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Autore: _Ruggelaria    23/04/2016    5 recensioni
Dal secondo capitolo:
'Con un gesto rapido l’attirò a sé e poggiò la fronte sulla sua, fissandola intensamente con il suo solito sorriso che le toglieva il fiato. Le scostò una ciocca di capelli, nuovamente, e continuò a torturarla con lo sguardo senza dire nulla.
Sapeva, anche se non ne era del tutto sicuro, che la faceva impazzire almeno tanto quanto lei faceva impazzire lui con quei semplici sguardi.
Il loro provocarsi e il continuo tenersi testa, era un modo come un altro di dimostrarsi affetto, e questo lo sapevano entrambi.'
Salve a tutti! Sono ancora io. Non so se alcuni si ricordano di me, ma comunque. Spero che passiate a leggere la mia storia.
AH, ERECENSITE. FA SEMPRE COMODO UN CONSIGLIO ;)
_Ruggelaria
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.
 
 
Il sole era calato, lasciando posto alla luna piena, bella e brillante in cielo. Una perfetta sera d’estate… o almeno così pensava Leon.
Villa Vargas era particolarmente in confusione, quella sera. Camilla e suo fratello non facevano altro che gridare da almeno un’ora, ma i loro genitori non se ne curavano. Era in discussione l’arrivo di Violetta Castillo, il quale –specialmente- a Camilla dava molto fastidio.
“Ti ho detto che non la voglio più vedere in questa casa, Leon. Non quando ci sono anch’io. La discussione è finita”.
“Nient’affatto sorellina, credo che dovresti tener conto anche dell’opinione degli altri, per una volta. Con questo atteggiamento non andrai da nessuna parte”. Leon incrociò le braccia al petto, gli occhi verdi che ardevano mentre guardavano la ragazza rossa.
“Non mi sembrano importanti, le opinioni degli altri. Tengo conto solo quelle che m’interessano” rispose tranquilla.
“E quelle di tuo fratello non sono importanti, vero?”. Leon si sentiva offeso, sapeva che sua sorella era una di quelle ragazze che si lasciavano scivolare tutto addosso, che non aveva sentimenti, che non provava emozioni… ma davvero non riusciva a capirla.
“Non tutte”.
Leon sorrise, un sorriso amaro. Lo sapeva. Camilla era fatta così, non c’era modo di cambiarla. “Beh, non m’importa se non ascolterai le altre cose che ti dico, ma senti questa: non mi allontanerai da Violetta, mettitelo in testa una buona volta.”
E uscì, la porta sbattuta e i vetri della porta-finestra che vibravano.
Ma non era ancora finita. Camilla aprì la porta, raggiungendo suo fratello nel corridoio che stava per entrare in camera sua. “Sai, non ti conviene. E se ti dicessi una cosa della tua Violetta che tu non sai. Una cosa che ti farà cambiare idea su di lei?”.
Un sorriso comparve sulle labbra della rossa non appena vide l’espressione confusa sul viso di suo fratello. “Quale altra bugia vuoi inventare?”.
“Oh no, Leon… è tutto vero.”
 
 
 Violetta sapeva che aveva fatto un grande sbaglio ad accettare la proposta di Francesca ed andare alla festa. La musica –anche se era la sua passione, anche se l’amava più di ogni altra cosa al mondo… o quasi- era troppo alta, e le dava fastidio. I piedi le facevano male per via dei tacchi, per non parlare di Francesca che l’aveva lasciata sola per andar a cercare Maxi.
Una serata orribile! Per completare il tutto, il suo ‘passaggio’ le aveva mandato un messaggio dicendole che si sarebbero incontrati direttamente allo Studio, così aveva chiesto a suo padre di accompagnarla.
Gliel’avrebbe fatta pagare. Se l’era appena promesso quando lo vide scendere le scale dello Studio.
Era bellissimo come sempre. E come poteva non esserlo… in fondo era Leon Vargas.
Non appena la vide si fece spazio fra la gente, con la sua perfetta destrezza e quando arrivò davanti alla ragazza, Violetta notò che c’era qualcosa che non andava. “Ciao” disse con un’espressione confusa e curiosa “Tutto bene?”.
Leon scosse la testa, poi la prese per un braccio –delicatamente, ovvio- e la trascinò dentro l’aula di danza. “Dobbiamo parlare”.
Nel frattempo in mezzo alla pista da ballo Francesca stava dando il meglio di sé, insieme a Maxi –il suo migliore amico- e Lena, la sorella di Natalia Perez.
Camilla Vargas e Ludmilla Ferro fecero il loro ingresso nello Studio. Nata era proprio dietro di loro, insieme a Marco ed Andres. “Bello!” commentò Marco.
“Già visto. Tutto troppo scontato”.
“Camilla, per una volta potresti non liquidare tutto? Vorrei divertirmi!” la ribeccò Ludmilla.
“E da quando mi parli con questo tono?”.
“Non voglio discutere stasera” rispose la bionda fissando negli occhi la sua migliore amica, la sua complice.
“Bene, neanche io. E non voglio stare qui dentro. Andiamo fuori, c’è una cosa della quale voglio parlarvi”. E uscirono, lasciando la musica come sottofondo.
 
