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Autore: RodenJaymes    25/04/2016    6 recensioni
Bankotsu e Jakotsu non sono morti sul monte Hakurei e adesso viaggiano con Inuyasha e compagni.
Quanto scompiglio porterà la loro presenza? Quanto cambierà la vita dopo l'unione al gruppo dei due mercenari?
Dal testo:
"« Bel monaco! Sei così grazioso quando usi quel tono burbero! », disse languido Jakotsu portandosi le mani al viso.
Bankotsu sospirò mentre Miroku rabbrividiva impercettibilmente.
« Fratello, per favore... », disse Bankotsu a denti stretti. Poi si volse verso i compagni di Inuyasha; erano tutti pronti a scattare come molle.
« Calmatevi ed abbassate le armi. Non siamo qui per farvi del male. Siamo soltanto... fuggiti. », disse Bankotsu guardando un punto indefinito alle spalle di Kagome e degli altri. "
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bankotsu, Inuyasha, Jakotsu, Kagome, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le ferite di Banko


I'll face myself
To cross out what I've become
Erase myself
And let go of what I've done

For what I've done
I start again
And whatever pain may come
Today this ends
I'm forgiving what I've done.

- Linkin Park, What I've done.


« Shiny happy people holding hands...», canticchiava Kagome mentre cercava di prendere meglio la mira.

Le cuffie ben piantate nelle orecchie, il ritornello che bombardava il cervello mentre la freccia partiva; la coda in cui aveva raccolto i capelli scuri vibrò, insieme all'arco.
Velocità massima, dritta nel bersaglio.
Sorrise soddisfatta quando vide la freccia conficcarsi nel bersaglio rozzo che aveva costruito; un pezzo di legno sul quale aveva disegnato il punto centrale con un pennarello che si portava sempre dietro.
Erano riusciti a tornare al villaggio di Kaede, sia per avvisare la vecchia sacerdotessa della morte della sorella sia per riposarsi un po'. Con tutto quello che era successo, prima di ripartire avevano tutti bisogno di una pausa.
Così, aveva deciso di allenarsi un po'. Era diventata parecchio brava dalla prima volta che aveva osato toccare arco e frecce. Aveva imparato in fretta, sentiva quell'arma appartenerle più di quanto fosse lecito. Si era allenata duramente, in ogni momento libero, stizzita quando Inuyasha, dopo essersi appena conosciuti, le aveva detto “Kikyo era una bravissima arciera, sai?”
Lanciò altre due frecce, una dopo l'altra, che colpirono il bersaglio centrandolo ancora, perfettamente. In qualche modo, sentiva di essere quasi al livello di Kikyo, di poterla eguagliare.

Ma io non sono Kikyo. E non lo sarò mai.

Lasciò l'arco, tolse le cuffiette e si sedette sull'erba. L'aveva promesso a se stessa, niente pensieri negativi – quindi, relativi a Kikyo.
Sconfiggere Naraku. A quello doveva pensare. Cercò di arginare in maniera insistente, com'era abituata a fare, il senso di tristezza, gli occhi quasi lucidi. Ma non piangeva, non se lo permetteva.

Piangere è un lusso, io non me lo posso permettere.

Si alzò, decisa a tornare al villaggio. Si stiracchiò, recuperò la faretra, l'arco ed il solito zainetto giallo e sdrucito.
Voltandosi per tornare indietro, notò Inuyasha appollaiato sul ramo di un albero che la osservava. La sua espressione era rapita, interessata. Lo vide sobbalzare leggermente quando si accorse che anche lei lo stava osservando. Egli distolse subito lo sguardo e lei fece altrettanto, continuando a camminare.

Pensa pure a quanto io le somigli, Inuyasha. Ma non scordare mai che io non sono lei.

 

Bankotsu era seduto su una roccia poco distante e stava meditando sul da farsi. Riteneva di aver avuto una buona idea, quella di unirsi a quel gruppo. Erano oggettivamente forti e questo gli forniva una buona possibilità di riuscire nel suo intento ed uccidere quel vile di Naraku. Tuttavia, continuava a vedere quella possibilità offertagli come una sconfitta, come se per poter finalmente vincere dovesse perdere ancora e ancora. Erano tutti cordiali con lui, a volte anche il mezzo demone. Si era trovato quasi bene e Jakotsu, poi, lui sembrava molto felice.
Solo io non sono tranquillo?, si trovò a pensare mentre osservava le bende bianche che gli ricoprivano gli avambracci. Era stata quella ragazzina a bendarlo, quella con le frecce e quei vestiti molto strani, la sacerdotessa. Aveva medicato lui e Jakotsu, senza parlare. Aveva soltanto detto che i frammenti della Sfera nel loro corpo avrebbero favorito la loro guarigione.
Era vero.
Bankotsu si sentiva già più forte ma pensò che quella forza non servisse a niente. Aveva perso Banryu e si sentiva nudo come un verme. E la sentì ancora, quella tristezza, mista ad amarezza ed umiliazione, stringergli la gola in una morsa di ferro. Cos'era questo sentimento che di recente riempiva il suo animo e le sue giornate?Non si era mai sentito triste, sconfitto, umiliato - non era un qualcosa che gli appartenesse.
Però... come si era ridotto?

