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Autore: HeywelGalwine    06/05/2016    2 recensioni
Avete mai immaginato di viaggiare in terre dove nessun uomo ha mai messo piede prima d'ora?
Heywel si, e per questo lui e la sua giovane compagna Gwen intraprenderanno una lunga a pericolosa avventura, per esplorare e scoprire la loro amata terra: Tohlann. Un territorio ostile, freddo, ma pregno di eroi e leggende, che il nostro Heywel ci descriverà e racconterà attraverso i suoi occhi.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gwen: stava rannicchiata di fronte alla finestra, e guardava le goccioline di pioggia scivolare sui vetri.
-Cosa fai qui a quest'ora della notte, dunque?-
La interrogai.
-Mi scusi signore, non riuscivo a dormire-
Disse girandosi di scatto, con il tono di chi si scusa per aver fatto qualcosa di grave.
Alzai la mano come per dirle che non faceva nulla.
-Hai preso una decisione?-
-Se voi volete che io venga, io verrò-
-Puoi decidere-
-Non voglio andare, se la mia presenza non è necessaria. Piuttosto è solo di ostacolo per i vostri fini- 
-La vostra presenza non m'è d'ostacolo! Anzi, è vitale! Ti avrei detto tutto più tardi ma capisco il tuo bisogno di sapere:
In questa terra, soprattutto a nord, nelle grandi corti, non è visto di buon occhio l'uomo adulto che non sia accompagnato da una sposa (è visto piuttosto come un individuo donnaiolo e empio) e sono sicuro che tu ti presterai benissimo a questo compito. Inoltre il tuo aspetto, perdona la sfacciataggine, sará per me un'arma ben più prestante di uno spadone, di un arco e persino della parola e della logica.-
A questo punto d'istinto porsi la guancia e attesi un ceffone, che però non arrivò mai.
-mi state dicendo che mi fingerò vostra moglie? Che dovrò ingannare dei gentiluomini?-
-Gwen, questo viaggio durerá molto, al di lá dell'indubbia utilità del tuo ruolo in questa avventura...ho bisogno di qualcuno di familiare con me-
-Come desidera-.
Concluse chinando la testa.
Seppi solo più tardi che la cosa che conquistò Gwen fu proprio il sentirsi ,per la prima volta, essenziale.
Dopo quel breve dialogo andai a dormire, ma questa volta, come alleggerito da ogni peso, mi addormentai.

All'alba, per la prima volta fui io a svegliare Gwen, e Martha non fu affatto felice della mia visita in una camera dove dormivano due donne.
Velocemente ci attrezzammo per la pattenza e indossammo degli abiti comodi. Senza parlare uscimmo dalla casa ci incamminammo verso le mura della cittá. Fojhloch era desolata.
Quando arrivammo le porte erano appena state aperte e uscendo trovammo un carro ad aspettarci, sul quale era stato caricato tutto ciò che ci occorreva. Avevo deciso che avrei condotto io stesso il mezzo, munito di mappe e soprattutto di senso dell'orientamento. Così salii sul sedile e Gwen si sedette al mio fianco. L'aria era gelata, e Gwen, avvolta nel suo mantello di pelliccia, tremava e batteva i denti. Il cielo appariva grigio e sfumava sul bianco all'orizzonte, fondendosi con il profilo delle montagne a Est. Mi scaldai le mani con il fiato, poi infilai i guanti di pelle. Un fiocco di neve, lentamente, si posò sulla mia guancia. Poi una goccia d'acqua, poi di nuovo un fiocco di neve. In pochi istanti il dio Silferith liberò i suoi dardi argentati e le sue sacre gemme, e dal cielo piovve e nevicò in egual misura. Questo secondo gli antichi culti religiosi dei Ravinh era presagio di terribili sventure.
-È un ottimo giorno per iniziare un'avventura- dissi mentre guardavo con aria sognante il cielo. Controllai un'ultima volta la mappa, poi afferrai le redini dei cavalli e partimmo.

