Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: ___Page    11/05/2016    3 recensioni
"-E tu Perona?!- le chiese Kobi, sporgendosi verso di lei.
-Io?!- domandò, sgranando gli occhioni neri, prima di scrollare le spalle -Oh beh io ci penserò quest’anno! Magari trovo qualcosa di motivante!- disse, con un sorriso che era tutto un programma, girandosi verso le amiche che sapevano bene di cosa stesse parlando.
Senza che nessuno lo sapesse, Perona era già diventata qualcosa alla Raftel High School. Da mesi ormai il suo blog andava alla grande e sempre più studenti chiedevano aiuto alla misteriosa quanto famosa Miss Puck, senza restare quasi mai delusi nelle proprie attese.
Ma non aveva bisogno di vantarsi, le andava bene così. Finché avesse avuto Miss Puck, non sentiva il bisogno di essere nessun altro, a parte se stessa."
A grande richiesta, il seguito di Miss Puck, dieci anni dopo.
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Drakul, Mihawk, Perona, Portuguese, D., Ace, Trafalgar, Law/Margaret | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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-Papà vieni a sederti dai- azzardò di nuovo Robin.
Drakul scosse la testa, continuando a camminare su e giù lungo il corridoio, le braccia conserte e gli occhi puntati al pavimento.
Non riusciva a stare fermo, figuriamoci sedersi.
A differenza sua, Zoro era immobile come una statua, seduto accanto a Robin, con le mani chiuse a pugno sulle ginocchia e la nuca appoggiata al muro, pallido e tirato come mai lo aveva visto prima. Si era mosso solo per alzarsi ed abbracciarlo quando era arrivato e poi si era di nuovo chiuso nel proprio mutismo.
Era stata Robin a spiegare tutto a Drakul. Che Boa stava arrivando, che Rufy, Margaret e Nami erano alla caffetteria dell’ospedale con Sabo, Sugar, Kobi, Koala e Izo e, soprattutto, cos’era successo a sua figlia.
Si prese il ponte del naso tra le dita.
Non ci poteva credere. Non che si fosse aspettato che Perona non bevesse nulla, in fondo era a una festa, in fondo avrebbe compiuto diciassette anni proprio quella settimana. Ma ubriacarsi fino a finire in ospedale, di quello non riusciva a capacitarsene. E non era nemmeno chiaro se fosse lì solo per colpa dell’alcool o se avesse assunto anche qualche altra sostanza.
Strinse i pugni, resistendo a stento all’impulso di picchiarli contro il muro.
Perché era successo?! Come era successo?! Perona non era così!
E perché nessuno era ancora andato a parlare con loro?!
Dannazione, stava per esplodere!
-Grazie Kaya-
La sala d’aspetto era piuttosto tranquilla in quel momento e la voce di Law che ringraziava e salutava la giovane dottoressa risuonò chiara e quasi assordante per i Mihawk. Il moro si era allontanato dal resto della famiglia non appena era arrivato in ospedale, precipitandosi a cercare qualcuno che lo aggiornasse sulle condizioni di sua sorella il prima possibile.
Robin, Drag e Zoro lo osservarono avvicinarsi, impassibile e pacato come sempre, e trattennero il fiato, incapaci di interpretare il suo sguardo. Law si fermò a pochi passi e prese un profondo respiro prima di parlare.
-Sta bene- esordì e il sollievo rischio di far crollare a terra Drag che si vide costretto a sedersi quando le gambe gli cedettero -Il tossicologico non ha rivelato nessuna droga o sostanza affine nel sangue. È stato… solo un coma etilico- esitò un attimo prima di pronunciare la parola “solo” -Le hanno fatto una lavanda gastrica ed è attaccata alla flebo di fisiologica ma sta bene. Stanotte la tengono in osservazione- 
-Grazie ai kami- soffiò sottovoce Zoro, prendendosi le tempie con una mano, mentre Robin si alzava e si avvicinava al suo gemello per abbracciarlo.
Stringendola per i fianchi, Law puntò gli occhi grigi su suo padre.
-È sveglia e possiamo andare a trovarla. Ma è molto debole e non va esposta a stress o a altre tensioni emotive- spiegò, comunicando silenziosamente al padre che se aveva intenzione di sgridarla non gli avrebbe permesso di vederla, agendo non come figlio e fratello ma come medico.