Ero il primo dei Sette, adesso sono l'ultimo di Inuyasha.

Si era fatto fregare, aveva perso i suoi fratelli. Strinse i pugni. Naraku avrebbe pagato, quella era una promessa. Espirò e socchiuse gli occhi che pizzicavano leggermente.

Frignare è un lusso da bambocci e ragazzine. Io non posso permettermelo.

Ringraziò mentalmente chissà quale divinità che Jakotsu fosse ancora in vita; se fosse morto anche lui, il fratello al quale era più legato, non si sarebbe mai perdonato.
Sollevò lo sguardo e vide la ragazzina delle medicazioni che camminava verso di lui, probabilmente stava per tornare al villaggio di quella vecchia.

 

Kagome notò Bankotsu seduto su una roccia, lo sguardo perso e i pugni stretti. Si avvicinò lentamente stringendo l'arco esageratamente, tanto che le nocche diventarono ancor più bianche e cominciarono a dolere. Avrebbe fatto le solite domande di rito, come andavano le braccia, se aveva bisogno di nuove bende. Null'altro.
Si fermò davanti a lui, ritta in piedi.
Bankotsu sollevò lo sguardo e si lasciò andare ad un'espressione stranita nel trovarsi davanti quella ragazzina. Che voleva da lui, adesso?

«Allora. Come vanno le tue braccia?», chiese Kagome con noncuranza, lasciandosi cadere, seduta e a gambe incrociate, davanti la roccia dove stava Bankotsu.

Lo vide aggrottare le sopracciglia e distogliere lo sguardo.

«Bene», disse soltanto, senza guardarla.

Lei alzò lo sguardo in maniera disinteressata. Avrebbe controllato le ferite e, se necessario, cambiato le bende. Il pensiero di doverlo fare anche con Jakotsu le procurò un moto di stizza. Almeno quello lì, Bankotsu, stava zitto.

«Fammi controllare. Se ce ne sarà bisogno, cambierò le bende», disse lapidaria, presa dal senso del dovere.

Si sollevò in ginocchio e fece per prendere gli avambracci di quel tizio che si ritrasse prontamente, alzandosi dalla roccia.

«Non ce n'è bisogno, ragazzina»

Kagome inarcò le sopracciglia, si alzò fino a fronteggiare Bankotsu e strinse le braccia al petto. Era assurdo! Era questo il modo di essere riconoscente di quel tipo? Le ricordò qualcuno di sua conoscenza. Egli rimase sorpreso e fece due passi indietro.

«Certo che sei proprio un bel tipo! Sono modi, questi?», esclamò, infastidita.

Fece per recuperare le sue cose ed andare via. Non aveva senso intestardirsi con quel tipo di persona. Non sapeva perché continuasse a dar peso a lui e a quell'altro esaltato che non faceva che tenerle il broncio e lamentarsi. Che stizza! Voleva curarli perché ormai erano parte del gruppo, erano compagni, condividevano tutti il medesimo obiettivo. Ma così era impossibile, stressante. Star dietro a qualcuno che non vuole collaborare.
Bankotsu rimase interdetto e osservò la ragazzina prendere le sue cose e quasi incamminarsi. Spostò lo sguardo sui suoi avambracci e sosprirò. No, non erano quelli i modi e lo sapeva. Doveva essere quanto meno grato a quelle persone. Aveva tentato di ucciderli in tutti modi e quelli avevano risparmiato loro la vita. Era in debito e lo odiava! L'umiliazione prese a stringergli nuovamente la gola.

« Torna... qui. Puoi controllare le mie ferite.», sputò fuori Bankotsu non guardandola neanche e stringendo i pugni.

Kagome si arrestò e si volse verso di lui.

«É per caso una concessione che vuoi farmi? Perché sei tu ad aver bisogno. Non io.», rispose Kagome con tono volutamente tagliente. Forse un po' troppo e dopo poco quasi se ne pentì. Quasi, però.

