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Autore: Rebecca04    15/05/2016    8 recensioni
Merlin, nuovo studente all'Albion High School, viene continuamente preso di mira dalle cheerleader della scuola.
Tentando di vendicarsi finirà ancor più nei guai, venendo obbligato a impersonare la mascotte della squadra di basket, capitanata dall'insopportabile Arthur Pendragon.
Tra i due sarà scontro al primo sguardo...
[6° classificata alla seconda edizione del contest "AU - Wherever we are" indetto da EmmaStarr sul Forum di EFP]
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Eccomi qui con l'ultimo capitolo!
Un bacio a chi ha recensito il quarto capitolo: icymaiden, GiuliaGiulia88, Miky_Holmes e thegirlwholovesbooks :)
Ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
E un grazie a mary del, che ha letto la ff in anticipo, sopportando i miei scleri e dandomi preziosi consigli <3
Lascio le altre note a fine capitolo.
Buona lettura!


Blue Bulls

Arthur entrò in classe ricordando più uno zombie che un essere umano: sua sorella non aveva fatto altro che tartassarlo tutta la domenica con decine di domande, per non parlare del fatto che non sapeva ancora che dire a Merlin.
Si sedette di fianco a Lance, che lo guardò pensieroso, spostando subito la sedia verso l’amico.
“Mi spieghi che è successo? È da ieri che non rispondi nel gruppo.”
Il biondo sbuffò al solo ricordo della chat Whastapp che Gwaine aveva creato per la squadra di basket, dove si parlava di tutto tranne che di basket…
“Scusa Lance, non mi sono sentito bene.”
“Due righe potevi scriverle” commentò l’altro, leggermente amareggiato.
“Lo so. Ci penserà il coach a strigliarmi a dovere.”
“Perché dovrebbe?” chiese confuso Lance.
“Si va e si torna insieme, no?”
“Sì, ma Merlin ha chiarito subito che ti eri sentito male e saresti tornato con Morgana.”
“Come?” domandò Arthur.
“Non hai proprio aperto i messaggi, eh? Credevamo avessi qualcosa di grave… ”
“Non volevo farvi preoccupare. Non è stato niente” chiarì sintetico il capitano, guardandosi attorno. “Merlin non c’è” sussurrò.
“Non questa mattina. Accompagnerà il prof Pescatore alla visita veterinaria di Kilgharrah.”
“Ah” rispose soltanto il biondo, chiudendosi in silenzio per il resto della lezione.
 
Lancelot iniziò a preoccuparsi seriamente all’ora di pranzo, dopo che l’amico era rimasto muto per tutte le lezioni della mattinata.
“Credo che Arthur abbia qualcosa che non va” disse a bassa voce, squadrando i ragazzi al tavolo. “Non ha parlato per quattro ore.”
“In effetti è da dieci minuti che osserva il banco dei secondi” aggiunse Percival, studiando il capitano in lontananza.
“Non sapeva neanche che Merlin l’ha coperto col coach.”
“Strano” rispose Leon.
“Perché non parli?” domandò Percival a Gwaine.
Il giocatore fece una vaga espressione innocente, riprendendo a mangiare, ma Elyan gli diede un leggero calcio al ginocchio, facendogli cadere di riflesso la forchetta.
“Ehi, non ricomincerete coi calci… ” blaterò Gwaine, riaggiustandosi sulla sedia.
“Parla. Lo sappiamo che sai che è successo.” Perci gli rubò la forchetta dal piatto, puntandogliela contro.
L’altro sospirò, guardando gli altri. “Non so che è capitato. Avevo pianificato tutto alla perfezione, ma poi… ”
“Lo sapevo che dovevi centrarci tu! Quando imparerai a farti gli affaracci tuoi, Gwaine! Chissà che è successo tra i due” pronunciò Lance.
“Non lo so. Morgana non è riuscita a scucire una parola ad Arthur e non sono ancora riuscito a parlare a quattr’occhi con Merlin” rispose il giocatore.
“Anche Morgana si è immischiata?” chiese Percival esterrefatto.
“Non fate quelle facce. Sapete tutti che Arthur non avrebbe mai fatto niente se non sollecitato e non ditemi che non avete notato come guarda Merlin” sentenziò Gwaine.
“Beh, almeno potevi chiedere il nostro aiuto, no?”
Gwaine rimase muto per qualche secondo. “Non girerai la frittata così Lance, nessuno di voi voleva assecondare il mio piano.”
“Esattamente qual’ era questo piano?” domandò Tristan.
“Abbiamo dato vari indizi a Merlin per fargli capire che Arthur era interessato” sussurrò.
“Hai mai considerato che forse è Merlin a non essere interessato?” Percival virgolettò la parola con le dita, squadrando Gwaine.
“Impossibile, quei due si piacciono..! Non vedevo Arthur così felice da almeno due campionati e Merlin diventa rosso ogni volta che ha il capitano vicino a sé.”
Lance sospirò di nuovo. “Potrei parlare con Merlin… ”
“No! Ora tocca a Morgana. Noi dobbiamo solo tenere d’occhio Arthur” concluse Gwaine, adocchiando tutti. “A proposito, qualcuno lo vede?” chiese Elyan, scrutando i banconi della mensa.
Tutti iniziarono a scrutare tra i compagni, ma nessuno riuscì a scorgere il capitano.
“Dannazione! Avviso Morgana.”
 
