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Autore: uadjet    24/04/2016    2 recensioni
Dal settimo capitolo:
"Riaprii gli occhi solo per trovarmi di fronte a mia sorella, senza averla nemmeno sfiorata. E lei pareva essere tornata in sé.
“Stai bene?” le chiesi preoccupato.
Lei annuì con la testa, spiegandomi che ora dovevamo chiedere allo spirito di andare dove era venuto. Ci sedemmo nuovamente, pronti per concludere quell’esperienza, e facemmo la nostra ultima domanda.
“Kokkuri-san, Kokkuri-san, puoi tornare da dove sei venuta?”
La moneta non si muoveva. Era un buon segno? Reiko non sembrava convinta.
“Dovrebbe rispondere sì, e poi spostare la moneta sul torij” replicò confusa, quando la moneta si mosse.
La risposta non era quella che aspettavamo.
NO."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kokkuri-san, parte 1



Un anno, trecentosessantaquattro giorni, ventitrè ore e un minuto.

“Aki, tutto bene?”

Certo, tutto a posto. Sto benone, veramente benone. Tra cinquantanove minuti sarà solo l’anniversario della morte di Katsumi. La MIA Katsumi.

“Sì, bene” risposi, cercando di essere piuttosto convincente. Senza riuscirci, a quanto pare.

Odiavo quel momento, odiavo mia sorella per avermi chiesto come stavo, odiavo me stesso per come le avevo risposto, odiavo l’aver allontanato da me a poco a poco tutte le persone a me più care, odiavo quella solitudine e quel mutismo in cui mi ero rifugiato dalla morte della mia amata, odiavo l’ubriaco che l’aveva uccisa, odiavo tutto e tutti.

Odiavo me stesso più di tutti. Ancora e ancora e ancora.

Perchè nonostante tutto il mio amore per lei, il mio “giglio”, come la chiamavo sempre, la mia ragione di vita, non mi ero ancora deciso a farla finita.

Codardo.

Avevo perso tutto, TUTTO, quella notte, eppure ero ancora qui, a dormire, mangiare, lavorare. Per modo di dire.

Perchè rimanevo in vita? Perchè sospettavo che non l’avrei rivista dopo la mia dipartita, e allora usavo ogni momento della giornata per vederla. Mi bastava chiudere gli occhi, ed ecco che compariva la sua chioma corvina e lucente, che amavo accarezzare in ogni momento della giornata, i suoi occhi scuri e dolci, che mi sapevano guardare dentro come nessun’altro, le sue labbra rosse, che avrei voluto (oh, quanto avrei voluto) baciare una volta, una volta soltanto.

In camera mia avevo ancora le sue foto, le foto di noi due al parco, oppure al museo, noi due idioti che ci mettevamo in posta davanti alla macchina fotografica e ci facevamo fotografare dal passante di turno con le espressioni più assurde, perché ci divertivamo.

E lo facevamo solamente seguendo le nostre passioni e perdendoci nella natura.

Katsumi era una ragazza semplice e spontanea, e per questo ancora più speciale.

Rimettiti la maschera prima che Reiko si accorga di qualcosa!

Ma era troppo tardi.

“Lo so a cosa pensi” mi disse mia sorella, cresciuta così in fretta, divenuta una giovane donna intelligente, giudiziosa e bella sotto i miei occhi, senza che nemmeno me ne accorgessi.

Vuoi veramente morire lentamente? Vuoi perdere anche lei?

“Non dire niente” risposi con voce strozzata. Non dovevo perdere il controllo, non ora.

“Va bene” rispose sommessamente lei, abbassando la testa e alzandosi lentamente.

“Aspetta, non volevo ...” cominciai a scusarmi, ma lei mi bloccò subito.

“Resta qui”



La attesi per cinque minuti. Poco tempo per quello che mi stava portando. Doveva averci già pensato prima.

Non appena rientrò nella stanza la guardai con espressione interrogativa. Cosa aveva in mano?

Lei mi fece cenno di avvicinarmi, e senza dire una parola, appoggiò sul tavolo della sala una moneta ed un foglio. Capii improvvisamente quali erano le sue intenzioni e la guardai basito.

“Reiko, cos’è questa roba?” le chiesi con voce leggermente alterata, mentre lei si sedeva, ricambiando il mio sguardo.

“Lo sai cos’è” mi rispose risolutamente, “e sai anche perché l’ho portata”

Ero allibito. Che intenzioni aveva?

“Dove l’hai presa? Vuoi farmi arrabbiare? Perchè ci stai riuscendo!” esclamai alzando la voce, pronto per una discussione in piena regola. Almeno avrei sfogato in qualche modo il mio dolore.

Ma Reiko mi stupì. Ancora una volta.

Con calma si alzò dalla sedia, e avvicinatasi a me, mi sussurrò: “Non posso sopportare di vederti in questo stato, fratellone”, abbracciandomi successivamente.

All’inizio non ricambiai, ma il fatto di sapere che nonostante tutto il male che stavo facendo a me stesso, a lei e ai nostri genitori, loro mi volevano bene, nonostante tutto.

La strinsi a me e liberai il mio dolore in calde lacrime, mentre anche lei cominciava a piangere.





Lei lo sapeva: non c’era altro modo per andare avanti se non provare l’impossibile. E lo sapevo.

Altrimenti non mi sarei costruito tempo addietro una Kokkuri, un metodo per poter parlare con gli spiriti. Prima di tutto servavano almeno due persone. Secondo, non avevo mai avuto il coraggio di tentare. E se le mie speranze fossero andate in fumo? Se non avessi saputo nulla? O, ancora peggio, se avessi saputo che la mia Katsumi era in un brutto posto? Non avrei potuto sopportarlo, il cuore mi si sarebbe spezzato in quel momento stesso, e sarei morto dalla disperazione.

