poi distogliere velocemente lo sguardo, come se non volesse mostrare i suoi sentimenti nemmeno al buio della sera. Era chiaro che voleva nascondere quell’amore, non perché se ne vergognasse, ma perché voleva proteggerlo e in qualche modo proteggersi. Sentiva che c’erano molte cose dietro, cose che non riusciva a comprendere e che d’altra parte non erano nemmeno affari suoi.
 
- Non ha importanza- le rispose infine, senza aggiungere altro - Buona fortuna per domani-
 
Il sorriso forzato che le rivolse prima di allontanarsi le fece capire che aveva toccato un tasto dolente, che aveva oltrepassato un limite oltre il quale non le era concesso andare. Non c’era stato bisogno di una risposta dettagliata, la reazione di Jodie era stata più che chiara.
D’un tratto le tornò alla mente ciò che le aveva raccontato, l’amore che l’agente Akai aveva nutrito per sua sorella. Che fosse quello il motivo per cui Jodie aveva liquidato la sua domanda? Un amore non corrisposto?
Si sentì un’ incosciente che aveva girato il dito nella piaga. Avrebbe fatto meglio a scusarsi con Jodie quando si sarebbero riviste.
Sospirando, si apprestò ad entrare in casa, sicura che avrebbe ricevuto un rimprovero dal Dottore per il ritardo, anche se a ben pensarci quello era l’ultimo dei suoi problemi. L’indomani avrebbe rivisto quell’uomo vero il quale continuava a provare del risentimento, nonostante le parole convincenti di Jodie. Non sapeva come avrebbe reagito, né se davvero sarebbe stata in grado di perdonarlo, così come non sapeva se avrebbe perdonato Shinichi. Solo il tempo poteva dirlo.
 
- Sono a casa, mi scusi per il ritardo Professore!- fece riecheggiare la sua voce non appena varcata la soglia.
- Finalmente, ma dove sei stata?! Ero in pensiero, ho persino pensato di chiamare Shinichi!- allargò le braccia allarmato lo scienziato.
- Non lo avrà chiamato sul serio, spero- lo guardò storto.
- Come avrei potuto, sapendo che sei così arrabbiata con lui!- scosse la testa.
- Meglio così. Ad ogni modo ho incontrato un’amica e ci siamo messe a chiacchierare perdendo la cognizione del tempo-
- Ma tu non hai amiche!- replicò l’uomo - Beh in effetti c’è Ayumi, ma non sa che in realtà sei Ai-
- E lei che ne sa se io ho delle amiche o no?- fece la sostenuta - Magari ne ho tante!-
- Allora perché non le inviti qui?-la sfidò.
- Semplicemente perché non mi va- sorrise beffarda - Ma forse questa amica che ho incontrato oggi verrà a trovarmi presto- fece la misteriosa.
- Potevi invitarla a cena, credo di aver esagerato col cibo…- si grattò la nuca sorridendo imbarazzato per la sua ingordigia.
- Sai che novità!- lo rimproverò - Forza, mangiamo. Ovviamente non tutto!- ci tenne a precisare.
 
Ormai quella era diventata la sua vita, non riusciva ad immaginarsi un modo diverso per trascorrere le sue giornate. La casa del Dottore era diventata in qualche modo anche casa sua, non si sentiva più una semplice ospite. Ora che poteva finalmente vivere libera, magari si sarebbe cercata anche un bel lavoro (sempre che il Professore non volesse coinvolgerla nei suoi strambi progetti). Se fosse riuscita a sistemare le cose con quei due, avrebbe potuto dire che per la prima volta nella sua vita tutto stava andando nel verso giusto. Era persino riuscita a farsi un’amica, la sua prima amica dopo Ayumi, con la quale ora che era tornata adulta non poteva più condividere le stesse cose.
Questi pensieri le sollevarono il morale, dandole la forza necessaria per affrontare ciò che l’aspettava il giorno seguente.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Scusate il ritardo, finalmente sono riuscita a finire questo capitolo! Vi è piaciuto? Spero che l’incontro Jodie/Shiho che molti di voi aspettavano con ansia non vi abbia deluso, così come il resto del capitolo! Nel prossimo vedremo un altro confronto Shiho/Shu (sperando che stavolta sia quella buona ;) ) e anche quello con Shinichi. Chissà, magari potremmo anche rivedere Jodie, ora che è diventata amica della nostra Shiho! ;)
Grazie come sempre a tutti quelli che mi supportano leggendo, lasciando un commento e aspettando pazientemente i miei aggiornamenti!
Un bacione
Place
   
 
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