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Autore: Calya_16    16/05/2016    6 recensioni
Cosa succederebbe se Carol perdesse la memoria? Cosa farebbe Daryl? Ambientata durante la seconda parte della quinta stagione
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano seduti a terra, stremati. Non formavano un cerchio, si erano seduti scomposti; Glenn e Maggie leggermente in disparte.
Maggie posò il capo sulla spalla di Glenn, trattenendo i singhiozzi. Tuffò poi il volto nel collo di lui, lasciandosi cullare.
Stava cercando di andare avanti dopo aver assistito alla morte di sua sorella: si sentiva vuota, andava avanti ma a lei sembrava di stare ferma. Niente aveva un vero senso, in quel periodo.
Rick teneva in braccio Judith, mentre Carl le accarezzava i capelli con lo sguardo perso nel vuoto e i capelli impregnati di sudore attaccati al volto. Rick si stava chiedendo dove avrebbe condotto il suo gruppo, cosa ne sarebbe stato di loro: doveva fare qualcosa, trovare una nuova “casa”. Gli mancava la prigione, ma ora la sentiva lontana, erano successe troppe cose.
Doveva fare qualcosa: per lui, per loro e per i suoi figli. Voleva fare tutto quello che poteva per farli crescere al meglio anche in quel mondo.
Ognuno del gruppo stava affrontando i propri pensieri quando comparvero Daryl e Carol: tutti gli occhi si puntarono sull’arciere, che però sollevò le mani in segno di sconfitta. Come se avesse capito che non vi era da mangiare Judith si mise a piangere. Subito Rick si alzò in piedi e iniziò a cullarla, sussurrandole piccole parole.
Carol si passò una mano sul viso, stanca. Si rimproverò mentalmente per essere andata dietro a Daryl: se lei non avesse fatto casino e non avesse messo sul chi va la gli zombie forse adesso avrebbero avuto qualcosa da mangiare, anche se minimo.
“Dobbiamo proseguire” mormorò Rick, dopo aver calmato Judith.
Nessuno protestò, tutti si alzarono, chi con un sospiro e chi senza il minimo rumore. Ogni emozione sembrava averli abbandonati, sembravano zombie vivi che proseguivano senza una meta, un piccolo scopo solo, o istinto di sopravvivenza: cibo, acqua e un riparo.
Non chiedevano altro.
Proseguirono, gli sguardi vuoti, finché Carl non si fermò: si trovava più avanti rispetto agli altri e aveva notato qualcosa al centro della strada, poco più avanti. Vi corse incontro, curioso e speranzoso.
“E’ acqua!” urlò pieno di gioia, mentre il gruppo lo raggiungeva.
Rick prese il biglietto posato sopra le casse d’acqua e lo lesse.
Da un amico. Non mi piace, non mi fido. Nessuno ti regala niente” disse iniziando a guardarsi attorno, in cerca di qualcuno nascosto nel sottobosco.
Gli sembrava di sentire qualcosa, pronto a fare cenno agli altri, quando spuntarono sulla strada dei cani. Si bloccò, non sapendo bene che fare: non gli era mai capitato di incontrare animali che una volta fossero domestici, e sinceramente non vi aveva pensato. I cani davanti a lui avevano ancora i loro collari, messi con cura e amore dai loro padroni orami morti, ma gli ringhiavano contro, pronti a spiccare il balzo per poterli uccidere.
Uccidi o muori. Non vi erano tante scelte in quel momento, e così Rick portò la mano alla pistola, alzandola leggermente tremante. Sperava che gli altri non lo notassero, non poteva farsi vedere debole in un momento in cui nessuno aveva forze: si sarebbero sentiti persi, senza più nessuno a guidarli e proteggerli.
Respirò, pronto a far fuoco, quando uno sparo vicino lo fece balzare di lato: Sasha teneva ancora il fucile ad altezza della spalla, e si stava sistemando per sparare un secondo colpo. Rick la lasciò fare: aveva bisogno di sfogarsi e gli stava prendendo la cena, non poteva dire molto.
 
Mangiarono in silenzio, guastando la carne ma sentendosi anche un poco in colpa: il mondo era andato a puttane, letteralmente, ma loro non potevano farci niente. Dovevano stare al gioco per poter sopravvivere.
Michonne guardò il suo spiedino di carne e sospirando gli diede un morso: le sembrò la carne più buona di sempre.
Stavano tutti meglio adesso che avevano finalmente messo qualcosa nello stomaco, e così si misero a parlare sottovoce accanto al fuoco, cercando di distrarsi e di passare qualche momento in una sorta di normalità.
Daryl si trovava un poco in disparte, ancora preso a mangiare la sua carne, con Carol che lo guardava dalla parte opposta, attraverso il fuoco: si chiese cosa stesse pensando, come stesse reagendo dentro di lui. Avrebbe voluto alzarsi e andargli vicino, stare seduti uno di fianco all’altro e basta. Stava pensando realmente di farlo quando sentì un tuono entrarle nei pensieri.
Sollevò il capo in alto, imitata dal resto del gruppo: una nuvola scura si avvicinò e in pochi secondi iniziò a piovere.
Si misero quasi tutti a sorridere, Tara e Rosita a terra, pronte a prendere tutto quell’acqua dopo molto tempo.
Carol si unì al gruppo in quella gioia, ma solo per pochi secondi: il suo sguardo fu nuovamente catturato da quello di Daryl, che ora la fissava di rimando, dopo essersi alzato. Vi lesse il nulla, e questo portò Carola preoccuparsi ancora di più.
Doveva farlo reagire, non poteva continuare a vivere in quell’apatia.
“E’ meglio trovare un riparo” Rick si alzò e diede Judith in braccio a Carl.
“Ho visto un fienile, qua vicino” Daryl si chinò a prendere da terra la propria balestra e face strada, mentre la pioggia li bagnava e il buio della sera si avvicinava.
Quando arrivarono al fienile, poco dopo, i raggi del sole erano quasi del tutto spariti.
 
