Videogiochi > Undertale
Segui la storia  |       
Autore: Ilarya Kiki    21/04/2016    5 recensioni
La vita dopotutto è come un puzzle, no? Fatta di tanti piccoli tasselli che si incastrano perfettamente l'uno nell'altro: capita però che a volte questi tasselli si perdano, e poi chissà dove cavolo vanno a finire, lasciando un sacco di buchi. Anche la tua vita è un puzzle, un milk puzzle: mancano fin troppi tasselli, e rappresenta solo e soltanto una cosa: il niente. Rassicurante, eh? Il nulla totale. Tanta fatica e poi nessuna immagine, così funzionano i milk puzzle.
O, almeno, così piacerebbe a te.
Dopotutto, il latte fa pure bene alle ossa.
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*Quarto tassello

 

Stronger Than You.

 

Finalmente azzeccò il tempismo giusto.
Tre ossa appuntite saettarono e si infilarono perpendicolarmente nella testa della ragazzina, uno trafiggendo direttamente il bulbo oculare, mentre lei saltava verso sinistra per schivare un altro assalto dei medesimi proiettili: sangue e liquido cerebrale schizzarono come un rosso ventaglio sulle piastrelle dorate, con il sottofondo di un appagante scrocchio di ossa rotte.
La ragazzina atterrò come una marionetta rotta sulle ginocchia, si accasciò al suolo senza un gemito e cadde picchiando la fronte, lasciando ulteriori macchie scarlatte sul pavimento.
Sans, ansimando come un mantice per la fatica, vide l’anima della sua avversaria fremere per un secondo, pulsare un’ultima volta e poi infrangersi in pezzi, scomparendo nell’aria.
Ecco, ce l’aveva fatta anche quella volta.

 

 

Eccola di nuovo avanzare verso di lui, appena entrata nell’ultimo corridoio prima della sala del trono, con una lunga lama lucente in mano.
Eccolo di nuovo ad attenderla al varco, in piedi con le mani in tasca.
“È inutile che ti dica ormai quante ne ho contate, vero? Pazza malata.”
Lei si fermò, come faceva sempre, di fronte a lui, fronteggiandolo con il coltello stretto nella mano abbandonata lungo il fianco. La luce obliqua del tramonto, che in quella particolare parte del palazzo prorompeva come una cascata d’oro da una frattura delle pareti della grotta e accendeva di luce tutto l’antico corridoio – le vetrate erano state un grosso vanto dell’architetto reale, parecchi secoli prima, dato che riuscivano a incanalarne perfettamente lo splendore – la colpiva in pieno sul lato del viso, scavando di ombre il suo sorriso isterico.
Sans si chiese di nuovo cosa diavolo fosse.
Di certo non la sua piccola Frisk, quella che gli pareva di ricordare nelle memorie dei suoi sogni più nascosti.
“…è una bellissima giornata per bruciare all’inferno.”
Attaccò subito, con tutta la forza che aveva, e lei schivò ogni singolo colpo con agilità come se – ormai – avesse imparato a memoria l’esatto punto in cui ogni cannone avrebbe sparato e ogni osso colpito. Lui sapeva cosa stava accadendo, cosa continuava ad accadere: era tutto inutile, ogni volta che quella bestia assassina racchiusa nel corpo di un essere umano finiva per morire, il tempo tornava indietro, e lei tornava ad affrontarlo, ancora, e ancora, e ancora, e ancora… di solito Sans aveva percezioni molto confuse del tempo che si riavvolgeva, ma non in quel momento. Era tutto troppo ravvicinato, troppo frequente perché lui potesse dimenticarsene o fare finta di niente. Lui non poteva più permettersi il lusso di dimenticare.
“Lo so sai? Il tempo continua a tornare indietro. È inutile quanto lottiamo… non mi importa più nemmeno di raggiungere la superficie, tanto un giorno ci sveglieremo tutti di nuovo qui in questa fogna, e non sarà mai successo nulla. Quante volte abbiamo già raggiunto la superficie, eh? E c’eri anche tu, e pensa che idiota, ho pure l’impressione che fossimo amici. Pensi che non abbia provato a sistemare questa cosa, ad aggiustare il tempo? Eppure è stato tutto inutile. Mi ero arreso, sai? Ma non questa volta. Non questa volta. Non posso permetterti di avanzare di un passo di più, anche se combatto contro l’impossibile.”
Sans aveva l’impressione chiarissima di aver ripetuto quelle cose milioni di volte, ma non poteva evitare di aprire le dighe e lasciar sgorgare fuori tutta quell’amarezza, di fronte ad un avversario che tanto nemmeno lo ascoltava. L’umana infatti continuava a schivare con abilità tutti i suoi attacchi magici senza degnarlo di uno sguardo, se non quando riusciva a trovare una via di fuga tra le colonne di energia bruciante dei suoi laser e tentava un affondo con il suo coltello, che però Sans riusciva sempre ad evitare senza difficoltà. Certo, erano anni che non muoveva un muscolo (…o un osso, per meglio dire), ma non se la stava cavando per niente male in combattimento, era ancora forte e agile come quando si allenava insieme a suo fratello.

