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Autore: DigiPokeLover    23/04/2016    1 recensioni
Per Mirkho, 17 anni, un ragazzo italiano, è un giorno come gli altri. Ma quel giorno, la sua vita cambiò in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare. Un nuovo mondo... nuovi amici. Amici molto speciali. Un sogno divenuto realtà. Un'avventura da iniziare... un mondo da conquistare. Col sostegno dei suoi amici... ce la può fare!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arceus, Ash, Celebi, Prof Oak, Team Rocket
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: Furry | Contesto: Anime, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon The Challengers'
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Verso le rovine d’Alfa
 
Stagione 1 Episodio 11
 
 
Stavolta ci alziamo un po’ più presto del solito, alle dieci, per poter preparare tutto per bene prima della nostra partenza. Ma non tutti ci svegliamo subito: Renamon, Ylenia e Lucia dormono ancora. Mentre Jacopo e Samanta partono in quarta coi baci io, Giulia e Davide cominciamo a farci gli zaini, augurandoci, soprattutto io, di non dimenticarmi niente (perché io soventemente dimentico qualcosa in giro: nel corso degli anni ho lasciato occhiali – sia da sole sia da vista, – vestiario, macchine fotografiche, bottiglie d’acqua… e così via). A un certo punto, però, svegliamo anche gli altri; mentre Giulia cerca di buttare giù i miei due amici, io mi occupo di Renamon:
«Ehi, Rena, sveglia dai… devi prepararti, andiamo via»
«Mh? Che? Ah già… oddio, non ho sentito la sveglia, grazie per avermi svegliata»
Con un balzo salta giù dal letto, afferra il suo zaino e comincia a infilarci dentro la sua roba. Ovviamente, quella che impiega più tempo è la mia amata cugina, che tra phon, piastra, trucchi e simili non sa più nemmeno dove metterli. Nel giro di un quarto d’ora, finalmente, tutti terminiamo i lavori. Io, poi, faccio un altro giro della stanza per controllare, come detto prima, di non aver lasciato niente. Ah, ecco il carica-batterie, per fortuna! Ti pareva che lo lasciavo lì.
Una volta tutti (veramente) pronti, prendiamo zaini, zainetti e borselli e scendiamo a fare colazione. Al tavolo, dopo un po’ noto che Keldeo ci guarda tutti, per qualche secondo, uno dopo l’altro. Quando gli chiedo il motivo, questa è la sua risposta:
«Eh? No, niente… così…»
Come mai un tono così mogio? Bho… meglio lasciar stare, non lo trovo dell’umore adatto.
Al termine della colazione, andiamo tutti quanti a salutare e ringraziare l’infermiera Joy. Poi usciamo per andare a prendere le nostre bici. Mentre tolgo il lucchetto alla mia, noto, poco dietro di me, ancora Keldeo cogli occhioni. Ora intuisco: forse non è proprio felice che ce ne andiamo… purtroppo io non ci posso fare niente, la nostra strada la dobbiamo continuare, e spero che lui se ne renda conto, che se ne faccia una ragione.
Rimontiamo in sella, e proprio adesso Keldeo comincia a far uscire qualche parola:
«Ragazzi… ora andate, vero?»
«Sì, Keldeo, per noi è ora di continuare la nostra avventura» gli rispondo.
«Mh… ok. Vi accompagno fino all’uscita dalla città»
Cominciamo a pedalare fino a raggiungere il corso principale di Violapoli e, successivamente, prendiamo l’indicazione per Azalina. Dopo una pedalata di quasi un quarto d’ora, siamo quasi al di fuori di un quartiere periferico di Violapoli. Lì chiedo a tutti di fermarsi per salutare Keldeo.
«Ok amici… è stato un piacere viaggiare con voi. Abbiamo riso e scherzato insieme per tutto questo tempo… non potrò mai dimenticarvi, siete i migliori»
Mentre parla, cerca inutilmente di campar fuori un sorriso, ma poi scoppia in lacrime.
«Keldeo, non piangere! Avanti, nessuno ha detto che questa è l’ultima volta che ci vediamo! Qualora avessi tempo e voglia di rivederci, facci uno squillo» gli rispondo, accarezzandolo.
«Come te lo fa lo squillo? Mica ce l’ha il cellulare, e nemmeno l’InterPoké» controbatte mia cugina.
«Oddio, Giulia, è un modo di dire! Guarda, Keldeo, così capisce anche mia cugina… se hai voglia di re-incontrarci, chessò, chiedi all’infermiera Joy o a chi di dovere di rintracciarci in qualche modo, ok?»
«Certamente»
Mi abbasso e lo abbraccio, e lui fa altrettanto, ma in una maniera alquanto violenta!
«Anche noi siamo stati benissimo con te, non ci si annoiava mai! Te lo dico lo stesso, nonostante sia arrivata nel gruppo solo l’altro ieri» fa Samanta.
«Sei simpaticissimo, Keldeo, e sei anche il primo Pokémon parlante che ho visto. È stato fantastico passare questo periodo con te, non è vero gente?» segue Lucia.
