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Autore: Yumeji    24/04/2016    0 recensioni
Gli unici angeli che si possono ammirare sulla terra sono demoni a cui non sono ancora state strappate le ali.
Al mondo esistono un infinità di persone che potrebbero cambiarlo, alcune di esse riuscirebbero persino a distruggerlo se solo volessero. Il suo compito era di trovare e sterminare quelle persone. Non era un vero lavoro, anzi, traeva un sadico piacere nel strappare la vita a quei miseri esseri umani, non che lui differisse molto da essi in realtà... Ora che era giunto a Ikebukuro, una dolce culla per quelle essenze corrotte e dallo splendido potenziale distruttivo, avrebbe potuto allestire un vasto banchetto, doveva solo decidere da dove cominciare.
Trama: Un giorno qualsiasi, un certo numero di abitanti di Ikebukuro viene colpito da un malessere sconosciuto. Persino Shizuo, il cui corpo non mostra alcun sintomo, si sente strano, pensieri e desideri inquietanti gli attraversano la mente, ma ciò che lo spaventa di più è il fatto che sia Izaya il protagonista di tutte quelle sue fantasie perverse.
Sta accadendo qualcosa, non solo all'intera Ikebukuro, ma anche all'interno del biondo Heiwajima.
Il suo corpo, era come se non gli appartenesse più.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shizuo Heiwajima, Un po' tutti | Coppie: Celty/Shinra, Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come previsto da Shizuo, non ci volle molto perché i telegiornali cominciassero a trasmettere la notizia. Nuovamente una serie di avvoltoi, camuffati da giornalisti, presero a scorrere uno dopo l'altro sul teleschermo. Le espressioni segnate da uno shock artefatto, mentre dalle loro labbra uscivano senza vergogna ed esitazione parole che avrebbero dovuto toccare i cuori, segnare gli animi. Un'inspiegabile mania suicida aveva colpito coloro che erano già state vittime di quel inspiegabile incidente, avvenuto solo qualche ora prima, al parco pubblico di Ikebukuro. I soggetti, dopo essere stati colpiti da un misterioso malessere, erano stati trasportati in diversi ospedali per ricevere le dovute cure e fare una serie di controlli, così da fornire dati per dare una spiegazione al fenomeno. Risultati che al momento erano ancora in fase di elaborazione.
I pazienti erano tutti privi di sensi al loro ricovero, e nessuno pareva aver subito danni fisici evidenti. A causa delle gravità della situazione e per il numero di persone coinvolte, ad essi era però stata data la priorità, poiché il solo fatto che fossero stati coinvolti in un'epidemia di massa, la cui causa del contagio era ancora ignota, li rendeva pazienti urgenti di visite.
Dopo un paio d'ore vi erano stati i primi risvegli, i quali seppur inizialmente non allarmarono i medici che credettero fossero casi isolati, quando gli avvenimenti si ripeterono per ogni singolo soggetto dovettero ricredersi. I pazienti, tornati coscienti, non rispondevano agli stimoli esterni, non comunicavano e non parevano riconoscere né amici, né familiari. Ma tutti seguivano un inspiegabile istinto autolesionistico che li portava a cercare di mettere fine alla propria vita, in qualsiasi modo gli fosse possibile. C'era chi, come Mikado, aveva cercato di saltare giù da una finestra al settimo piano di un edificio, chi aveva provato a pugnalarsi con un coltello da frutta, chi aveva legato le lenzuola nel tentativo di creare un cappio. I metodi erano tanti e dei più svariati, ma il finale sarebbe stato sempre il medesimo se, fortunatamente, i soggetti non si fossero trovati in delle strutture ospedaliere attrezzate e circondati dai propri familiari. Per fortuna, o per semplice caso, non vi erano state vittime. I suicidi erano stati fermati in tempo e, una volta trovatisi incapaci ad agire, i pazienti erano tornati a perdere i sensi, la maggior parte senza che gli fosse somministrato alcun calmante dal personale medico.