E dire che Papyrus era così preoccupato per il suo unico Health Point…

Continuarono a combattere per minuti interminabili, il mostro e l’umano, tempestandosi di colpi a vicenda ed evitandoli tutti con passi veloci, girandosi attorno come se stessero danzando una danza di morte, decisi ad uccidersi a vicenda con uguale determinazione in quel meraviglioso corridoio sommerso d’oro.
L’umana sembrava non perdere un colpo; Sans invece iniziò a sentirsi un po’ stanco. Alla fine, tutti quegli anni di inattività iniziavano a diventare un po’ pesanti… ma non poteva permettersi di perdere. L’umana sembrava pronta a tutto e anche lui non doveva essere da meno: attinse alle sue ultime energie e iniziò a distorcere lo spazio-tempo, scagliando la sua avversaria avanti e indietro durante il loro combattimento e riuscendo a colpirla un paio di volte con i suoi laser. Lei scoppiò a ridere, sfiorata dal potere bruciante della sua magia ma uscendone comunque viva.
Sans sapeva benissimo che anche l’umana era in grado di manipolare il tempo, ma era sicuro che non possedesse la precisione e raggio d’azione che aveva lui: pareva che lei potesse farlo solo in determinati momenti, e non era abbastanza capace da poter stare dietro a lui. In ogni caso, presto lo scheletro raggiunse il suo limite.
Se Sans non l’avesse uccisa e in quel momento, avrebbe fallito.
Lui non poteva fallire, l’avrebbe tenuta intrappolata in quel combattimento per tutta l’eternità, uccidendola ogni volta e ricominciando ogni volta, ancora e ancora, se fosse stato necessario. Non gli era permesso arrendersi o la morte di tutti i suoi cari sarebbe rimasta invendicata, e quell’inferno sarebbe ripartito da capo.
Ma, ovviamente, era sempre stato uno scemo.
È inutile tenere duro per ottenere l’impossibile, e in fondo al suo cuore lo sapeva benissimo, anche se a volte tornava a far finta che non fosse così.
L’umana si approfittò di un suo momento di stanchezza e puntò con energia verso di lui, col coltello sollevato e una folle sete di sangue nelle pupille dilatate e opache. Lui chiuse gli occhi, sorridendo, talmente stanco da non riuscire nemmeno a inspirare l’aria per il suo ultimo respiro.
La sentì cadergli addosso e percepì la lama tagliente e dolorosa del coltello contro il costato.

 

- 0,5 HP.

