Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: TheStoryteller    12/05/2016    4 recensioni
Dieci anni dopo il suo arrivo a Volterra con l'intento di salvare Edward, Bella ha perso ogni memoria del proprio passato e, vampira, è divenuta parte della Guardia dei Volturi. Offuscata da una coltre di menzogne si appresta ad usare i suoi talenti per regalare ai suoi Signori la vittoria di una guerra della quale non conosce davvero le trame, che la condurrà verso i propri ricordi e alla scoperta di una verità antica che sconvolgerà l'intera Corte di Volterra.
"Fuoco ardente che divampa e divora le membra duttili.
Si ciba di sospiri spenti.
Porta con sé ricordi di dolori e gioie, di risa e pianti.
Due occhi amorevoli mi osservano e poi scompaiono nei meandri del sonno eterno.
Chi sei?
La domanda si dissolve nel buio tormentato di una notte senza ritorno"
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Demetri, Edward Cullen, Isabella Swan, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Lo so, ci ritroviamo di anno in anno, ma efp è uno spazio che - da quando anni fa lo ho scoperto - mi è sempre piacuto frequentare, anche di tanto in tanto, quando gli impegni lasciano un minuto di respiro. Faccio un grande saluto ai pochi rimasti e mi scuso ancora con loro per le mie lunghe assenze. 
Una lettrice mi ha fatto una richiesta più che ragionevole alla luce dei mesi che intercorrono tra un aggiornamento e l'altro... mi appresto ad accontentarla e la ringrazio fortemente per il suggerimento. Di seguito, prima del capitolo vero e proprio, troverete una breve sintesi di quanto avvenuto fin ora.

Nei capitoli precedenti...
Quando Bella e Alice si recano a Volterra nel tentativo di salvare Edward la situazione precipita irrimediabilmente. Aro non acconsente che Bella lasci la sua Corte a meno che non sia trasformata in vampira. Rassicurato da una visione di Alice e dall'insistenza della ragazza, Edward si convince di poterci riuscire. Provato dagli stenti degli ultimi mesi, tuttavia, non riesce a fermarsi in tempo e Bella muore tra le sue braccia. 
Dieci anni più tardi le cose sono cambiate: Edward ha tagliato ogni contatto con la propria famiglia e ha intrapreso un viaggio intorno al mondo per formarsi come guerriero ed ottenere nuove straordinarie abilità, la famiglia Cullen si è dedicata a creare una comunità che avvicini qualunque vampiro ne manifesti il desiderio ad uno stile di vita vegetariano, i Volturi hanno tenuto in vita Bella, privandola della memoria ed addestrandola per divenire parte della Guardia. Quest'ultima durante il suo addestramento si avvicinata a Demetri con il quale ha relazione. Con la complicità di questi e all'oscuro da Aro, si nutre soltanto mediante sacche ematiche, ripudiando l'idea di ferire gli umani. Nell'ultimo periodo ha sviluppato uno strano malessere che la priva dei sensi e fa dubitare a Demetri e Marcus che la sua memoria possa restare manipolata ancora a lungo.
Contemporaneamente alla decisione di Aro di nominare Demetri come comandante della Guardia in vista della spedizione che lo porterà in Nord America, Edward pone fine al proprio vagabondare e rientra a casa con il proposito di convertire la comunità pacifista gestita da Carlisle in un esercito pronto ad entrare in guerra con i Volturi. Osteggiato nel suo proposito dai membri della famiglia, Edward affronta le questioni rimaste in sospeso con Alice. Quest'ultima si era difatti rivelata consapevole che Bella non sarebbe mai tornata dal suo viaggio a Volterra, ma il desiderio di salvare il fratello l'aveva indotta a tacere. La controversa natura dell'affetto nutrito da Alice nei confronti di Edward, peraltro, ha indotto Jasper ad allontanarsi ed avvicinarsi a Kate. 



 

Volterra, 1 giugno 2016
Edward
 
L’aereo privato era atterrato senza ritardi all’aeroporto di Pisa, dove una Mercedes dai vetri oscurati ci aveva atteso per condurci a San Gimignano, un piccolo borgo storico poco lontano da Volterra. Avevamo deciso di mantenere una distanza di sicurezza dal palazzo e prenotare una stanza in un albergo modesto e defilato. Ci eravamo presentati come Emily ed Anthony Smith, una coppia di americani in viaggio nelle suggestive colline toscane: nessuno aveva fatto troppo caso a noi nella bolgia di turisti che nella prima estate affollava normalmente questa regione. La scelta di affrontare il viaggio con Alice e nessun altro si stava dimostrando opportuna: era risaputo che il controllo dei Volturi si estendeva oltre le mura di Volterra e il sopraggiungere di un gruppo numeroso di ragazzi dallo straordinario aspetto poteva destare attenzioni non desiderate. Ciò nonostante Jasper non si era mostrato d’accordo…
 