Se doveva essere onesto era lui il primo che avrebbe voluto prendere Perona per le spalle e scuoterla fino a tirarle fuori le ragioni del suo comportamento e la promessa che non lo avrebbe fatto più. Non era affatto certo di poter tollerare un altro spavento del genere, già sopportare quell’attesa era stato estenuante. Si era sentito morire quando lo avevano chiamato per informarlo che sua sorella era in ospedale, ricordi dolorosi gli erano tornati alla mente e il panico aveva minacciato di sopraffarlo.
Drag annuì dopo un attimo di esitazione e anche Law annuì in risposta prima che tutti si muovessero per raggiungere la stanza in cui Perona era ricoverata. Ma fatti pochi passi, Mihawk si fermò, voltandosi all’indietro, imitato dopo un attimo dai suoi figli.
-Tu non vieni?-
Ace sollevò per un attimo il capo per poter guardare in faccia il proprio interlocutore prima di ripuntare subito gli occhi sulle proprie ginocchia.
-Non sono sicuro che…- esitò, un po’ in difficoltà a parlare a causa del groppo che aveva in gola -Mi basta sapere che sta bene. Non voglio essere di troppo-
 Drakul continuò a fissarlo con i suoi occhi dorati, senza accennare a muoversi.
Da quando era arrivato in ambulanza con Perona, Ace non aveva detto una sola parola. Era stato Sabo a telefonare a Zoro per avvisarlo e quando Margaret aveva suggerito di andare a prendere qualcosa al bar dell’ospedale tutti i ragazzi avevano accettato volentieri tranne Ace. All’offerta del suo migliore amico di restare lì con lui, Ace aveva declinato ed era rimasto solo in sala d’aspetto con il resto dei Mihawk senza spiccicare mezza sillaba per tutto il tempo.
Mihawk sospirò. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, rassicurarlo ma faceva fatica a rassicurare se stesso, figuriamoci gli altri, e nemmeno sapeva bene cosa passasse nella testa del ragazzo.
Sapeva solo che lo conosceva da quando era un bambino e non c’era ricordo particolarmente importante dell’infanzia di Perona di cui lui non facesse parte. Da sempre Ace c’era per lei, nei momenti belli e ancor di più in quelli brutti, e Drag non riusciva a immaginarsi di andare a salutare sua figlia dopo un simile spavento senza Ace.
Law tornò sui propri passi, fermandosi accanto al padre e continuando a fissare il moro, rannicchiato su un seggiolino della sala d’aspetto.
-Non è stata colpa tua- affermò con determinazione, quasi glaciale, e Ace riuscì finalmente a schiodare lo sguardo dalle proprie rotule per rivolgerlo al fratello maggiore della propria migliore amica -Tu l’hai trovata, tu hai chiamato l’ambulanza, tu sei stato al suo fianco finché non siete arrivati qui. Non le hai impedito di ubriacarsi, questo è vero, ma non era comunque compito tuo. Perona non è più una bambina. Lei ha deciso in piena coscienza di fare ciò che ha fatto e non riesco a capire perché ma non è stata colpa tua. Perciò smettila di macerarti nel senso di colpa, alza il culo da lì e vieni a salutarla, anche perché io non ho voglia di sentire come prima cosa “Dov’è Ace?!” appena entrerò nella sua stanza. Come suo fratello maggiore capisci che mi urterebbe un po’ perciò evitiamo proprio di farlo accadere-
Robin e Zoro si scambiarono un’occhiata, impressionati dall’improvvisa loquacità del fratello, mentre Drag abbozzava un ghigno di orgoglio per l’uomo che suo figlio era diventato. Ace sbatté le palpebre un paio di volte, ancora combattuto.
-Allora?!- insistette Law, il tono lievemente minaccioso e tanto bastò a Ace per decidersi ad alzarsi e aggregarsi a loro.
Law li guidò lungo un paio di corridoi e si fermò a pochi passi da una stanza la cui porta era socchiusa. Prese un profondo respiro prima di entrare, seguito da Zoro, Robin e Drag. Ace si fermò sulla soglia, appoggiandosi allo stipite per assicurarsi un sostegno e fu solo quando la vide nel letto, tirata certo ma sveglia, seduta e non così malconcia come si era immaginato, che il suo cuore riprese finalmente a battere.
Perona osservò a occhi sgranati la propria famiglia radunarsi intorno al suo letto, visibilmente agitata. Fece zigzagare lo sguardo da un volto all’altro, alla febbrile ricerca di qualcosa o di qualcuno, e solo per caso lanciò un’occhiata anche verso la porta, individuando finalmente Ace. Il suo viso si distese impercettibilmente mentre emetteva un sospiro di sollievo.