Bankotsu si voltò di scatto rivolgendo a Kagome un'occhiata piena d'astio e di amarezza. “Sei tu ad aver bisogno”. Quelle parole gli rimbombarono nel cervello; odiava che quella lì avesse ragione, lo odiava.
Kagome sospirò e si sentì un po' in colpa nei confronti di quel ragazzo ma mantenne comunque il suo cipiglio stizzito.
E fu con quello stresso cipiglio che tornò da Bankotsu e prese a sciogliere le bende intorno ai suoi avambracci. E quello la fece fare, zitto e astioso.

« Ma perché lo fai? », sbottò Bankotsu e quando lei sollevò lo sguardo, lui, con un cenno del capo, indicò le bende.

Kagome inspirò mentre constatava che la pelle di Bankotsu non aveva più alcuna lesione né cicatrice. I frammenti, se pur con ritardo, avevano reagito, curando Bankotsu. Sospirò di sollievo al pensiero che forse anche per Jakotsu sarebbe stato così; non doveva più stare così a contatto con lui. Poi ricordò che Jakotsu aveva solo un frammento in sé e si morse un labbro. Alzò lo sguardo per osservare Bankotsu che attendeva una riposta.

«Parlo con te, ragazzina.», disse lui, ancora.

«Io mi chiamo Kagome. Ka – go – me.», sillabò come se stesse parlando con un menomato. Lui rimase interdetto e lei sospirò, di nuovo.
«I frammenti ti hanno aiutato, come ti dicevo. Non hai più nulla. Non serve che io ti bendi ancora.», aggiunse poi.

Bankotsu si tastò l'avambraccio destro e poi quello sinistro. Sì, stava bene, almeno esteriormente. Un altro tipo di ferite, però, lo lacerava dall'interno.

«Comunque, lo faccio perché, adesso, condividiamo il viaggio, il gruppo, un obiettivo. Dobbiamo andare tutti d'accordo. Anche se tuo fratello... è così irritante.», disse Kagome ad un certo punto, tutto d'un fiato, facendo spallucce.

Bankotsu, che ormai si era rassegnato a non ricevere una risposta, rimase stupito, per l'ennesima volta. Non perché Kagome avesse risposto, ma per quello che aveva detto. Era strano pensare che, nonostante tutto, l'obiettivo comune facesse da colla per l'unione di quel gruppo assurdo. Che cancellasse ogni cosa, anche ciò che era successo. Astio, tentati omicidi, trame nell'ombra. E poi un'idea che lo fece sentire peggio si fece spazio nella sua mente.

«Non fatelo... non farlo per compassione. Non ne abbiamo bisogno.», sbottò lui, senza motivo apparente.

Non voglio essere in debito, non voglio essere compatito. Non volevo essere ingannato.

Kagome intrecciò le mani dietro la schiena e prese a guardare il cielo, un punto indefinito. Le nuvole correvano, si rincorrevano. Così soffici, così eteree.

«Deve costarti molto... ricevere aiuto, non è così?», disse.

Somigliava ad Inuyasha più di quanto immaginasse, così orgoglioso.

«Nessuno vi sta aiutando per compassione, Bankotsu. Io per prima ho acconsentito a farvi viaggiare con noi perché, nonostante tutto, questa possibilità ve la meritavate. Siete stati ingannati, abbiamo la stessa voglia di riscatto. E l'unione, fino a prova contraria, fa la forza.»

Bankotsu rimase in silenzio, osservando l'orizzonte. Lui si sentiva solo più debole.

«Anche Sango ha tentato di tradirci, una volta. Per Kohaku. Sai, è suo fratello.», continuò ancora Kagome, distrattamente.

«Lo sapevo. Naraku mi ha spiegato un po' la... situazione. Per colpirvi meglio, eventualmente.»

«Immaginavo. Beh, è molto organizzato. Questo posso concederglielo.»

Kagome si volse verso Bankotsu e lo osservò a lungo.

«Probabilmente ti senti come se avessi perso tutto ed è una condizione che accomuna molti di noi. Io in realtà... non l'ho provata direttamente, ma credo di poter provare a capire. Ognuno di loro ha perso qualcosa, come te e come Jakotsu. Sai anche tu che lavorare insieme è la soluzione. E non c'è bisogno che tu ti senta in colpa; qui non esistono i debiti.»

Bankotsu la osservò di sottecchi e lei fece un sorrisetto.