“Non è una buona idea. È troppo pericoloso” aveva obbiettato Jasper dopo aver saputo della nostra partenza. 
“Non sono d’accordo” aveva ribattuto Alice. “L’intera guardia dei Volturi prenderà parte alla cerimonia di investitura del nuovo comandante. I sotterranei resteranno pressoché incustoditi: due o tre sentinelle al massimo…”
Avevo scandagliato tutte le linee temporali che la sua mente metteva a disposizione. I rischi sembravano essere minimi e il buon risultato dell’operazione abbastanza probabile. Non c’era motivo di indugiare. “È la soluzione migliore” avevo concordato. 
Jasper batté un pugno sul tavolo, dando libero corso alla propria frustrazione. “E se qualcosa va storto? E se qualcuno vi riconoscesse? Volete infilarvi completamente privi di protezione e senza neanche l’ombra di un piano in un maledetto sotterraneo senza alcuna via d’uscita! Potreste essere catturati e chissà cos’altro! È pura follia!”
“Non avremo un’altra occasione del genere nel prossimo futuro” spiegò Alice, usando con una tale pacata risolutezza da non lasciare spazio a ripensamenti. Non avrebbe cambiato idea, indipendentemente da qualsiasi contestazione potesse esserle mossa.  
Jasper la guardò un lungo minuto, incerto su quale potesse essere la giusta leva per convincerla a tirarsi indietro. L’accenno di una controversa emozione nell’animo di lei, tuttavia, ebbe la capacità di ferirlo nel profondo e indurlo a desistere da ogni proposito. Si alzò, pronto a lasciare la stanza. “Auguro ad entrambi di trovare ciò che state cercando” disse prima di chiudersi la porta alle spalle. 
 
Mi voltai verso la mia compagna di viaggio, momentaneamente intenta ad ispezionare la stanza. L’avevo osservata a lungo durante gli ultimi giorni e non avevo potuto fare a meno di notare che il suo modo di fare era mutato da quello dei miei ricordi: si muoveva in modo pratico, deciso, calcolato e sembrava aver perso quella spontaneità e vivacità che erano tratti tipici del suo carattere. Ogni sua azione appariva frutto di un complesso processo valutativo che teneva conto di ogni possibile futuro cui la sua mente le consentiva accesso. La nostra lontananza e gli accadimenti che l’avevano determinata dovevano aver impresso in lei un cambiamento tale da interessare la sua intera personalità. Mi trovai a chiedermi se fosse permanente. 
“Stai ancora pensando di uccidermi?”
“Non in questo particolare momento”
Diede un’ultima sbirciata dalla finestra e, compiaciuta da quanto aveva osservato, prese posto allo scrittoio. “Cosa c’è di tanto importante in quel libro?”
“Mi domandavo quando me lo avresti chiesto” considerai. Sapevo che durante il volo Alice aveva avuto una visione di un futuro in cui scappavamo da Volterra con un libro antico tra le mani, ma non aveva proferito parola al riguardo. Neanche dai suoi pensieri era stato possibile comprendere il motivo della sua esitazione. “Contiene una lista”
Alzò un sopracciglio, perplessa. “Una lista? E di che cosa? Ingredienti per pozioni magiche?”
“Di vampiri”
La sua espressione si fece grave e una ruga di preoccupazione le segnò il volto. Le ripercussioni di quanto stavo per rivelarle si riversarono come una valanga sul suo inconscio, capace di percepire gli esiti di quella conversazione ancora prima che fosse finita. “Non può essere” sussurrò.
“Da secoli i Volturi registrano i vampiri che posseggono particolari qualità: conservano elenchi dei loro nomi, delle loro posizioni e, ovviamente, del peculiare dono di cui sono in possesso”
Era incredula, stentava a credere alle proprie orecchie. “Come lo sai?”
“Durante i miei viaggi ho avuto modo di incontrare uno dei vampiri che ha contribuito a redigerli” 
Fu sul punto di chiedere maggiori informazioni in proposito, ma desistette, mostrandosi piuttosto attratta da quale fosse il mio movente. “A cosa ti serve consultare quelli elenchi?”
“Desidero conoscere il nome di un vampiro in possesso di un’abilità che mi interessa”
“Quale?”
La guardai con magnanimità. “La visione del futuro”
 