Arthur era entrato di corsa negli spogliatoi; Merlin sicuramente era già tornato dalla visita veterinaria e non poteva mancare agli allenamenti.
Il biondo lo sapeva che non sarebbe mai arrivato in anticipo, ma non poteva non tentare, doveva parlare con lui da solo.
Si sedette sulla panchina davanti al suo armadietto e tirò fuori il cellulare dalla tasca, indeciso se scrivergli o meno. Probabilmente Merlin gli avrebbe dato dell’asino a vita e Arthur non trovava nessuna ragione per cui non se lo meritasse.
Alzò gli occhi dal telefono, imprecando mentalmente contro sé stesso, ma mentre riabbassava il viso intravide una coda rossa nel corridoio. Scattò dalla panchina e si diresse alla porta, vedendo la mascotte avanzare verso la palestra.
“Merlin!”
Arthur lo raggiunse e lo afferrò per un braccio, obbligandolo a voltarsi. Sorrise come un ebete al solo pensiero di specchiarsi negli occhi blu del moro, ma rimase deluso quando se ne trovò davanti un paio marroni.
“Tu non sei Merlin” proferì indispettito.
George alzò leggermente un sopracciglio, togliendosi con la mano libera la testa del drago. “Capitano.”
“Che ci fai dentro il costume??” chiese nervoso il biondo.
“La gamba è guarita una settimana prima del previsto e ho ripreso il mio ruolo. Sono venuto per lucidare i cesti.”
Arthur roteò gli occhi ripensando alle scene che capitavano con George agli allenamenti, ma ritornò al suo obiettivo principale.
“Dov’è Merlin?”
“Quello che mi ha ridato il costume?” domandò l’altro.
“Sì” disse secco il capitano.
“Penso di aver capito laboratorio di biologia.”
Il biondo mollò la presa e lo sorpassò, affrettando il passo verso l’aula: mancava poco alla fine della pausa pranzo.
Quando arrivò nella stanza Merlin era appicciato alla teca del rettile e come al solito ci stava pure parlando.
Che idiota.
Quel pensiero fu accompagnato da un sorriso dipinto sulle labbra del capitano, perché ci voleva coraggio a parlare con una lucertola, no, un drago barbuto, e probabilmente Merlin lo stava rassicurando per la visita appena fatta.
Arthur si ricompose, intimando al suo cervello di smettere con questa baggianate romantiche: lui era il capitano della squadra di basket, lui avrebbe dovuto portare avanti l’azienda di famiglia, lui non poteva permettersi distrazioni e soprattutto distrazioni a cui non importava niente di lui.
“Arthur..?” Merlin si accorse della sua presenza e si avvicinò alla soglia, ma il capitano si spostò dietro la cattedra, quasi urtando le beute e i becher presenti su di essa.
“Sono venuto a cercarti in palestra ma non c’eri.”
“Si, George è tornato e ha rivol… ”
“Avevi detto che mi avresti aiutato e te ne sei andato.”
“Cosa??” sbottò la mascotte, lasciando la mascella a penzolare in aria. “Se c’è qualcuno che ne se è andato senza dare spiegazioni sei tu!” gridò contro l’altro.
Il respiro di Arthur iniziò a farsi più pesante, mentre si spostava dalla scrivania per raggiungere la porta.
“Non te ne andrai di nuovo?” replicò il moro, muovendosi per bloccare l’altro che, però, lo scansò.
“Non vuoi nemmeno dirmi perché mi hai baciato, Arthur?” disse la mascotte, seguendo le spalle del capitano con lo sguardo. “Non ha significato niente per te?” continuò.
Il biondo si arrestò per un secondo, voltandosi verso di lui e squadrandolo per una infinità. “Te l’ho detto, è stato uno sbaglio” tossicchiò, per poi dileguarsi per la seconda volta.
Merlin diede un calcio alla scrivania in preda al nervosismo, procurandosi solo un dolore lancinante al mignolo, mentre imprecava contro quell’asino del capitano e le sue dita dei piedi.
Era finalmente libero da quel fetido costume e non doveva più preoccuparsi di perdere tempo agli allenamenti, eppure non si sentiva affatto sollevato. Tutta colpa di Arthur, che senza motivo l’aveva baciato come uno stoccafisso.  
Uscì zoppicante dall’aula, camminando a testa bassa per i corridoi; avrebbe dovuto parlargli di nuovo, ma far entrare qualcosa in quella testa di fagiolo era un’ardua impresa.
“Merlin.”
La mascotte aveva fatto di nuovo lo stesso errore: camminare troppo vicino alle scale che conducevano al seminterrato.
Morgana appoggiò la mano sulla spalla dell’altro, abbozzando un sorriso. “Ti va di fare due chiacchiere?”
Il moro fece un piccolo cenno e cominciò a scendere per i gradini, ma la ragazza lo fermò.
“Gwen ci sta aspettando nell’aula di cucito, nel seminterrato sarebbe troppo tetro.” La ragazza iniziò a fargli strada lungo il corridoio, assicurandosi che l’altro la stesse seguendo.
“Se avete bisogno di nuovo materiale non sono dell’umore adatto” chiarì Merlin appena si fermarono davanti all’aula di cucito.
“Tranquillo, abbiamo già terminato la ricerca.” La strega aprì la porta e Gwen accolse entrambi con un sorriso, fermando la cucitrice con cui stava lavorando.
“Ciao Merlin, accomodati.” Gwen picchiettò la mano sulla sedia accanto a sé e la mascotte si sedette titubante, seguita da Morgana.
“Stava parlando di Lancelot, sai?” squittì Gwen, mentre gli occhi nocciola si addolcivano.
“Uhm, a che proposito?” domandò il moro.
“Questo venerdì saranno due mesi che stiamo insieme” rispose la ragazza. “Credo abbia organizzato qualcosa… ” Osservò l’altro speranzosa.
Merlin sembrò ritrovare il sorriso; l’amico gli aveva parlato di quell’occasione e lui gli aveva dato anche qualche consiglio. “Ho capito. Vuoi tentare di scucirmi qualcosa, ma non ci riuscirai.”
“Nemmeno un indizio..?” Tentò lei, sorridendo di più.
“Assolutamente no.” Il moro si rilassò sulla sedia. “Ma posso dirti che Lance si è impegnato parecchio.”
“È proprio da Lancelot” sospirò la ragazza.
“A volte mi chiedo cosa farebbe Arthur in queste occasioni” disse Morgana, sbattendo innocentemente le palpebre.
“Come?” chiese sorpreso il moro.
“Non è che mi piaccia parlar bene di Arthur, ma penso si impegnerebbe parecchio” disse sicura di sé la sorella.
“Non credo” brontolò Merlin.
“Io invece dico di sì” pronunciò Gwen.
“Ne siete così certe?”
Morgana sorrise di sfuggita, stavano per raggiungere il loro intento. “Al cento per cento. È solo che rimane un grande idiota, purtroppo.”
“Già, su questo non ci sono dubbi” borbottò Merlin, non riuscendo a nascondere un lieve sorriso. “È un asino di prima categoria.”
“Gli servirebbe solo una spinta” chiarì Morgana ammiccando alla mascotte.
Il moro annuì, osservandola serio, forse sarebbe bastato aspettare il momento giusto.
“Ci aiuti a finire la nuova mantella?” Si intromise Gwen.
“Volentieri.” Merlin sorrise, afferrando un lembo di stoffa nera, forse l’avrebbe aiutato a rilassarsi.
 

“Come procede?” domandò Morgana, sfoggiando la sua nuova mantella nella buia aula centoquattro.
“Male” replicò Gwaine sbuffando. “Arthur non ha centrato nemmeno una volta il canestro. Il coach stava iperventilando dalla rabbia.”
“Dobbiamo incastrarli insieme, da soli” proferì Morgana. “Hai qualche idea?”
Il giocatore sorrise a trentadue denti. “Vuoi dirmi che Morgana Pendragon ha finito le idee?”
La ragazza gli lanciò una pericolosa occhiataccia, ma mentre stava per rispondere il telefono le vibrò.
“Problemi?” domandò Gwaine, vedendo la ragazza leggere preoccupata il nome di chi la stava chiamando.
“È mio zio. Vuole che ci sbarazziamo di Aithusa.”
“L’ha scoperta??”
“Più che altro si è accorto di tutti i fiori che mancavano dalla serra” commentò l’altra. “Arthur e io abbiamo già preso appuntamento venerdì a una delle due fattorie che ci ha suggerito Merlin.” Si fermò, mentre gli occhi iniziavano a brilluccicarle. “Penso di aver avuto un’idea, però mi servirà aiuto.”
“Beh, penso di poter convincere i ragazzi a collaborare.”
 