 

Stupito, riaprì gli occhi.
Si ritrovò bloccato al suolo dal corpo di lei, che gli si era seduta sopra puntandogli la lama del coltello contro lo sterno, tanto da rendergli difficoltoso il respiro e pressoché impossibile il movimento.
Sarebbe stata un’ottima occasione di contrattacco, se non fosse stato che era così stanco e indebolito che a fatica riusciva a tenere gli occhi aperti, e comunque ad ogni suo tentativo di evocare una magia la lama gli avrebbe molto probabilmente strappato l’anima prima di ottenere qualsiasi risultato.
Anche l’umana ansimava di fatica, ma sembrava soddisfatta. Sorrideva in tono sornione, stringendo il suo coltello, con i capelli tutti scompigliati e un paio di fili di fumo che si sollevavano da alcune delle ciocche che avevano incontrato il fuoco blu dei laser. Sans decise di non provare a muoversi, perché forse avrebbe potuto trovare ancora una possibilità di fermarla, essendo ancora vivo.
“Beh? – mormorò lo scheletro, e sentì un rigagnolo di sangue sgorgare fra i suoi denti mentre parlava – Che c’è? Vuoi farmi vedere quando sei diventata brava con quell’affare?”
Lei, finalmente, aprì la bocca e parlò.
“Sai. – disse, col tono casuale che userebbero due amici al bar per parlare del tempo atmosferico – Mi sto annoiando. Alla fine è sempre la stessa solfa.”
Sans tossì. La ferita al petto gli faceva male.
“…e allora perché non te ne vai? E ci lasci in pace?”
Lei rise, leggera.
“Ma no, ma no… non in quel senso. Quaggiù succedono sempre le stesse cose. Sono tutti terribilmente prevedibili, tanto che mi sto stancando anche di ucciderli. Tranne te, Sans. Tu sei l’unico interessante qua sotto.”
Lo scheletro strinse i denti, e sentì la lama premere ancora di più contro la sua cassa toracica.
“…a quanto pare tu sai un sacco di cose, ma non dici mai niente a nessuno. Solo quando ti spingo al limite ti decidi a dirmi qualcosa… parli di rilevamenti delle linee temporali, di qualcuno da salvare… e poi tiri fuori quei cannoni pazzeschi e devo sempre fare una fatica bestiale per superarti. Ammetto che sei rimasto l’unica sfida divertente, quaggiù. Ma, piano piano, mi sto stancando anche di te, e poi c’è una cosa che mi sto chiedendo da un sacco di tempo…”
Sul suo viso di bambina brillò un lampo di interesse. Si chinò in avanti con un sorriso curioso.
“…ma tu chi diavolo sei, Sans? Si può sapere che ci fa quaggiù uno come te?”

 

Sans ridacchiò, e questo gli costò una fitta terribile al petto e altro sangue a scivolargli lungo il mento.
“…che domanda del cavolo. Sono una sentinella, e sono anche piuttosto pigro. Ho un sistema piuttosto rigido di valori, anche se non sembra, e detesto la gente che va in giro ad ammazzare i fratelli altrui. Ma tutte queste cose le sai già.”
“Puoi anche evitartele le tue cazzate, non mi sembri nelle condizioni di continuare a raccontarmi balle.”
Il coltello affondò un poco.

 

- 0,1 HP

 