Tutti rispondiamo con “Verissimo”. Poi, uno dopo l’altro, abbracciamo il Pokémon Puledro, che tenta invano di asciugarsi gli occhi. Mi viene un’idea:
«Che dite, facciamo una foto tutti insieme?»
Il resto del gruppo accoglie bene l’idea, e perciò fermiamo il primo passante che vediamo. Ci mettiamo tutti in posa e ci facciamo fare la foto. Ringraziamo il passante e salutiamo definitivamente il nostro carissimo amico Pokémon:
«Dai, adesso dobbiamo proprio andare. Alla prossima, amico mio» gli faccio, tenendogli la testa.
«Ciao, grandissimo, ci vediamo» saluta Jacopo.
«Ciao Keldeo, ti vogliamo bene» fanno Ylenia, Davide, Renamon e Giulia.
«Anch’io vi voglio bene, ragazzi! Buona fortuna nel vostro viaggio!»
Dopo averlo ringraziato, montiamo nuovamente in sella e partiamo. Dopo qualche secondo, sentiamo ancora la sua voce:
«Arrivederci, amici!!! Ci vediamo presto!!»
Ci voltiamo e lo vediamo stare su due zampe, salutandoci con una delle zampe anteriori.
«Ciaooooooooooo!!» rispondiamo tutti salutando colla mano.
Proseguiamo, mi volto ancora dopo qualche secondo e lo vedo rientrare in città correndo come un pazzo. Dopo che faccio notare al gruppo questo particolare, Samanta commenta:
«Poverino, c’è rimasto male… mi fa pena»
«Io gliel’avevo detto ieri che partivamo, non so, se è molto sensibile, non è colpa mia di certo» rispondo.
«Spero solo che non si vada a cacciare nei guai» fa Ylenia.
«Già» conclude Lucia.
Dopo due minuti, Ylenia fa:
«Ragazzi, dov’è che andiamo adesso?»
«In teoria, ad Azalina… ehi! Ragazzi, non molto lontano da qui ci sono le Rovine d’Alfa! Che dite se ci facciamo un giro?»
«Come, Mirkho? Rovine d’Alfa? Cosa sono?» chiede Davide.
«È un sito archeologico risalente, a quanto ne so, a più di mille anni fa»
«E che ti frega? Non ti è mai interessata l’archeologia!» fa mia cugina.
«Questo è vero, ma il fatto che è di questo mondo rende il tutto più interessante. Di sicuro, ci saranno molte scritture nell’antica lingua Unown…»
«Lingua Unown? È quella specie di scrittura con cui mi hai scritto un biglietto due mesi fa? Quella con tutte quelle lettere con l’occhio dentro?»
«Sì, Giulia… vedo che te lo ricordi»
«Eccome se me lo ricordo… mi hai fatto impazzire per cercare di tradurlo! Ti ho dovuto chiamare apposta!»
«Ih ih ih… vabbè, dai, avete voglia?»
«Io sono d’accordo, a me piace visitare i siti archeologici, l’ho fatto quando sono andata a Roma, a Pompei, eccetera… io dico sì» fa Lucia.
«Anch’io» fa la mia ragazza. La stessa risposta arriva poi da Samanta, Davide e Jacopo.
«Ok, è deciso, allora. Su, Giulietta, è pur sempre un luogo da visitare in questa regione!»
«Guarda che non ho detto niente eh… mi sono solo stupita del fatto che di punto in bianco t’interessa l’archeologia, tutto qui. Quanto dista ‘sto sito?»
Tiro fuori il Pokédex per vedere la mappa.
«Una decina di kilometri da dove siamo ora»
«Mamma mia… meno male che hai detto “non molto lontano da qui”!»
«Il fatto che l’abbia detto non deve per forza voler dire “qui attaccato”, e poi, se t’interessa saperlo, Azalina sta a più di duecento kilometri a sud»
«Cosa?! Starai scherzando? Arriveremo fra tre secoli!»
«O fra tre giorni, se ci mettiamo a pedalare di buona voglia. E poi, prima che tutti quanti partissimo per il nostro viaggio, ti avevo avvisata che ci sarebbe stato da pedalare!»
«Uff… grazie per avermelo detto…»
Poco più in là troviamo l’indicazione per il sito, che ovviamente diverge da quella per Azalina, e ci mettiamo a seguirla.
Non so quanti minuti sono passati, ma a un certo punto sento Samanta urlare, poi uno schianto, dopodiché dei lamenti. Ci fermiamo di botto e vediamo Samanta a terra, che si tiene la caviglia con qualche grido di dolore.
«Sama! Che è successo?!» accorre subito Jacopo.
«Non… ah ahia… lo so, sono… volata in avanti…» tenta di rispondere a fatica.
Si nota lontano un kilometro che è sconvolta. Lo credo bene, perché a me è capitato non so quante volte.
«Tranquilla, non ti sforzare. – intervengo io – Fammi vedere la caviglia»
Samanta leva la mano, e tutti notiamo una grossa ferita col sangue che sgorga consistente.
«Jaco, alzale leggermente la testa» fa mia cugina, e lui esegue.
«Prendo una pozione?» chiede Lucia.
«Sì, ecco, brava. Presto, se la ferita ha beccato una vena grossa siamo nella merda fino al collo» rispondo.