«Rimuginare su ciò che avresti potuto fare in più... fallo, se preferisci. Ma almeno arriva alla conclusione che ormai è andata così. Se sei vivo, beh, insomma... hai capito... se sei qui, c'è un motivo. Porta a termine la missione.»

Bankotsu strinse i pugni e chiuse gli occhi; la sacerdotessa aveva ragione e lo sapeva. Avrebbe trovato Naraku, l'avrebbe sconfitto, la voglia di riscatto non lo aveva abbandonato. Non poteva continuare a piangersi addosso. Quella possibilità non era una seconda sconfitta, un'onta, qualcosa di cui doveva pentirsi, pagare; qualcosa che doveva farlo sentire in debito. Quella possibilità era soltanto una possibilità.
E doveva sfruttarla.
Sarebbe stato difficile ma poteva capirlo, poteva cominciare ad accettare quell'idea, a conviverci. Oltre alle ferite superficiali, anche quelle più profonde, quelle della sua anima, si sarebbero rimarginate.
Riaprì gli occhi e osservò la giovane sacerdotessa.

«Parli troppo.», disse con un sorrisetto provocatorio. In realtà, era il suo modo di ringraziare.

Kagome sbuffò e calciò un sassolino, rispondendo con un mezzo sorriso.

«E dico cose giuste.», disse semplicemente. Bankotsu annuì impercettibilmente.

«Possiamo andare d'accordo fino alla fine di questa storia.»

«Possiamo, sì.», si lasciò sfuggire Bankotsu distrattamente, continuando a guardarla.

«Fino a che Naraku non sarà morto. Poi... le nostre strade potrebbero comprensibilmente dividersi. E tu porterai via quell'antipatico di tuo fratello.», Kagome terminò la frase arricciando il naso.

Bankotsu scoppiò a ridere, non potendolo evitare. Rise fragorosamente, senza riuscire a fermarsi, ed era la prima volta che provava ilarità di nuovo. Si sentiva più leggero, più motivato. Ancora una volta si sentì più vivo di quando era in vita sul serio.
Kagome sorrise, in cuor suo era contenta di aver aiutato quel ragazzo. Alla fine, non era così antipatico, così scorbutico come pensava che fosse. Stava solo soffrendo ed era comprensibile. Sperava sul serio che potesse legare con il gruppo, che si potesse sviluppare quel legame di lealtà e cameratismo che si era instaurato fra lei, Inuyasha, Miroku, Sango e Shippo. Questo li avrebbe soltanto resi ancor più coesi e li avrebbe aiutati a sconfiggere Naraku ancor più velocemente. Poteva andar bene.

«Quindi lo prometti, Banko?», chiese con tono scherzoso, usando quel nomignolo stupido. «Porterai via tuo fratello?»

Bankotsu la osservò interdetto a quell'abbreviazione così confidenziale. Poi notò il tono di scherno della ragazza e sorrise di rimando. Quella ragazzina, dopo tutto, era in gamba. E lui che aveva sempre sottovalutato le donne, sempre abituato a tutti quei maschi con cui aver a che fare.

«Affare fatto, ragazzina.», disse prendendola in giro, calcando bene sul termine ragazzina, non chiamandola appositamente per nome.

Kagome annuì ridendo, recuperò le sue cose e si fece strada verso il villaggio, lasciando lì Bankotsu. Non si era accorta che, per tutto il tempo, degli occhi dorati non l'avevano mai abbandonata. 


Angolo autrice.
Ciao a tutti! Sono riuscita finalmente ad aggiornare. Devo dire che sto prendendo gusto ad avere a che fare con questa Kagome peperina.Quanto a Bankotsu, sì, mi sono divertita anche con lui. Mi piace dare vita a personaggi che ne avevano poca; mi piace credere che Bankotsu avesse molto da dare come personaggio, ricordiamoci che mostra un lato quasi dolce (anche se lo riserva solo a Jakotsu). Credo che fosse normale per lui essere un po' in pena e in confusione, dopo tutto ciò che gli è successo. E poi Bankotsu sembra leggermente simile ad Inuyasha, potrebbero essere buoni amici! 
Inoltre, amo i parallelismi e quello fra Kagome e Bankotsu mi è sembrato tanto inusuale quanto interessante. Ho sempre pensato che Kagome e Bankotsu potessero essere buoni amici e giuro che per me sono solo questo! Ma forse, non per qualcun altro... :p Ps. La canzone che canticchia Kagome è "shiny happy people" - rem. E l'ho inserita perché... per adesso non posso smettere di ascoltarla! :p
Sono sempre troppo logorroica... fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, sarebbere graditissima! 
A presto. :)
RodenJaymes.

  
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