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Autore: Elykei    25/05/2016    1 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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11.         Canta che ti passa.

AVVERTIMENTO:  In questo capitolo si descriverà un attacco di panico. Per evitare di crearvi fastidi ho segnato l’inizio e la fine della parte interessata con le scritte ATTENZIONE e FINE.

Nel caso la cosa vi creasse problemi potete saltare quel pezzo, farlo non darà origine a grandi buchi narrativi poiché l’accaduto viene ripreso in maniera più leggera in seguito.

 

 

 

Raggiunta casa mandai un messaggio a Delia per dirle che non potevo chiamarla invece passai la serata concentrandomi sulla chimica.

 

 

Passai i giorni fino al compito immersa nello studio della chimica, trascurai ogni materia tranne quella beccandomi anche un rimprovero dalla prof di educazione fisica per aver passato la sua ora interamente nello spogliatoio tra appunti ed esercizi.

Era la quarta ora, il momento della verità era arrivato, di li a pochi minuti avrei scoperto se il mio impegno  era stato di una qualche utilità o meno.

Ero circondata dai miei compagni tutti impegnati a scambiarsi consigli dell’ultimo momento e rassicurazioni, io invece preferivo concentrarmi da sola sui dettagli, percepire l’ansia altrui infatti finiva per far aumentare la mia che già di per sé godeva di dimensioni notevoli.

Non mi accorsi nemmeno dell’ingresso della prof finché non notai che tutti correvano ai propri posti.

La professoressa Martinelli distribuì una piccola pila di fogli ai ragazzi ai primi banchi, loro a loro volta dopo averne trattenuto uno per se la passarono a quelli dietro e così via fino a quando non ci ritrovammo tutti con un compito a testa.

Scorsi velocemente lo sguardo su uno dei lati della fotocopia.

I primi quattro o cinque esercizi sembravano particolarmente facili, non ne ero certa ma uno in particolare mi pareva identico ad uno di quelli svolti con Raffaele, più scorrevo verso il basso però più diventavano complessi. Forse un po’ troppo per i miei standard.

Scossi il capi, dovevo affrontare una cosa alla volta.

Impiegai cinque minuti per quelli semplici. In tutto tra quesiti a risposta multipla e problemi da risolvere le domande erano sessanta.

Se avessi tenuto il ritmo di cinque minuti ogni cinque esercizi in un’ora avrei terminato e calcolando che in realtà per le domande che non richiedevano calcoli avrei adoperato una trentina di secondi invece di sessanta e che queste erano un quarto dei quesiti totali, avrei avuto tempo a sufficienza per ricontrollare eventuali domane problematiche.

Persi qualche secondo stupendomi del mio ottimismo e della mia abilità matematica.

Per quanto fossero risibili erano entrambi una piacevole sorpresa per me.

Uno dopo l’altro completai gli esercizi del fronte della pagina, avevo ancora a disposizione poco meno di quaranta minuti e mi mancava solo il retro.

Tutto sommato la situazione stava procedendo bene.

Feci un piccolo sorriso poi girai il foglio.

Già dal trentunesimo quesito la mia espressione compiaciuta iniziò a vacillare.

Li guardai tutti, conoscevo con certezza la risposta ad uno solo dei quesiti, una domanda aperta, per quanto riguardava gli altri su sette ero incerta, su tre ero indecisa, su due mi sarei affidata al proverbiale ‘ambarabàciccìcoccò’ e agli altri diciassette avevo rinunciato a prescindere.

 Era un disastro, non potevo lasciare in bianco quasi metà compito. Soprattutto dato che la mia sicurezza riguardo la restante parte iniziava a vacillare.

Girai di nuovo la fotocopia, la risposta del quesito ventuno era giusta? Avevo avuto un dubbio su quella, e ora che ci pensavo anche sulla diciannove.

No.

No, non dovevo pensare alle domande alle quali avevo già dato una risposta dovevo concentrarmi su quelle incomplete.