Lucia mi passa una pozione, che io uso immediatamente sulla ferita. E come è capitato col Sentret, si cicatrizza nel giro di un minuto.
«Va meglio?» fa Ylenia.
«S-Sì… grazie ragazzi… però la caviglia mi fa ancora male…»
«Vabbè, ci riposeremo un po’, allora» aggiunge Davide.
Faccio che tirar fuori un paio di bacche e mangiarle. Poi vedo Jacopo esaminare la bici di Samanta:
«Ecco, lo sapevo. Non solo la catena è cascata di botto, ma si è pure infilata nei raggi. Adesso la sistemo per bene»
«Uh, che bello…» commenta la Samurott sospirando e guardando per terra.
«Hai scalato le marce velocemente?»
«Sì, la terza era troppo molle e ho messo direttamente sulla sesta»
«Ecco, è stato qui il casino. – le fa lui – Devi sempre scalare una sola marcia per volta, sennò c’è il rischio, com’è capitato, che la catena vada a quel paese. È capitato anche a Mirkho qualche giorno fa, prima di arrivare a Violapoli»
«Ah sì?»
«Sì. Io però me la sono cavata applicando un veto…» rispondo io.
«In che senso, scusa?»
«Essendo abituato a cascare con ogni cosa (che sia motore, bicicletta, anche a piedi volendo), mi sono abituato a cercare di proteggermi in qualunque modo, in quel giorno di cui ha parlato Jacopo, sono atterrato colle mani e me la sono cavata con qualche piccola abrasione, niente di più»
«Ah… beato te»
Jacopo le sta accanto tutto il tempo. Lo stesso fa Renamon con me dopo che mi sono seduto su un sasso per terra (da quando abbiamo preso il bivio, la strada è diventata tutta sterrata), sedendosi in braccio a me e appoggiando la testa sul mio petto. Spero di non star fermo più di tanto… vorrei arrivare alle rovine prima di pranzo, la curiosità è tanta, almeno da parte mia.
Rimaniamo lì a parlare per una ventina di minuti, poi, dopo aver accertato che la caviglia di Samanta ha ripreso un po’ di vigore, decidiamo di riprendere il viaggio, dopo una richiesta al gruppo da parte mia di non cascare più.
«Ragazzi, – commento – a quest’ora dovremmo già essere arrivati alle rovine… vabbè, comunque, Sama, se c’è qualche problema ci fermiamo tranquillamente»
«Ok, grazie»
Entriamo in un bosco. Non so se è passato almeno un kilometro quando Jacopo mi chiama e mi chiede di mangiare.
«Jaco, siamo ripartiti da poco, e poi sono le undici e mezza. Ti ho già detto una volta che questa è l’ora in cui mangia mia nonna, aspettiamo almeno mezzogiorno!»
«Uffa, va bene…»
Proseguendo, notiamo che il bosco s’infittisce sempre di più.
«Ehi, non è che ci siamo persi? Ho un brutto presentimento…» fa Lucia, guardando in giro.
«Non so, spero di no, l’indicazione diceva di andare di qui, mi auguro sia la strada giusta»
Dopo un po’, in fondo tra gli alberi notiamo quelli che sembrano alcuni edifici.
«Ehi, laggiù c’è qualcosa» annuncio.
«Sono le rovine?» chiede Ylenia.
«Non so, non vedo ancora bene»
Poco più in là troviamo un cartello con scritto “Sito archeologico delle rovine d’Alfa – Ingresso est” e poco sotto “Benvenuti”.
«Ecco, questo cartello dice che questo è l’ingresso! Siamo arrivati!»
«Come fai a leggerlo? Sono tutti dei simboli a metà tra giapponese e coreano!» mi fa Giulia.
«In effetti… dove ho imparato a leggerli? Non ricordo… eppure riesco a leggerli con facilità… come mai? Gente, qualcun altro di voi sa leggerlo?»
«Ehi, pure io riesco a leggerlo! E non riesco a capire perché, però» fa Renamon.
Anche Samanta dice di saperlo leggere, ma lei ha la giustificazione che è di questo mondo.
Il resto del gruppo dice di non capirci un’acca. Mistero. Vabbè, sminuiamo la cosa e finalmente, dopo un ultimo tratto, ci troviamo davanti templi, grotte e pavimentazioni ovunque, su un’area vastissima.
«Eccole qua!» esclama Lucia, contenta.
«Benissimo, non vedevo l’ora» aggiungo io.
«Ok, ma adesso possiamo mangiare? È mezzogiorno ed io ho fame!»
«Certo, Jaco, certo… a ‘sto punto penso che tutti hanno fame… guardate, la c’è una paninoteca, ci fermiamo là?» propongo.
«Sicuro! Andiamo» rispondono tutti.
Tutti ordiniamo felici i nostri panini (io e Jacopo, come al solito, belli grossi), poi cominciamo a decidere quale parte visitare:
«Che dite? – fa Lucia – Cominciamo con quel tempio laggiù o quella grotta là?»
«No, no, guarda che traffico che c’è! Cominciamo dal tempio, che c’è molta meno gente» risponde Renamon dopo aver dato un’occhiata in giro.