Il resto della settimana passò in fretta, mentre Arthur continuava a evitare Merlin, aiutato stranamente da tutti; non potevano permettere che la situazione tra i due si aggravasse.
Fortunatamente venerdì era giunto senza intoppi e i fratelli erano appena tornati a casa da scuola.
“Arthur.” Lo zio scese velocemente le scale del patio. “Hai detto che oggi avresti portato via la capra.”
Il biondo lo fissò sfinito. “Ho appuntamento tra un’ora alla fattoria, ma Morgana doveva procurarmi un mezzo adatto per trasportarla.” Si giustificò lui.
Agravaine passò lo sguardo a Morgana, che sorrise.  “Il furgone arriverà tra poco, al massimo dieci minuti.”
“Bene, niente più scuse Arthur. Tu l’hai portata qui e tu te ne liberi” disse severo lo zio, facendo poi cenno alla nipote di seguirlo in casa.
Il fratello sbuffò, sedendosi sugli scalini in pietra grigia e aspettando il passaggio; lui aveva chiesto aiuto a Percival, ma l’amico aveva detto di avere un impegno improrogabile, Lancelot era occupato coi preparativi per l’anniversario e gli altri avevano detto di avere dei test il giorno dopo, così era subentrata Morgana.
Arthur si alzò quando sentì un borbottare di motore sospetto provenire dal vialetto d’ingresso e sgranò gli occhi quando intravide il muso del furgoncino Volkswagen apparire davanti a lui.
Merlin parcheggiò a pochi passi dall’ingresso, scendendo piano dal mezzo.
“Morgana mi ha detto che le serviva una mano con Aithusa” parlottò il moro come giustificazione per essere lì.
Il capitano si impiastricciò il viso con una mano, borbottando a bassa voce contro la sorella.
“Dovrebbe arrivare. Mi ha aperto lei il cancello” continuò la mascotte, rimanendo incollato alla portiera.
“Sono io che devo accompagnare Aithusa, ordini di mio zio.” Il biondo scrutò il viso di Merlin, che rimase immutato alla novità.
“Ah” proferì solo l’altro. “Se ci sono problemi… ” Tentò di nascondere la felicità di poter stare faccia a faccia col biondo, dopo una settimana passata a giocare a nascondino.
“No, va bene. L’appuntamento alla fattoria è oggi e se la lascio ancora qui mi toccherà dormire nel gazebo con lei” mugugnò Arthur.
Merlin lo scrutò ancora e allargò le labbra in un sorriso. “Puoi guidare tu se vuoi. Così io la tengo stretta.”
Il biondo sospirò, non poteva esserci niente di peggio. “Vado a prenderla, tu aspetta qui.”
La mascotte annuì e l’altro si avviò nel giardino sul retro, tornando dopo qualche minuto con la capretta in braccio.
“Prendila prima che inizi a sbavare.”
Merlin si avvicinò in un lampo e circondò la bestiola con le braccia, spostandola dal petto di Arthur al suo. Arrossì leggermente a quella vicinanza, ma si concentrò su Aithusa, super felice di rivederla.
Il moro si avviò verso il furgoncino e salì al posto del passeggero, chiudendo dietro di sé la portiera, mentre Arthur si sistemava alla guida, osservando attentamente l’abitacolo.
“Ha il cambio che gratta un po’ ma per il resto funziona benissimo.” Lo rassicurò la mascotte. “Sai dov’è la fattoria? Se no, posso mettere il navigatore del mio telefono.”
Il capitano grugnì solamente in risposta, girando la chiave e accendendo il motore; Merlin rimase zitto, sicuramente sarebbe stato un lungo viaggio.
I primi dieci minuti passarono in completo silenzio, solo la voce del navigatore del cellulare del moro risuonava nella vettura.
“Come stanno andando gli allenamenti? Domani c’è la partita, giusto?” La mascotte sorrise al capitano, intento a guidare.
“Bene” comunicò con la voce più stoica possibile Arthur.
“Mm, Gwaine mi ha detto che non fai canestro da giorni.”
Arthur frenò in un sol colpo davanti al semaforo, facendo quasi imbizzarrire Aithusa. “A me non risulta.”
“Strano, oggi ti ho visto con i miei occhi sbagliare un tiro dopo l’altro.”
La presa della mani del biondo sul volante si fece ferrea. “Che vuol dire che mi hai visto?”
“Uhm, ero dietro alle gradinate.”
“Mi stavi spiando, dunque?” riprese il capitano, iniziando a guidare.
“Passavo per caso.”
“Dietro le scalinate??” urlò scettico il biondo.
“Sì, non è una reato.”
“Durante gli allenamenti?” chiese ancora più scettico.
“Coincidenza” chiarì il moro, coccolando Aithusa. “Perché dovrebbe interessarmi guardare un asino che non sa nemmeno palleggiare” aggiunse soddisfatto.
Arthur svoltò velocemente a sinistra, ricordando che all’allenamento era quasi inciampato nella palla. “Per tua informazione la palla mi è sfuggita perché Lance me l’ha passata male.”
“Oh… Tutte e tre le volte?” Lo stuzzicò Merlin sorridendo.
Il biondo sbuffò, imponendosi di concentrarsi sulla strada e facendo finta di non aver sentito, mentre Merlin si gustava la sua vittoria.
Tornò alla carica circa quindici minuti dopo, tempo necessario al biondo per sbollirsi.
“Tuo padre sta meglio?” sbiascicò, voltandosi verso l’altro.
Arthur lo guardò per un secondo e fece cenno di sì.
“Ho letto qualcosa sulla vostra azienda, siete famosi!”
Il capitano sorrise leggermente. “Scommetto che la notizia ti è apparsa casualmente sul pc, giusto?”
“Giusto! Uno di quei pop-up pubblicitari che appaiono a caso” rispose tutto di un fiato Merlin.
“Non ci credo” proferì il biodo, mordicchiandosi le labbra.
“Non vedo perché avrei dovuto cercare di proposito informazioni su di te” chiarì il moro, vedendo Arthur deglutire velocemente, tentando di non sembrare agitato.
“Certo.” Il capitano inforcò una strada sterrata, segno che la nuova casa di Aithusa era vicina.
“Domani pensavo di venire alla finale con Will. È da tanto che mi chiede di uscire.”
“Come amici..?” Si lasciò sfuggire il capitano, diventando pomodoro una volta capito che quelle parole non le aveva solo pensate.
“Perché? Che ti cambia?” civettò Merlin, accarezzando la testolina della capretta.
Arthur fissò la strada davanti a sé senza dire nulla, anche se cominciava a invidiare Aithusa per tutte le attenzioni che stava ricevendo.
“Devi svoltare lì, Arthur. Non hai sentito il navigatore?”
Il giocatore sterzò bruscamente e percorse lo stradello per arrivare alla fattoria. Alla fine della strada parcheggiò in uno spiazzo abbastanza largo, da dove si poteva osservare tutta la tenuta.
“Siamo in anticipo” bofonchiò.
“Aspettiamo qui” suggerì Merlin.
Il biondo abbassò i finestrini e spense il motore, scrutando l’altro. “Non mi hai risposto.”
“Per cosa?” domandò non curante la mascotte.
“Alla partita. Ci vieni… Con Will?” Lasciò sottointeso l’altra domanda correlata a quell’individuo brufoloso.
Il moro si voltò dall’altra parte, seguendo il svolazzare di una farfalla fuori dal finestrino, non degnandolo di una risposta.
“Merlin. Merlin!” disse di nuovo Arthur, alzando la voce e tirandolo per un braccio vicino a sé. “Rispondimi.”
La mascotte sorrise, fissando il biondo dritto negli occhi. “Diciamo che, al momento, c’è solo una persona che vorrei lì con me, ma è un tale asino e testa di fagiolo… ”
Il capitano scattò dal sedile a quella frase: era l’unico che Merlin aveva chiamato in quel modo. Strinse a sé l’altro e lo baciò, e questa volta il moro rispose al contatto, tenendo con una mano la felpa di Arthur, per essere sicuro che non fuggisse.
Si staccarono quando una leccata di Aithusa colpì di striscio la guancia del biondo, che si allontanò schifato. “Sarò sporco di bava di capra adesso” vociferò.
Il moro rise e vedendolo pulirsi la pelle con la manica della felpa rise ancora di più.
“Lo sapevo che quella bestiaccia sbavava” brontolò il capitano. “Sono felice di liberarmi di te” pronunciò contro la capretta.
“Che fai? Parli anche tu con gli animali ora?” Merlin sorrise, aiutandolo a pulirsi la guancia, accarezzando dolcemente il viso del biondo.
Arthur arrossì non poco. “Te la farò pagare.”
“In che senso?” chiese dubbioso l’altro.
“Mi hai ingannato, non pensare che non l’abbia capito.”
“Mi sembrava che tu avessi bisogno di una spinta, tutto qui.”
“Mm… Quindi, io ti piaccio?”
“Quando non ti comporti da asino borioso” proferì il moro, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Dovresti smetterla di insultarmi o potrei scaricarti” enunciò convinto di sé il biondo.
“Ma se non stiamo ancora insieme” replicò Merlin.
“Allora ci mettiamo insieme e poi ti lascio” pronunciò entusiasta Arthur, accorgendosi della gaf e rimanendo muto subito dopo.
“Concordo per la prima parte.” Lo rassicurò il moro.
Il biondo sorrise e si accostò di nuovo alle labbra di Merlin, ma Aithusa si mise in mezzo e lo slinguazzò di nuovo.
“Non vedo l’ora di disfarmi di te” borbottò il capitano, allontanandosi.
“Allora meglio portarla nella sua nuova casa.” Merlin aprì la sportella e scese con la capretta in braccio, seguito dal capitano.
I due camminarono lungo la strada di ciottoli che conduceva al caseggiato principale, osservando lo steccato che delimitava i vari recinti intorno alla proprietà.
“Presto ci scorrazzerai anche tu” sussurrò la mascotte alla bestiola.
Merlin picchiettò sulla porta vetri e un uomo di circa la stessa età di suo zio la aprì sorridente.
“Siete i ragazzi che dovevano portarmi la capretta? Uh, eccola.” L’uomo la prese dalle braccia del moro e la adagiò contro la salopette in jeans che indossava. “È piuttosto tranquilla. Era domestica?” domandò curioso.
Arthur guardò rapidamente il moro e poi annuì. “Purtroppo i proprietari non se ne prendevano cura in modo adeguato.”
“Si vede.” L’uomo spostò il pelo dell’animale, mettendo in bella mostra i segni rossi sul collo. “Uno dei nostri volontari è un veterinario, gli chiederò di darle un’occhiata. Si chiama Aithusa, vero?”
“Esatto” Merlin accarezzò la capretta sorridente.
“Venite, vi faccio vedere il luogo dove alloggerà.” L’uomo uscì dalla casa e si diresse verso la stalla di fianco all’edificio principale. “Ah, non mi sono presentato. Il mio nome è Anhora.” L’uomo continuò a camminare ed entrò attraverso l’enorme portone rosso scuro, camminando sul fieno schiacciato che ricopriva il cemento del basamento. “Ho parlato con Arthur al telefono, mi sembra.”
“Si, sono io.” Il biondo sorriso.
“Merlin.” Si intromise la mascotte.
“Piacere, ragazzi.” Fece di nuovo cenno di seguirlo.
La mascotte allungò gli occhi dentro i box che sorpassavano e si fermò davanti a quello di un bellissimo purosangue bianco, ammirandolo dalla finestrella del serraglio.
“Per lo più ci occupiamo di ex cavalli da corsa che sarebbero finiti al macello, ma abbiamo anche altri animali.” Anhora aprì la porticina dell’ultimo box sulla sinistra e appoggiò Aithusa all’interno. “Sono sicuro che si abituerà in fretta e una volta curata la inseriremo con le altre.”
“Perfetto.” Merlin la accarezzò un ultima volta prima che l’uomo chiudesse la porta. “Ti troverai bene qui, Aithusa.”
“Vi riaccompagno fuori.” L’uomo ripercorse il tracciato di prima con Merlin di fianco a sé, mentre Arthur era rimasto vicino alla capretta.
“Potrete venirla a trovare quando volete” proferì Anhora al moro, notando che l’altro ragazzo era ancora accanto al nuovo alloggio.
“Ritorneremo sicuramente” disse Merlin sorridente, fissando Arthur mentre li raggiungeva.
L’uomo continuò a scortarli e ritornarono nel patio d’ingresso. “Se non avete domande o volete aiutarmi coi cavalli… ”
“È stato un piacere.” Il moro strinse la mano all’uomo. “E a presto.”
“A presto” aggiunse il biondo, prendendo Merlin sottobraccio e guidandolo al furgoncino.
“La verremo a trovare, vero?”
“Tutte le volte che vuoi” rispose Arthur, mentre lo lasciava per salire sul mezzo di trasporto. “Guido sempre io, ok?”
“Ok” pronunciò l’altro, accomodandosi nel posto del passeggero. “Vuoi parlare?”
“Di-di cosa?” chiese il capitano.
“Dovremmo parlare di come comportarci con gli altri e delle nostre intenzioni, per evitare casini.”
Il capitano annuì. “Forse dovrei starti lontano per un po’. Gwaine si è fissato con questa idea che io te, insomma, siamo cotti.”
“Per fortuna nessuno gli crede.” Scherzò il moro. “Che ne dici di dopo la vittoria? Potremmo uscire.”
“Dai per scontato che vinceremo.”
“Se ricomincerai a giocare come il vero Arthur Pendragon li straccerete.”
“Se tu fai il tifo per me darò il massimo” mormorò imbarazzato. “Comunque potresti restare da me stasera.”
“A mia madre serve il furgone”
“Oh, allora va bene per domani.”
Merlin sorrise. “Visto che domani dovremo far finta di non sopportarci fino a sera dobbiamo sfruttare questo tempo al meglio.”
“Suona strano” proferì Arthur, pallido in viso. “Comincia tu.”
“Mi chiamo Merlin, ho diciassette anni e una volta diplomato vorrei studiare legge” enunciò la mascotte sorridente.
“Legge?” domandò stranito il biondo.
“Sì, e tu?”
“Ah, ehm, economia.”
“Per l’azienda di famiglia?”
Arthur annuì. “Voglio assumere la carica di presidente come mio padre.”
“E il basket?” chiese Merlin.
“Pensavo di ritirarmi finito il campionato.”
“Eh, non puoi. E la squadra??”
“Il prossimo campionato, Merlin” sottolineò il biondo sorridente. “Non abbandono i miei compagni.”
“Infatti non mi sembrava da te. È il tuo lato altruista quello che mi ha colpito di più.”
“Io avrei dei lati?” domandò divertito Arthur.
“Hai capito” farfugliò Merlin, fingendosi offeso. “Harvard?”
“Yale” replicò l’altro.
“Mm, ti facevo più da Harvard.”
“I Pendragon hanno sempre studiato a Yale” disse fiero di sé il biondo. “Tu?”
“Il collage che mi offrirà una borsa di studio” scherzò la mascotte.
“Beh, hai una buona media. Sono sicuro che riceverai sicuramente delle offerte.” Lo rassicurò l’altro sorridendo.
“E tu che ne sai della mia media?” Il moro alzò un sopracciglio.
“Ho dato un’occhiata quando i prof passavano i test” vociferò Arthur imbarazzato.
“Poi sono io quello che spia.” Merlin ridacchiò. “Quanto manca a casa tua?”
“Dieci minuti più o meno.”
“Che diciamo a Morgana..?”
“Nulla!” gridò il biondo.
“Hai paura che lo dica in giro?”
“No, non è così viscida… Ma sarebbe capace di ricattarmi” chiarì Arthur. “E voglio aspettare a dirlo in giro.”
Il moro acconsentì. “Allora dovremo far finta di non sopportarci.”
“Esatto.”
“Vedi di non impegnarti troppo.” Lo avvertì Merlin, assottigliando lo sguardo.
Arthur scoppiò a ridere, cercando di ritornare serio il più velocemente possibile. “Certo.”
Arrivarono al cancello, ma prima che Merlin si sporgesse verso il citofono Arthur lo afferrò di nuovo, spingendolo contro di sé.
La mascotte sorrise e a appoggiò piano le labbra contro quelle del capitano. Il moro le dischiuse leggermente e Arthur ne approfittò, entrando di poco con la proprio lingua.
La mascotte mugolò per l’intrusione e il capitano si staccò. “Tutto ok?”
“Perfetto” rispose Merlin soddisfatto. Si staccò e pigiò il bottone del citofono, annunciando allegramente il loro ritorno a Morgana.
“Ma che fai??” Il capitano lo fulminò.
“Ho detto che siamo tornati.”
“Sì, ma dovevi sembrare scocciato, vedi di impegnarti di più.”
Merlin fece cenno di aver capito e Arthur riavviò il motore, tornando davanti alla enorme casa bianca. La sorella era pronta ad accoglierli sulla soglia, avanzando fino al furgoncino.
Il biondo scese sbattendo la sportella, camminando dritto verso l’ingresso facendo finta di non vedere Morgana.
“Tutto bene?” chiese la ragazza, storcendo il naso.
“Non ne parliamo” sussurrò il capitano, mentre Merlin si spostava dal lato del guidatore.
“Aithusa starà bene in quella fattoria. Il proprietario sembra una brava persona.” La mascotte sorrise dal finestrino. “Io vado, ci vediamo domani a scuola.”
Arthur mugugnò qualcosa di incomprensibile e Morgana si accostò al vetro. “Io e Gwen ci chiedevamo se volessi venire alla finale con noi domani” cinguettò, assicurandosi che il fratello sentisse.
“Sicuro. Non abbandonerò i Dragoni” rispose di getto, vedendo l’occhiata tetra del biondo. “Devo proprio andare adesso. Ci finiamo di accordare domani.” Salutò e ripartì, guidando verso casa sua.
“Sembrava strano… È successo qualcosa?” Morgana arricciò le labbra.
Arthur fece spallucce e marciò verso la porta: non doveva dare sospetti.
 