          °°°°°°°°°°
 
Il fuoco schioppettata tranquillo, un piccolo cerchio vi si era formato attorno.
Maggie stava girando per il fienile: non riusciva a stare ferma. Quella pioggia le faceva piacere, certo, eppure non riusciva ad esserne completamente contenta. Avrebbe solamente voluto rifugiarsi in un angolo, al buio, e piangere fino ad addormentarsi.
Sembrava quasi un animale in gabbia, in cerca di una via d’uscita.
Chi si sentiva in gabbia ma si era arreso però era Daryl. Carol gli si era seduta accanto, pronta a non farsi sfuggire quell’opportunità. Non sapeva come, ma si erano messi a parlare di loro e degli essere che affrontavano ogni giorno. Un discorso estremamente triste, eppure così vero che Carol rimase incantata dalla storia di Rick e suo nonno, fino a che non pronunciò un altro tipo di frase.
“Noi sopravviviamo. Ci ripetiamo che noi siamo i morti che camminano”
Tutti gli occhi si puntarono sullo sceriffo a quel punto: come si poteva reagire a un frase del genere? Lo siamo davvero? Si chiese Carol.
Distolse la sua attenzione da Rick solo quando sentì una voce vicino a lei farsi avanti.
“Non siamo loro”
Daryl puntò lo sguardo su Rick, pronto a contraddirlo se avesse smentito quell’affermazione. Carol dentro di sé accennò un piccolo sorriso: era bello sentire quelle parole provenire proprio da Daryl, voleva dire che stava provando a reagire, forse le sue parole nel bosco lo avevano un poco aiutato.
“Non lo siamo” confermò Rick, annuendo all’amico.
Carol gli fece un cenno affermativo, allungando una mano in direzione di Daryl e sfiorandogli la sua. Sentì l’uomo irrigidirsi un poco a quel tocco, eppure non si ritrasse subito.
Stavano tutti meditando su quello che era appena stato detto quando un tuono più forte li fece balzare dallo spavento. Qualche risolino riempì l’aria, nell’imbarazzo di essersi fatti spaventare da una cosa così normale.
Daryl spostò delicatamente la mano da quella di Carol, alzandosi e iniziando a gironzolare per il fienile, fina fermarsi davanti al portone e guardare fuori, attraverso il piccolo spiraglio che rimaneva tra le catene che avevano usato per chiuderlo.
Voleva guardare fuori per curiosità, vedere quanto stava piovendo quando un lampo illuminò l’esterno e gli diede l’esatta visione di quello che li aspettava.
Zombie, una mandria, che si avvicinavano al portone, pronti a sfondarlo con il proprio peso. Daryl subito si allarmò e si posizionò con la schiena contro il legno, spingendo contro zombie, pioggia e vento.
Non chiese aiuto, ma poco dopo tutti corsero ad aiutarlo, vedendo e capendo.
Spingevano, tutte le loro forze concentrare in quel momento, sentendosi più vivi che mai.
Carol si trovò in mezzo al gruppo, braccia e gambe che si distinguevano poco nel buio, gli occhi socchiusi per concentrare ancora di più le proprie energie.
Stava spingendo, contrastando le forti spinte degli zombie. Puntò i piedi, abbassandosi un poco e mettendovi ancora più energia.
In questo movimento spostò un poco la testa e le spalle per non perdere l’equilibrio a causa del fango, ma una gamba le scivolò comunque e sentì uno spostamento d’aria: aprì gli occhi appena in tempo per vedere un qualcosa nel buio andarle contro, colpirle la testa.
Sentì male, non riuscì più a spingere e cadde a terra, perdendo i sensi.
In tutto quello spingere con i piedi nel fango i sopravvissuti avevano riportato alla luce i sassi che con il tempo si erano accumulati all’entrata.
Solo poco dopo qualcuno si accorse che Carol era a terra, svenuta, e del sangue le usciva dal capo.





Nota dell'autrice: so che nel telefilm certe cose sono andate diversamente, come per esempio i cani e le bottiglie d'acqua, ma ho voluto riadattare certe cose. Questo capitolo riprende molto della puntata 5x10 del telefilm, ma mi serviva per introdurre meglio il contesto e per dare il via alla storia. Vi saranno ancora riferimenti, ma non me la sentivo di stravolgere trippo il tutto fino a che Carol non fosse stata male.
Spero di riuscire a pubblicare presto anche il secondo capitolo. Che la storia abbia veramente inizio! Ricordatevi inoltre di passare sulla pagina autrice facebook per rimanere sempre aggiornati! 
   
 
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