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Autore: WrongHysteria    10/04/2009    1 recensioni
Se ne stava nella sua stanza, Amy, in silenzio. Era come al solito seduta sul davanzale della finestra e scrutava il cielo nero, illuminato solo dalla luna piena. Il vento le scompigliava l'ampia gonna e i lunghi capelli neri e viola, simili a piume di corvo. Era bello guardare il mondo addormentato, a tarda notte. Sapere che era l'unica sveglia, l'unica viva. La faceva sentire normale. Era quello l'unico momento in cui Amy si sentiva davvero felice. Quando era sola. Perché con gli altri doveva sempre nascondere quelle cose che nessuno avrebbe mai visto.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Entrambi erano un po' timidi, pur conoscendosi fin dall'infanzia. Ormai erano due persone diverse, notò Amy, fissando negli occhi mister aria-da-bullo. Trovava quello sguardo inquietante, la metteva a disagio. Non era familiare.
Non voleva però perdersi in questo genere di pregiudizi, perciò chiese a Matt se volesse andare a fare una passeggiata da qualche parte.
 - No... ho poco tempo. - La risposta del suo amico la sorprese non poco. Che diamine doveva fare a quell'ora? - Sono venuto solo per dirti una cosa veloce.
 - E cosa? - chiese Amy, curiosa.
Matt la prese per le spalle e la fissò negli occhi. - Sei in pericolo.
La ragazza vacillò sotto il peso delle braccia di Matt, sorpresa. - Io sono cosa?
 - In pericolo, Amy. Non cedere all'istinto, dammi retta, o perderai il gioco.
Lei ci capiva sempre meno. - Ma di che stai parlando?
 - Ora devo andare. - Il ragazzo fece per andarsene, ma Amy lo trattenne per un braccio. - Aspetta! Non puoi ricomparire, dirmi due parole in croce, per di più incomprensibili, e poi sparire di nuovo!
 - E perché no? - rispose Matt, prima di liberare il braccio e allontanarsi.
Amy restò a fissarlo, mentre il vento soffiava forte e le scompigliava i capelli, e le nubi si facevano più scure. Le parve di sentire in lontananza quattro misere parole. - E' stato un piacere.

***

Amy camminava per strada, come in trance, sinceramente perplessa. Matt si aggiungeva alla lunga lista delle cose per lei incomprensibili. Ripeté sottovoce le parole che aveva detto il suo amico prima di sparire: "Non cedere all'istinto, dammi retta, o perderai il gioco". Chissà di cosa stava parlando.
Sentì la rabbia crescere dentro, pensando all'ex dolce visino di Matt, ora diventato una specie di bullo. L'innocenza nei suoi occhi era sparita. Ad Amy non piaceva quella versione del suo compagno di giochi. Lo voleva come prima.
Ma si rese conto che era impossibile che le cose tornassero come prima. Troppo tempo era passato dall'ultima volta che si erano visti e non c'era più quel legame affettivo. L'aveva dimostrato lui stesso, solo pochi minuti prima, allontanandosi senza neanche un ciao.
Si chiese da dove spuntasse fuori, dopo tutti quegli anni, e perché. Si chiese come mai fosse venuto proprio da lei a darle quello strano avvertimento.
Si chiese tante, troppe cose, e non trovò nessuna risposta. Ci pensò a lungo, anche mentre apriva la porta di casa e ci entrava, volando verso il telefono per controllare la segreteria.
Come se Matt le avesse lasciato un messaggio.
Scosse la testa,  scalciando via gli anfibi, ed entrò in salotto. Quel tipo era incomprensibile persino per lei, la più strana di tutti.
Amy spalancò gli occhi. Aveva visto un'ombra dietro il divano.
Uscì di corsa dalla stanza, e per poco non inciampò nel tappeto del corridoio. Respirò a fondo. Sicuramente se l'era immaginato.
Rientrò cautamente in salotto, guardandosi bene intorno. Si avvicinò lentamente al divano e guardò.
Due occhi rossi come il sangue la fissavano.
Amy urlò, un urlo agghiacciante, e chiuse istintivamente gli occhi, mentre cercava di correre via. Inciampò di nuovo e cadde. Sentì un rumore di vetri infranti e un forte dolore al braccio, poi qualcosa di caldo e appiccicoso. Sangue.
Riaprì gli occhi, cercando di sfuggire, ma quando guardò verso il divano si accorse che non c'era nessuno.

Salì le scale, tenendosi forte il braccio sanguinante. Si era solo tagliata con un pezzo di vetro, nulla di grave, per fortuna, ma era meglio medicarlo in ogni caso.
E nascondere l'ex statuetta di cristallo prima che sua madre si accorgesse del disastro.
Entrò in bagno ed aprì l'armadietto delle medicine. Era così turbata che le tremavano le mani mentre cercava il disinfettante e qualche benda. Non era possibile che fossero tutte allucinazioni. Non poteva crederci.
Forse sto diventando pazza, pensò, svitando il tappo del disinfettante e preparandosi al dolore.
Tamponò la ferita con un asciugamano, e poi ci diede sotto con il disinfettante.
Cercò di trattenersi dall'urlare per qualche secondo. Poi prese le bende e iniziò a legarle sul taglio, riflettendo.
Quelle visioni le stavano condizionando la vita.
Perché erano solo visioni.
Tentò di convincersi che fosse tutta questione di allucinazioni, e che non c'era niente di reale. Ma aveva bisogno di risposte. Di certo non poteva chiederle alla madre.
Ma a chi?
Amy si guardò allo specchio, mentre stringeva l'ultimo lembo di benda. Aveva i capelli arruffati, gli occhi rossi, un'espressione distrutta. E con suo immenso disappunto, dalla chioma corvina spuntava un orecchio appuntito.
E poi ebbe un'illuminazione.
Suo padre.
"Devo trovarlo," si disse. "Ovunque lui sia. E' strano quanto me. Forse saprà darmi qualche spiegazione".
Si sentì improvvisamente stanca, anche se erano solo le sei del pomeriggio. Decise di riposarsi un po' sul suo letto.
Scese le scale, raccolse i cocci della statua di cristallo e li buttò nella spazzatura, poi pulì quel poco sangue che era colato sul pavimento ed andò in camera. Si stese sul letto, esausta.
Accese lo stereo. Le note familiari di Apology, degli Alesana, si diffusero nell'aria. Amy, infastidita, abbassò il volume finché la musica non divenne un piacevole brusio di sottofondo. Chiuse gli occhi.
Prima di abbandonarsi all'oblio, si ricordò le parole di Matt per l'ennesima volta.
Non cedere all'istinto o perderai il gioco
   
 
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