«In effetti hai ragione… non ci avevo fatto caso! Allora andiamoci dopo alla grotta»
«D’accordo» fanno tutti gli altri.
Io non avevo risposto perché sennò avrei sparato tutto quello che avevo in bocca addosso a qualcuno, comunque ero d’accordo anch’io.
Detto fatto, non appena finito di mangiare, ci dirigiamo al tempio indicato da Lucia. Visto più da vicino, è imponente: è quasi identico a quelli che di trovano in Grecia, solo che dentro al tempio troviamo una immane statua di Arceus, ovviamente recante i segni del passaggio del tempo. Vicino all’ingresso troviamo un cartello.
«Mirkho, tu che sai leggere ‘sta lingua, traduci un po’» mi fa Giulia.
«Ok… allora… mh-mh… sì, raga, questo è un tempio dedicato ad Arceus, a quanto dice qui… eretto circa 1500 anni fa per ringraziare il Pokémon Dio per i grandi raccolti ottenuti in quei tempi, perché durante quegli anni la popolazione umana non ha mai riscontrato crisi di alcun genere. Poi il resto non è importante… l’ultima parte del cartello descrive un po’ il tempio, ma penso che lo vedete anche voi com’è fatto…»
«Ok, grazie mille» rispondono Giulia e Lucia.
Il tetto è parzialmente crollato, e facendo un giro attorno all’esterno del tempio si nota all’interno quelli che sembrano i resti di un altare, davanti alla grossa statua. Mi viene in mente una cosa, e la dico a Jacopo:
«Ehi Jaco… sai che negli episodi dei Pokémon ogni tanto raffigurano quella lingua strana scritta che tu mi avevi fatto notare?»
«Sì, è vero! Nei libri, nei nomi dei negozi… nel computer del Team Rocket… c’erano sempre quei caratteri strani»
Nel frattempo, tutto il gruppo si era attaccato a noi per sentirci.
«Ecco, è la stessa del cartello che ho letto! La cosa è abbastanza strana, perché prima di venire in questo mondo nemmeno io riuscivo a leggerli… da quando sono venuto qui, ci riesco»
«Vabbè, dai, meglio se li sai leggere, non avremo problemi» mi risponde lui con una pacca sulla spalla.
Tutti, me compreso, fanno un po’ di foto in giro. Il sole è alto nel cielo e fa caldo, e tutti brandiscono gli occhiali da sole. Terminato il giro del tempio, quasi un’ora dopo, ripassiamo davanti al bar. Notando un calciobalilla, propongo a Jacopo una sfida, alla quale poi si vengono ad aggiungere anche Renamon e Samanta.
«Ok, allora. Io e Samanta contro te e Renamon, va bene?»
«Va benissimo. Cominciamo»
Inseriamo una monetina e, arrivate le palline, iniziamo la sfida. Io in attacco, e Renamon a manovrare la zona difensiva.
«Ti ricordo, Mirkho, che sono due anni che non vinci più contro di me!»
«Va là che non resterai imbattibile a lungo!»
Abbiamo deciso di non usare regole assurde tipo il gol del portiere vale doppio, i vantaggi nel caso di nove a nove e il divieto di rullare, non ci sono mai piaciute, anche perché io e Jacopo abbiamo l’abitudine di rullare come dei pazzi. Facciamo due gol, ma poi veniamo raggiunti. Poi, andiamo avanti con un gol per ciascuno fino al sette a sette. Renamon tira una bordata dalla difesa, otto a sette, e dopo io segno il nove a sette.
«Siete finiti, eh eh»
«Sta’ zitto che rimontiamo» mi replica Samanta.
Con una manovra veloce prendiamo gol, senza che Renamon avesse il tempo di muovere i difensori, nove a otto. Continuiamo a giocare, ma a un certo punto Samanta si mette mano alla caviglia dopo una fitta di dolore. Fermo il gioco prendendo in mano la pallina, io di solito sono onesto.
«Stai bene?» le chiedo.
«Sì, ora sì… è stata una fitta violenta, ma… ora sto bene, ti ringrazio. Possiamo continuare»
Faccio rimettere la pallina in campo a Samanta. Dopo aver girato mezzora nel centrocampo, finisce dal mio attaccante centrale con cui la infilo sotto l’incrocio dei pali (si fa per dire). Vittoria, dieci a otto! Io e Renamon ci abbracciamo, poi Jacopo sbuffa ridacchiando.
«Vi è andata bene che ho il problema alla caviglia» fa Samanta.
«Io il gioco l’ho fermato quando ti faceva male… lo sai che…»
«Sto scherzando, Mirkho, – m'interrompe – sto scherzando!» e mi rifila un leggero buffetto sulla guancia.
Poi, giustamente, si va a sedere sulla prima sedia che trova, e Jacopo le compra una bottiglietta d’acqua.
Passano pochi minuti e mi suona il telefono. Spero che non sia Giulia (che è andata al negozio di souvenir, e che quindi potrebbe chiamarmi per sapere se voglio qualcosa; ma dovrebbe saperlo che i souvenir archeologici non li prendo mai), tiro fuori il telefono e scopro che a chiamarmi è Silvia. Chissà, magari mi dirà qualcosa di più sulla cena di classe del 21 luglio.