***
 
Il cielo era coperto di nubi scure. Una pioggia di fulmini in lontananza era l’unica fonte di luce in una notte senza stelle. “Sei pronta?”
Alice raddrizzò il lungo mantello sulle spalle e fece scivolare sopra gli occhi la maschera nera che fino ad allora aveva lasciato sulla fronte. “Sono credibile?” chiese con un vago eco di vanità nella voce. 
Era preoccupata che qualcosa andasse storto anche se cercava di non darlo a vedere. “Entrare nei sotterranei di Volterra quando l’intera guardia vi è riunita è pericoloso e stupido…” Si stava domandando se l’idea di seguirmi, anche a dispetto delle riserve di Jasper non fosse l’ennesima pazzia dettata dal senso di colpa ovvero da quei sentimenti indefiniti che provava nei miei confronti. 
“Da questa parte” le indicai, precedendola in una strettoia tra vecchie case dalle mura di pietra. 
L’imbocco dei sotterranei era poco distante. Al termine di quel corridoio ci saremmo trovati alle soglie di una piccola piazza su cui troneggiava un’antica villa abbandonata circondata da alte inferriate coperte di rovi. Una conoscenza mi aveva assicurato che dalle cantine era possibile raggiungere la vecchia corte di Volterra e che quel punto di accesso non era più utilizzato da decenni. Bisognava però attraversare la piazzetta… e non vi era altro modo se non farlo allo scoperto. “Vado per primo”
Alice annuì.
Prima di farmi avanti mi posi un momento in ascolto. Non c’era rumore di pensieri nell’aria, se non quello di una Volterra dormiente, ignara del pericolo che, da secoli, albergava nelle sue stesse viscere. 
Il passaggio era incustodito. 
Uscii fuori dal mio nascondiglio e a passi lunghi e cadenzati percorsi il diametro della piazza fino all’alto cancello. Alice procedeva alle mie spalle, con circospezione. La sua mente era proiettata nel nostro futuro prossimo e più certo. Tutto sembrava procedere come programmato
Il cancello si aprì praticando appena una leggera pressione. All’apparenza era vetusto, ma i battenti scivolavano silenziosi, segno di una perfetta manutenzione. 
Raggiungemmo l’interno della villa e attraversammo il salone abbandonato e vuoto. Cherubini e angeliche creature seguirono dall’alto dei soffitti affrescati i nostri passi fino all’antro delle scale, dal quale era possibile salire al piano padronale o scendere nelle cantine. Sondai ancora lo spazio che ci circondava alla ricerca di qualche pensiero sfuggito al precedente controllo. Nulla, se non le riflessioni di Alice. Mi voltai appena nella sua direzione, facendole cenno che era tutto a posto. 
Discesi lungo le scale fino a giungere ad un vecchio scantinato spoglio, ricavato nelle mura antiche della Volterra del medioevo. Diedi alle fiamme un pezzo di legno apparentemente abbandonato nel sottoscala. Alla luce della fiaccola scandagliai l’enorme stanzone alla ricerca del pesante portone di ferro che avrebbe dovuto costituire l’accesso alla corte abbandonata. 
Trovai la porta dietro un arco che divideva l’ampio spazio della cantina da un piccolo antro che doveva servire per la buona conservazione del vino. Attesi che Alice mi raggiungesse e, non appena mi fu di fianco, lasciai la fiaccola a crepitare sul pavimento. Secondo le nostre previsioni dall’altra parte avremmo dovuto trovare solo un corridoio cadente e spoglio, ma era meglio essere prudenti… Da lì avremo proseguito al buio. 
Varcammo la soglia e ci trovammo all’interno di una reggia sotterranea ben organizzata e funzionale ad accogliere un impero sorprendentemente popoloso. Procedemmo senza intoppi per un labirinto di passaggi, corridoi, saloni e appartamenti, diretti verso il luogo che era certamente stato il più temuto e inaccessibile di quella Corte sconfessata… Aro non voleva tutt’ora lasciarlo incustodito, nonostante fosse disabitato da decenni. 
I suoi vecchi appartamenti
La più grande fonte di conoscenza della nostra razza era nascosta nel cuore di quelle stanze che erano state la sua privata dimora. Storia, anatomia, filosofia, scienza… qualsiasi cosa avesse avuto a che fare con i vampiri nei secoli, era raccolta nei suoi archivi. Lì avrei trovato il volume che stavo cercando, quello sulle cui pagine erano riportate le generalità dei vampiri che nei secoli avevano dato sfoggio di inusuali capacità. Erano tutti classificati in elenchi anagrafici che tracciavano la storia del vampiro e definivano i caratteri del potere che custodiva. Così erano selezionate le nuove reclude dei Volturi, circuite e indotte alla resa
Due Volturi erano stati eletti alla veglia perpetua di quell’archivio dimenticato, tanto segreto che soltanto in pochi avevano il beneficio di conoscerne l’esistenza. Secondo la mia fonte svolgevano quell’incarico, instancabilmente, da almeno duecento anni… ed erano in grado di resistere a qualsiasi condizionamento. Avremmo presto scoperto se era la verità
“Che cosa credi di fare?” chiese Alice, strattonandomi per un braccio e obbligandomi a rallentare. La sua mente mostrava le immagini di un futuro in cui ero costretto in un angolo dai colpi dei due guardiani e sostanzialmente prossimo alla capitolazione. “Ti farai ammazzare”
“Resta qui” le intimai perentorio e mi svincolai dalla sua presa. 
Percorsi il corridoio rapidamente e mi bloccai soltanto al suo termine, un passo prima di rivelare la mia presenza. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, quanto bastava a raggiungere la massima concentrazione. Ne avrei avuto bisogno per usare a pieno il mio potere… 
Mi mossi più velocemente che potevo, sfruttando la loro sorpresa e la lentezza dovuta all’immobilità e assenza di stimoli cui erano stati obbligati durante quella veglia centenaria. Prima che potessero rendersene conto ero loro davanti e tenevo saldi tra le mani i loro avambracci, creando tra noi il contatto di cui avevo bisogno per usare il mio nuovo e prezioso talento. I loro occhi si velarono della nebbia del condizionamento, i loro propositi, i loro rimpianti, la storia delle loro intere esistenze si riversò nella mia mente con un fiume in piena... fu necessaria tutta la mia concentrazione per non lasciarmi sopraffare. “Raggiungete la festa. Indossate una maschera. Nessuno deve sapere che avete abbandonato la vostra postazione” ordinai loro in tono basso e perentorio. Tanto bastava per imporre la mia volontà sul loro libero arbitrio, spezzare ogni resistenza della mente e renderla schiava di ogni mio imperio. “All’alba riprendere il vostro posto e dimenticherete di esservi mai allontanati. Ricorderete una notte come le altre, in cui non è accaduto niente di strano”. 