La mattinata di sabato passò tranquilla e Merlin per precauzione non degnò di uno sguardo il biondo.
I ragazzi erano all’erta per cercare di scoprire se tra i due ci fossero novità visto che sia Gwaine che Morgana erano a corto di piani; l’amico si era pure offerto di aiutare il moro al club di giornalismo per sapere qualche novità.
“Allora stasera ci sarai alla partita?” Il giocatore si umettò le dita e sistemò i volantini del torneo di scacchi che l’altro aveva appena finito di stampare.
“Mi ha invitato Morgana” proferì Merlin.
“Io è un anno che tento di scucirle un’uscita e tu te la cavi così. Dovrai dirmi il tuo segreto.” Ridacchiò.
“A proposito, visto che verrò col mio furgoncino pensavo di accompagnare a fare un giro Elena e Perci, che dici?”
“Ottima idea!”
La mascotte sorrise. “Potrei anche mettere una buona parola per te, con Morgana.”
“Perfetto! Forse accadrà un miracolo” replicò felice Gwaine. “E tu Merlin non hai nessuno con cui girovagare su quel bellissimo furgone?” chiese ironico.
La mascotte sbuffò, leggermente rossa in viso. “Non ancora.”
“Uh, forse c’è qualche interesse, però?”
“Non mi sembri la persona che potrebbe darmi consigli” commentò Merlin.
“Questo è un colpo basso” replicò Gwaine. “Abbiamo finito con questi cosi??”
“Si, puoi andare a casa.”
“Magari. Il coach ha ordinato un ultimo allenamento.”
“Potrei venire ad assistere e aiutare George.”
L’amico lo guardò per un attimo e sorrise. “Vediamo se sai ancora fare il tifo, Merl!”
“Ti pentirai di avermi sfidato.” Il moro finì di raccogliere le sue cose e si avviò con Gwaine verso la palestra.
Quando Alator vide entrare la vecchia mascotte la chiamò accanto a sé e Merlin lo raggiunse sorridente.
“Vedi se riesci a risvegliare i miei ragazzi” disse l’uomo, mentre George lucidava amorevolmente la panchina delle riserve.
“Certamente.” Il moro si sistemò di fianco al coach e quando i Dragoni corsero fuori dagli spogliatoi urlò subito per incitarli.
Tutti i ragazzi si voltarono sorpresi verso il moro, visto che Gwaine non aveva detto nulla della sua presenza, e Arthur con un sorriso cento volte più splendente di quello deli altri.
“Veloci! Vediamo di ripassare gli schemi per stasera” gridò il coach e tutti si riversarono in campo.
 