Poi, la gravità di ciò che aveva fatto la colpì in pieno, come una sprangata tra capo e collo.
Il suo respiro si fece più affannato, la pelle le si imperlò di sudore.
-Papà…- esordì, con voce strozzata, cominciando a tremare impercettibilmente, gli occhi pieni di lacrime -Io… mi dispiace t-tanto…- 
Dalla porta, Ace strinse i pugni e si fece violenza per non correre da lei e rassicurarla. Avrebbe voluto davvero farlo ma sentiva che non era compito suo.
Ricordando ciò che Law gli aveva appena detto, Drag si avvicinò per sedersi sul letto, accanto alle sue gambe. Allungò una mano verso di lei e la accarezzò sul capo con dolcezza, contrastando la severità del proprio sguardo con quel gesto.
-Perona- la chiamò piano.
La rosa si morse il labbro per trattenere i singhiozzi e cercò disperatamente di calmare i tremiti che la scuotevano. Si sentiva così in colpa e così squallida e così… così sbagliata!
Li aveva fatti preoccupare tutti! Sapeva quanto tutti loro odiassero gli ospedali, anche Law se ci doveva andare non in veste di medico. E proprio lei li aveva costretti ad aspettare nel posto che più odiavano al mondo per chissà quanto, per colpa della sua stupidità.
Con la forza d’animo che contraddistingueva tutti i membri della famiglia Mihawk, Perona compresa anche se lei era la più emotiva dei quattro fratelli, Zoro, Robin, Law e Drag attesero che la piccola superasse la crisi di pianto senza distogliere un solo secondo lo sguardo da lei, al contrario di Ace che dovette dedicarsi a esaminare le piastrelle del pavimento per non esplodere.
Odiava vederla così e non poterla consolare cominciava a fargli male anche fisicamente.
Robin, seduta su una sedia lì accanto e con una mano a costante protezione del pancione che iniziava a ingrossarsi, si sporse in avanti per afferrare la mano della sua sorellina quando vide che si stava finalmente calmando.
-Che cosa ti è preso?- domandò Zoro dai piedi del letto, prima di riuscire a trattenersi.
Perona si girò a guardarlo e gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime ma quando parlò la sua voce era più ferma di poco prima.
-Non riuscivo… a smettere di pensarci- ammise, lasciandoli tutti perplessi.
Zoro aprì la bocca per chiedere a cosa si stesse riferendo ma non ce ne fu bisogno quando Perona ricominciò a parlare.
-Continuavo a ripetermi che non devo viverlo come un brutto giorno, che è tutto a posto, che anzi bisogna festeggiare ma non riuscivo a smettere di pensarci. Continuavo… a ripetere “è il compleanno di Lamy, è il compleanno di Lamy, è il compleanno di Lamy” e stava anche funzionando quando mi è venuto in mente che se sabato è il compleanno di Lamy allora domani  è il mio compleanno e all’improvviso, prima che… prima che potessi impedirmelo ho cominciato a pensare…- boccheggiò, in debito di ossigeno, sempre più agitata.
Law strinse i pugni con urgenza, sapendo bene cosa stava per arrivare.
-…a pensare “è… è l’anniversario della morte di mamma, è l’anniversario della morte di mamma, è l’ann… l’anniversario della morte di mamma”- mormorò con voce rotta, ricominciando a piangere -Ed è solo colpa mia! È tutta colpa mia e quindi perché mai dovrei festeggiare il mio stupido compleanno come se fosse un giorno felice?!? Perché voi dovreste essere felici di festeggiarlo con me?!? Se io non fossi nata lei sarebbe ancora qui con voi!!!-
Ace sgranò gli occhi scioccato e furente nel sentirla affermare una cosa tanto abominevole. Sentì che era ormai a un passo dal perdere il controllo quando Perona pronunciò di nuovo quelle cinque parole ma, per fortuna, Law intervenne prima che lui perdesse del tutto la testa.
-Se io non fossi na…-
Le parole si mozzarono in gola a Perona quando Law si avvicinò di prepotenza al suo letto e buttò all’aria le coperte, prendendola in braccio e precipitandosi fuori dalla stanza. Ace uscì di corsa in corridoio, seguito dagli altri tre, nessuno di loro con anche solo una minima idea di cosa il moro avesse in mente.