Li liberai dalla mia presa e gli osservai dirigersi ubbidienti verso la direzione dalla quale ero arrivato. 
Percepii Alice irrigidirsi nel vederseli passare affianco, ma ben presto si rese conto che non riuscivano a vederla. Mi raggiunse un istante più tardi. Aveva sul viso un’espressione profondamente turbata. “Stai bene?” 
Attraverso i suoi pensieri vidi riflessa un’immagine provata di me stesso: occhiaie marcate e annerite sotto gli occhi affaticati, il volto scavato, la posa un po’ meno che flessa. “Più sono antichi, più è impegnativo condizionarli…” spiegai, senza scendere nel dettaglio. 
Un’infinità di domande, delle quali in parte conosceva già la risposta, affollava la sua mente, ma decise di non dar loro voce, almeno per il momento. “Nessuno ci disturberà, adesso” valutò, facendo cadere il discorso. “Ma facciamo in fretta”
Annuii e la precedetti all’interno del grande portone rimasto incustodito. Ci trovammo alle soglie di una enorme biblioteca composta di almeno una decina di stanze, tutte tra loro connesse con passaggi ad arco. Ognuna di esse era arredata con scaffali che andavano dal pavimento fino all’alto soffitto e da un enorme tavolo centrale, attrezzato di leggio, calamaio e pergamena antica. Nella più totale assenza di feritoie e luce viva, l’aria era claustrofobica. Un umano non avrebbe resistito in quel luogo per più di pochi minuti… 
“C’è una qualche sorta di classificazione?” chiese Alice, ponendosi una mano davanti alla bocca in un gesto umano ed assolutamente inutile. Non stava più respirando da qualche minuto. 
“Non ne ho idea. A quanto pare Aro non ha mai consentito a nessuno – tranne forse Marcus, Caius e Dydime - di entrare in questo posto” 
“Ci metteremo tutta la notte” considerò con la consapevolezza di chi conosce il futuro e, senza perdersi d’animo, mi fece cenno che avrebbe iniziato a cercare nella prima sala rivolta ad est. 
Per contro mi spostai sul lato ovest, imbattendomi in una serie di volumi rarissimi trascritti in latino che riportano la storia bizantina da un punto di vista certamente inedito per gli storici contemporanei... Dopo poco mi resi conto che l’intera sala era dedicata a quell’area tematica e mi spostai nella successiva e poi ancora nella seguente. 
“Trovato qualcosa?” chiese Alice dopo più di un’ora di ricerche a velocità accelerata. 
“Niente”
Presi una deviazione che, passando attraverso un basso arco conduceva in una sala dal soffitto bassissimo e dall’aria ancora più insalubre delle altre. Gli scaffali lì erano fino a metà parete ed erano riempiti soltanto nella fila centrale da quattro enormi volumi. Mi avvicinai al tavolo sommerso di carte e notai che vi erano appuntati lunghi elenchi di nomi. 
Ero nel posto giusto…
Chiamai Alice e insieme cominciammo a sfogliare i pesanti volumi rilegati. “Credo che ogni volume corrisponda ad un continente. Questo è dedicato alle Americhe. Ci sono anche i nostri nomi…” indugiò appena un secondo prima di continuare. Aveva un’espressione grave sul viso. “…e quello di Isabella”
 “Di cosa stai parlando?”
“Guarda”
Mi porse il pesante volume aperto alla pagina che riportava il nome di Isabella Swan. Era poco più di un appunto che riportava la data del 15 aprile 2006 e il dono posseduto, identificato col termine “scudo”. “Probabilmente hanno iniziato ad appuntare anche i nomi di coloro che mostrano fin da umani potenzialità che con la trasformazione possono divenire talenti. La data è quella della sua morte”
“Edward, se solo tu volessi prendere in considerazione la possibilità che…”
La ammonii con uno sguardo di ghiaccio. La speranza di rivederLa aveva distrutto tutto quello che ero stato e che avrei mai potuto essere. La mia stessa esistenza era dipesa esclusivamente dallo sforzo di strapparmi di dosso quel fardello. “Se i registri sono classificati per continente, allora dobbiamo trovare quello dedicato all’Europa”
Alice mi osservò qualche secondo, indecisa sull’aggiungere qualcosa, ma desistette e riprese la ricerca.
Il volume era l’ultimo della fila. Lo sfogliai velocemente, quanto bastava ad assicurarmi che contenesse l’indicazione che stavo cercando. 
“Possiamo andare?”
Controllai l’ora. Erano le quattro del mattino… tutto era andato come previsto. “Sì, sbrighiamoci”
Uscimmo dall’archivio e ripercorremmo a ritroso la strada che conduceva all’uscita della Corte sotterranea. Stavamo quasi per varcare le soglie della cantina della villa abbandonata quando Alice si fermò di colpo, travolta da una visione. Il loggiato affacciato sul giardino interno del Palazzo Vecchio di Volterra era illuminato da decine di torce accese che irrogavano la loro luce calda ed accogliente sul profilo pallido di un vampiro il cui volto era coperto da una maschera. I serici capelli raccolti in una coda ordinata e il volto esangue e dai lineamenti affilati dai secoli non lasciavano dubbi sul fatto che si trattasse del Signore di Volterra. Il silenzioso avvicinarsi di qualcuno alle sue spalle lo indusse a voltarsi ed a rivolgere un sorriso compiaciuto al nuovo ospite. “Bentornato, Edward Cullen”
Alice impiegò un minuto intero prima di tornare pienamente cosciente ed appena un secondo per posare la sua mano sul mio avambraccio in una stretta che costituiva di per sé una preghiera. “Non puoi andare” disse, avendo ben previsto le mie intenzioni. 
Meditai qualche secondo, osservando l’inquietudine nei lineamenti della sorella che avevo rinnegato. Che provasse o meno dei sentimenti nei miei confronti, lei sembrava essersene convinta. “Desidera incontrarmi” le spiegai con durezza. “Voglio sapere perché”
“Edward, è una trappola…”
Posai la mano sulla sua. “Porta il libro al sicuro. Ti raggiungerò appena possibile”. 
Se avesse insistito ancora l’avrei soggiogata ad andarsene, ne fu consapevole appena un secondo più tardi che quel pensiero si formò nella mia mente. Quella prospettiva riuscì talmente a sdegnarla che allontanò immediatamente la propria mano, interrompendo ogni contatto tra noi. “Come preferisci”
Ci salutammo con un breve cenno appena fuori la vecchia villa abbandonata. Lei si sarebbe allontanata da Volterra e avrebbe atteso, nascosta, che si facesse l’ora per ripartire dall’Italia… Io sarei andato incontro al mio destino, dritto al Palazzo Vecchio di Volterra. 
 