Merlin brontolò all’ennesimo invio fallito del messaggio dal suo cellulare, sembrava proprio che fosse rimasto senza credito.
Uscì dal furgone e diede un’occhiata al parcheggio, ma non c’era ancora traccia dei ragazzi; anche se la finale si sarebbe giocata in casa avevano deciso di incontrarsi in un parcheggio vicino alla scuola e usare il pulmino del coach.
Marciò verso l’ingresso, dove le cheerleader di entrambe le squadre si stavano collocando per accoglierle, mentre diversi genitori e tifosi erano già pronti ad acclamare i Red Dragons e i Blue Bulls, finendo di sistemare striscioni e cartelloni.
Il moro scrutò tra la folla e non vedendo né Gwen né Morgana decise di avvicinarsi a Elena, intenta a stiracchiarsi un polpaccio.
“Elena?”
“Merlin!” La ragazza gli sorrise. “Mi spiace che tu non sia più la mascotte” disse amareggiata.
“Sono venuto comunque a fare il tifo e dopo la vittoria sarò felice di far fare un giro a una certa cheerleader sul mio furgone.”
La bionda lo abbracciò. “Grazie!”
“Di nulla.” La mascotte si staccò da lei. “Sai quando arriveranno i ragazzi?”
“Penso al massimo dieci minuti.”
“Ti dispiacerebbe farmi mandare un messaggio col tuo telefono? Non riesco a trovare le mie amiche.”
“Con piacere, ma dovresti andarlo a prendere nello spogliatoio. È il secondo sulla destra dopo quello dei giocatori. Sportello ehm… ” Si appiccicò all’orecchio di Merlin. “Numero ventidue, la combinazione è sette, due e poi venti, ok?”
“Sicura di voler fidarti?”
“Non scherzare! Io mi fido di te. Vai o ti perderai l’arrivo dei Dragoni.”
La mascotte sorrise e si defilò all’interno della palestra, non vedendo l’ora di iniziare a tifare. Percorse il corridoio che portava agli spogliatoi e si arrestò quando scorse due energumeni camminare nella sua direzione.
“Non potete stare qui” disse convinto, squadrando i due.
Sicuramente dovevano essere del quarto anno e della tifoseria avversaria: le due t-shirt che indossavano sfoggiavano il muso di un toro blu arrabbiato, anche se Merlin noto più le macchie di salse e schifezze non identificate.
“Ebor, non ti sembra famigliare?” domandò il più grosso dei due sorridendo.
L’altro si avvicinò a Merlin e lo osservò attentamente. “È la mascotte dei Red Dragons.”
“No, io er… Ehi!” Si lamentò il moro, quando venne sbattuto contro la parete.
“Scommetto che i Dragoni tengano alla loro mascotte.” Dagr serrò la presa attorno al collo della maglietta del moro. “Siamo stati fortunati.”
“Lasciatemi!” urlò Merlin, assestando un calcio alla gamba di quello che lo stava trattenendo.
Dagr lo lasciò, ma Ebor lo ributtò contro il muro. “Stasera i Red Dragons faranno a meno di te” sbiascicò, prendendolo per un braccio e cominciando a spingerlo verso la fine del corridoio, aiutato subito dal compare.
“Vediamo se riesci a dimenarti anche in un armadietto” commentò divertito il più massiccio, mentre entravano in uno degli spogliatoi più vicini all’ufficio di Alator.
“Avete sbagliato persona!” gridò di nuovo Merlin, ma Ebor si era distanziato da loro, osservando tutti gli armadietti.
“Sono tutti chiusi” bofonchiò atterrito, intanto che l’amico stritolava un braccio del moro.
“Lo chiuderemo nel bagno, allora. Nessuno lo sentirà.” Spinse con forza Merlin all’interno dei bagni dello spogliatoio, facendolo cadere sul pavimento.
“Vi ho detto che non sono la mascotte!” Merlin si rimise in piedi e Dagr lo strattonò di nuovo, facendolo indietreggiare.
“Come no” sghignazzò e uscì dalla toilette con Ebor di fianco, bloccando immediatamente la porta con una delle panchette dello spogliatoio.
“Fatemi uscire!” Merlin picchiò con forza contro la porta appena fu di nuovo in piedi, ma i due tifosi avversari si limitarono a ridacchiare a gran voce, allontanandosi.
Merlin continuò a urlare per svariati minuti, sicuro che i ragazzi fossero ormai arrivati e potessero udirlo.
In effetti i Red Dragons erano già scesi dal furgoncino di Alator, acclamati dalla folla, e si erano diretti al loro stanzino per prepararsi a dovere.
La mascotte sospirò e tirò fuori dalla tasca dei jeans il cellulare, ricordandosi che anche se era senza soldi avrebbe potuto usare la chiamata con addebito. Cercò uno dei messaggi che Morgana aveva mandato il giorno prima per Aithusa e fece partire la chiamata, ma dopo il primo squillo la linea cadde; sembrava che in quel bagno non ci fosse campo.
“Merlin è in ritardo” vociferò Gwen preoccupata, guardando George fare il suo balletto sulle scalinate.
“La puntualità non è mai stata uno dei suoi punti forti” rispose l’amica.
“Ma il furgone era nel parcheggio, no?” chiese di nuovo Gwen, alzandosi in piedi insieme all’altra per acclamare l’entrata dei Dragoni.
“Vedrai che arriverà, sarà andato negli spogliatoi.” Morgana le sorrise, mentre le due squadre erano pronte a iniziare.
Nel frattempo le bocche di Dagr ed Ebor erano raso terra, rendendosi conto di ver intrappolato il ragazzo sbagliato.
“Vuoi che andiamo a tirarlo fuori?” borbottò Ebor.
“Nah… Non voglio perdermi l’inizio. Ci penseremo a fine partita.”
 