“Ehi ragazzina, continua così e mi farai fuori. E poi non potrò dirti più nulla.”
“…vedo che iniziamo a capirci. Sappi che non ci metto niente a ucciderti, se continui a prendermi in giro. Ma sinceramente non ne ho voglia, mi sono stancata di spezzarti il cuore sempre nello stesso modo, e poi mi piaci troppo. Fossi in te ne approfitterei.”
Sei una…”
“Allora? Mi vuoi rispondere!?”
Sans rimase in silenzio per un paio di secondi, poi lasciò cadere la testa all’indietro e ridacchiò di nuovo, con quel filo di fiato che gli restava nel corpo. Dopotutto l’umana aveva ragione, era già un miracolo che lei avesse deciso di mantenerlo in vita così a lungo, doveva cercare di approfittarne.
“Allora… - iniziò, e tossì - … facciamo un gioco, io e te. Io risponderò alle tue domande, più sinceramente che posso. Ma anche tu risponderai alle mie, ne faremo una a testa. Che dici, ti va?”
L’umana ci pensò un po’ su, ma alla fine l’idea sembrò divertirla. Sorrise soddisfatta.
“Ci sto.”
Chi diavolo sei è una domanda un po’ generica. Non è che potresti essere più specifica?” chiese allora lo scheletro, sollevando un’arcata sopraccigliare.
“Va bene. Dove hai imparato a teletrasportarti e a manipolare il tempo?”
“Da quanto mi ricordo, so farlo da sempre. Credo di aver imparato quando ero poco più grande di te, forse.”
“… e come fai ad avere questi poteri?”
“Ehi, abbiamo detto una domanda a testa.”
“Ah, già giusto. Chiedi pure.”
Sans ci pensò un po’ su. Probabilmente di lì a pochissimo sarebbe morto, ma magari avrebbe ottenuto qualche informazione importante per la futura linea temporale. Sapeva che tutto sarebbe ripartito e si rendeva conto fin troppo bene che probabilmente si sarebbe dimenticato ogni singola parola che si sarebbero scambiati, ma valeva la pena provare.
“Tu… non sei una bambina di otto anni. Non sei nemmeno un essere umano. Cosa sei?”
L’umana sorrise, strizzando gli occhi.
“Sono un brutto ricordo, di una brutta vita. Sono il desiderio di violenza rimasto nelle fibre della realtà, lasciato da qualcuno morto da tempo.”
Lo scheletro assorbì l’informazione ma evitò di chiederle precisazioni: adesso era il turno dell’umana di fargli la sua domanda. Il suo peso sulle sue ossa quasi spezzate era al limite del sopportabile.
“Dimmi, Sans – iniziò, giocherellando con il coltello contro la sua maglia - … una volta mi hai fatto avere le chiavi per la stanza dove nascondi la tua macchina rotta, sul retro di casa tua. È una macchina del tempo?”
“Sì.”
L’umana sembrò piccata dall’estremo uso di sintesi e soprattutto dal tono secco e conciso, ma accettò la risposta. Era il turno dello scheletro.
“Dì, ragazzina… perché hai ucciso mio fratello?
“Noia. E tu dimmi, eri per caso l’assistente di W. D. Gaster, lo scienziato reale prima di Alphys? Ho trovato un badge in quella stanza sul retro.”
“Sì. Come fai a tornare indietro ogni volta che ti uccido?”
“Determinazione. Gaster era per caso tuo parente? C’è un disegnino con te, lui e Papyrus nel tuo retro.”
“Era mio fratello. – Sans annaspò in cerca di aria. Quel gioco iniziava a non piacergli più – E tu, umana, come usi la determinazione per tornare indietro nel tempo?”
“Non lo so, succede e basta. E tu dimmi, è stato Gaster a progettare la tua macchina del tempo? È stato lui ha insegnarti a manipolarlo? È stato lui a costruire per te i tuoi cannoni?”
“Queste sono… troppe domande.”
La ragazzina parve rendersi conto di aver esagerato. Corrucciò l’adorabile visino e si chinò verso lo scheletro, toccando il sangue che gli colava dalla bocca come se volesse ripulirlo, ma lasciando di fatto una striscia scarlatta sulla sua mascella d’osso con il pollice della sua manina.
“Hai ragione, poverino. Cambio domanda. Dimmi un po’, ma tu chi diavolo sei?
Dalla sua espressione sadica Sans capì che non aveva più voglia di stare a dar retta alle sue richieste di evitare domande scottanti, e così chiuse gli occhi e prese un po’ di fiato. Eh già, era proprio fregato, sicuramente lei si stava stancando e non gli rimaneva troppo tempo da perdere in quella linea temporale maledetta.
“Eh. – lo scheletro ridacchiò – Questa sì che è la domanda da un milione di golds. Diciamo così, ragazzina.”
Sarebbe stato più sincero possibile, ma sicuramente la risposta non l’avrebbe fatta felice. Anzi, probabilmente si stava condannando da solo, pensò divertito.
“…io sono come un puzzle, a cui mancano diversi tasselli. Non ho idea di dove siano finiti, e non ho idea di quale sia l’immagine finale. Forse non esiste nemmeno una immagine, ma in realtà non mi importa neanche più di tanto. Tanto ormai non ha più senso preoccuparsene, dato che l’unica ragione per continuare ad esistere che mi è rimasta in questo momento è cercare di fermarti e impedirti di raggiungere la superficie e portare distruzione anche lì. Per non parlare del fatto che ti farei a pezzi un milione di volte solo per quello che hai fatto al mio fratellino.”
Sans aveva detto tutto con una calma serenità che sembrò eccessiva persino per lui. Forse davvero si aspettava davvero che il coltello affondasse a strappargli via l’anima dopo ogni sillaba, o forse ormai aveva accettato il fatto che per quella volta non sarebbe riuscito, di nuovo, ad arrestare quel demone orrendo. Strano, eppure si era ripromesso di non arrendersi: o forse, c’era qualcos’altro. Forse aveva solo sentito il bisogno di dire quelle cose a qualcuno, per una volta. Di buttarle in faccia al suo avversario.
L’umana non lo uccise.
Rimase a guardarlo con un’espressione corrucciata per qualche secondo, sempre illuminata dall’oro del sole che filtrava dalle vetrate. Gli schizzi di sangue sulla sua pelle e capelli carbonizzati attorno al viso stridevano con l’indifferenza infantile che continuava ad animarle i lineamenti. Lo facevano imbestialire.
“Devi averne passate, tu, eh? Anche prima che arrivassi io.” Commentò, grattandosi il mento.
“Già.”
“…magari sai anche perché il tempo continua a riavvolgersi. Ti ho detto che io posso farlo tornare indietro, ma non so perché ne ho la possibilità. Tu e Gaster sembrate aver combinato un gran casino con gli esperimenti sullo spazio-tempo.”
Oh fantastico, quell’argomento non gli piaceva, non gli piaceva per niente…
“Eppure. – la vocina di bimba dell’umana interruppe i suoi pensieri –… eppure, dopo tutto quello che hai passato e che continuo a farti passare, continui sempre a fronteggiarmi, in questo corridoio. Una cosa mi chiedo: quanto ci metterai?”
Lo sguardo della bambina si fece maligno, e Sans sentì il suo peso contro le sue ossa farsi più pesante e doloroso, quasi fino ad offuscargli la vista. Anche se lei lo aveva lasciato in vita, stava iniziando la sua caduta…
“…ci metterò a fare cosa…?” chiese, tossendo altro sangue tra i denti.
“A diventare come me. A diventare come Flowey. Ci siamo passati tutti. Quanto resisterai ancora, prima di arrenderti davvero?”