Essendo una simile anomalia presentatasi in tutti i pazienti, i dottori ritenevano che l'"istinto suicida" fosse un sintomo dell'epidemia, e non la manifestazione della volontà propria dei pazienti (non di tutti almeno). Ovviamente, non vi erano ancora spiegazioni per un simile fenomeno, e non tardarono a farsi sentire le teorie più bislacche, le quali andavano dall'attacco terroristico su vasta scale, tramite diffusione di un virus sconosciuto, a un tentativo d'invasione aliena. Quest'ultimo preso troppo sul serio dalla Dullahan, che si era stretta al petto il cuscino del divano in un singulto di paura. Un atteggiamento trovato molto tenero da Shinra, che la fissava alle spalle con gli occhi dolci, da innamorato.  

- Allora, abbiamo ancora qualche dubbio..? - domandò retoricamente il signor Kishitani, seduto comodamente sul divano del soggiorno, il telecomando alla mano e il volto coperto tenuto appoggiato mollemente contro il pugno chiuso.
- Ormai credo di no...- gli rispose comunque il figlio, il sorriso tirato e un certo nervosismo a segnarli il volto, era incapace di sedersi tranquillamente come invece faceva il genitore, il quale ostentava una serenità invidiabile, e si appoggiava con entrambi i gomiti allo schienale della poltrona dove prendeva posto la sua amata Celty.
Forse passare l'intera esistenza a trattare i fatti più strani, e avvolte raccapriccianti, avevano reso il signor Kishitani immune a certi avvenimenti? O si trattava di semplice autocontrollo, sangue freddo?
Ed era  forse simile a quello che mostrava Izaya?
L'informatore se ne stava un po' in disparte rispetto al trio familiare (giudicando Celty come la moglie di Shinra). Non si avvicinava al televisore per seguire meglio il notiziario, il suo sguardo non pareva neppure rivolto verso il teleschermo. L'espressione assente, indecifrabile, si limitava a tenere le braccia incrociate al petto e non era possibile intuire se quegli eventi lo toccassero o meno. O meglio, se interessassero in qualche modo al fantasma che dimorava in lui al posto dell'anima originale.
Non avvertiva lo sguardo dorato dell'Hewajima, rimasto seduto al proprio posto al tavolo della cucina, fisso su di lui, a scrutarlo in attesa. Sembrava si aspettasse che facesse qualcosa, quasi dovesse scoppiare a ridere da un momento all'altro, preso da una malsana, folle euforia. Non che Shizuo sapesse esattamente perché credeva dovesse fare una cosa simile, ma più l'osservava, più si rendeva conto che "quello" non era Izaya. Non si trattava di una delle sue solite macchinazioni, non lo stava prendendo in giro, giocandolo per l'ennesima volta perché si compisse il disegno che aveva in testa. L'informatore semplicemente non stava architettando nulla, e quello non era affatto un comportamento degno del burattinaio di Ikebukuro.
Finalmente Shizuo comprese che, pur avendocelo davanti agli occhi, in realtà non si trattava del Izaya che conosceva e, per qualche motivo, questa consapevolezza gli mise addosso un ulteriore agitazione.
"Dove cavolo si sarà ficcato quella dannata pulce?"  si domandò digrignando i denti, desiderando un'altra sigaretta mentre finiva con l'essere vinto dall'irritazione, trovandosi a non aver risposta ad una simile domanda. Per l'ennesima volta il corvino gli sfuggiva da sotto il naso quando credeva di averlo ormai raggiunto.
- Mi sto stancando...- borbottò, le labbra tirate in una smorfia di stizza, cominciando a picchiettare nervosamente il pavimento con il tallone, tanto da far temere al proprietario dell'appartamento che lo avrebbe perforato. Aveva parlato a bassa voce, ma non abbastanza perché l'amico non lo notasse.
Preso com'era dei notiziari, Shinra aveva smesso di prestare attenzione a Shizuo, ma osservandolo, si stupì di constatare di come anche il suo volto fosse diventato difficile da leggere. Per quanto il nervosismo fosse palpabile in lui, anche ad una distanza di qualche metro, sembrava vi fosse qualcos'altro. La serietà dei suoi occhi castano dorati pareva tradire una sorta di malessere.
Conoscendolo sin dall'infanzia, per Shinra non fu difficile intuirne i sentimenti e, essendo innamorato di una donna priva di testa, era divenuto molto abile a carpire cosa passasse nella mente di chi gli stava vicino (di Celty, amore delle sua vita, in particolare).