“Voglio che ognuno di voi faccia del suo meglio.” Il coach scrutò uno a uno i giocatori, ma quando guardò il capitano lo sorprese a scrutare preoccupato gli spalti. “Arthur!”
Il biondo si voltò di scatto e fece segno di aver capito, ancora titubante.
Alator sospirò, allungando la sua mano verso gli altri, disposti attorno a lui. “Concentrati.”
I giocatori posarono le loro mani su quelle del coach e annuirono. “Forza Red Dragons!” gridarono, per poi tuffarsi in campo.
“È tutto ok?” domandò Gwaine al capitano.
“Sì. Vediamo di impegnarci” disse il biondo, lanciando una rapida occhiata al posto vuoto di fianco alla sorella.
Gwaine seguì gli occhi dell’altro e scoprì che Merlin non era dove avrebbe dovuto essere; un brivido gli percorse l’intera schiena, ricordando come Arthur avesse giocato agli allenamenti a cui il moro non era stato presente.
“Pronti?” domandò l’arbitro e la sua attenzione ritornò alla partita, sperando che la mascotte arrivasse presto.
 
“Ma si può sapere che fine ha fatto?” strillò Morgana. “Il primo tempo è quasi finito.”
“Provo a chiamarlo” intervenne Gwen, sempre più preoccupata.
Morgana prese il telefono e chiamò la mascotte, cercando di non dare a vedere la sua ansia.
“Non suona nemmeno” sbiascicò la ragazza, tentando nuovamente.
Merlin si rizzò in punta di piedi e appoggiò la mano sul bordo sporgente della piccola finestra rettangolare in fondo alla toilette, alzando poi la gamba sullo spigolo del lavandino. Si issò più che poté, spostando il cellulare vicino al vetro.
Il telefono vibrò in continuazione, ricevendo i messaggi delle chiamate perse da parte di Morgana.
Il moro sorrise al pensiero che qualcuno l’avesse cercato e sorrise ancora di più quando l’aggeggio suonò.
Rispose subito, attivando il vivavoce vista la posizione scomoda.
“Merlin?? Merlin?? Si può sapere dove sei??” urlò Morgana.
“Morgana, grazie al cielo.”
“Credevamo ti fosse capitato qualcosa.” Si intromise Gwen.
“Sono negli spogliatoi, chiuso in bagno. Oddio!” La linea cadde e le ragazze dall’altra parte sentirono solo un tonfo.
Gwen e Morgana si precipitarono giù dalle scalinate e corsero verso gli spogliatoi, dividendosi e perlustrando ogni centimetro, mentre nel campo le cose procedevano di male in peggio.
A metà del secondo tempo Morgana e Gwen erano finalmente giunte all’ultimo stanzino, accorgendosi del panchetto che bloccava la porta del bagno.
Lo rimossero senza batter ciglio e spalancarono la porta, vedendo il moro a terra.
“Merlin!” Gwen si precipitò accanto a lui. “Stai bene??”
“Sono scivolato” mugugnò, mentre lo aiutavano ad alzarsi.
“Ti fa male da qualche parte?” chiese Morgana.
“Il fianco, ma deve essere solo una botta.”
“Chi è che devo prendere a calci?”
Merlin sorrise alle parole di Morgana. “Due tizi, credevano fossi ancora la mascotte dei Red Dragons. Come sta andando la partita..?”
“Dovresti pensare alla tua salute adesso” commentò Gwen.
Il moro si lasciò sorreggere da entrambe, ma iniziò a camminare verso l’uscita della toilette e poi dello stanzino.
“Merlin??” Il coach Alator era a metà corridoio, con tutto il team dietro di sé, per una strigliata di metà partita.
I ragazzi si diressero subito davanti alla mascotte, prendendo il posto di Gwen e Morgana.
“Che ti hanno fatto??” Arthur lo guardò in pieno panico.
“Sto bene” dichiarò sicuro di sé l’altro. “Solo un paio di botte.”
Il coach si accostò a lui. “Ti fa male da qualche parte?”
“Fianco” borbottò Merlin. “Ma è una botta.”
“E questo?” Il capitano indicò il gomito graffiato.
“Sono caduto… ”
“O sono stati i tizi che ti hanno chiuso nel bagno?” suggerì Morgana.
“Tutto bene Alator?” Il coach dei Blue Bulls aveva notato il trambusto e lui e la squadra avevano raggiunto gli altri.
“Dicci, ragazzo.” Lo incoraggiò Alator.
Il moro osservò i giocatori avversari e fu sollevato di non vedere i due energumeni di prima. “Due tipi mi hanno chiuso nel bagno perché credevano che fossi ancora la mascotte dei Red Dragons. Sono caduto cercando di chiedere aiuto però, loro non centrano.”
“Certo che centrano, eri lì a causa loro!” sbottò Arthur.
“Li hai visti?” domandò Oswald, il capitano dei Blue Bulls.
Merlin annuì. “Erano massicci, almeno del quarto anno e il nome di uno dei due era Ebot o qualcosa del genere.”
“Ebor.” Sospirò il coach dei Blue Bulls. “E l’altro sarà sicuramente Dagr. Mi spiace tanto Alator.”
“Chi sono?” ruggì Arthur.
“Due tifosi un po’ radicali” rispose Ethan, un altro dei giocatori avversari.
“Mi assicurerò che vengano allontanati dalla partita e chiederò altri cinque minuti di break.” Il coach degli sfidanti aspettò il cenno di assenso di Alator e si ridiresse in palestra, scortato dal suo team.
Merlin fu trasportato nello spogliatoio dei Red Dragons da Perci e Arthur e fatto accomodare sulle panche della stanza.
“Sta bene” proferì Lance a Gwen, visibilmente scossa, abbracciandola e scortandola verso l’uscita.
“Stronzi! Se li avessi tra le mani io… ” Morgana digrignò i denti dalla rabbia.
“Calmati.”
La voce di Gwaine la fece adirare di più, ma il ragazzo la fermò prima che aprisse bocca. “Dovresti stare vicina a Gwen, non l’ha presa bene.”
La ragazza non replicò e per una volta ammise che Gwaine le stava dando un buon consiglio. Gli fece segno di aver capito e corse verso Lancelot e l’amica, mentre il giocatore entrava nello spogliatoio.
Il capitano si era trasformato in meno di cinque minuti in una crocerossina, indaffarato a pulire i graffi sulla pelle del braccio della mascotte.
“Il ghiaccio?” richiese per la terza volta a Leon.
“Il coach arriverà a momenti con tutto.”
“Non sto morendo” chiarì Merlin, imbarazzandosi ad ogni tocco del biondo.
“Eccomi!” Alator si fece largo col ghiaccio e lo mise sopra la maglietta del moro, in corrispondenza del fianco destro.
“Se ti senti male possiamo chiamare un’ambulanza.”
“Ottima idea” ammise Arthur.
“No! Sto bene. Più che altro qual è il punteggio.”
“Trentasei a diciassette” disse Tristan.
“Per noi?” domandò il moro.
“Per loro” piagnucolò Elyan.
“Credo di aver cambiato idea sull’ambulanza” sussurrò la mascotte, dando origine a una risata generale, tranne per l’occhiataccia del capitano.
“Voglio stare in panchina e fare il tifo.”
“Accordato!” urlò Alator.
Merlin sorrise, alzandosi da solo in piedi. “Penso che la pausa sia finita.” Afferrò per un braccio Arthur sorridendogli e cercando di addolcirlo con lo sguardo, per non farlo replicare alla sua decisione.
“È vero. Vediamo di tornare in campo e vincere” replicò il coach, mentre tutti annuivano.
 