Quando ormai era pieno mattino i monti si acceserò di un bel colore primaverile, che fece spuntare nel volto di Gwen una sorta di sorriso, che però inquadrato nella sua personalità misteriosa e malinconica, appariva in qualche modo triste o meglio...nostalgico. Dopotutto nei sorrisi di Gwen c'era sempre qualcosa di viscerale, doloroso, intimo.
Ad ogni modo, a me che ero tanto diverso da lei, quel profumo di prati brinati suscitò una risata quasi ebete. 
Il sole si era insinuato tra le nubi argentate e sembrava mi invitasse a continuare il mio viaggio. 
Stavamo entrando nella gola del Lupo, e all'orizzonte potevo scorgere, arroccata sulle montagne dalle tinte azzurre, la Rocca della Fonte Eterna, governata dallo Xiorh Gareth Gruffyde.
Decisi che per intrattenere la fanciulla che mi siedeva accanto le avrei raccontato una breve storia.
-Hai mai sentito parlare del signore che tra poco ci ospiterá, Gwen?-
Dissi, e rimasi sorpreso dalla mia stessa voce, dal momento che non la sentivo da molto tempo.
-No mio signore, mi dispiace- 
Rispose allora Gwen quasi imbarazzata.
Allora cominciai:
-Il suo nome è Gareth, figlio di Guffryd, fu uno dei generali più coraggiosi che abbiano mai guidato un esercito di Cavalieri della Luna. I suoi uomini marciarono in questa gola in pieno inverno e sempre tra questi monti difesero la Rocca per infiniti giorni, resistendo ai nemici e al freddo, senza mantelli e senza pane. Quegli uomini, tra i quali vi erano anche ragazzi col volto ancora imberbe, non conobbero altra guerra che quella, in trappola come topi tra montagne, me coraggiosi come fiere contro il nemico. Tra loro si distinsero Urien, xiorh presso Lochlann, Ynyr, ora tenente delle truppe Della Luna stanziate a Summerald, sotto il comando del generale Lorcan, e ovviamente il loro comandante Guffryd, che perse la vita per cancrena, pochi Giorni dopo la fine del conflitto. Tra i cavalieri si dice che l'eco che viene prodotto in questa gola, è la voce dei tanti valorosi che morirono.-
-Alcuni di loro li ho sentiti nominare. A Fojloch molte fanciulle raccontano storie di cavalieri, e spesso si parla proprio di costoro.-
Disse Gwen visibilmente incuriosita.
-Ad ogni modo, non mi avete parlato di Sir Gareth, ma piuttosto del padre-
Scoppiai in una risata.
-Hai ragione, ma lo conoscerai di persona tra poco, e voglio risparmiarti le storie su di lui per il banchetto, non vorrei annoiarti durante la cena.
Toh, siamo praticamente arrivati-
Mentre parlavo eravamo arrivati ai piedi della montagna ,che ospitava la Rocca quasi come un nido cela le uova di un Falco.
Fermai il carro. La fortezza appariva imponente e desolata, come se nessuno vi vivesse più da secoli. Eppure enormi bandiere con i simboli dorati dello Xiorh (l'ascia bipenne e lo scudo) sventolavano seguendo il vento del Nord. Dalle torri di guardia e da dietro le merlature del muro che le univa, spuntarono circa dieci soldati armati di balestra.
Gwen d'istinto chinò il capo e se lo nascose tra le mani, ma a un mio cenno riassunse un atteggiamento calmo e autorevole.
-Sono Heywel, figlio di Galwin, poeta, storico e bardo. Vengo da Fojloch, e sono qui perchè ospitato dallo Xiorh, al quale fu recapitata una mia lettera  alcuni giorni fa.-
Gridai, e le mie parole echeggiarono tra le pareti dei monti, amplificandosi enormemente.
I soldati, ai quali apparivo come un punto lontano, abbassarono le armi, e dopo qualche istante si udì un rumore meccanico e le porte della Rocca si aprirono.
Una manciata di soldati scesero la ripidissima e tortuosa strada fino ad arrivare a noi. Alcuni si misero a scaricare le attrezzature dal carro, altri sbrigliavano i cavalli per condurli alle stalle nel forte, altri ancora ci scortavano nella salita.
percorremmo tutta la stradina, che portava all'ingresso principale che era sormontato da numerose bertesche merlate e decorate. Entrammo poi nelle mura e fummo condotti dentro il mastio.
L'interno della torre maschia, a dispetto dell'esterno austero, appariva ricco e sfarzoso. Il pavimento era coperto da un magnifico tappeto di lana sulle tinte del rosso sangue impreziosito da filo d'oro, mentre tre pareti erano  coperte da arazzi che rappresentavano scene di caccia e guerra. Una quarta parete era invece completamente affrescata e al centro di essa stava un grande camino di pietra, accanto al quale si trovava un'arco che portava ad un corridoio. al centro della stanza un lungo tavolo di quercia, con i bordi completamente cesellati, arrivava fino a una piattaforma rialzata dove si ergevar il trono monolitico sul quale stava seduto Gareth in persona.
Lo Xiorh della Rocca era un uomo enorme, dai lineamenti duri e uno sguardo penetrante.
Questo appena mi vide, ci sorrise bonariamente, e si alzò dal suo trono per riceverci personalmente.
Quando ci fu davanti io e Gwen ci inchinammo, e come d'usanza consegnammo i pugnali che tenevamo assicurati alla cintola, tradizione che nell'etichetta Ravinh simboleggiava gli intenti pacifici degli ospiti. 
-Heywel il bardo, è un onore riceverti nella mia casa-
Tuonò giovialmente.
-L'onore è mio e mio soltanto, Xiorh della Rocca- dissi piegando ancor di più il capo.
Sir Gareth era un signore infinitamente grande di cuore ma più di chiunque altro esigeva un ferreo rispetto nei suoi confronti. 
Questo si rivolse poi a Gwen.
-E tu, donna, qual è il tuo nome e cosa ti porta qui come mia ospite?-
-Gwen Galwine-
Poi si interruppe e ci scambiammo una rapida occhiata.
-moglie del bardo Heywel-

[N.D.A come avete potuto notare i "cognomi" dei personaggi finiscono sempre in -e. Questo perchè nell'antica lingua Ravinh il genitivo singolare della prima declinazione (uguale per femminile e maschile) corrispondeva alla terminazione -e. Quindi tecnicamente anzichè un cognome è da considerarsi una sorta di patronimico: per esempio il nome di Heywel Galwine in italiano sarebbe "Heywel di Galwin" ovvero "Heywel figlio di Galwin".]

Grazie per aver letto anche questo capitolo, nei prossimi inserirò, se volete, anche accenni di lingua e grammatica Ravinh (la lingua di Tohlann). Se avete tempo lasciate una recensione, a presto :) 

ILLUSTRAZIONE DEL FORTE, QUI RIPORTATO COME "MAACH BARN INFEA" (rocca della fonte eterna)- dal diario di Heywel
 

RITRATTO IN LAPIS DI GWEN - dal diario di Heywel


 
   
 
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