***
 
Entrai nel Palazzo da un ingresso laterale ed evitai accuratamente il salone in cui stava avendo luogo la festa. Indossavo una maschera sul volto e vestivo l’uniforme dei Volturi - completo scuro a doppio petto abbottonato fino al collo e un mantello lungo fino ai piedi calzati da stivali di cuoio nero. Non avrei destato l’attenzione, ma era meglio prestare la massima cautela…
Raggiunsi il cortile interno senza incrociare nessuno, come se tutti i corridoi fossero stati per magia privati della bolgia che normalmente li animava e che, quella sera, avrebbe dovuto essere traboccante a causa della festa. 
All’esterno, nonostante fosse giugno, l’aria era densa di elettricità e a momenti sarebbe iniziato a piovere. Trovai Aro ad attendermi esattamente nel punto in cui si trovava nella visione di Alice. La sua mente era vuota di particolari macchinazioni e impegnata soltanto nel valutare l’organizzazione che Caius aveva scelto per la festa. Se si aspettava qualcosa da quell’incontro i suoi pensieri non ne portavano traccia. Mi concentrai sulla realtà circostante e mi accertai che nei dintorni non vi fosse nessuno. 
Eravamo soli.  
Si voltò appena sentendomi arrivare, dedicandomi un sorriso cordiale quanto raccapricciante. “Bentornato, Edward Cullen”
Mi feci avanti senza rispondere, fermandomi ad appena un paio di passi di distanza, quanto bastava affinché, allungando la mano, non fosse in grado di toccarmi. “Come sapevi che ero a Volterra?”
“Vorrai perdonare la mia scortesia, ma non posso rispondere a questa domanda… Non trovo equo condividere i miei trucchi con qualcuno che non è disposto a fare lo stesso con i propri” dichiarò, porgendomi la mano in un invito a condividere i miei pensieri. La mia assenza di reazione parve compiacerlo perché proruppe in una risata stridula e consumata dai secoli. “Come pensavo” ammise ed abbassò la mano, rinunciando ad avere accesso alla mia mente.
I suoi pensieri, ancora una volta, erano vacui e non mi fornirono più elementi di quanto avessero fatto le sue parole. “Come sapevi che ero a Volterra?” 
Assunse un’aria pensosa ed esitò prima di rispondere. “Ho le mie fonti e tuoi metodi sono molto meno sofisticati di quanto tu creda. Sono contento, comunque, che tu sia passato a farmi una visita. Ero molto curioso di rivederti. Sono sorte delle leggende intorno al tuo nome… Dicono che tu sia diventato molto potente oltre che folle e che tu stia cercando un esercito per sconfiggerci, per vendicarti di quello che accadde dieci anni fa. È questo il tuo intento? Distruggere l’unica organizzazione abbastanza temuta da garantire il rispetto delle regole tra i membri della nostra razza?” 
Restai impassibile mentre misurava il mio sguardo con una lunga e attenta occhiata. Senza muovermi, allertai ogni difesa, colto dalla netta sensazione che, da un momento all’altro, avrebbe potuto coprire la distanza che ci separava e guadagnare la presa sul mio braccio e miei pensieri. Fu con grande sorpresa che lo osservai portare una mano all’altezza del cuore e schernirsi con fare bonario. “Perdonami, mio caro. Sono stato egoista e ho pensato esclusivamente ai miei interessi. Se hai accettato di incontrarmi è perché brami disperatamente una risposta… Non voglio farti attendere oltre”
“Non ho posto alcuna domanda”
Rise sonoramente con la sua voce stridula e consumata dai secoli. “Arrogante, come sempre” considerò. “Almeno questo non è cambiato… Lei ne sarà certamente conquistata”
Gli rivolsi un’occhiata ammonitoria. “Non sono interessato ai tuoi trucchi”
“Trucchi?” domandò con un’espressione di finto stupore. “Tu credi che sia tutta un’illusione, che ti abbia mostrato un bel fantoccio soltanto per stanarti, circondarti e farti affrontare, da solo, il mio potente esercito? No, mio caro, ti stai ingannando. Non è questo il futuro che ho in mente per te… Questa sera lascerai Volterra illeso e con il tuo prezioso bottino. Tu vuoi una guerra e non ho nessuna intenzione di tirarmi indietro…” si interruppe e i suoi occhi si accesero di una luce malvagia. “Se ho voluto vederti è per concederti un’ultima possibilità di dare un significato alla tua misera esistenza. Tu credi di avere il controllo di te stesso e di essere pronto a sacrificare ogni cosa ti sia mai stata a cuore per ottenere la tua vendetta, ma ti sbagli. Non ne sei consapevole, ma hai ancora molto da perdere: la famiglia a cui sei inscindibilmente legato, la ragazza per la cui perdita hai raggiunto l’orlo della follia, il docile gruppo di vampiri che rinnega la propria natura nella speranza di vivere integrato con il genere umano e gli umani stessi, a cui dimostri tanto attaccamento. Ognuno di loro è un’arma nelle mie mani che mi permetterà di mandarti in pezzi. Non sei pronto per una simile impresa. Inchinati al mio volere, entra nella guardia spontaneamente e tutto ti sarà perdonato… altrimenti ti porterò via ciò che più ti è caro, pezzo dopo pezzo, ti ridurrò in catene e annienterò tutto quello che ti rende umano fino a renderti una bestia al mio comando”
Mi lasciai andare ad un mezzo sorriso. “Tu non hai idea di chi io sia diventato e di cosa, adesso, io sia capace. Non mi unirò mai al tuo esercito”
“Perché non dovresti? Le tue capacità sarebbero valorizzate come in nessun altro luogo tra le mie guardie.… Edward Cullen, rispettato e temuto ogni dove. E in fondo, Isabella è qui. L’ho tratta in salvo per te. È il tuo regalo di benvenuto”
Osservai l’essere abbominevole che avevo di fronte, chiedendomi se si rendesse conto dell’odio e del desiderio di vendetta che provavo nei suoi confronti. Lo avrei ucciso con le mie mani, avrei depurato la terra dal tutto il male che aveva causato col fuoco della sua pira. Lo avrei fatto già adesso, se non fosse così protetto, nel cuore del suo palazzo, circondato dal suo esercito. Lo avrebbero salvato prima che le sue carni si fossero tramutate in cenere. No, non avrei sprecato così la mia occasione… Il momento giusto sarebbe arrivato, presto
“Non mi interessa la gloria” ribadii con calma, senza lasciare all’odio il sopravvento. 
“E la pace? Neanche quella ti interessa?”
“Otterrò la pace soltanto dopo averti seppellito sotto le macerie del tuo palazzo”
“Sapevo che avresti risposto in questo modo, ma ti concederò ugualmente un po’ di tempo per ripensarci. Dopotutto, prima di considerare in modo definitivo le tue parole, desidero che tu possa rivedere la tua Isabella…”
Un tempo il solo sentire pronunciare il suo nome da labbra indegne mi avrebbe fatto reagire, ma non adesso che avevo accettato la sua morte e intrapreso la strada che mi avrebbe consentito di vendicarla. Non abbassai lo sguardo dal predatore innanzi a me né accolsi la sua provocazione. “Lei è morta dieci anni fa, Aro, e non esiste artifizio che possa averla mantenuta in vita” 
“Oh, Edward, mi sottovaluti” mi schernì con un’espressione di trionfo sul viso cereo. “Affrettati, ti attende nella torre nord”
 