Shizuo si stava probabilmente odiando o, almeno, odiava quel momento con tutto se stesso. Non era da lui rimanere immobile, e per quanto non fosse certo un paladino della giustizia, che andava in giro a combattere il crimine facendo il buon samaritano regalando il proprio stipendio ai bisognosi. Il fatto di aver assistito a quella tragedia, incidente, o qualunque cosa fosse, senza poter far nulla per impedire il resto, se non lo faceva sentire in colpa, gli dava comunque la sensazione di essere totalmente inutile. La sua forza non serviva a niente.
Non che in realtà qualcuno tra loro, in quella stanza, potesse fare alcunché per fermare gli eventi. Almeno sino a quando non avessero capito cosa stesse succedendo. Poi non era neppure sicuro che, anche sapendolo, sarebbero riusciti a fare qualcosa. E sopratutto, pur se ne fossero stati in grado, quella situazione forse li riguardava in qualche modo?
Shizuo sbuffò, giocando con la stanghetta degli occhiali dalle lenti blu, appoggiati sul ripiano del tavolo, vicino al coltello lasciato da Izaya, e ancora il suo sguardo, richiamato a quel pensiero, tornò sull'informatore. Dal modo in cui lo scrutava pareva volesse disintegrarlo, quasi i suoi occhi fossero due pistole cariche che avrebbero potuto farlo fuori solo ad un'occhiata. Aveva un'espressione capace di spaventare anche l'animale più aggressivo e spaventoso, fosse anche un orso o una tigre, o un qualsiasi essere soprannaturale.
Di certo, Izaya era l'ultimo motivo per cui si sarebbe mai spinto ad agire, anzi, non era neppure ultimo, bensì il primo nella lista dei buoni motivi per non immischiarsi in una simile faccenda. Se si asteneva dal fare una qualunque cosa, poteva essere abbastanza fortunato da non doverlo più rincontrare per tutta la vita. Infondo, quella situazione non lo toccava direttamente, nessun suo amico o familiare era stato coinvolto, quindi che male c'era se ora prendeva la porta e se ne andava? Non gli era più comodo fregarsene e continuare con la sua solita esistenza? Aveva bisogno di tranquillità, e quella situazione illogica non faceva altro che irritarlo. Per lui Izaya poteva anche rimanere posseduto da quel fantasma, o qualunque cosa fosse, almeno così non ne sarebbe più stato molestato e si sarebbe liberato per sempre da un inutile fonte di guai.
Giocò con la sigaretta spenta che si era portato alle labbra, facendola penzolare per poi raddrizzarla, un metodo antistress. Il problema era solo uno: gli stava davvero bene così?
A voce avrebbe anche risposto di sì, ma interiormente si sentiva...
Il suono del campanello lo distrasse dai suoi ragionamenti, facendolo leggermente sussultare sulla sedie e cadere la sigaretta di bocca sul ripiano del tavolo.
- Oh, dev'essere Masaomi - ipotizzò Shinra, che veloce andò ad aprire, trovando come si aspettava il ragazzo biondo ad attenderlo sulla porta. Lo condusse in soggiorno, e fu visibile a tutti come sembrasse ben più agitato di quando era uscito. Il volto pallido e le mani che tremavano, portava uno zaino con se, probabilmente con le cose per Ryugamine.
- A...avete sentito? E' successo anche ad altri... - parlava nervoso, lo sguardo dorato spalancato dal panico, che quasi immediatamente si fermò sull'informatore, per ridursi ad un occhiataccia carica d'odio. - E perché LUI, non si è accoltellato alla gola? - lo additò con l'espressione deformata da una smorfia di ribrezzo, colmo d'astio, non si preoccupava di nascondere le proprie emozioni, alterato com'era dalla paura degli ultimi avvenimenti.
- E' una lunga storia - sintetizzò Shinra con la solita aria tranquilla, appoggiando una mano sulla spalla del biondino,
- E' posseduto da un fantasma - fu ancora più sintetico Shizuo, che ora aveva preso a dondolarsi sulla sedia, l'aria svogliata e annoiata, nuovamente con la sigaretta spenta stretta tra le labbra.
- Come ha detto il tizio spaventoso - confermò Izaya con un palese disagio dipinto sul viso, cosa voleva ora quel moccioso da lui?
- Mi state prendendo in giro?! - fu la giusta reazione di Masaomi, il quale si guardò attorno incredulo, cercando di capire se il loro forse uno strano scherzo, per fermarsi poi sul padre di Shinra, - E chi sarebbe quella persona sospetta? - anche quella era una domanda legittima.