Lo guardarono raggiungere il fondo del corridoio, ridepositare sua sorella a terra, tenendosela stretta addosso e spalancare la finestra perché l’aria fresca della sera la investisse in pieno.
-Respira- le mormorò piano, rassicurante -È tutto a posto, Perona. Respira… Dentro…. Fuori… Dentro… Brava così… Fuori…-
Il panico l’abbandonò lentamente, il cuore riprese un battito più pacato, il peso al petto che le impediva di respirare si dissolse e Perona si calmò, pur non riuscendo a smettere di piangere.
Si sentiva così stupida, meschina ed egoista! 
E si sentiva così in colpa… così in colpa per tutto…
Law le scostò i capelli che le si erano appiccicati al viso sudato e umido di lacrime, accarezzandole poi una guancia.
Dei passi decisi risuonarono nel corridoio e, quando si voltò verso la fonte del rumore, come tutti, Perona si sentì di nuovo sprofondare. Boa era ferma lì, impassibile e mortalmente seria, che la fissava con uno sguardo difficile da decifrare.
Ancora aggrappata a Law, la giovane Mihawk deglutì a vuoto.
A giudicare dalla sua espressione, aveva sentito ogni parola del suo sfogo e non osava immaginare quanto dovesse farle male sentirla parlare così. Dopo tutto quello che aveva fatto per lei, dopo che l’aveva cresciuta come fosse sua, sentirla dire che avrebbe preferito non essere mai nata per evitare la morte di una madre che non aveva mai nemmeno conosciuto…
Strinse di più la presa su Law quando Boa riprese a camminare verso di lei, senza rivolgere lo sguardo a nessun altro, senza una parola.
Si fermò accanto a Law e gli rivolse una muta domanda, annuendo piano la sua conferma che, sì, ce la faceva a sostenerla. Law si spostò, permettendo a Boa di prendere il suo posto e subito Perona si aggrappò ai baveri della sua camicia.
-Io…-
-Lei ti mancherà sempre- la interruppe Boa, fissandola intensamente e con assoluta sincerità -Mancherà sempre ai tuoi fratelli, a tuo padre e a noi che eravamo i suoi amici e mancherà sempre anche a te. Per tutta la vita. E per tutta la vita lei resterà sempre la tua mamma. Ma guardali- indicò con un cenno del capo il resto dei Mihawk, schierati in corridoio -Forse tu non sai di cosa parlo, forse non sai cos’hai fatto per loro ma ti assicuro che, se tu non fossi mai nata, oggi loro non sarebbero quello che sono e non avrebbero quello che hanno. Io non sarei quella che sono e non avrei quello che ho. E non è egoismo, Perona. Non puoi cambiare la realtà ma puoi trovare del buono e del bello in tutto quello che succede, anche nelle cose brutte. Questa famiglia ha vissuto un momento molto brutto e difficile, è vero. Ma tu sei la cosa buona e bella di quel momento e desiderare di non essere mai nata è più egoista che essere felice di essere qui in questo mondo da… beh da diciassette anni ormai, visto che la mezzanotte è passata- sorrise con dolcezza, accarezzandole una guancia -Buon compleanno, bambina mia-
Perona sentì qualcosa di caldo gonfiarsi dentro il suo petto mentre le lacrime rompevano di nuovo gli argini e si riversavano sulle sue guance. E un enorme sollievo la pervase.
La mamma era arrivata.
Senza esitare, le gettò le braccia al collo, ricominciando a piangere ma stavolta di un pianto liberatorio e benefico che la stava liberando di tutto il male represso che si era tenuta dentro per settimane.
-Sei… sei tu la mia mamma…- riuscì a dirle, tra un singhiozzo e l’altro.
Boa sorrise mentre accarezzava la testa di sua figlia.
Perché non aveva alcuna importanza che non fosse stata lei a portarla in grembo per nove mesi e a partorirla. Lei l’aveva cresciuta, l’aveva sgridata quando necessario, difesa quando era giusto, le aveva insegnato a vivere e avrebbe dato la vita per lei.
Lei, anche lei era sua madre.
-Lo so, amore, lo so- la cullò, baciandola tra i capelli -Siamo tutte e due la tua mamma-
-Ti voglio bene- mormorò con voce strozzata Perona -Ti voglio bene, mamma-
-Anche io te ne voglio. Non immagini quanto-
La strinse più forte e Perona si lasciò andare, riuscendo finalmente a rilassarsi nel posto più caldo e rassicurante del mondo.
Le braccia di sua madre.
 