L’unico problema era che non avevo idea di come svolgerle.

Basta Margherita almeno provaci! Mi dissi.

Ne feci un paio, di sicuro sbagliate, ma non mi arresi.

Continuai o per lo meno ci provai eppure ad ogni esercizio svolto l’incertezza mi attanagliava sempre più finché non giunsi a quelli dei quali non capivo nemmeno la domanda.

ATTENZIONE

Era davvero un disastro, d'altronde sul serio pretendevo di ottenere una sufficienza in un compito per il quale avevo studiato per soli cinque giorni?

In chimica poi! Una materia nella quale non ero mai stata ferrata.

Me l’ero cercata.

La colpa di quel fallimento era solo mia.

Il respirò divenne sempre più affannoso, quell’aria che riuscivo ad ispirare sembrava bloccarsi da qualche parte nel percorso tra le narici ed i polmoni.

Quanto mancava alla fine? Ventisei minuti. Per quanto mi riguardava erano troppi, io non potevo sfruttarli, tanto valeva che volassero via.

Infatti se il tempo avesse accelerato il suo corso ne sarei stata più che contenta.

Che pensiero egoista.. come avevo potuto farlo?

I miei compagni, i miei amici avevano bisogno di ogni secondo per poter completare al meglio il tutto, come avevo potuto desiderare, anche se solo col pensiero, di mettere gli altri in difficoltà?

Ero una persona orrenda e soprattutto un’amica pessima.

Oh ma insomma mi stavo sul serio preoccupando di una stupida breve riflessione quando avevo degli esercizi da completare?

Ci mancava solo quello, preoccuparmi per i pensieri causati dalla preoccupazione!

Gli esercizi erano però comunque troppo difficili, anche se fossi concentrata su essi non avrei risolto nulla.

Forse era meglio evitare direttamente di angustiarmi con quesiti per me irrisolvibili.

Dannazione da quando in qua venti minuti erano un periodo tanto lungo?

Respira, Margherita, inspira un fiotto d’aria, aspetta tre secondi e poi espira. Non è poi così difficile.

Eppure in quel momento mi pareva più complesso dell’esercizio cinquantanove e dire che in quello c’erano perfino due termini dei quali non conoscevo il significato.

La mancanza d’aria mi stava procurando dei capogiri, dovevo uscire di li.

Alzai la mano – Professoressa posso andare in bagno? -.

-Siamo nel bel mezzo di un compito in classe Suonabassi –

Recitai ‘ tranquilla puoi farcela ’ ripetutamente quasi come fosse un mantra.

E probabilmente in quei minuti per me lo era, seppur non il più efficace.

I miei pensieri divenivano sempre più incoerenti. Non riuscivo a concentrarmi su nulla per più di tre secondi senza perdere il filo.

Sapevo cosa stava succedendo. Ero in preda ad un attacco d’ansia.

La sensazione era sempre la stessa: essere sul punto di svenire senza mai farlo veramente.

Spesso avevo preso in considerazione l’idea che la gente che semplicemente sveniva fosse fortunata.

Per loro almeno c’era una fine a tutto ciò che io invece stavo affrontando in quel momento. La sensazione di soffocare finiva. Il mondo che girava finiva. La sensazione di prurito che pervadeva tutto il corpo finiva. L’appannamento dei margini del campo visivo finiva. Tutto finiva nel buio.

Anelavo anch’io quel vuoto.

Doveva essere così pacifico.

Il mio respiro iniziò a diventare rumoroso, infatti notai gli sguardi rivolti a me di alcuni compagni.

Era strano come la realtà in generale mi appariva lontana e sfuocata eppure le loro occhiate, che altro non erano se non un piccolo particolare di ciò che mi circondava, erano così limpide. Forse il mio cervello era masochista perché di certo rendermi conto che tutti mi fissavano non era d’aiuto, anzi.