***
 
Volterra, 1 giugno 2016
Bella

Il salone delle adunanze era illuminato da centinaia di candele che riverberavano la loro luce fioca sui lucidi pavimenti di marmo chiaro. Articolate composizioni floreali addobbavano gli angoli della sala, scendendo a grappoli dai lampadari di cristallo e creando l’illusione di luogo incantato sospeso nel tempo anziché in un sepolcro eroso dai secoli. Tutta la guardia sembrava essere presente: gli uomini indossavano l’alta uniforme con gli stivali fino al ginocchio e il lungo mantello posato sulle spalle, le donne vestivano abiti sofisticati e tacchi vertiginosi, secondo l’ultima moda umana. C’era qualcosa di lugubre in quell’artefatto tentativo di emulare una realtà della quale nessuno faceva ormai più parte… Qualche umano era presente, ignaro di convogliare su di sé l’attenzione dei presenti anche rimanendo in disparte: un paio di uomini d’affari desiderosi di protrarre le proprie fortune per l’eternità, qualche drogato arruolato per strada con la promessa di qualche spicciolo alla fine della festa, una decina di donne invaghite dall’avvenenza dei loro accompagnatori non morti e, ovviamente, Gianna. Mi venne il voltastomaco al pensiero che tutto quello sfoggio di antica magnificenza si sarebbe tramutato nell’ennesima carneficina. 
Mi feci spazio tra la folla, in cerca di Demetri. A momenti Aro avrebbe ufficializzato la sua nomina a comandante della guardia, investendolo di un privilegio che prima d’allora non era mai stato concesso a nessun altro. Non riuscivo a fare a meno di chiedermi quale fosse il movente di quella decisione e quale ne sarebbero state le conseguenze. La linea di comando era in procinto di cambiare. Ci sarebbero stati reparti che avrebbero dovuto rispondere direttamente al nuovo comandante, spedizioni che sarebbero state coordinate direttamente da Demetri e delle quali lui stesso avrebbe dovuto farsi garante. Avevo motivo di pensare che i presenti non avrebbero accolto positivamente quel cambiamento… perché avrebbero dovuto? Quella nomina pioveva dal niente e non sembrava costituire la ricompensa per alcun particolare trionfo. Era merito di Marcus? Non sapevo che pensare. Lui e Demetri erano sempre stati molto legati, ma non avevano mai dato l’impressione che la loro amicizia avesse risvolti politici. Ero preoccupata e temevo che qualcuno della guardia avesse una reazione violenta. 
Scorsi Demetri dall’altro lato della sala, intento in un’apparentemente concitata discussione con Marcus. Sembrava inquieto. Feci per avvicinarmi quando una sgradevole sensazione mi avviluppò. Seppi di cosa si trattava ancor prima di accertarmene. Jane
“Aro ha degli ordini per te”
Osservai un sorriso insolente deturpare i suoi tratti aggraziati di fanciulla d’altri tempi. Indossava un vestito rosso vermiglio a palloncino ed aveva stranamente lasciato i capelli sciolti. Somigliava ad una bambola dallo sguardo crudele. “Di cosa si tratta?”
“Vieni con me”  
Misurai un momento il suo sguardo, incerta. Avevo la sensazione che stesse tramando qualcosa e che ne fosse estremamente divertita. Non si preannunciava niente di buono. “Lasciami solo un momento per avvertire Demetri”
Non ebbi modo di compiere nemmeno un passo prima che la stretta ferrea della sua mano minuta mi immobilizzasse l’avambraccio. “Lui non deve saperlo”.
Senza allentare la presa mi trascinò via con sé fuori dalla sala. Fino all’ultimo minuto cercai lo sguardo di Demetri, sperando di renderlo consapevole di cosa stava avvenendo. Sfortunatamente, non si si voltò. “Dove mi stai portando?”
Jane non disse una parola fintanto che non raggiungemmo l’ingresso della torre nord dove appena pochi giorni prima mi aveva raccontato della nomina a comandante. “Raggiungi la sommità delle scale ed aspetta. Aro ha un ospite speciale questa sera e vuole che tu gli dia il benvenuto”
“Perché qui? E perché io?”
Mi rispose con un’allegria innaturale che soltanto all’apparenza poteva essere scambiata per entusiasmo giovanile. C’era malignità nei suoi occhi sempre troppo vermigli… “Non posso dirtelo” rispose, con simulata innocenza. “Rovinerebbe la sorpresa”. Mi fece un candito sorriso e se ne andò senza aggiungere altro. 
La osservai fintanto che non svanì dal mio campo visivo poi, sospirando, rivolsi lo sguardo verso le scale. Il vestito che avevo indossato mi intralciava i movimenti. Era rosa pastello, aveva il corpetto ricamato di piccole perline che aumentavano di numero all’altezza della vita e scendeva a terra in una pozza di chiffon sempre meno velato man mano che si avvicinava ai sandali dorati. Lo drappeggiai su di un lato con la mano ed iniziai a salire. Il rumore dei tacchi sulla pietra riecheggiava ad ogni scalino come fosse un eco della mia stessa inquietudine. C’era qualcosa che non andava… non avrei saputo dire di cosa si trattasse, ma avevo la strana sensazione che quella serata nascondesse molte più macchinazioni di quanto potesse sembrare. La campagna in America del Nord nei confronti di un clan diretto da un vampiro che aveva dimorato a Volterra, la nomina di Demetri a comandante, l’ambiguo atteggiamento di Jane, il misterioso visitatore che Aro aveva scelto di ricevere proprio questa sera… Ero curiosa di conoscere la sua identità e quale fosse il motivo per riservargli una simile accoglienza. “Perché qui? E perché io?” tornai a chiedermi, senza ottenere altra risposta se non il riverbero della criptica risposta di Jane. “Rovinerebbe la sorpresa”.
