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Autore: Feathers    28/05/2016    10 recensioni
/Cockles Au in Russia!/
Dopo che la sua vita cambia per sempre a causa di una matrioska, Jensen Ackles è costretto a vivere nella Russia del 1955, un'epoca difficile per un americano moderno. Per fortuna, un affascinante e misterioso scrittore di nome Misha Krushnic decide di ospitarlo nel suo appartamento al centro di Mosca. Cosa succederebbe se la loro iniziale diffidenza si trasformasse in una passione incontenibile?
Questa è la storia di un amore clandestino, di quelli tanto intensi da sembrare irreali, ma continuamente messo in grave pericolo dall'omofobia della Russia Sovietica. Riusciranno i due ad uscire dalla terribile situazione in cui si trovano ed a stare insieme senza rischiare la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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You have to let me go





2018

"Caro Misha,

Il tempo qui è così bello qui.

C'è il sole delle sei di sera che picchia sul ferro delle panchine ed illumina l'erba; ricordo - ricordo che ti sarebbe piaciuto tanto... sentirlo forte sulla tua pelle, a riscaldarti. Me l'avevi detto, e ti avevo promesso di portarti in uno dei miei luoghi preferiti - Dio, mi dispiace, mi dispiace da morire.

Il posto in cui sto alloggiando adesso non è affatto male. Si trova più o meno nel Sud Italia; se solo mi ricordassi il nome del paesino - è qualcosa con la emme se non sbaglio, ma... dovrei chiederlo a Jared, per sicurezza.

Più tardi dovremmo andare al mare - che sta a qualche ora di strada da qui - ma abbiamo deciso di fare una breve sosta.

A proposito di Jared. In questo momento sta ridendo ai piedi di uno scivolo col suo bambino che scende fra le sue lunghe braccia, emettendo un sacco di urletti divertiti.

Genevieve ha preso Thom in grembo, e gli sta facendo il solletico sulla loro panchina. Io lancio loro un sorriso ogni tanto. Sono - sono semplicemente stupendi.

La mia altalena è un po' scomoda, ma è sempre meglio di sedersi a terra.

Non sono munito di foglio e penna, per cui non posso scriverti nulla - ti sto solo facendo una preghiera mentale, nella speranza che tu possa sentirla adesso.

Sai? Negli ultimi tempi ho scritto un bel po' di storie - non sono prolifico come te, ma me la cavo e mi aiuta a sentirmi meglio. Mi hai fatto venire un vero e proprio vizio con la scrittura, Misha. È decisamente più salutare del vizio del fumo - a proposito, ho smesso di fumare come mi hai detto tu, o quasi.

Ti ringrazio per avermi fatto ritornare l'ispirazione che mi mancava, e per avermi insegnato alcune cose - se non fosse per te non saprei nemmeno dove mettere le virgole, il bello è che il russo sei tu.

Sì, hai sentito bene. Ho detto 'sei', non 'eri'.

Non voglio usare nessun verbo al passato per parlare di te. Tu - tu non sei affatto morto.

Non per me.

Non ho idea di come funzioni con questi maledetti - stramaledetti - salti temporali. Sento solo dentro di me che in qualunque posto ti trovi adesso - che assomigli a quel prato illuminato dalle stelle, o una casa dalle lenzuola immacolate - esso non ha né spazio né tempo."

Jensen smise di pregare in silenzio per un paio di secondi.

La dolce risata del piccolo Thom aveva riempito l'aria del parco giochi, seguita dal suono di una bici gialla che passava in quel momento. Jensen contorse le labbra; si sforzò di non lacrimare, e di continuare.

"Spesso avverto la tua presenza, Mish. E so che non è dovuta al fatto che mi manchi. Ci sei in quelle notti strane in cui... in cui non dormo, e resto sveglio ad immaginarti accanto a me, e stringo forte i cuscini, bagnandoli tutti. Mi piacerebbe non comportarmi in questo modo ridicolo, mi piacerebbe davvero, ma... è mille volte più forte di me.

Mi andrebbe benissimo anche trovarmi nei gulag in quei momenti, col freddo che mi entra dentro le ossa, pur di averti ancora tra le mie braccia. Pur di mentire a me stesso e fingere anche solo per un secondo di poterti salvare."

Jensen serrò gli occhi, si sentiva tremare le membra dalla tensione generata dai suoi ricordi. Si alzò, si allontanò un po' dal parco, rifilando una rapida scusa a Jared e alla moglie - i quali annuirono sorridendo dopo essersi scambiati uno sguardo.

Jensen non sapeva quale forza lo stesse portando altrove, non capiva neanche perché, ma si mise a camminare senza meta per quelle vie.

"E so che ci sei anche adesso. Adesso che sto passeggiando in questo paesino, e fa un caldo pazzesco. Mi stai accanto, mi proteggi, mi guidi verso una direzione che non conosco - tanto so anche che mi farai ritrovare la strada dopo.

Hanno cercato di separarci per così tanto tempo; abbiamo pensato tante di quelle volte di rinunciare a ciò che c'era fra noi, eppure non ci siamo mai riusciti; in fondo, io sapevo che saremmo rimasti l'uno accanto all'altro... fino alla fine.

Durante i matrimoni dicono: 'Finché morte non vi separi', giusto?

