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Autore: SabrinaSala    27/04/2016    7 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
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Capitolo 23 –  Confronto
 
 
Barbagli di luce tra le ciglia chiare e il giorno raggiunse tremolante i suoi occhi celesti.
Ludwig sollevò le palpebre bruscamente, la testa e poi le spalle, sciogliendosi  dall’abbraccio tiepido del mantello nel quale aveva trascorso la notte. Contro la schiena, il tronco ruvido dell’albero, solido sostegno di uno sfiancante dormiveglia.
Maddalena Aicardo aveva popolato i suoi incubi. I suoi occhi scuri lo avevano accusato, orgogliosamente, e il suo bel viso si era presto confuso con quello più nordico, ma altrettanto attraente, di una giovane donna bionda.
L’uomo si passò una mano sul mento, avvertendo il fastidioso pizzicore della barba incolta, e con quel gesto cercò di scacciare dagli occhi il ricordo di quelli dolci e un po’ tristi di una vecchia levatrice, che incrociavano i suoi per poi sciogliersi in una morsa che gli attanagliava lo stomaco.
Serrò la mascella, nauseato dalle ombre che popolavano il suo passato.  
Scattò in piedi e calò pesantemente il cappuccio sul capo, prima di avanzare  di un paio di passi. Definitivamente sveglio.
Con il palmo di una mano, sfiorò il ventre caldo del cavallo che brucava placido accanto al suo giaciglio. Poi, scivolò nel folto del bosco, fermandosi prima di raggiungere la  radura e il bivacco allestito dal convoglio funebre.
Seguì con lo sguardo il rituale della sveglia, lo stesso che si ripeteva ogni mattina, e cercò Johannes.
Lo trovò. I polsi legati, il capo eretto, accompagnato per un braccio da un soldato che intendeva farlo rientrare in quel piccolo carro coperto che da giorni era diventata la sua prigione.
Da quando erano partiti, Johannes non aveva dato segno di cedimento. Non una parola, non un gesto, non un lamento.
Notevole, pensò il boemo socchiudendo le palpebre, quasi a mettere meglio a fuoco ogni dettaglio.
Ma questo non lo avrebbe salvato, considerò cinicamente. Anzi.
Se proprio doveva essere sincero, per la prima volta dopo anni, Ludwig  si sarebbe trovato ad avere un motivo per uccidere.
Un motivo personale…
Sollevò lo sguardo verso il cielo. Gli strali violacei, strascichi della notte appena trascorsa, si stavano velocemente stemperando nella luce del giorno nascente.
Era arrivato il momento di mettersi in marcia.
Per l’ultima volta, pensò, e un sorriso gli sfiorò le labbra.
Rapido e silenzioso tornò sui propri passi. Montò in sella e attese che il convoglio ripartisse. Allora, incitò dolcemente il cavallo perché lo seguisse, mantenendosi ad una certa distanza, e godette della sua andatura cadenzata, senza perdere di vista la carovana. Ma non appena la compagnia raggiunse la boscaglia e si trovò sormontata e stretta nella morsa di un intricato gioco di rami, emise un fischio acuto e modulato.
Un attimo dopo, il convoglio venne assaltato.
 
***
 
Lo sguardo del vescovo Winkel indugiò impassibile sulla figura sofferente di Maddalena Aicardo, ancora chiusa nel suo silenzio assordante. Un silenzio carico di accuse e di deplorazione che gli occhi nocciola, cerchiati, arrossati, e incastonati in un volto sempre più pallido non gli lesinavano.
Indifferente a tutto questo, Konstantin Winkel le girò le spalle e abbandonò le prigioni.
Compiacente o meno che fosse, l’ormai ingente patrimonio di quella ragazza gli apparteneva di diritto.
Con la morte di Edelbert, Lena ereditava i beni del marchese e qualunque fosse stata la sua decisione in merito, in qualità di tutore o di vescovo accusatore, Winkel li avrebbe presi comunque in carico.
Salendo la breve rampa di scale che lo avrebbe ricondotto in superficie, Konstantin afferrò bruscamente le gonne purpuree e strinse istintivamente la mascella, indispettito.
Che si lasciasse morire! Se questo era il suo desiderio, pensò. Lei o un’altra poco importava. Bastava guardarsi attorno, per trovare nugoli di ragazze celibi da assoggettare alle proprie intenzioni. Meglio, dunque, qualcuno di più malleabile…
Sua madre, la vedova Aicardo, se ne sarebbe fatta una ragione. In fondo, una lauta ricompensa e qualche promessa sussurrata nell’intimità avrebbero lenito qualunque delusione o sofferenza in merito.
Un sorriso bieco gli piegò le labbra. Da quanto tempo non si concedeva una riposante visita a Ivreja?
Un afflusso di passione gli scaldò improvvisamente il petto e il suo pensiero si scontrò inaspettatamente con Johannes, condannato dall’amore di una donna.
Peccato, si disse, il coraggio e l’integrità di quel ragazzo gli sarebbero stati davvero utili, se solo si fosse lasciato manovrare fino in fondo.
E invece si era lasciato incantare da una femmina, da una fatae. La donna sbagliata, purtroppo. E quello stolto aveva rischiato di mandare in fumo i piani di una vita…
I caratteri forti, in fondo, erano difficili da piegare. Lo sapeva bene, Konstantin. Ma bastava disfarsene. Sorrise malignamente. L’importante era liberarsene in tempo. Eliminare ogni figura scomoda.
E Johannes, ormai, non era più un problema…
 