Dovevo davvero uscire dall’aula la mia mano però era bloccata.

-Prof mi sa che Margherita non si sente bene magari sarebbe meglio lasciarla andare in bagno-.

Dopo quelle parole riuscii solo a pensare: che tu sia lodata Teresa Cassano.

 -D’accordo a questo punto è meglio se la accompagni -.

Scossi la testa – Vado sola – sussurrai.

Camminai velocemente fino al corridoio e poi corsi per raggiungere il gabinetto. Non mi fermai all’ampia stanza dove c’erano tutti i lavandini ma mi rinchiusi in uno degli stretti stanzini che proteggevano i singoli water da sguardi indiscreti.

 In quei casi meno pubblico c’era e meglio era.

Anche il fatto che lo spazio era ridotto mi aiutava.

Questa era una cosa che non avevo mai compreso: mi mancava l’aria eppure il fatto che la stanza fosse così piccola  e senza finestre in qualche modo mi agevolava.

Poggiai schiena e testa a terra, le gambe non entravano quindi dovetti piegarle e poggiare i piedi sulla parete.

-Margherita -.

Cosa? Chi era? Qualcuno fuori dalla porta mi chiamava. Sembrava la voce di Raffaele.

Il pavimento era così fresco contro la mia guancia, mi aiutava quasi a vedere il tutto in una prospettiva più rosea, mi portò persino a pensare che avrei potuto far sparire Raffaele se lo avessi ignorato abbastanza a lungo.

Non avevo voglia di sentire nessuno né tanto meno di essere vista, specialmente da lui! No c’era abbastanza confidenza tra noi perché lui mi vedesse in una situazione tanto imbarazzante.

-Margherita se entra qualcuno e mi trova qui succede un casino dato che è il bagno delle donne, tuttavia se tu mi facessi entrare non mi vedrebbero -.

Ero decisamente troppo impegnata con i miei problemi per considerare i suoi.

Respirare era un atto tanto complesso, come avevo fatto ad impararlo appena nata?

-Ora mi fai entrare o altrimenti sfondo la porta, decidi -.

Perché cavolo doveva mettermi tanto in difficoltà? Mi domandai.

A fatica mi arrampicai lungo il muro fino ad arrivare ad essere seduta e allungando un braccio sbloccai la sicura che chiudeva la porta. Subito Raffaele l’aprì per poi sedersi accanto a me e richiuderla.

In due seduti per terra occupavamo davvero tutto lo spazio disponibile.

Usai entrambe le braccia come scudo per coprirmi il viso.

L’aria ancora non mi giungeva ai polmoni.

Non iniziò con le cazzate come dirmi di respirare o di stare tranquilla, quelle cose solitamente peggioravano solo la situazione.

FINE

-Chi sei, Goku non lo sai, però presto lo scoprirai, e poi tu scomparirai -.

Scansai un poco i gomiti per poterlo guardare, cantava sul serio la sigla di Dragonball?

-Una nuova realtà, con le sue verità, scaverà nel tuo passato, e guardando più in là, il tuo cuore saprà ritrovare Dragonball -.

Il mio scrutarlo non sembrava inibirlo in alcun modo, continuava a recitare il testo a ritmo.

- Che combini? -. Riuscii a bisbigliare.

- Canto, fallo anche tu, lo vedevi Dragonball no? -.

Annuii e lui riprese la canzone – What’s my destiny, Dragonball, io so che tu lo sai, Dragonball -. Finii per unirmi a lui veramente anche se il fiato non mi permetteva di dare uno spettacolo dignitoso.

-Perché non c’è, un drago che, sia grande come te! Dragonball, Dragon, Dragon, Dragon, Dragonball! -.

Più andavo avanti e più mi veniva facile respirare normalmente.

Mi accorsi con sorpresa che arrivati all’ultimo ritornello io ero tornata ad avere una respirazione del tutto regolare.

- Come è possibile? -.