- Non sono una persona sospetta! - replicò il signor Kishitani alzandosi dal divano, incrociando le braccia al petto con l'aria di essersi offeso, per quanto fosse intuibile dal tono con cui parlo.
- Si, lo sei - lo corressero contemporaneamente Shinra e Orihara.
- Per favore, non torniamo su questo argomento - intervenne a quel punto Celty, alzandosi a sua volta dalla poltrona su cui prendeva posto, mostrando lo schermo del cellulare per richiamare l'attenzione di tutti.
- Masaomi, so che può sembrarti assurdo, ma non considerare questo Izaya come l'Izaya che conosci. Al momento non è in lui - tentò di spiegare al ragazzo, il cui viso tradiva ancora un certo scetticismo,
- Letteralmente, visto che la sua anima è "volata via" - si aggiunse l'informatore, nascosto alle spalle della Dullahan perché a disagio a causa dello sguardo colmo d'astio che gli stava rivolgendo il biondino.
- Ma che...? - si trovò a fissarlo questi, stupito e confuso.

Lentamente guadavano il fiume, attenti ad ogni passo per non perdere l'equilibrio, fermandosi nei momenti in cui la corrente si faceva troppo forte, sul punto di spazzarli via. Più volte Ryugamine si era trovato quasi a perdere il sostegno delle gambe, l'acqua, che inizialmente gli arrivava alla vita, ora aveva cominciato a segargli il collo. Si sforzava di tenere la bocca chiusa, per non rischiare di ingerirla inavvertitamente, ma più avanzava più se ne sentiva sopraffatto. E neppure Izaya, che avanzava di fronte a lui, ancora legati assieme dal sottile filo attorno ai loro polsi, sembrava cavarsela meglio. L'informatore gli faceva strada, testando il terreno così d'assicurarsi non vi fossero buche nascoste o intralci che avrebbero potuto fargli perdere l'equilibrio. Se Ryugamine fosse caduto, a causa della corrente e per il fatto che fossero uniti da quella specie di spago indistruttibile, avrebbero finito con l'essere spinti via entrambi. Non essendo molto alto e privo di una particolare forza fisica, per Orihara sarebbe stato impossibile sostenere anche il peso del liceale.
Il problema principale era che si trovavano immersi in un'acqua torpida, tanto scura da non lasciare intravedere il fondo, il quale pareva avere una consistenza melmosa, instabile. Quindi man mano che l'acqua saliva, diveniva sempre più difficile mantenersi in equilibrio e procedere in linea retta.
- Cerchiamo un punto dove l'acqua sembra più bassa - aveva proposto l'informatore prima che iniziassero la loro attraversate. Se si dava credito alle voci che si sentivano sul fiume Sanzu, vi erano solo tre punti in cui le anime potevano arrivare facilmente da una sponda all'altra.
Non fu una ricerca facile, con quell'atmosfera post apocalittica ad avvolgerli.
Un cielo rosso sanguigno li sovrastava, senza alcuna fonte di luce ad illuminare ciò che li circondava, eppure non faticavano a vedere, come se i loro occhi si fossero già abituati a quella colorazione innaturale. Nessuna vegetazione viveva sulle sponde del fiume, cui terreno era coperto da ghiaia spessa, la quale graffiava la pelle sino a farla sanguinare se si provava a toccarla o a camminarci sopra a piedi nudi. L'orizzonte pareva avvolto da una nebbia fitta e se ne perdevano i contorni, quasi il mondo si concludesse su quella riva e non esistesse altro.
Alla fine, era stato proprio Izaya a trovare il punto giusto, dove la riva opposta sembrava a soli pochi metri di distanza, per quanto comunque una sottile nebbiolina fosse salita anche sulla superficie dell'acqua. Tardi, quando ormai avevano già cominciato a guadare il letto del fiume, l'informatore capì il proprio errore, ingannato da un illusione ottica che aveva modificato la sua percezione della profondità, facendogli credere che le sponde del fiume fossro più vicine di quanto non fosse. Aveva comunque deciso di continuare, trovando più rischio tornare indietro, l'acqua già gli raggiungeva le spalle, e non si fidava a lasciar a Mikado il compito di guidarlo. Ma per quanto avanzassero, la riva rimaneva immobile, ferma in lontananza, quasi non si stessero avvicinandosi per nulla.