«Ciao Silvietta, dimmi»
Quella, con una voce tremolante, mi risponde:
«Mi-Mirkho… non so cosa… ecco… io…»
«Ehi, calma, che hai? Ti hanno stuprata?»
«Ma vaffanc… ascolta, c-credo di essermi… credo di essere finita in Vaticano…»
«Eh? Vaticano? Sei andata a trovare Ratzinga Mazinga?»
«No no aspetta… sono caduta in un buco!»
«Buco? Ma dove sei, al porto? Sei cascata dalla darsena?»
«Ma vuoi smetterla di prendermi per i fondelli?! Sono finita… in un buco, e poi in un posto che è identico al Vaticano, se non è il Vaticano stesso!»
«Scusami ma non capisco… sei caduta in un buco in mezzo agli scogli? E sotto hai trovato il Vaticano?»
Mi sa che ha preso una botta in testa di quelle serie...!
«Ma insomma, smettila! La faccenda è seria! Non so che caspita è successo!»
«Sarà anche seria, ma se non mi spieghi bene al dettaglio non posso aiutarti… quanti cardinali ci sono?»
«Oh adesso basta! Con te non ci parlo più! Ti ho chiamato perché Giulia e Lucia non sono raggiungibili! Speravo che mi dessi una mano!»
«Lo so, Giulia finalmente ha il telefono scarico e Lucia non so, forse si è infilata in un posto dove non c’è campo, non so dove sia finita…»
«Certo che posso proprio contare su di voi eh… siete most… ma cos… aaahhh!»
«Silvia! Che succede?! Silvia!»
Niente, la chiamata s’è interrotta. Perplesso, rimetto il telefono in tasca.
«Ma che succede? L’ho sentita gridare da qui»
«Ah bho… farfugliava cose incomprensibili… un buco, il Vaticano… non so che c’entrano»
«E chi è Ratzinga Mazinga?» fa Samanta.
«Il Papa»
«Ma cos’ha detto?» riprende Jacopo.
«L’avessi capito! Ha urlato… sarà caduta da qualche parte»
«Forse è meglio se dopo la richiami»
«Va bene, lo farò»
«La tua ragazza dov’è, Mirkho?»
«Dentro a leggersi un giornale… Lucia e Giulia non lo so, hanno detto che tornavano subito, ma  è quasi mezz’ora che sono via»
«Non è che si stanno facendo il giro per conto loro?»
«Mi auguro di no! Proprio Giulia mi ha detto che dovremmo stare tutti insieme per fare in modo che i leggendari non li incontrassi solo io! Forse è anche meglio che metta in pratica quello che predica! Guarda, adesso mi stendo un attimo sulla collinetta qui dietro a ‘sto bar, ci sono degli alberoni che fanno ombra, a dopo»
«Bravo, fai la pennichella, a dopo»
Mi sdraio tra l’erba del pendio che sovrasta il piccolo bar, mani dietro la testa e… indurmanza! Dopo non so quanto tempo, vengo svegliato da qualcuno che si sdraia su di me. Apro gli occhi e trovo la mia ragazza che strofina il suo nasino nero sul mio.
«Uh… ciao Rena»
«Ciao, tesoro… come mai qui tutto solo?»
«Non te l’ha detto Jacopo? Stavo riposando un po’»
«Un po’? Ti sei fatto due ore e rotte di dormita! Sono le cinque!»
«Ah sì?! – guardo l’ora – oh per Arceus… e gli altri sono ancora lì?»
«Sono tornati al tempio che abbiamo visto prima… Lucia voleva fare altre foto, e così si sono rifatti una scampagnata»
«E mi avete lasciato qui da solo?»
«No, non sei stato da solo, sono rimasta io, ho fatto uscire anche i tuoi Pokémon per farli respirare un po’»
Puntualmente, da dietro mi arrivano Riolu, Jolteon e Mareep.
«Salve, amori miei… sono venuto qui per stendermi un po’, ma ho finito coll’addormentarmi, scusatemi»
Jolteon e Mareep si mettono a giocare. Renamon, ancora sdraiata su di me, mi rifila bacetti sulle guance.
«Me lo dai un bel bacione, Rena?»
«Sicuro!»
Cominciamo a sbaciucchiarci ripetutamente, fino a quando non sento Riolu fare il suo verso con un tono funerario.
«Aspetta, che Riolu è gelosa, eh eh… cucciola, vuoi darmi un bacino anche te?»
Riolu si fionda su di me, un bacetto sulla guancia e una serie di leccate.
«Ah ah dai… va bene, vi amo tutte e due, su, andiamo al bar che almeno faccio merenda»
Con calma, richiamo anche il fulmine e la palla di lana e insieme entriamo al bar, dove mi prendo un hot dog con cinquanta salse sopra.
«Hot dog con salsa di baccarancia e baccamodoro… chi l’avrebbe mai pensato… favoloso»
«Fa’ assaggiare»
Renamon stacca un morso e se lo mastica per bene.