- È un vecchio trucco di mia nonna, quando il respiro diviene affannoso si deve cantare, la cosa aiuta perché a chiunque viene naturale regolare l’inspirazione e l’espirazione in base alle necessità della melodia, è una azione quasi involontaria -.

- Oh -. Dissi solo.

 - Stai bene? -.

- Si, direi che il tuo rimedio casereccio ha funzionato -.

- Bene, è meglio che io vada, sciacquati la faccia prima di uscire così il rossore si attenua -.

Quel trucco lo conoscevo anch’io Mr. Chimica.

Dopo che fu uscito rimasi qualche secondo sul pavimento, era piuttosto comodo, poi mi avvicinai ai lavandini.

Cercavo un modo per asciugarmi il viso quando Delia entrò.

- Non tornavi così la prof mi ha mandato a controllare -. Si giustificò subito lei.

- Sto bene tranquilla, è stato solo un giramento di testa -.

- Sei sicura? Pareva tu avessi difficoltà a respirare -.

- No no, non temere è stato veramente un momento, torno immediatamente, tu vai avanti Dede devi avere il tempo per completare il compito -.

- L’ho già fatto, e poi anche se fosse preferisco accertarmi della tua salute prima, scema -.

- L’hai terminato? Ma che ore sono? -.

- Dodici meno cinque -.

Cinque minuti alla campanella quindi.

- Sai ti sei persa le ultime novità -. Mi informò Delia dopo un po’.

- Di che parli? -.

- Io e Genna siamo pubblicamente una coppia -.

- Che vuoi dire? -.

- Che mentre tu eri rinchiusa nella caverna a studiare con il piccolo chimico ti sei persa tutto il divertimento della nostra prima uscita pubblica -.

- No! Quando è successo? -.

- Avantieri, siamo andati tutti a prendere un aperitivo -.

- Avrei voluto esserci per vedere le loro facce! -.

- Sì, è stata una scena impagabile -.

Si poggiò al lavandino con le mani dietro la schiena.

- Fabrizio stava per affogare nella sua birra, Iole era tutta felice per noi e Alessandra continuava a ripetere che era ora -. Scosse il capo – Il resto della ciurma era troppo scioccata per commentare -.

- Tommaso come l’ha presa? -.

- Beh lui era l’unico che già lo sapeva quindi tutto sommato era quello meno sorpreso -.

- Ma.. -.

- Vuoi sapere se stava bene – sospirò – ammetto che sembrava triste, il che non mi ha certo fatto piacere però penso sia meglio così -.

 - Che altro mi sono persa mentre ero, come hai detto?.. Nella caverna -.

- Mmm vediamo, Orazio ha finalmente una macchina, Toyota cinque porte, molto carina, e pare che Annamaria abbia un nuovo interesse amoroso, non si sa bene chi sia, però Fabrizio l’ha vista con un ragazzo alla serata al Fiji -.

Cercai di fingere sorpresa Delia però intuì il mio inganno – Che mi nascondi? -.

- Nulla -.

- Mi stai mentendo -.

Non potevo tradire la fiducia di Anna, tuttavia non importava quale storia avessi inventato Delia non l’avrebbe bevuta.

E poi infondo era solo una persona, per giunta la mia migliore amica.

- Promettimi di tenere la bocca chiusa, anche con Gennaro! -.

- Anche con lui? Deve essere un vero scoop! okay promesso, ora dimmi tutto -.

- Ma che scoop e scoop, è solo che io l’ho conosciuto, il tipo che Anna sta frequentando -.

- Davvero? Chi è? Com’è? -.

- Si chiama Diego, è un amico di Raffaele e in realtà è proprio a casa sua che l’ho conosciuto poi l’ho rincontrato al Club dove lui mi ha portato dai suoi amici e lì ho trovato la nostra cara Annamaria che mi ha rivelato tutto -.

- È carino quanto l’amico? -.

- Si, cioè aspetta pensi che Raffaele sia attraente? -.