- Izaya! - gridò Mikado, dimentico del consiglio di "non aprire la bocca"; trovandosi così a sputacchiare e a tossire quell'acqua salmastra. - Izaya! -ripete trovandosi a respira a fatica, incamerando altra acqua, cercava di fermare l'informatore, il sottile filo che li legava teso che gli tirava il polso. Non riusciva a tenerne il passo, temendo che presto sarebbe inciampato, finendo con il trascinare via entrambi. - Izaya, fermati per favore!!- urlò un'ultima volta, la paura che cresceva insieme alla nausea,
- Calmati Mikado, se ti fai prendere dal panico finisci con il perdere il controllo - lo rimproverò allora l'informatore, ascoltando finalmente le preghiere del liceale.
- N-non ce la faccio...- fece lui, lo sguardo che si fermava supplichevole sull'altro, il quale a quel punto afferrò il filo che li legava, portandolo lentamente ad avvicinarsi.
- Afferrati a me - gli ordinò, e veloce il Mikado gli obbedì, avvolgendolo da dietro con entrambe le braccia, aggrappandosi al suo petto. I vestiti bagnati aderivano fastidiosamente alla pelle, rendendo i movimenti ancor più difficili e appesantendoli. - Intendevo: "afferrati al mio braccio"... se ti attacchi come una cozza finiamo per cadere entrambi - si trovò a ridere della situazione Izaya, che infondo non poteva dire di non trovarsene esaltato. Avvertiva il liceale tremare contro la sua schiena, ma sapeva che quella che scuoteva Mikado non era paura. Dal sorriso palesatosi sul suo volto, a distendergli le labbra, sembrava invece attraversato da una malsana euforia.
"E' un incosciente" avrebbe detto qualcuno, ma non di certo Izaya, che vedeva in lui un perfetto compagno e soggetto di studio per quella "avventura" (se così poteva definirla).
Più lo conosceva, più la prima impressione formulata sul suo conto veniva confermata, avevano davvero qualcosa di simile.
- Ah, s-sì..- parve imbarazzato Ryugamine all'osservazione del più grande, scostandosi così bruscamente da lui, il volto che da pallido per il freddo si faceva rosso imbarazzo.
- Aspe- fermo!..- tentò di riacciuffarlo l'informatore, una nota di stupore ad incrinargli la voce, ma era troppo tardi.
Il ragazzo si trovò sospinto all'indietro, sopraffatto di colpo dalla corrente che lo investì. Izaya riuscì a sfiorargli il polso, senza però afferrarlo, e Mikado finì con il perdere in equilibrio, sospinto indietro. Per un momento lo sguardo del ragazzo si allargò dalla paura, prima che velocemente l'acqua si chiudesse su di lui, ingoiandolo.
- Merda..!- imprecò a denti stretti Orihara, trovandosi a far resistenza, a piantare i piedi sul letto melmoso, mentre il filo si tendeva, strattonandolo, tirandolo. Afferrò il laccio con entrambe le mani, cercando di vincere la corrente e di riportare Mikado al suo fianco, ma non era famoso per la sua forza.
A sua volta Izaya fu trainato dal peso del liceale. Si trovò a dare una facciata alla superficie del fiume, che si aprì per divorarlo come aveva fatto con Ryugamine. Fu trascinato sul fondo, l'acqua a riempirgli le narici, la gola, accecandogli gli occhi. Delle bolle d'aria risalirono veloci verso la superficie, sfuggendogli dalle labbra, i polmoni che finivano per colmarsi di liquido salmastro. A fatica l'informatore si spinse verso l'alto, la corrente che li trascinava lontano, portandoli in una parte più profonda del fiume.
Tossì convulsamente, riuscendo a portare la testa fuori dall'acqua, trovandosi con il fiato corto e un sapore orribile in bocca mentre lottava contro i conati che gli raschiavano la gola. Si sentiva i polmoni e tutto l'apparato respiratorio bruciare, quasi fosse stato immerso nell'acido.
- Mikado! - urlò quando ebbe incamerato abbastanza ossigeno da riuscire a parlare, lo cercò con lo sguardo, assottigliandolo per mettere ben a fuoco ciò che lo circondava, per spalancarlo subito dopo, colmo di confusione a quella che sì, era un colpo di tremarella, doveva riconoscerlo.