§
 
-Rufy…-
Il moro si girò verso la sua donna, seduta nel sedile del passeggero, intenta ad accarezzare dolcemente il pancione che tendeva il cotone della sua maglietta. Robin avvertì il suo sguardo addosso e comprese che Rufy stava pazientemente aspettando che parlasse.
-Tu pensi che sarò una brava mamma?- buttò fuori tutto d’un fiato.
E il sorriso che Rufy le rivolse bastò per dissipare tutte le sue paure.
 
***
 
Makino scattò in piedi quando sentì la chiave girare nella toppa. Era tesa come una corda di violino ma nemmeno per un attimo avevo preso in considerazione di correre all’ospedale. Proteggere Lamy da quello che stava succedendo era la sua assoluta priorità.
-Sabo!- lo chiamò, avvicinandosi per abbracciarlo.
Era stravolto.
-Tutto a posto?- gli chiese, mentre lo stringeva.
Sabo ricambiò, annuendo contro la sua spalla e rimanendo immobile a godersi il suo calore per qualche minuto.
-Senti mamma…- esordì poi, allontanandosi quel che bastava per poterla guardare in viso -…volevo solo dirti che qualunque cosa accada, anche… anche con papà e il resto… comunque vada a finire io ci sarò sempre per te. E per Lamy. E vi vorrò sempre bene-
Makino trattenne il fiato, sopraffatta. Poi si riscosse e gli circondò il viso con le mani, regalandogli il sorriso più bello del mondo.
 
***
 
-Non ti devi sentire in colpa perché vedi Boa come tua madre, Zoro-
Sanji si girò a studiare l’espressione quasi sofferente del suo migliore amico.
-Non pensi che lei sarebbe felice di sapere che potete contare su una persona a cui lei voleva così bene? Che volete bene a Boa quanto gliene voleva lei?-
Zoro puntò gli occhi davanti a sé, riflettendo sulle parole del suo migliore amico. A volte si chiedeva che avrebbe fatto senza di lui.
-L’ha mandata lei da noi- mormorò sottovoce, annuendo piano con il capo.  
Aveva ragione Sanji, una volta tanto. Aveva ragione e Zoro provò un moto di gratitudine quasi incontrollato verso di lui e verso tutte le persone che aveva accanto, che erano lì per lui grazie all’intervento di sua madre, ne era certo, che era il loro angelo custode.
-Sanji se io e Nami dovessimo mai avere figli e dovesse mai succederci qualcosa voglio che siate tu e Violet a prendervene cura, okay?- gli disse, in uno slancio emotivo così raro per lui.
Sanji lo fissò impassibile qualche istante.
-Ora stai facendo troppo il tragico, marimo-
Zoro aprì bocca per ribattere che nella vita era meglio essere pronti a qualsiasi evenienza ma non fece in tempo a parlare.
-Tu che procrei perpetrando i tuoi geni. Che ha mai fatto di male l’umanità per meritarsi questo?-
 