Merlin prese posto sulla panchina delle riserve, tra Elyan e Tristan, mentre gli altri giocatori tornavano in campo.
Il coach dei Blue Bulls si era assicurato che i due ceffi fossero buttati fuori e si era scusato di nuovo con Alator.
“Arthur.” Oswald lo affiancò, prima che la partita riprendesse. “Mi spiace per l’accaduto. Lo sai che non architetterei mai niente del genere… ”
“Ne sono certo Oswald, sei uno dei pochi giocatori onesti in questo torneo.” Il biondo gli sorrise. “Ma vedete di alzare la guardia, perché abbiamo intenzione di vincere.”
Il capitano avversario sorrise e si posizionò dall’altra metà del campo, pronto per ricominciare.
Il terzo tempo fu un autentico tira e molla tra le due squadre: la palla roteava dalle mani dei Dragoni a quella dei Tori in pochi secondi e i ragazzi non avevano un attimo di pace da entrambe le parti.
Arthur finalmente si era svegliato e lo dimostrò con un formidabile tiro da tre punti, facendo sobbalzare la tifoseria.
Anche Merlin si alzava a ogni canestro, mentre Elyan tamponava il ghiaccio sul fianco e Tristan lo aiutava a risedersi.
Il quarto tempo iniziò in pareggio e con Elyan al posto di Percival. Lance prese possesso della palla e con una sequenza rapida di palleggi si portò in area di tiro, ma bloccato da Ethan decise di passare a Leon, che tirò subito, conquistando altri due punti.
Dopo due rapidi azioni fu di nuovo la volta del capitano, che con una finta riuscì a scansare Oswald, permettendo a Gwaine di andare a canestro con una schiacciata.
“Woooo!” urlò Merlin, quasi saltando sulla panchina, guadagnandosi un’occhiata stizzita da George, mentre il coach sorrideva sempre di più.
“Dovresti prendere esempio da lui” commentò Alator contro George, mentre ritornava a seguire i suoi ragazzi.
Altri scambi di palla si susseguirono e i punteggi sul tabellone continuavano a salire.
A pochi secondi dalla fine i Tori conducevano per settantatré a settantuno.
Il capitano prese la palla e corse verso il canestro, spalleggiato da Leon e Lancelot. Si fermò al limite dell’area dei tre punti, osservando rapidamente attorno a sé. Palleggiò un ultima volta e tirò, mentre il tabellone si azzerava.
La palla colpì il tabellone e poi cadde all’interno del cesto, cambiando il punteggio in settantaquattro per i Red Dragons.
La tifoseria esplose in un boato e i giocatori si riunirono intorno al capitano, sollevandolo.
“Abbiamo vinto! Forza Red Dragons!” urlò Merlin, vedendo Arthur esultare.
Il biondo fu messo giù, mentre le cheerleader entravano in campo e la folla sugli spalti scalpitava.
“Non pensare che il prossimo anno sarà così facile, capitano.”
Arthur si voltò e vide la mano tesa si Oswald, pronto a congratularsi per la vittoria. La strinse deciso, sorridendo come l’avversario. “Non mi aspetto di meno” replicò, mentre veniva catturato tra le braccia di Percival.
Il gigante lo lasciò andare e il biondo fissò le panchine, trovandole, però, vuote. Si mosse veloce tra le gente che si era riversata in campo, cercando il volto della sua mascotte.
Lo intravide parlottare con Gwaine, vicino la metà campo e subito gli corse incontro.
Merlin sorrise appena lo notò e aprì bocca per congratularsi, ma il suo viso fu catturato dalle mani di Arthur, che lo trascinò in un bacio, proprio davanti agli occhi dell’altro giocatore.
“Ma avevi detto di aspettare… ” parlottò Merlin, a un soffio dal biondo.
“Non mi importa.” Lo strinse a sé, appoggiando le labbra contro l’orecchio del moro. “Non voglio nascondere la persona che mi ha sorretto e spero lo farà anche in futuro.” Avvolse di più le braccia attorno la vita della mascotte, facendo attenzione al fianco.
A quelle parole fu la volta di Merlin di baciarlo, assaporando ogni istante.
“Lo sapevo! Dovevo scommetterci dei soldi” replicò Gwaine, mentre gli altri due lo fissavano sorridenti. “Lo dirò a tutti che avevo ragione!” gridò, buttandosi nella mischia all’interno della palestra.
“Lo lasciamo fare?” domandò preoccupato il moro.
“Ognuno ha diritto ai suoi momenti di gloria.” Scherzò il capitano, rimanendo vicino all’altro. “Mi raggiugi al parcheggiò dove ho lasciato l’auto?”
Merlin annuì sorridente. “Ma dobbiamo convincere il coach a lasciarmi Perci, posso dire che non posso guidare.”
“Perché?” chiese stranito il biondo.
La mascotte indicò Elena e il giocatore. “Ho promesso un passaggio ad Elena, non sei l’unico a cui serve una spinta” commentò, mentre Arthur si fingeva offeso. “Per fortuna sono intraprendente” cincischiò, baciando ancora l’altro.
 