 
 “Cosa ti ha detto tua sorella?”. Violetta aveva il cuore a mille, la fronte sudata e decisamente non indossava né abiti né scarpe con cui si sentiva a suo agio e stava comoda.
Non aveva la forza di discutere con Leon.
“Niente. Non mi ha detto un bel niente. Voglio che sia tu a dirmi tutto.”
La ragazza fece un lungo e profondo respiro, cercò di calmarsi e di rallentare il battito… era molto agitata, e questo non andava bene… decisamente non andava bene.
Si sentiva svenire, le gambe stavano per cederle e le faceva male il petto. “Possiamo… possiamo parlarne un’altra volta?”.
Batté le palpebre, e Leon capì subito che stava per sentirsi male, un’altra volta. “Vilu, Vilu… stai bene?” domandò aprendo le braccia davanti a sé, pronto a prenderla se sarebbe caduta.
“Ho… ho solo…” e si portò una mano sul petto, all’altezza del cuore, il dolore era più forte. No, non poteva accadere di nuovo, non lì, non in quel momento. Respirò ancora, intervalli brevi e regolari, respiri lunghi e profondi, proprio come le aveva detto il dottore.
“Violetta…” sussurrò Leon in preda al panico. Molte volte, purtroppo, aveva assistito a quelle scene: Violetta che si sentiva male, e lui che non sapeva che fare, che non poteva far nulla! Si sentiva inutile!
Inutile.
La sua migliore amica, una delle sue ragioni di vita si sentiva male, era malata, e lui non poteva fare niente. “Violetta…” sussurrò nuovamente prendendola e facendola sedere sul parquet in legno, la schiena contro la parete. “Ascoltami, Vilu. Ora devi ascoltarmi… sei forte, so che ce la puoi fare… devi farcela, Violetta. Ti prego…” le prese la mano, e la strinse forte a sé.
Violetta continuò a respirare profondamente, intervalli brevi e regolari, gli occhi chiusi, la mano in quella di Leon.
Odiava quando lui la vedeva in quello stato, ma era una delle poche persone che riusciva a dargli la forza necessaria per riprendersi.
Aveva bisogno di Leon.
“Vilu, so che ce la puoi fare. Respira profondamente, rallenta il battito… Vilu, guardami, apri gli occhi” disse il messicano stringendo più forte la mano della ragazza.
“Guardami, Violetta. Guardami, apri gli occhi.”
E così fece. Il nocciola degli occhi della ragazza si mescolò con il verde smeraldo di Leon, occhi dentro occhi. “Respira… brava. Stai andando bene. Concentrati, Vilu. Guardami…”.
Leon era la sua ancora, la sua salvezza.
Avrebbe potuto vivere senza di lui?
Il battito cardiaco stava rallentando, i respiri erano quasi regolari, ed un leggero sorriso comparve sulle labbra di Leon. “Sei stata bravissima” sussurrò prendendole il viso fra le mani e poggiando la propria fronte su quella della ragazza. “…bravissima” ripeté, sentendo il cuore aprirsi in gioia fissando il leggero sorriso di Violetta, della sua Violetta.
“Leon, grazie. Lo sai che… sì insomma…”.
Leon sorrise ancora una volta, lasciandole il viso ed aiutandola ad alzarsi, subito dopo averle tolto i tacchi. “Sì, lo so. Vale lo stesso per me”.
 