- Certo -.

- Ma sei lesbica -.

- Eppure non sono cieca! -.

- Certo, certo è solo che.. sai pensavo -. Mi interruppi non sapevo bene come continuare.

- Mi tocca darti una notizia: il fatto che io non provi attrazione sessuale né tanto meno romantica per lui non vuol dire che non possa apprezzare la sua bellezza estetica -. 

- Vabbè dai andiamo, o la Martinelli darà per dispersa anche te -.

In classe quasi tutti avevano finito, giusto un paio di ragazzi erano ancora indaffarati con gli esercizi.

-Margherita come stai? -.

-Bene prof, grazie -.

-Te la senti di tornare al tuo banco per finire la verifica? Ho visto che sei un pochino indietro, potresti venire con ma nell’altra classe basterà avvisare De Tuglio non penso faccia problemi, oppure se proprio non te la senti la possiamo rimandare, puoi tranquillamente recuperarla dopodomani -.

Per quanto la possibilità fosse allettante sapevo che due giorni in più non avrebbero fatto alcuna differenza e se avessi potuto evitare di rifare quella sceneggiata l’avrei fatto quindi rifiutai.

Quel giorno tornai a casa presto, avevo bisogno di riposo.

Saltai anche il pranzo.

Al mio risveglio la casa era vuota, mamma aveva il turno pomeridiano al supermercato e Luca era fuori a festeggiare con la squadra. La sezione D aveva vinto il campionato di calcio, ed io mi ero persa anche quello durante la reclusione.

Guardai l’orologio: le sei e quaranta.

Avevo dormito per cinque ore, prendere sonno quella notte sarebbe stata un’impresa.

Dovevo alzarmi dal letto e trovare qualcosa da sgranocchiare, i morsi della fame iniziavano a farsi sentire.

Andai in cucina con l’intento di mangiare un paio di biscotti invece vi ci trovai un piatto con tramezzini al tonno accanto ad esso un biglietto ‘In caso ti venisse fame, un bacio mamma’.

Sorrisi, era proprio vero che la mamma è sempre la mamma.

Mi accomodai sul divano a gambe incoriate sfruttandole anche come appoggio per il piatto.

In Tv davano Downtown Abby, non ero sicura di cosa mi avesse reso schiava di quella serie televisiva fatto stava che mi ritrovavo ogni volta incantata a fissare gli attori in costume.

A metà della seconda puntata provai a controllare l’ora sul cellulare, solo per accorgermi che non lo avevo con me, probabilmente era ancora in camera. Misi in pausa, le gioie di Netflix.

Due notifiche Whatsapp, i messaggi erano arrivati mentre io ancora dormivo, questo spiegava perché non li avessi sentiti.

Un nuovo messaggio da Gennaro 17:30:

Ti va di andare al bar tra una mezzora?

Messaggio inviato a Gennaro 20:26:

Scusa Genni mi ero addormentata.

Era decisamente troppo tardi ormai per quel caffè. Controllai l’altro, era di Raffaele.

Un nuovo messaggio da Raffaele 18:00:

Sei in ritardo.

Mi domandai di cosa parlasse, le lezioni ormai erano terminate.

Messaggio inviato a Raffaele 20:26:

È difficile arrivare in orario ad un appuntamento che non si sapeva di avere.

Un nuovo messaggio da Gennaro 20:28:

Tranquilla, rimandiamo a domani.

Un nuovo messaggio da Raffaele 20:31:

Mi sembra naturale continuare con le lezioni se vuoi arrivare agli esami in maniera per lo meno decente.

Messaggio inviato a Raffaele 20:31:

Ti ringrazio per l’offerta ma le tue tariffe sono troppo elevate e poi dubito che per me ne valga la pena.

Un nuovo messaggio da Raffaele 20:32:

Mi accontenterò di venti euro a settimana.