 

Sans rise.
“…come te?”
“Già. Come me. Quando getterai la spugna? Quando capirai anche tu che questo mondo è del tutto inutile, che tanto vale distruggerlo ogni volta? Quando smetterai anche tu di lottare per nulla?”
Sans rise di nuovo. Il dolore si intorbidì, e sentì la sua anima vibrare e pulsare per l’ultima volta. La ferita se lo stava portando via, che all’umana piacesse oppure no.
“…mai. Io sono più forte di te.

 

L’ultima cosa che vide, prima di disfarsi in polvere, fu lo sguardo indispettito e furente dell’umana, che lo fulminò con cieca rabbia mentre lui se ne andava serenamente incontro a suo fratello, che lo aspettava dall’altra parte con un sorriso.

Image and video hosting by TinyPic

*Dedico la prima scena, col cervello di Chara che esplode allegramente fra le ossa, a Holy Hippolyta, che mi è parsa apprezzarla.
*La scrittura di questa shot è stata ispirata a diverse canzoni che non c'entrano nulla con Undertale, come Same Old Love di Selena Gomez o Hope of Morning degli Icon for Hire. Ovviamente c'è anche lo zampino della versione riscritta di Stronger Than You, la canzone della favolosa Garnet di Steven Universe che è stata modificata per Sans e Frisk da qualche fan geniale.
*...in ogni caso, Sans, i tasselli stiamo cercando di raccoglierli tutti.
*Sempre che tu non li abbia gettati via apposta.
*Chissà che tipo di immagine scopriremo.
*Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Undertale / Vai alla pagina dell'autore: Ilarya Kiki