***
 
-Dov’è papà?- chiese Monet dalla porta della cucina.
-Fuori a fumare un sigaro. È l’unica cosa che lo calma in certe situazioni. Sugar?-
-Si è addormentata. Era molto scossa-
-Lo immagino- mormorò Dofla, passandosi pollice e indice sugli occhi, una volta tanto liberi dalle lenti scure -Perona ci ha fatto prendere un bello spavento a tutti quanti- 
Intrecciò le dita tra loro, riflettendo qualche istante.
-Povera piccola, non dev’essere per niente facile per lei anche se ha avuto Boa-
Monet deglutì a vuoto, un po’ tesa, portando le braccia a circondare il pancione, protettiva. Poi un pensiero la colse.
-Ehi papà!-
Dofla si girò a guardarla, alzando un sopracciglio con fare interrogativo.
-Lo sai, vero, che né io né Bibi né Sugar abbiamo mai sofferto per la mancanza di una figura femminile in casa?-
Dofla la fissò un istante, prima di sorridere con fierezza, ignaro di ciò che sua figlia stava per aggiungere.
-Voglio dire, tu hai sempre compensato alla grande-
 
***
 
-Allora?!- chiese Shanks con urgenza mentre Drag si avvicinava a lui nella sala d’aspetto dell’ospedale.
Si era rifiutato di andare a casa e lasciare solo il suo amico e fratello in un momento del genere.
-Si è addormentata- rispose Mihawk, sedendosi e passandosi una mano sul volto, distrutto dagli avvenimenti di quella sera -Anche Boa-
Shanks si lasciò andare contro lo schienale, sospirando di sollievo e i due rimasero così per un po’, senza parlare. Drag gli lanciò un’occhiata, incerto su come affrontare la questione ma rompendo presto ogni indugio.
-Shanks ero da Makino quando Zoro mi ha chiamato per dirmi di Perona-
Il rosso sgranò gli occhi e trattenne il fiato, chiaramente spaventato da ciò che il suo migliore amico potesse pensare ora di lui.
-Non so perché tu lo abbia fatto ma so che avrai di certo un buon motivo ma devi darti una mossa a fare quello che stai facendo o la perderai-
Il rosso deglutì a vuoto, colpito sia da quelle parole sia dalla tranquilla reazione di Drag.
-Perché…- cominciò, intenzionato a chiedergli come faceva a non dubitare nemmeno un po’ di lui.
-Perché sei mio fratello e so che non avresti mai fatto una cosa del genere senza un buon motivo. E perché so che non daresti mai un dolore del genere alla madre dei tuoi figli, neppure se non fosse la donna della tua vita che è quello che è Makino. Perciò fammi un piacere, Shanks. Fai quello che devi e poi vai a riprenderti la tua famiglia-
 