Ma ora ero pronto, perché avevo Reiko con me. Eravamo noi due, e questo bastava.

Mi sedetti, facendo un respiro profondo, di fronte a lei, contemplando il suo viso calmo e tranquillo.

“Sei pronto?”

Non riuscivo a parlare, per cui feci solo un cenno affermativo con la testa.

Dopo aver preso la moneta, Reiko la appoggiò sul torij rosso, e mi fece cenno di toccarla con il dito, come stava facendo lei.

Dopo un momento di esitazione, feci come lei mi aveva indicato, e aspettai, voltando per un momento lo sguardo alla finestra aperta: il mezzo d’entrata per lo spirito. Dopo un altro suo cenno, presi un bel respiro, preparandomi per quello che sarebbe successo dopo.

“Kokkuri-san, Kokkuri-san, se ci sei sposta la moneta” mormorammo insieme all’unisono, continuando “Kokkuri-san, Kokkuri-san, se ci sei sposta la moneta, Kokkuri-san, Kokk ….”

Stavamo andando avanti quando la moneta si mosse improvvisamente, come mossa da una forza sconosciuta, verso la parola “sì”. Guardai mia sorella, che ricambiò il mio sguardo, pallida come un cencio. Non era uno scherzo, allora.

“Kokkuri-san, Kokkuri-san, dove si trova Katsumi?” mormorammoo di nuovo.

La moneta dopo un momento si spostò velocemente: prima una q, poi una u, ed infine una i.

QUI.

“Qui?” dissi con voce strozzata. Il mio giglio era qui con me?

Dopo un cenno di Reiko, continuammo: “Possiamo parlare con lei?”

Nuovi movimenti, c-e-r-t-o.

CERTO.

Ero un fascio di nervi: stavo impazzendo? Avrei potuto parlare di nuovo con la mia amata? Cominciai a singhiozzare silenziosamente, gli occhi appannati, il sorriso sulle labbra.

Reiko abbassò la testa: anche lei era molto emozionata. Quando la rialzò però smisi di frignare all’istante.

Il volto pallido come la morte, le labbra blu, gli occhi bianchi. Quella non era Reiko.

“Reiko? Reiko?” cominciai a sussurrare, mi alzai in piedi, e stavo per lasciare la moneta quando Reiko (o ciò che c’era dentro Reiko) ribattè subito: “Non farlo!”

Mi bloccai. Riconoscevo quella voce, l’avrei riconosciuta ovunque.

Lei era Katsumi.





“Katsumi? Sei tu?!” domandai incredulo, con il cuore che rischiava di uscire fuori dal petto per l’emozione.

Lei annuì, con un debole sorriso: “Sì, amore, sono io, ma non posso stare per molto” concluse, “potrei fare del male a Reiko”

Ma io già non pensavo più a mia sorella: il mio giglio era con me, di nuovo, anche se per poco tempo. Dovevo fare alla svelta.

“Mi dispiace, giglio mio” le dissi con voce rotta, mentre lei con espressione triste scuoteva la testa, e replicava: “Non devi scusarti di nulla, amore, quello che mi è successo è stato un incidente, non ho provato dolore, e non provo rancore per quell’uomo”

Io non riuscivo a crederci: anche da morta la mia amata non provava rancore, aveva perdonato quel bastardo, quando io avrei voluto solo farlo a fette! Come se mi avesse letto nel pensiero, lei disse: “Non devi pensare queste cose, amore, tu devi pensare a vivere: io sono felice qui, e voglio che lo sia anche tu … Oh, devo andare, Reiko non ce la farà ancora per molto” disse improvvisamente strizzando gli occhi.

“Aspetta, dammi almeno un ultimo bacio” la supplicai, mentre lei, con lo sguardo più dolce del mondo annuiva, pregandomi però di non togliere il dito dalla moneta per non interrompere il contatto bruscamente.

Ci alzammo contemporaneamente, ci avvicinammo per quello che poteva permettere il tavolo, le nostre bocche erano sempre più vicine, sussurrando contemporaneamente “Ti amo” ….

…. e all’improvviso mi trovai con lei in un altro tempo, in un altro spazio, dappertutto, e in nessun luogo, e lei era come quando le proposi di sposarmi, le sue labbra morbide come le ricordavo, e lei tangibile come prima.

Ma durò solo qualche secondo.

Riaprii gli occhi solo per trovarmi di fronte a mia sorella, senza averla nemmeno sfiorata. E lei pareva essere tornata in sé.

“Stai bene?” le chiesi preoccupato.

Lei annuì con la testa, spiegandomi che ora dovevamo chiedere allo spirito di andare dove era venuto. Ci sedemmo nuovamente, pronti per concludere quell’esperienza, e facemmo la nostra ultima domanda.

“Kokkuri-san, Kokkuri-san, puoi tornare da dove sei venuta?”

La moneta non si muoveva. Era un buon segno? Reiko non sembrava convinta.

“Dovrebbe rispondere sì, e poi spostare la moneta sul torij” replicò confusa, quando la moneta si mosse.

La risposta non era quella che aspettavamo.

NO.





Ciao a tutti! Questa è la prima parte di un raconto in due parti sulla Kokkuri, una specie di tavola ouija giapponese, composta da un foglio con caratteri hiragana e un torij disegnato in rosso (che indica la porta dell’aldilà) e una moneta per comunicare con lo spirito XD ringrazio sempre HoshiOujo e TheAuthor99 e anche MarinaAgnes per le recensioni e tutti coloro che leggono senza commentare XD

A presto

Uadjet



  
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