***
 
Ludwig era stato chiaro fin dal principio. Nessuno dei briganti, assoldati lungo il cammino,  si sarebbe dovuto avvicinare al prigioniero.
Johannes era suo. Soltanto suo!
Con un ringhio sordo, levò dunque il braccio contro chi stava rompendo l’accordo.
«No!» tuonò, scaraventandolo a terra. «Lui è mio!» ricordò, scandendo ogni parola.
Poi afferrò bruscamente Johannes per le corde che gli stringevano i polsi e lo trascinò lontano dalla mischia. 
Fu solo quanto si ritenne al riparo da occhi indiscreti, che la spada di Ludwig si abbatté sulle corde, liberando il prigioniero. Subito dopo, il boemo gettò a terra un’arma e lo invitò a servirsene.
«E’ inutile che mi guardi!» sogghignò, rispondendo aspramente alle tacite domande del giovane. «Non mi conosci».
Deciso a rimandare le presentazioni, Johannes tentò di raggiungere i cavalieri di Turinja, intenzionato a dar loro manforte, ma
Ludwig, gli bloccò la strada parandoglisi davanti con il cavallo.
«E’ di me che ti devi preoccupare, adesso» lo schernì, smontando prontamente di sella.
Poco incline ad approfondire quella conversazione, Johannes gli lanciò un’occhiata torva.
«Devo? » ironizzò, impaziente.
«Sono qui per te…» rispose l’altro, puntandogli minaccioso la spada al petto e girandogli attorno, lentamente. Come volesse studiarlo con attenzione. «Per ucciderti», concluse.
Irritato da quell’atteggiamento e dal temporeggiare dello sconosciuto,  più che dalle sue sconclusionate parole, anche Johannes si prese il tempo necessario ad osservarlo, giudicandolo in breve un avversario temibile.
Alto e prestante, il cavaliere aveva uno sguardo freddo e tagliente. Movimenti agili e decisi, dettati dall’esperienza, che lasciavano intendere un’innata capacità di offesa.
«Per conto di chi?» ribatté, allora, provocatorio.
Le labbra di Ludwig si piegarono in un sorriso di scherno che sollevò leggermente la lunga cicatrice sulla guancia sinistra.
«Ti servirà a poco saperlo» mormorò.
«Voglio solo il nome di chi dovrò cercare… » specificò Johannes. Gli occhi grigi impenetrabili e la voce roca, profonda e incredibilmente tranquilla.
Ludwig dilatò impercettibilmente lo sguardo. Compiaciuto dalla sua sicurezza, se non dalla sfrontatezza.  Così come già ne aveva apprezzato l’orgoglio e la determinazione.
E questo lo infastidì.
Si abbatté su di lui con un primo colpo e subito dopo un secondo.
Johannes parò il primo e indietreggiò per evitare l’altro.
Il boemo ebbe così modo di saggiarne la forza e la scaltrezza. Esattamente quello voleva.
Si fermò, facendo roteare la grande spada dalla lama perfetta, sogguardando l’avversario come un lupo avrebbe guardato la preda. Le labbra dischiuse, il mento leggermente alzato. Poi chinò la testa di lato, sul petto, serrò la mascella e il taglio di un sorriso cattivo gli attraversò il volto affilato.
Quello che seguì fu uno scontro carico di tensione e di rabbia. Uno scontro fisico e serrato, tanto da togliere il fiato a entrambi.
«Perché non approfittarne quando ero legato!» ansimò Johannes.
«Troppo facile» rispose l’altro, arrivandogli inaspettatamente  sotto. «E meno interessante», concluse sapendo bene qual era, invece, la risposta sincera a quella domanda.
Voleva guardarlo negli occhi, conoscerlo, avere la meglio su di lui, dimostrandogli la propria superiorità. Annientarlo.
Questo era il motivo.
Ammazzarlo a tradimento non gli avrebbe portato alcun beneficio.
Lo avrebbe ridotto a un numero. Uno tra i tanti a cui aveva tolto la vita per molto, molto meno…
Quello che Ludwig cercava, con Johannes, era un confronto. Un faccia a faccia rimandato per anni.
Approfittando di un’inaspettata esitazione dell’avversario, Johannes lo respinse facendo leva sulle braccia, ma il boemo era scaltro, oltre che agile, e non si lasciò sopraffare.