Messaggio inviato a Raffaele 20:32:

Che sono tutta la mia paghetta, no grazie preferisco vivere.

Messaggio invitato a Raffaele 20:33:

Non volevo essere brusca..

Un nuovo messaggio da Raffaele 20:35:

Dieci euro e mi paghi tu il caffè alle macchinette la mattina, ma dobbiamo ridurre le lezioni a due volte alla settimana.

Mi morsi un’unghia, la mia estetista ne sarebbe rimasta scontenta.

Messaggio inviato a Raffaele 20:36:

Perché ci tieni tanto? In caso tu non l’abbia capito oggi ho pianto perché il compito è andato una merda, per metà l’ho lasciato in bianco e il resto è tutto sbagliato ne sono certa, quindi se lo fai perché pensi di ottenere una qualche forma di soddisfazione trasformandomi in Marie Curie 2.0 è meglio se ti arrendi subito. Io sono una causa persa.

Buttai il cellulare sul letto e tornai dal mio telefilm.

Ero seriamente contrariata da Raffaele, non capiva che prendere ripetizioni serviva solamente a sottopormi a dello stress inutile? Non sarei mai diventata brava in chimica, quindi perché penarsi?

Mamma non sarebbe tornata prima delle undici, Luca invece sarebbe rincasato a breve.

Dovevo cucinare qualcosa per cena.

Optai per delle spinacine con contorno di patate e zucchine saltate in padella.

Tagliuzzare le verdure mi rilassava così come in generale lo faceva tutto il processo di preparazione del cibo.

Se proprio avessi fallito in tutto nella vita sarei potuta almeno diventare una sbucciapatate sulle navi da cargo. Sempre che quella mansione esistesse ancora. Poteva tutta la mia illustre carriera essere terminata prima ancora di iniziare a causa del progresso e delle leggi contro lo sfruttamento del personale?

Riflettendoci però forse gli sbucciatori di patate non facevano solo quello, dovevano presumibilmente avere altri compiti a bordo, compiti che gli avrebbero portati a spostarsi all’interno della nave, il che non era consigliato a chi come me soffriva di mal di mare e doveva stendersi ogni venti minuti per evitare di rovesciare.

No, nemmeno quella era la carriera adatta a me.

Sentii le chiavi di Luca tentennare fuori dalla porta pochi secondi prima di vederlo apparire sulla soglia – Che hai preparato sorella? -.

- Un paio di cosette -.

Rubò una cucchiaiata di zucchine - Bene perché muoio di fame -.

- Piuttosto che razziare le scorte della nostra cena vai ad apparecchiare, e comunque mi chiedo come tu faccia a mangiarle crude -.

- Sono verdure Marghe si possono benissimo mangiare anche prima di essere cotte -.

- Sarà, ma io proprio non riesco a concepirlo -.

Mangiammo accompagnati da The Flash che sfrecciava su Italia Uno, non si poteva voler di più dalla vita!

Quando tornò, mamma era distrutta. Cenò velocemente poi si accoccolò con noi sul divano, chiacchierammo riguardo le nostre giornate e le ultime novità.

Lo facevamo ogni sera, sederci tutti assieme per parlare, era uno dei momenti che più apprezzavo della giornata.

Mi tenni occupata fino a tardi pur di evitare la mia camera da letto e di conseguenza il cellulare.

Non avevo troppa voglia di affrontare qualunque risposta Raffaele avesse deciso di scrivermi.

A mezzanotte però non avevo più scuse.

Una volta in camera mi cambiai nel pigiama e poi mi misi a leggere, resistetti per una mezzora prima di iniziare a sentire le palpebre calare. A quel punto tolsi di mezzo il libro e mi raggomitolai sotto le coperte.

Prima di addormentarmi però cedetti al lato curioso del mio carattere e controllai le notifiche di Whatsapp.

Un nuovo messaggio da Raffaele 20:36:

Magari lo faccio solo perché non ti ritengo una causa persa.

   
 
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