«Sono d’accordo. Questo è fatto bene. Non sono mai stata una patita degli hot dog, ma devo ammettere che non è male»
Finito di mangiare, usciamo fuori rimanendo all’ombra e fumiamo.
«Che facciamo, adesso?» le chiedo.
«Non so, la coda per visitare la grotta sembra sia diminuita un po’, ma… ehi! Che ne dici di una battaglia tra me e te? Dall’inizio dell’avventura non ci siamo mai affrontati!»
«Sì? Non ci avevo fatto caso… va bene, però vacci piano, non sono Valerio, ok?»
«Vai tranquillo, non mi è mai più fregato niente di quel momento, non ci ho più neanche lontanamente pensato»
«E mi sa che dopo ‘sta storia Valerio farà sicuramente più attenzione quando gli si presenta davanti uno sfidante non umano»
«Eh già… dai, lasciamo in pace quel poveretto e combattiamo! Vicino a dove riposavi tu ho visto uno spiazzo abbastanza grosso per un combattimento, andiamo là!»
«Sì, ma cerchiamo di fare attenzione, tu hai solo Pokémon di tipo fuoco, e combattere con quelli in mezzo ad un bosco non credo sia la cosa migliore»
«Ok, farò attenzione»
Ci incamminiamo verso il luogo indicato da Renamon. Sarà un incontro alla pari, perché nessuno dei due ha Pokémon in vantaggio su quelli dell’altro (lei ha i tipi fuoco, io ho due elettro e un lotta).
Lei tira fuori Vulpix, io invece schiero Mareep. Abbiamo deciso per un incontro uno contro uno.
«Comincio io, va bene?»
«Va benissimo, Rena, prima le donne»
Renamon mi sorride, poi il combattimento inizia:
«Vulpix, usa Braciere!»
Il Pokémon Volpe fa due scatti, e fa uscire dal muso una fiammata.
«Mareep, schivalo, poi usa Tuonoshock!»
Riesce a mancarlo per miracolo (non mi sarei immaginato Mareep senza la lana!), dopodiché dal corpo emette una scarica che colpisce in pieno Vulpix.
«Vulpix, Attacco Rapido!»
Mi colpisce, perché difficilmente si evita un Attacco Rapido, Mareep non è certo il più veloce dei Pokémon. Proprio quando si rialza, Renamon attacca ancora:
«Usa Azione!»
Vengo colpito di nuovo.
«Forza amico mio, rialzati e usa Ondashock!»
In due secondi la pecorella si rimette in piedi e fa partire una scarica elettrica circolare che colpisce in pieno Vulpix.
«Avanti, Vulpix, usa Lanciafiamme!»
Ma Vulpix, nonostante ci provi, non riesce a fare un movimento.
«Ma…!»
«Vulpix è paralizzato. Ondashock è un attacco che se portato a termine paralizza l’avversario»
«Mirkho, potevi evitare!»
«Dai, non te la prendere, tesoro, non c’è niente in palio, e poi questa è una mossa che devo perfezionare… hai visto che a momenti prendeva anche me. Scusami»
Renamon non perde tempo, afferra una baccafrago e la porge al suo Vulpix che, pochi secondi dopo, si riprende completamente dalla paralisi.
«Bene. Mareep, usa Azione!»
«Schivalo, e usa Lanciafiamme!»
Vulpix è molto rapido, ma riesco comunque a ordinare a Mareep di schivarlo saltando in alto. Ma purtroppo, questo tentativo di schivare l’attacco finisce male, molto male: il getto di fuoco colpisce un cespuglio vicino che prende immediatamente fuoco.
«Oh no! Cavolo, no!» urlo io, mettendomi le mani nei capelli.
«E adesso che facciamo?!» fa la mia ragazza.
Io, istintivamente, corro verso il cespuglio e comincio a pestarlo coi piedi per tentare di spegnerlo, ma finisco quasi con lo scottarmi: avevo i sandali, che testa. Ma la cosa ancor più grave è che a forza di percuoterlo non solo ho letteralmente alzato le fiamme, ma ne ho pure scaraventato una parte su di un arbusto secco, che funge da alimentatore a quello che ormai è diventato un incendio molto più alto di noi! Entrambi ritiriamo nelle sfere i nostri Pokémon.
«Siamo nella merda, Renamon, siamo nella merda fino al collo! Non abbiamo tipi acqua in squadra, cerchiamo di uscire da qui prima che qualcuno ci becchi!»
Purtroppo ormai quasi tutta la nostra “arena” era infuocata, e un denso fumo nero si alzava sempre più in alto. Cominciamo a tossire, il che vuol dire che nel giro di qualche minuto, se non usciamo da lì in qualche modo, ci potremmo rimanere secchi. Io e Renamon ci abbracciamo spaventati.
«Forse non avrei dovuto schivare quell’attacco…» commento, guardandomi in giro e nel contempo pensando a un modo per risolvere la situazione.
«No, è colpa mia che ho deciso di venire a combattere qui!» controbatte lei.