Le spade si incrociarono ancora e il loro clangore riempì il silenzio della piccola radura, fino a quando il boemo riuscì a stringere Johannes contro il tronco di un albero secolare.
Johannes trasalì. Il sorriso famelico di Ludwig a ghermirlo, avido.
Poi, con la coda dell’occhio, colse il riflesso di una lama alle spalle del suo assalitore e riconobbe inaspettatamente nel nuovo arrivato un soldato di Rosenburg.
Con un colpo di reni si liberò dall’assedio,  in tempo per frapporsi tra questi e il boemo.
«No! » ringhiò, fermando l’irruenza del giovane soccorritore.
Ludwig sussultò, scartando di lato.
Sorpreso, incolume ma irritato, spostò lo sguardo dal soldato di Rosenburg a Johannes.
«Troppo facile e meno interessante» rispose questi alla sua tacita domanda, senza mai smettere di guardarlo negli occhi.
Autoritario, diede ordine al ragazzo di allontanarsi e si mise di nuovo in guardia. Pronto all’ennesima esplosione di rabbia del boemo che non si fece attendere.
Ludwig serrò la mascella. Il respiro corto, collerico.
Si scagliò contro Johannes, l’elsa impugnata con entrambe le mani. Poi lo mancò. Intenzionalmente.  E abbatté la lama sul terreno aspro e sassoso, assorbendo senza battere ciglio le vibrazioni di quel colpo violento e deciso.
Trascinandosi dietro la spada, si fiondò su Johannes.
«E’ per questo che ha scelto te? » sbraitò, afferrandolo per il bavero con la mano sinistra. «Per la tua lealtà? Il tuo coraggio?» continuò digrignando i denti, gli occhi celesti ridotti a due feritoie cariche di un rancore violento.
Poi espirò e un’inattesa freddezza mitigò la sua espressione.  
«Ma forse è solo perché sei uno stolto… » rise sommessamente.
Mollò la presa. Arretrò di un paio di passi e rinfoderò la spada.
Johannes restò immobile. Lo sguardo torvo e la fronte corrugata  di chi cerca di comprendere.
«Tieni davvero a quella donna? »  gli domandò inaspettatamente il boemo, con tono greve.
Ma non ebbe bisogno di risposte.
Il guizzo di terrore e determinazione che aveva attraversato lo sguardo di Johannes parlò per lui.
«Vattene! » ringhiò allora. «Va’ da lei» ripeté, voltandogli le spalle nel raggiungere il proprio cavallo. «Quel tuo amico frate non sarà in grado di proteggerla» lo scacciò, sottolineando le  parole con un gesto brusco del braccio. Un gesto plateale che cercava di scacciare, al contempo, gli strascichi molesti dei suoi incubi.
«Chi sei?» domandò finalmente Johannes, disorientato da quell’atteggiamento ma intenzionato a capire.
Il boemo volse appena la testa e lo guardò da sopra una spalla, valutando l’opportunità della risposta.
«Saremmo potuti essere fratelli »  sogghignò infine. «Ma un figlio bastardo non serve a niente» asserì, cinico. «E’ solo un intralcio. Meglio due sconosciuti scampati miracolosamente alla peste. Orfani e devoti» concluse prima di montare in sella.
Dall’alto, concesse ancora uno sguardo a Johannes.
«Il destino, a volte, sa essere beffardo… » rise  «E quei figli prediletti stanno ribellandosi. Uno dopo l’altro… », poi tacque. Non aveva null’altro da aggiungere.
Si piegò, avvicinandosi alle orecchie frementi del cavallo e con una carezza gli sussurrò qualcosa. Un debole nitrito e Ludwig sollevò una mano in un cenno di saluto.
Con la morte di Edelbert, aveva così finito di assecondare i capricci del vescovo. E se aveva fatto bene i suoi calcoli, gli restava un ultimo incarico da assolvere…




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IL CONFESSIONALE (ovvero, l'angolo dell'autrice):

Tanti piccoli dettagli sono stati finalmente svelati, in un capitolo che vede quasi un solo protagonista: il BOEMO.
Perdonerete questa sorta di "assolo", ma era necessario, arrivati a questo punto.
E ora, come sempre, il mio GRAZIE a tutti i lettori che hanno avuto la pazienza di seguirmi fino a qui. Ancora qualche capitolo e tutti i nodi verranno al pettine!

A presto,
Sabrina 
   
 
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