 
Parlare con suo padre era stato alquanto liberatorio. La sera precedente era andato allo Studio, proprio come gli aveva detto Gregorio. Aveva festeggiato e si era divertito, ma non solo…
Da parte di suo padre, e del direttore dello Studio On Beat, era arrivata una proposta davvero molto interessante. Suo padre aveva informato Antonio, il direttore, che si era appena diplomato alla Dance Accademy of Spain, e che era un ballerino strepitoso… proprio come Gregorio.
Insomma, da quella mattina era l’assistente ufficiale di Gregorio Casal!
Diego aveva appena varcato la soglia dello Studio, quando sentì una voce dietro si sé chiamarlo. “Vedo che sei ansioso di iniziare a lavorare, eh… Proprio come tuo padre”.
Antonio Fernandez Vallejos, ma per tutti solo Antonio, lo stava raggiungendo con un sorriso dolce, le mani congiunte dietro la schiena ed un’andatura lenta ma discreta.
“Oh, Antonio! Buongiorno”.
“Buongiorno a te, Diego”.
“Ha visto mio padre? Vorrei ambientarmi nella classe prima dell’inizio delle lezioni” lo informò il ragazzo spagnolo, un sorriso eccitato sul viso entusiasta.
“Sì, certo! E’ nell’aula di danza. Vieni che ti mostro dov’è”, e s’incamminarono dentro la classe, dove trovarono Gregorio Casal intento a sistemare la piccola scrivania dov’erano poggiate i suoi oggetti personali.
“Diego, Antonio!”.
“Ciao, Gregorio. Ho incontrato tuo figlio nell’atrio, ed ho pensato di accompagnarlo qui, visto che è il suo primo giorno…”
“Ti ringrazio, Antonio” e con questo l’uomo anziano dai capelli bianchi e gli occhiali tondi sul naso, se ne andò, ma non prima d’aver strizzato l’occhio al giovane Casal ed avergli augurato un imbocca al lupo. “…bene, mio caro Diego, preparati perché ti strizzerò come uno straccio bagnato!”.
Diego Casal scoppiò in una risata dando un leggero pugno sulla spalla a suo padre. Quanto gli era mancato ridere e scherzare con lui! 
Una foto incorniciata e sistemata sul piccolo tavolo in legno, all’angolo dell’aula, catturò la sua attenzione. S’incantò a guardare la foto di lui da bambino. Lui e suo padre sorridevano soddisfatti mentre con una mano indicavano un enorme castello di sabbia.
Ricordava ancora che gli era costato diverse ore di fatica e che le onde del mare, la prima volta, lo avevano distrutto completamente.
Ma suo padre gli aveva sempre insegnato la virtù della pazienza, virtù che lui aveva applicato anche alla danza, e quindi con impegno avevano ricostruito il castello più lontano dalla riva.
Ciò che Diego aveva ignorato da bambino, e che ora gli sembrava perfettamente chiaro, era che durante la costruzione di quel castello, lui e suo padre, avevano costruito anche un po’ del loro meraviglioso rapporto.
Sorrise e distolse lo sguardo da quella foto, custode di uno dei momenti più felici della sua vita, e incrociò la sua figura nella parete ricoperta di specchi dell’aula di danza. Non era più il bambino di quella foto, era cresciuto ed era fiero della persona che era.
 
