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Autore: Dragana    22/04/2016    3 recensioni
Una raccolta di storie su Clarisse la Rue e le persone che le girano intorno.
Quando non li picchia, ovviamente.
Genere: Azione, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Chris Rodriguez, Clarisse La Rue, Silena Beauregard, Will Solace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAMPO MINATO

–Mamma, clicca lì.
–Ma no Clarisse, per me il quadrato giusto è quest’altro… Ops.
–Cazzo mamma, se lì c’era il due e lì il tre, come hai fatto a pensare che quel quadrato andasse bene?
Sam si mise a ridere. –Ma che ne so, Clarisse, mi sembrava così. Mica sono un’esperta di campi minati.
–Io sì però. Lo sai che prima della battaglia con Gea i fratelli Stoll si sono fregati tutte le nostre mine e le hanno messe… cosa c’è?
Sua madre le indicò l’altra stanza, dove un tramestio indicava la presenza di qualcuno. Cazzo, è vero, c’era Alcide e quando c’era Alcide niente semidei, Campo e fini del mondo varie. Clarisse, che al Campo ci viveva, trovava difficilissimo evitare di tirare in ballo tutta quella parte della sua vita. Era come camminare su un campo minato, anzi, su un campo minato sarebbe stata decisamente più a suo agio.
–Ragazze, vi ho riattaccato internet… Si era staccato un cavetto, Sam, per quello non funzionava!
Sam, che ci teneva tantissimo a non vedersi piombare mostri a casa e il cavo l’aveva staccato apposta, alzò gli occhi al cielo e disconnesse tutto, poi chiuse il portatile.
–Sei un tesoro, ma qui abbiamo finito. Non voglio perdere tempo al computer quando Clarisse è a casa.
Alcide si fermò sulla porta e sorrise a entrambe. Bello era bello, niente da dire. Aveva un fisico che faceva girare la gente per strada, un naso rotto che lo rendeva soltanto più virile&maledetto, capelli neri e pizzetto incolto, e tatuaggi ovunque. Aveva anche un’età che era una via di mezzo tra la sua e quella di sua madre, volendo essere pignoli, ma sua madre non era mai stata una persona pignola. E, cosa che non ti aspetteresti mai da uno così, sembrava fosse un brav’uomo.
–Hai ragione, Sam. Sentite, vi porto a cena fuori in quel posto che fa le bistecche!– Si interruppe un attimo. –O magari voi due preferite stare un po’da sole? In quel caso vado giù dai ragazzi, non c’è problema.
Era davvero un brav’uomo. Clarisse si sentì intenerita.
–No, no, Alcide, vanno bene le bistecche. Quanto sono grosse?
–Molto grosse.
–Al sangue?
–Praticamente crude.
Clarisse ghignò. –Scommetto che ne mangio più di te.

Le bistecche erano davvero buone. La birra probabilmente anche, ma aveva preso la coca cola con la promessa che a casa avrebbero rimediato. Alcide aveva un tatuaggio sul braccio che raffigurava un lupo che ululava alla luna, e Clarisse pensò che sembrava un po’uno di quei licantropi fighi dei telefilm e che Silena l’avrebbe presa in giro tantissimo se avesse saputo che guardava i bicipiti anche al tipo di sua madre.
–Allora, Clarisse, è successo qualcosa di divertente negli ultimi tempi alla tua scuola?–, le chiese, in uno dei suoi tentativi di far conversazione per conoscerla meglio.
A Clarisse venne da ridere e quasi si strozzò con la bistecca. –Uh, sì, abbiamo fatto una specie di gemellaggio con una scuola di San Francisco. Sono venuti da noi e ci hanno portato una statua di Atena in regalo.
–Una… statua di Atene? E come mai?
–Atena, non Atene. La dea. Ce l’avevano rubata.
Alcide sembrava smarrito. Sam intervenne. –Sono scuole molto vecchie, hanno tradizioni particolari. È stato una sorta di gesto simbolico, no, Clarisse?
–Hai voglia. Li ha accompagnati il coach, quelli che hanno portato la statua.
–Uh, mi spiace per loro–, rise Sam. –È un patito delle mazze da baseball–, spiegò.
–E ha avuto un figlio. Il coach, dico. Sono la sua madrina… l’ha chiamato Chuck come Chuck Norris!
Alcide scoppiò a ridere. –No, sul serio? Per quello?
–Sul serio!– Clarisse rise. –Mamma, uno di quelli che ha accompagnato il coach era Nico di Angelo, cazzo quanto avrei voluto vedere il coach di fianco a Nico “tiro su zombie dalla terra e ho un palo in culo”!
Sam accennò con la testa in direzione di Alcide. Lui comunque continuava a ridere. –Gli zombie? Io non stavo molto attento a scuola, ma mica ci insegnavano gli zombie, mi sarei ricordato!
Cazzo. Non ci aveva proprio fatto caso. È che per lei le stranezze erano troppo normali per riuscire a evitarle con naturalezza. Per fortuna sua madre dirottò la conversazione su motociclette (non quella di Ares), tatuaggi e aneddoti divertenti, togliendo Clarisse dalle difficoltà.