***
 
-Pronto?!-
Law si maledisse mentalmente nel sentire l’agitazione nella voce del suo migliore amico. Avrebbe dovuto immaginarlo che Pen si sarebbe allarmato nel ricevere una sua telefonata a quell’ora di notte e far preoccupare qualcuno a cui teneva era l’ultima cosa che voleva quella sera.
Ma tant’è, ormai aveva fatto il danno, perciò…
-Law?! Ci sei?!-
-Sì, Pen, scusa-
-Ehi amico. Tutto a posto?-
Law se lo immaginò mettersi a sedere nel letto accanto a Rebecca che dormiva e passarsi una mano sul volto assonnato e tra i capelli scompigliati.
-Sì, più o meno… Io… Senti Pen tu… tu mi sei sempre stato vicino in tutti questi anni no?- la prese larga il moro.
Dall’altro capo del telefono, Pen corrugò le sopracciglia.
-Sssì- mormorò cauto e perplesso.
-Okay e quindi… sai, io non so se… se senza di te accanto sarei la persona che sono adesso. Voglio dire ovviamente ho mio padre e i miei fratelli e Margaret! Cioè Margaret mi ha cambiato la vita ma finché non è arrivata lei tu hai fatto davvero un gran lavoro, mi hai sempre spronato a godermi di più la vita, c’eri sempre per giustificarmi quando io ero troppo severo con me stesso e… e so di non essere stato per niente facile e avere fatto muro eppure non mi hai mai abbandonato. E insomma, okay, è vero, è dovuta arrivare Margaret per tirarmi fuori dall’acqua ma nel frattempo tu mi hai sempre tenuto a galla!-
-Okay, ehi, ehi, ehi! Wow, wow, wow! Momento, amico!- lo interruppe Pen -Law hai bevuto per caso?! Perché, non che non mi faccia piacere eh! Ma tutto questo suona molto gay-
Law strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la propria saliva.
Cos’aveva detto il deficiente?!
-Non è niente del genere! Ah, dannazione!- imprecò afferrandosi le tempie con la mano libera -Senti, quello che voglio dire è grazie per avermi fatto da mamma-
Silenzio.
Ancora silenzio.
-Oh… Oh beh è stato un piacere. Almeno credo-
 
***
 
-Pronto mamma?-
-Margaret! Tesoro come mai mi chiami a quest’ora?! È successo qualcosa?-
-No, no! Scusa, non volevo svegliarti! Io…-
La bionda si prese il ponte del naso tra le dita.
Cosa le era venuto in mente?!
-Non preoccuparti. Dimmi tutto. Stai bene?!-
-Sì mamma, assolutamente. Io volevo solo…-
                               
***
 
-…volevo solo dirti che ti voglio bene- soffiò Nami attraverso il ricevitore.
Bellemere sbatté le palpebre un paio di volte, presa in contropiede. Poi le sue labbra si piegarono in un sorriso.
-Anche io ti voglio bene, bambina mia-
 
***
 
-Mamma sei ancora sveglia?- domandò Ace, tra il sorpreso e il preoccupato, fermandosi sulla porta del salotto.
Rouge sorrise eterea a suo figlio, allungando un braccio per fargli capire che si avvicinasse e si sedesse accanto a lei, invito che Ace non si fece ripetere.
-Ho appena finito di parlare con tuo padre. Ha deciso che vuole andare in vacanza a Skypeia quest’anno- lo informò mentre il ragazzo si accomodava accanto a lei, permettendole di accarezzargli la schiena.
Ace sorrise, come sempre quando vedeva come i suoi genitori riuscissero ad amarsi e stare insieme nonostante le difficoltà logistiche della loro relazione. Chinò il busto in avanti, intrecciando le dita, riflessivo. Sapeva che era vero solo in parte che era quello il motivo per cui sua madre era ancora in piedi. Sapeva che lo stava aspettando, che tutto quello era per lui.
-Perona sta bene- disse Rouge.
Non era una domanda.
-Lo so-
-E tu stai bene?- chiese ancora, scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte.
-Credo di sì- rispose Ace girandosi a guardarla e fissandola per un po’ prima di parlare di nuovo.
-Ehi mamma-
-Dimmi-
-Grazie-  
-Per cosa?!-
-Per tutto. Per… per esserci sempre, per avermi cresciuto praticamente da sola…-
La donna sorrise materna e affettuosa, guardando Ace con infinito amore prima che un dubbio si insinuasse nella sua mente e lei si accigliasse.
-Ehi, non è che hai qualcosa da farti perdonare di cui non mi hai ancora parlato vero?!-
Ace spalancò gli occhi indignato.
-Eddai mamma!- protestò.
Le loro risate riempirono il salotto per qualche secondo e quando entrambi smisero di ridere, Rouge tornò a guardarlo, sincera e dolce.
-Ne è valsa la pena Ace. Ogni momento- 
  
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