Arrivai in cima alle scale ed aprii la porta della torre. Mi guardai velocemente intorno… non c’era ancora nessuno. Il cielo era scuro e i lampi in lontananza preannunciavano l’arrivo di un violento temporale. Raffiche di vento gelido e impetuoso piegavano i rigogliosi cipressi, flettendone il gambo e stracciando le loro folte chiame. I capelli che avevo accuratamente legato sulla nuca con un fermaglio si sciolsero e iniziarono ad ondeggiare al vento. Mi feci avanti verso il parapetto, stando attenta a mantenere una buona visuale della porta da cui ero arrivata, unico accesso e via di fuga dalla torre.
Mi trovai davanti un panorama spettrale. Quello che alla luce del sole di maggio aveva rappresentato uno dei più belli esempi di rigogliosa campagna toscana, adesso mostrava le fattezze da una terra tormentata. Non si scorgeva alcuna luce in lontananza, se non quella dei lampi che saltuariamente illuminavano il cielo… 
Il sentore della presenza di qualcuno alle mie spalle allertò i miei sensi. Mi voltai di scatto e istintivamente arretrai fintanto che non sentii la schiena urtare col parapetto. Avevo davanti un membro della guardia col volto coperto da una maschera. Non lo avevo sentito arrivare, cosa davvero incredibile considerate le mie abilità e il fatto che ero concentrata ad attenderlo. 
Lo osservai per qualche secondo con cautela, tentando di capire chi fosse. Le spalle larghe, la corporatura atletica, la vita sottile… avrebbe potuto essere chiunque. C’era tuttavia qualcosa nel suo sguardo affilato, nei suoi occhi di un rosso tanto scuro da sembrare nero, nei capelli ramati mossi dal vento che mi diede la sicurezza di non averlo mai visto prima d’allora. Non era un Volturo, ne ero certa, nonostante indossasse l’uniforme. “Chi sei?”
Non rispose, ma si fece avanti. 
“Non lo sai”
La sua voce era ferma e profonda, non aggressiva ma nemmeno carezzevole. Pronunciò quelle parole in un tono che avrebbe potuto appartenere a una costatazione o a una domanda. Non risposi, continuando a guardarlo avanzare. I suoi passi sicuri e cadenzati si arrestarono soltanto quando tra noi non si frapponeva altro che un soffio di vento. Manteneva lo sguardo fisso sul mio, conservando un’immobilità che avrebbe potuto essere tanto minaccia quanto quiete. Senza abbandonare i suoi occhi alzai una mano con cautela, così che non si sentisse attaccato e potesse fermarmi in qualsiasi momento. Con delicatezza posai le dita sul bordo della sua maschera e la sfilai verso l’alto, scoprendogli il volto. 
I suoi tratti erano di una tale raffinatezza che avrebbe potuto anche essere bellezza se non fosse stato per quel velo di malinconia che sembrava essere calato sul suo sguardo fino ad appannarne lo splendore. I suoi occhi esprimevano un misto di rabbia e struggimento. Ebbi un istintivo moto di pena per lui. Qualunque fosse il suo demone lo stava divorando dall’interno, pezzo dopo pezzo. “Mi dispiace”
“Per che cosa?”
Non avrei saputo dirlo nemmeno io, in verità. “Per qualunque cosa ti faccia soffrire in questo modo” dissi, cercando di dare sfogo a quell’inspiegabile groviglio di angoscia e tristezza che negli ultimi minuti si era impadronito di me. 
Il rumore di un tuono ci scosse, penetrando nella roccia e facendo vibrare impercettibilmente il parapetto. Lui mi osservò per un attimo ancora, attonito, come se fosse la cosa più assurda che avesse mai sentito. Proruppe in un sorriso sghembo, forse stonato con la tristezza del suo viso, ma non per questo meno affascinante. Fu quasi con dispiacere che lo vidi fare un passo indietro ed iniziare ad allontanarsi. 
“Aspetta, perché Aro ha voluto che ti incontrassi?”
Si voltò appena, mostrandomi il profilo. “Non ha voluto che tu incontrassi me, ma che io incontrassi te” mi corresse. “Assomigli incredibilmente ad una persona che mi era cara”
Fu in quel momento che capii: la storia del vampiro divenuto folle per aver ucciso l’umana di cui era innamorato, il suo desiderio di distruggere Volterra, la malignità di Jane nel condurmi a quell’incontro. “Tu sei…” 
Intanto che la pioggia iniziava a scendere impetuosa la mia mente perse un attimo di lucidità. Una fitta dolorosa alla testa mi annebbiò la vista, privandomi di ogni percezione. 
Quando mi risvegliai ero distesa su una panca nell’anticamera del salone. Mi issai sulle braccia e mi guardai intorno, cercando di capire come fossi arrivata lì… poi ricordai. Avevo appena incontrato Edward Cullen.
 