Non era possibile. Dov'era finita la riva?
Non la vedeva. La nebbia rossastra si era addensata, circondando ogni cosa. Facendolo sentire come un povero naufrago disperso in mare.
- Mikad..!- lo chiamò ancora, ma di nuovo il laccio che li univa lo trascinò giù, sott'acqua.


- Quindi... "quello" è davvero posseduto - fece Masaomi indicando l'Izaya seduto di fronte a lui al tavolo delle cucina, con Celty affianco, mentre Shinra e il signor Kishitani si apprestavano a controllare le condizioni di Mikado, ancora svenuto nella camera degli ospiti.
- Esatto - confermò Izaya con un sorriso ruffiano, mancante del dente avvelenato e sguardo da rapace che lo contraddistinguevano. Kida se ne sentiva al quanto inquietato, messo a disagio da un espressione tanto genuina e sincera.
- E tu allora saresti un fantasma?-  insistette nel puntualizzare la cosa, che per quanto gliela raccontassero, e la Dullahan gli avesse persino dato la sua parola, continuava a creargli confusione e gli faceva crescere ben più qualche dubbio.
- Esatto - c'erano fiorellini ed una leggera aura rosa attorno a lui?.. Masaomi cominciava ad avere le visioni.
- E cosa saresti stato in vita? - lo fissò assottigliando lo sguardo, confuso,
- Un'adorabile mogliettina innamorata del proprio marito - si vantò facendo un segno di vittoria con le dita. E causando un attacco di tosse convulsa a Shizuo, che per poco non sembrò sul punto di soffocarsi e di ribaltarsi dalla sedia dal ridere, era rimasto sempre a capotavola, senza abbandonare il suo posto.
- U-un adorabile mogliettina? - ripete Celty allibita,
- Un adorabile mogliettina...?- gli fece eco Kida,
- Un adorabile, dolce e perfetta mogliettina - confermò sorridente Izaya, - Ho vissuto una vita piena, felice e colma d'amore - continuò con espressione sognante.
- Ma i fantasmi non diventano tali perché hanno dei rimpianti? - intervenne Shizuo, aveva visto abbastanza film nella sua adolescenza da saperne il minimo indispensabile,
- No, nessun rimpianto - negò sventolandosi velocemente la mano davanti al viso. - In vita non ho avuto che soddisfazioni... cioè, solo qualche sassolino nella scarpa, ma prima di morire ho risolto tutto con il mio dolce maritino - era così zuccheroso che avrebbe potuto cariare i denti, se si rimaneva troppo a fissarlo. Faceva al quanto senso.
- Dolce maritino? -
- Dolce maritino? - si fecero nuovamente eco l'un l'altro Celty e Masaomi, erano rimasti piuttosto allibiti, per quanto la prima scrivesse ogni sua parola sul pad del telefono.
- Allora che hai combinato per diventarlo? - si trovò a chiedere Shizuo grattandosi la nuca, fingeva disinteresse, ma l'argomento aveva comincianto inaspettatamente ad incuriosirlo.
- Uhmm... non lo so - ammise Izaya, e parve sinceramente confuso nel farsi di colpo pensieroso. Ci stava riflettendo sul serio. - Forse è stato quando ho fatto a pezzi l'amante del mio caro maritino e gliel'ho servita per cena... - rimuginava ad alta voce, - o forse, quando ho fatto a pezzi lui appena dopo cena e l'ho divorato così che nessun'altra donnaccia avrebbe potuto separarci - il candore con cui parlava e il sorriso entusiasta sul suo volto, era in contrasto con l'atrocità della parole uscitegli dalla bocca.
- Hai fatto a pezzi l'amante di tuo marito? - era impallidito Kida,
- Gliel'hai fatta mangiare..?- tremavano le dita di Celty,
- E poi hai ucciso e divorato lui - non ne parve particolarmente toccato Shizuo, il quale cominciava a capire perché la pulce avesse scelto un simile individuo a prendere possesso del suo corpo.
- Esatto - aveva un che di esultante Izaya nel confermare le loro parole, - Secondo voi, può valere come merito per essere diventato un fantasma? - domandò inclinando la testa di lato in maniera molto aggraziata e femminea.



  
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