Più tardi, in veranda, Clarisse ebbe la sua birra. Alcide si era discretamente ritirato dentro casa per lasciarle da sole; Clarisse si ritrovò ad apprezzare la sua delicatezza.
–Quindi questo è uno serio? Nel senso… te lo tieni?
Sam si accese una sigaretta e fece un lungo tiro prima di risponderle. –Boh. Lui è lanciatissimo e mi adora, io… Sai, sono io. Mi sono sempre piaciuti quelli sbagliati, lui sembra sbagliato e invece è giustissimo. Ho paura di fare un casino, e Alcide non se lo merita.
Clarisse non era molto esperta di consigli. Era anche quello un campo minato, per lei. Ce n’era solo uno su cui si sentiva di essere sicura, perché gliel’aveva dato Silena e Silena aveva indovinato subito dov’era il quadratino che non faceva esplodere le bombe.
–Però se ti piace non ha senso non iniziare neanche solo per delle seghe mentali. Mica devi vendergli l’anima. Magari prova. Vedi come va.
Sua madre si mise a ridere e le soffiò un po’di fumo in faccia.
–Senti un po’, adesso non è che solo perché salvi il mondo devi fare tu quella matura della situazione!
–Figurati. Tanto prima o poi, se te lo tieni, il casino lo farò io. Tipo che mi sbaglierò a parlare e gli dirò che mio padre è un dio e penserà che sia pazza.
–Nah. Gli diremo che è un dio nel senso che ha un’altissima opinione di se stesso–. Si guardarono in faccia. –Il che è vero.
–Si droga? Acidi, coca, funghi…
–Non mi pare. Dato che non l’ho mai visto farlo, immagino di no. Forse ogni tanto, ma non abitualmente.
–Male. Se ti arriva un messaggio-iride come lo giustifichi?
Risero. Una volta era successo davvero che Sam avesse giustificato così un messaggio-iride di Clarisse.
–Io troverò una spiegazione, tu cerca di trovare un telefono, quando vuoi chiamarmi.
–Dovrai stare attenta ogni volta che saremo insieme nello stesso posto, lo sai? E far finta di rifletterci quando proverà a suggerirti di mettermi il prozac nella bistecca.
–Sono tua madre, mi sembra il minimo cercare di toglierti dalle difficoltà.
Clarisse rise. –Mamma, cazzo, hai sbagliato fin dal concepimento.
Sam le allungò uno scappellotto in testa. –Scema. Piuttosto, adesso che siamo da sole: com’è quella storia dei fratelli Stoll e del campo minato?






Note: Storia scritta per la Spring Shower, organizzata dal campmezzosangue, con prompt “campo minato”.
Questa storia è un po’ a caso, ero indecisa se pubblicarla perché è abbastanza inconcludente, diciamo che sono quelle cose che servono più a me come studio dei personaggi che al mondo, ecco. XDDD Solo che ormai ce l’avevo, era scritta, e alla fine mi sono detta che, tra lasciarla per sempre nel pc e pubblicarla, almeno se la pubblico a qualcuno può interessare e se non interessa passerete oltre, mica chiedo dei soldi. XDDD
La mamma di Clarisse l’ho inventata, l’ho fatta già comparire in questa storia qui. Alcide è preso di peso da “True Blood”, perché è così figo che tempo fa, con le amiche, decidemmo che ogni universo ci debba essere un Alcide. La storia è ambientata dopo la battaglia con Gea, gli Stoll che si fregano le mine sono canon.
Grazie a tutti voi (quattro) che leggete, a presto!




   
 
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