***
 
Quando rientrai Alice era seduta sul parapetto dell’ampia finestra affacciata sul vigneto. Lo sfondo della pioggia torrenziale creava un piacevole chiaroscuro sul profilo serio e concentrato del suo volto. Teneva lo sguardo fisso all’orizzonte, il mento sollevato ad esaltare la linea delle guance e gli zigomi appuntiti. I capelli bruni lunghi fino alle spalle erano raccolti su una spalla e lasciavano scoperti parte del collo e la clavicola. 
“Non dovresti esporti così tanto” suggerii, chiudendomi la porta alle spalle. “Qualcuno potrebbe notarti”
Una violenta folata di vento fece ondeggiare la larga t-shirt maschile che indossava, lasciandole completamente scoperte le gambe sottili. “Che importanza può avere? Sei stato loro ospite fino a pochi minuti fa… Se avessero voluto farci del male lo avrebbero già fatto”. 
“Dov’è il libro?”
“Nel mio zaino, nel fondo dell’armadio” 
Lo presi e una volta che mi fui sfilato mantello, giacca e stivali, mi distesi sul letto ed iniziai a sfogliarlo alla ricerca dell’informazione che cercavo. Alice non diceva una parola, nemmeno in relazione al mio proposito di non tornare immediatamente in Nord America e di fare una tappa intermedia in Europa. Non le importava altro che il mio incontro con la ragazza. I suoi pensieri vorticavano intorno sempre alla stessa idea e sapevano assordanti quanto quelli di una città intera. 
“Cosa vuoi sapere?” le chiesi infine, nella speranza di porre fine a quel supplizio.
Scelse di non voltarsi nel rispondere e di mantenne lo sguardo rivolto verso il vuoto. “È davvero Lei?” chiese e la stessa speranza nella sua voce era un’offesa al Suo ricordo. Voleva espiare la colpa di averla condotta a Volterra nonostante la consapevolezza che non sarebbe mai tornata e niente avrebbe potuto agevolarle il compito più del fatto che Bella fosse ancora in vita. Sciocca illusa, ottenebrata dai tuoi stessi desideri.
“No, non era Lei, ma costituirà comunque un problema” tagliai corto, omettendo di riferirle il pensiero che mi assillava da quando mi ero lasciato alle spalle le luci del palazzo di Volterra. Non ero riuscito a leggerle la mente.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: TheStoryteller