Proprio mentre cerchiamo nuovamente di uscire da quell’inferno, sentiamo un forte getto d’acqua che nel giro di 20 secondi o poco più spegne quasi completamente l’incendio. Mentre cerchiamo di capire da dove provenisse quel getto violento, a 5-6 metri da noi troviamo Samanta. Ora si spiega tutto, Samanta deve aver usato Pistolacqua!
Dopo aver spento le ultime fiammelle, lei, gesticolando, ci urla in faccia di tutto:
«Oh!! Ma siete impazziti?! Che cazzo fate, deficienti?? Vi si è rivoltato il cervello?! Come vi è saltato in mente di incendiare la foresta?!»
Da quando si è unita a noi, non l’ho mai vista così incazzata… e ha ragione.
«Bè, ecco… abbiamo fatto una lotta…» tento di spiegare.
«Una lotta?! Nella foresta?! E di sicuro, visto il casino, anche coi tipi fuoco! Ma voi siete malati!»
«Samanta, dalla a me la colpa! Sono io che ho voluto fare qui l’incontro»
«Non me ne frega niente! Sei una cretina tu ed è cretino anche lui che ti ha seguita!»
«Veramente… lui mi ha seguita perché l’ho voluto io, ha cercato di dirmi che era pericoloso ma non ne ho voluto sapere»
«Basta! Ti ho detto che non me ne frega niente! E ringraziate che ho quel pizzico di buonsenso di pararvi il culo, non ve lo meritereste. Seguitemi, prima che arrivi qualcuno!»
Renamon, mentre ci incamminiamo, mi allunga il braccio destro sulle mie spalle. Procediamo dietro a Samanta con lo sguardo basso, mentre quella farfuglia ancora cose contro di noi. Dopo un po’ arriviamo dal resto del gruppo.
«Sama, hai spento tu l’incendio? Cosa lo aveva provocato?» chiede Jacopo.
«Sì! – risponde fermamente lei, poi ci indica – Loro due!»
«Cosa?» fanno Ylenia e Lucia, stupite.
«Hanno avuto l’idea del secolo di battagliare là dentro coi tipi fuoco! – poi si volta verso di noi – Ora voi due non muovetevi più da qua!»
«Ma ragazzi… soprattutto tu, Mirkho, non sei cambiato?» mi fa mia cugina.
«Giulia, gliel’ho già fatta io la ramanzina, ti ringrazio» conclude la Samurott, brandendo poi il suo telefono.
«Che fai? Ci vuoi denunciare?» le chiedo.
«No, anche se ve lo meritereste! Sto solo chiamando una mia amica nella regione di Unima!»
Riprende a parlare Giulia:
«Volevo solo dire che Mirkho non è nuovo a cose di questo genere, tre anni fa ha incendiato una palma nel cortile di un santuario»
«Ah, complimenti! E Dialga e Palkia ti hanno pure lasciato venire nel nostro mondo! Non so cosa passi nella testa a quei due!» fa Samanta, applaudendo.
Non mi sono mai sentito così mortificato, e tutto per colpa di Renamon! Il problema è… che non ho il coraggio di insultarla o comunque di dirle cose brutte, essendo la mia Digimon preferita e al contempo la mia fidanzata. Vabbè, è passata, e ci è andata di lusso. Io da sempre ho una capacità inimitabile di cacciarmi nei guai di tutti i tipi, e quindi bene o male ci sto facendo l’abitudine a farmi insultare come un cane.
Rimaniamo lì fino a quando Samanta smette di parlare al cellulare, poi torniamo al bar, dove Giulia ci dice di aspettare. Dopo dieci minuti, ritorna con dei biglietti e uno scontrino in mano.
«Ho prenotato la visita alla grotta, sarà domattina alle undici. Mi spiace, ma il pomeriggio era pieno e questi erano quasi gli ultimi posti per la mattina»
«Wow… come mai tutta ‘sta gente interessata all’archeologia? In effetti è un po’ strano» commento.
Ci dà un biglietto ciascuno, dopodiché, essendo quasi le sette e mezza, entriamo a mangiare. Ognuno prende ciò che vuole; dopo un po’ la commessa ci fa:
«Ragazzi, lo chiedo anche a voi, sempre che non vi dispiaccia… avete visto il piromane?»
A me comincia a battere forte il cuore, Renamon prende la mia mano e appoggia la testa sulla spalla destra, mentre Samanta risponde:
«No, ci dispiace, ma non ne sappiamo nulla, quando ho spento l’incendio non l’ho visto, sarà sicuramente fuggito subito…»
«Ok, grazie, buon appetito»
Samanta addenta poi il suo panino, ci guarda, una volta mandato giù il boccone sospira e ci fa, dopo essersi accertata che la commessa si era allontanata:
«Ragazzi, che pazienza mi tocca avere, meno male che ci sono io»
Mi aspettavo che ci insultasse di nuovo, invece, per fortuna, si è trattenuta. Ma non sarebbe cambiato nulla, noi abbiamo fatto la cazzata, noi ci meritiamo gli insulti.
Finito di mangiare, io e Renamon chiediamo di poter uscire un attimo.
«Va bene, basta che non vi allontanate!» risponde Samanta.