✿✿✿

“Apro?” domandò Merlin tremante, stringendo le buste più importanti della sua vita; ne erano arrivate altre nei giorni precedenti, ma queste erano speciali.
Era passato poco più di un anno dal primo incontro col capitano e ora erano nella camera del biondo, fissandosi uno di fronte all’altro sul letto.
“Va bene” disse Arthur.
Merlin sorrise, osservando i trofei alle spalle del compagno: i Red Dragons erano riusciti a vincere il campionato anche questo anno, battendo i Black Snakes in finale. Anche questa volta non era stata una passeggiata, ma la parte più rognosa del torneo erano state le offese gratuite che alcuni individui avevano rivolto a Merlin. Per fortuna Arthur non ne era mai venuto a conoscenza o ci sarebbe stata una vere e propria rissa da saloon e l’avrebbe obbligato a lasciare la carica di mascotte.
Per il resto a scuola tutto era andato liscio, soprattutto grazie alla dipartita delle cheerleader arpie e alla fama del campione di pallacanestro.
Il moro continuò a scrutare la mensola della libreria e incurvò il labbro quando vide uno dei trofei della mostra di scienze di Morgana, probabilmente il fratello glielo aveva rubato per scherzo e la ragazza sarebbe potuta entrare all’improvviso per riprenderselo.
Iniziò a strappare la carta della prima delle due, con lo stemma del college di Yale in bella mostra.  “E se… ”
Arthur afferrò la mano del moro e la strinse fra le sue. “La tua media era la più alta della scuola.”
“Lo so, ma potrebbe non bastare.”
“Potresti sempre fare il consulente matrimoniale.” Scherzò l’altro, alludendo al fatto che alla fine Percival ed Elena avevano deciso di frequentarsi e Morgana aveva finalmente concesso un appuntamento a Gwaine, dopo un anno di suppliche.
“Sono state solo un paio di coppie… Anche se l’idea di far ingelosire Morgana con Eira è stata geniale.”
“Chi poteva immaginare che mia sorella fosse così gelosa.”
“Già, nessuna somiglianza tra fratelli, dopo tutto.”
“Ehi! Se ti riferisci a quel tipo che ti faceva gli occhi dolci alla partita… ”
“Non c’è bisogno che mi riepiloghi.” Lo interruppe il moro, riguardando la lettera.
“Apri prima quella di Harvard” suggerì Arthur, allungandogliela.
“Ok.” Merlin sospirò e alzò la linguetta che sigillava la risposta alla borsa di studio, chiudendo gli occhi quando il foglio fu completamente aperto sotto il suo sguardo.
“Leggi, su.” Lo incitò il capitano e il moro aprì un occhio, leggendo velocemente il messaggio del college.
“Me l’hanno data! Mi hanno preso!” urlò, facendo cigolare il letto dal continuo muoversi.
“Calmati” vociferò Arthur, stringendolo a sé. “L’importante è Yale.”
L’ex mascotte annuì, allontanandosi dal biondo e prendendo la seconda lettera. Sospirò e strappò la carta, leggendo con paura la risposta dell’altro college.
“Allora?” chiese preoccupato Arthur, vedendo che il moro non stava saltando dalla gioia.
“Non sono interessati” sussurrò con un filo di voce Merlin, lasciando la lettera sul lenzuolo.
“È impossibile! Devono aver sbagliato… ” Il capitano brandì il foglio e incominciò a leggerlo.
Merlin si appoggiò alla testiera del letto; lui e Arthur si erano già riempiti la testa di progetti su un appartamento insieme. “Sarebbe stato troppo bello. Tutto quel tempo a organizzarci per niente.”
Arthur si sistemò di fianco a lui, facendo in modo che il moro appoggiasse la testa sulla sua spalla. “Non è stato tempo sprecato. Funzionerà tutto lo stesso.”
“Intendi dire a distanza?”
“No. Voglio dire che… Ehm. Troveremo un appartamento con la moquette che ti piace anche vicino ad Harvard.”
“Come?? Che blateri?” L’ex mascotte si rialzò e lo fissò alzando un sopracciglio.
“Hai capito” rispose conciso il biondo.
“Ma non puoi! I Pendragon sono sempre andati a Yale dal tuo bis, bis, bisnonno. Me lo hai raccontato tu!”
“Ci penserà mia sorella a portare avanti la tradizione e poi avrei l’opportunità di essere il primo della famiglia lì. È sempre un onore.”
Merlin si lanciò addosso al compagno, facendolo coricare sul letto.
“Ho la sensazione di aver detto qualcosa di giusto.” Il biondo sorrise, sfoggiando la sua espressione da asino.
Il moro annuì. “Non resisteresti un attimo senza di me” vociferò altezzoso, baciando l’altro prima che rovinasse l’atmosfera con qualche replica.
“Penso di meritare qualcosa di più, non trovi?” Azzardò il biondo.
Merlin sorrise. “Ti amo..?”
“Questo me l’hai già detto tempo fa.” Arthur poggiò una mano dietro il collo dell’ex mascotte e la avvicinò, mordicchiando piano le labbra sottili. “Comunque… Ti amo anche io.” Sorrise, facendo roteare entrambi sul materasso. “E ora la mia ricompensa.” Ammiccò.
“Sei sempre la solita testa di fagiolo.” Merlin rise, abbracciandolo; avrebbe dovuto ringraziare suo zio per non aver ripitturato il furgoncino, che in modo strano, li aveva fatti incontrare.

Note:
Allego, come sempre, foto dei personaggi che compaiono nel capitolo.
 
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Anhora (il proprietario della fattoria): custode degli unicorni e potete stregone.
Arthur, uccidendo un unicorno, fa cadere una tremenda maledizione su Camelot. Per liberare il regno dal maleficio dovrà sottoporsi a varie prove, architettate da Anhora, per dimostrate che il suo cuore sia puro. 

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Dagr ed Ebor (fan dei Blue Bulls) ed Ethan e Oswald (giocatore e capitano dei Blue Bulls): i primi due sfidano Arthur in una taverna, dove il principe e Merlin stanno tentando di difendere la proprietaria dalle loro angherie. Sconfitti grazie all’intervento di Gwaine i due malfattori uccideranno Sir Ethan e Sir Oswald per assumerne l’identità utilizzando dei cristalli magici. Fingendosi i due nobili parteciperanno a un torneo indetto a Camelot per vendicarsi di Arthur, ma lì verranno uccisi dal principe e da Gwaine con l’aiuto di Merlin.

Inizio col dire che non mi ricordo come sono arrivata al furgoncino hippie, ma ho avuto sempre un amore per i furgoncini Volkswaghen.
Arthur avrebbe dovuto essere il capitano della squadra di football e non di basket, ma i cavalieri ‘conosciuti’ erano troppo pochi per formare una squadra.
Morgana nell’idea originale usava il Wicca club come copertura per coltivare marjuana insieme a Gwen, ma la cosa mi sembrava troppo OOC.
Ho amato Alator come coach, farlo arrabbiare è stato fantastico e ho amato anche il suo lato protettivo verso i ragazzi e Merlin.
Ho fatto del mio meglio con la squadra dei Dragoni e ho adorato tutti. Purtroppo in cinque capitoli non ho potuto dedicare loro tutta la attenzione che volevo, quindi spero di non aver fatto troppo casino.
Per quanto riguarda i protagonisti ho voluto dare un tocco di intraprendenza a Merlin (si nota soprattutto nel quarto capitolo), in fondo è lui ad avere le redini.
Nel quinto capitolo, invece, ho evidenziato il lato protettivo del biondo e il suo amore profondo per Merlin, rinunciando ad andare a Yale per stare con lui.
In realtà volevo concludere con il ballo di fine anno (Prom), ma per mancanza di tempo non sono riuscita e volevo che la situazione fosse più concentrata tra i due protagonisti.
Il finale non doveva essere così comunque, alla partita, ma mi sono lasciata trasportare dalla vittoria dei Dragoni.
(Se avrò tempo potrei fare un raccolta di OneShot con vari episodi del quarto anno, vi piacerebbe?)

Lascio anche le direttive del pacchetto con cui partecipavo al contest, spero di averle usate al meglio :)
#Pacchetto scolastico (stile high school americana):
1) Uno dei protagonisti è preso di mira dai suoi compagni (il motivo sceglietelo voi, ma siate originali. Vietato tirare in ballo la questione omofobia). Le cose però cambieranno in seguito a un corso pomeridiano (di recupero, di teatro, sportivo, per punizione, quel che vi pare) che frequenterà insieme all'altro protagonista...
2) “Interessante scelta di abbigliamento.” e “Dai, sarà divertente! È solo un po' illegale, ecco.” (Usare entrambe le citazioni.)
3) American Idiot – Green Day

Spero tanto che la ff vi sia piaciuta e grazie a tutti quelli che mi hanno lasciato o lasceranno un commento :)
Un bacio e a presto!
  
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