 
 Il cortile dello Studio era già pieno di gente perché le lezioni stavano per cominciare.
Era estate, e la scuola non era un problema, ma lo Studio richiedeva, se possibile, uno sforzo maggiore e quindi i ragazzi non erano esentati dal seguire le lezioni anche durante la stagione estiva.
Francesca e Violetta stavano avanzando tra la folla quando quest’ultima si sentì tirare per un braccio e fu costretta a voltarsi.
E chi altro poteva essere?
Quegli occhi verdi la lasciavano sempre senza fiato e le provocavano un tuffo al cuore. Alla bellissima visione composta dal verde degli occhi del ragazzo e dalla sua bellezza generale, si aggiunse il suo meraviglioso sorriso e subito Violetta si sentì lo sguardo furbo di Francesca addosso.
“Credo d’aver sentito Maxi che mi chiamava. Ci vediamo dopo a lezione” disse strizzando l’occhio all’amica prima di dileguarsi fra la folla.
“Come ti senti?” domandò dolcemente Leon spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Bene… adesso. Molto bene”. Il ragazzo le lasciò un bacio sulla guancia, per poi prenderla per mano ed avanzare nel cortile.
Più di una volta aveva pensato a lei come a qualcosa di più perché tra loro c’era sempre stato un rapporto… particolare. Ma nessuno dei due si era mai sbilanciato, forse per paura.
Non c’era mai stato neppure un bacio, solo continue provocazioni da parte di entrambi.
“Ti va di uscire, questa sera?”.
Violetta arricciò le labbra spostando lo sguardo altrove, il cuore che batteva per quella proposta che, anche se Leon gliel’aveva domandato tante di quelle volte che aveva perso il conto, era propensa ad accettare… poi pensò. “Mah, non saprei. Non ho così voglia d’uscire… in particolar modo con te. Dopo la scenata di ieri sera sono ancora arrabbiata”.
“Non avevamo fatto pace?”.
“No.” Rispose furba e schietta Violetta.
Leon incassò il colpo e sorrise estasiato.
Con un gesto rapido l’attirò a sé e poggiò la fronte sulla sua, fissandola intensamente con il suo solito sorriso che le toglieva il fiato. Le scostò una ciocca di capelli, nuovamente, e continuò a torturarla con lo sguardo senza dire nulla.
Sapeva, anche se non ne era del tutto sicuro, che la faceva impazzire almeno tanto quanto lei faceva impazzire lui con quei semplici sguardi.
Il loro provocarsi e il continuo tenersi testa, era un modo come un altro di dimostrarsi affetto, e questo lo sapevano entrambi.
Leon appoggiò entrambe le mani sul suo viso e lo tenne ben saldo, il sorriso che non svaniva.
Poi ad un tratto la lasciò andare e Violetta ebbe l’impressione di essersi appena svegliata da un sogno meraviglioso.
Quegli attimi con Leon avevano oscurato tutto il resto, avevano eclissato la realtà che li circondava e lei ora vi era stata catapultata di nuovo. “Stasera ti passo a prendere alle nove” disse con tono categorico Leon, indietreggiando. Violetta indietreggiò a sua volta.
“Te l’ho detto: non so se scenderò!” disse mordendosi il labbro inferiore e alzando le spalle. Leon rise e scosse la testa allontanandosi fino a voltarsi completamente e raggiungendo il gruppo dei suoi amici.
“Quando vi deciderete a stare insieme?” domandò Marco Tavelli, indicando con un cenno della testa Violetta, oramai di spalle.
Leon, che aveva ancora il sorriso stampato sul volto, si fece subito serio e diede una gomitata scherzosa all’amico.
“Marco!” ma non fu lui a gridare. Una rossa alle loro spalle aveva gli occhi fuori dalle orbite e il sangue al cervello. “Non provare a dire ancora una volta una cosa del genere!” esclamò Camilla Vargas, gli occhi di fuoco e le mani che tremavano per la rabbia.
Leon, che ne frattempo si era seduto, fissava sua sorella minore con uno sguardo ghiacciato, uno di quelli capaci di piantarti lame ghiacciate in fondo a cuore.
“E tu non guardarmi così! Sai perfettamente che ho ragione!”. Il ragazzo dagli occhi verdi non disse nulla, neanche dopo quella provocazione di Camilla.
La sera precedente, quando sua sorella gli aveva detto che lei sapeva alcune cose di Violetta Castillo delle quali lui non era a conoscenza, Leon le aveva sbattuto in faccia la porta della sua stanza ed aveva mandato un messaggio a Violetta, informandola che si sarebbero visti direttamente allo Studio. Così aveva iniziato a prepararsi, la musica al massimo volume.
Ma era vero, Camilla Vargas sapeva qualcosa della ragazza dai capelli mori che aveva fatto innamorare suo fratello.
“Non ti sopporto più, Camilla.” e detto questo diede una pacca sulla spalla al suo amico seduto accanto a lui, e disse: “Andiamo Marco, abbiamo lezione”.
 
 
Angolo autrice:
Buon pomeriggio, gente! Come state? Che ne pensate di questo secondo capitolo? Lasciatemi pareri ma soprattutto consigli se ne avete! Vorrei ringraziare le persone che hanno letto e recensito (ma anche solo chi ha letto) il prologo. Vi mando un grande bacio!
_Ruggelaria

 
   
 
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