«Non ci allontaniamo, giuro! Vieni pure a controllarci se ti va»
«No, no, ho ancora un pizzico di fiducia in voi. Andate pure»
Usciamo, ci sediamo in un tavolino di fuori e iniziamo a fumare. Ma Renamon scoppia subito in lacrime:
«È… è tutta colpa mia… Mirkho, sei stato ricoperto di insulti per colpa mia… perdonami…»
«No, Rena, dai… volevi solo battagliare, solo che hai scelto il posto sbagliato, tutto qui»
La abbraccio, cercando di calmarla.
«Samanta ha ragione… sono una cretina… perché mi è saltato in mente?»
«Se è per questo, allora ha ragione anche sul mio conto, perché ti ho seguita e battagliato con te nonostante il rischio… e poi ci stavamo annoiando come non so cosa, era ovvio che prima o poi a uno di noi due saltasse in mente qualcosa»
«E poi come fai a subire insulti su insulti e non metterti a piangere? Come fai a resistere?»
«Perché sono abituato, ormai… sai, nella mia vita ne ho fatte di tutti i colori… a cinque anni ho appiccicato tutti gli assorbenti di mia madre sulla parete della doccia, poco tempo dopo ho fatto in modo che mio fratello cadesse da quello scivolo in legno che sta là in Piazzale Adamello, ho distrutto molti piatti, tutte le ante delle credenze in cucina, contando anche gli ombrelli che facevo fuori in breve tempo e tutte le cose che mi dimentico frequentemente in giro ancora adesso… hai voglia! E mettiamo pure che a scuola mi insultano anche perché amo i Pokémon, siamo al completo! Col tempo ho imparato a fregarmene, tutto qui»
«Ti insultano… perché ami i Pokémon? Assurdo… vorrei presentarmi alla tua classe, un giorno!»
«Faresti bene, così almeno staranno zitti quel branco di pirla. Dai, adesso però tirati su e dammi un bacetto»
Proprio mentre ci scambiamo un bacetto, qualcuno ci tocca sulle spalle. Alziamo la testa per vedere chi è.
«Uh… ciao Samanta» tento di far uscire qualche parola.
Renamon nemmeno fa uscire una sillaba, e si riappoggia a me.
«Ragazzi – ci fa lei – vorrei parlarvi un attimo»
«Come? Va bene che l’abbiamo fatta grossa, ma non ti sembra che ci hai già…»
Mi interrompe:
«No, no, ragazzi, non voglio far niente… voglio solo scusarmi per la violenta aggressione verbale di oggi, non so cosa mi sia preso… ho notato l’incendio e non ci ho visto più, scusatemi»
«Sama, hai fatto bene, abbiamo sbagliato e lo sai»
«Sì, però ho sbagliato anche io esagerando col linguaggio… ti ho pure detto che Dialga e Palkia hanno fatto male a mandarti qui… ti giuro che non avrei mai voluto dire queste cose, subito dopo avrei voluto mangiarmi la lingua… e solo adesso ho il coraggio di dirtelo, vi prego di perdonarmi»
«Ti perdoniamo, stai tranquilla»
«Grazie… anche dopo l’incendio, ho sempre mantenuto la fiducia in voi, e non la perderò mai. Vi dispiace per quello che avete causato, e questo basta per capire che siete onesti e sinceri, esattamente come io vi conosco. Dai, rientrate, che prendiamo un caffè?»
«Certo, finiamo di fumare e arriviamo»
«Ok, vi aspetto»
Mentre beviamo il nostro caffè, discutiamo sul dove andare a dormire:
«Raga, dove dormiamo?» chiede Giulia.
«Non so… dormiamo qui?» fa Lucia.
«No, qua dentro non si può. – rispondo io – Questo posto ha un orario di chiusura, che è alle dieci e mezza. Secondo la mappa, subito fuori l’ingresso nord c’è un immenso prato, possiamo andare lì»
Porgo la mappa agli altri che, dopo essersela rigirata un po’, si accordano sulla mia idea. Quando usciamo, decidiamo di spassarcela un po’ nel parco giochi vicino al bar, per passare un po’ il tempo.
Dopo svariato tempo sentiamo una sirena e una voce che tramite gli altoparlanti annuncia la chiusura invitando chi è rimasto dentro ad uscire. Noi prontamente eseguiamo l’ordine, seguendo l’uscita a nord, e troviamo, come dice la mappa, un immenso prato, dove ci sdraiamo accarezzati da una leggera brezza. Io e Renamon vicini, Jacopo e Samanta idem, e poi gli altri. Non accendiamo alcun fuoco. Mentre il sole tramonta in lontananza, faccio uscire i miei tre Pokémon, perché, come al solito, amo farli dormire insieme a me. Rimaniamo lì a parlottare per mezz’ora abbondante, ultima pausa cannetta per chi fuma, e poi ci stendiamo. Non ci mettiamo tanto a chiudere gli occhi: io e Renamon, poi, dopo quello che è successo oggi… lasciamo perdere, abbiamo fatto la nostra bella figura di merda pure in questo mondo, ma era il minimo che potesse capitare, piuttosto pensiamo a passare una bella giornata domani, cercando di non mettere le mani troppo in giro. Buonanotte.
 
FINE
   
 
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