Noi non ci siamo mai potuti sposare, è vero, Misha. Ma per me è come se fosse accaduto; anzi, è stato addirittura migliore perché... perché nemmeno la morte è riuscita a separarci.

Era - è - davvero troppo forte il mio sentimento nei tuoi confronti, credimi. È intenso in un modo che fa paura, non so nemmeno descriverlo con le parole adeguate, e so che il tuo era della stessa intensità.

Non è un qualcosa che può morire.
Non è un qualcosa che può... sparire nel nulla.

Credo che - credo che amare ci renda immortali in un certo senso.

Il mio amore per te non mi devasta ora, sul serio. Lo tengo sempre dentro di me, e mi protegge da me stesso, dal commettere sciocchezze. Ti ho promesso che sarei ritornato a casa sano e salvo, e lo sto facendo, anche se non potrò mai tornare davvero quello di prima.

Quando sono stato teletrasportato in America nell'anno 2016, sono stato depresso per circa un anno. Credo di aver - credo di aver perso una decina di chili o giù di lì. Mi sentivo perduto senza di te; pensavo di non farcela. Non volevo dimenticarmi il tuo viso; non sai cosa avrei dato per avere una sola foto insieme.

Solo una.

Quel giorno ho corso per la strada, gocciolando sangue da tutte le parti, ed ho suonato il campanello di Jared. Appena lui mi ha visto la prima volta dopo tanto tempo... è rimasto immobile, gli occhi enormi. È impallidito in un istante.

Non poteva credere a ciò che vedeva.

Quello non ero io, cazzo.

Non ero io.

Mi ha abbracciato, mi ha stretto a sé ed è scoppiato in un pianto disperato, tremando su di me, domandandomi dove diavolo fossi stato fino a quel momento.

Io tacevo.

Non mi aveva mai visto così malridotto, così conciato. Gen non era nemmeno a casa al momento.

Il mio migliore amico mi ha portato all'ospedale, mi sono fatto disinfettare le ferite e fasciare il braccio come si deve - sono rimasto lì per un po', più per riprendermi dallo shock che da altro. Non ero così grave dal punto di vista fisico.

In seguito, Jared mi ha ospitato da lui per un periodo. Non ha insistito nel voler sapere subito cosa non andasse; non che io collaborassi un minimo - ero muto. Mi sono tenuto dentro quell'uragano di orrori per un mese, rispondendo a monosillabi.

Dopo esserci occupati di ciò che dovevo spiegare alle forze dell'ordine - Dio, sono ricomparso dopo un fottuto anno e mezzo, come rapito dagli alieni - abbiamo fatto un sacco di cose normali.

Abbiamo... mangiato in un ristorante,  abbiamo fatto la spesa al solito supermercato che ai miei occhi appariva troppo luminoso, troppo bianco rispetto a come lo ricordavo. Siamo perfino andati in gita in un bosco, e mi sono messo a giocare a nascondino con Thom. È stato lì che ho sorriso per la prima volta.

Solo quando una sera sono rimasto a casa con Jared... non sono riuscito più a trattenermi e... sono scoppiato in lacrime. Ho portato le mani al petto, mi sentivo soffocare.

Jared è accorso immediatamente, convinto che stessi avendo una crisi di nervi dovuta a quel che era successo - ho perso pure il conto delle scuse che ho inventato. Ma io avevo solo un bisogno disperato di parlarne. A lui.

Gli ho raccontato tutta la verità seduto sul mio letto, le mani sulle tempie e i gomiti sulle ginocchia; Jared mi osservava dall'altro materasso con occhi spenti.

Gli ho detto di te, di me, del nostro legame, di ciò che ho nascosto e soffocato per anni e anni sulla mia sessualità a causa dei sensi di colpa. Gli ho parlato dei gulag, della guerra, dell'omofobia. Di tutto ciò che mi veniva in mente, come una pioggia di fatti confusi, di parole e di ricordi.

Non puoi immaginare l'espressione del volto di Jared alla fine, né per quanto tempo siamo rimasti abbracciati stretti. Mi ha ripetuto un milione di volte di essere un perfetto imbecille per non avergli detto tutto anni prima. Mi ha detto che era senza parole, che non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. Mi ha detto che per lui io ero suo fratello, e che mi amava così com'ero, nonostante tutto.

In quel momento gli ho voluto bene da morire, più di ogni altro momento passato insieme. Mi sono sentito accettato - parte di una famiglia a cui andavo bene con le mie diversità e le mie insicurezze.

La cosa più incredibile è che Jared mi ha creduto. Mi ha davvero creduto quando gli ho raccontato dei viaggi nel tempo e degli altri casini in cui ci siamo trovati tu ed io.

In un primo momento, ho pensato che mi credesse impazzito, e che stesse semplicemente fingendo di bere le mie storie per farmi un piacere. Ma poi ho compreso che non era affatto così.

Ad Agosto 2017, Jared mi ha detto che avevo bisogno di viaggiare, di perdermi un po', di distrarmi assieme a loro.

E così l'ho fatto, siamo partiti, ed il mio umore è effettivamente cambiato un po'.

Sono certo, però, che girare per il mondo non sia stato il vero motivo della mia ripresa - so che sei stato tu, Misha, quando mi hai accarezzato il viso mentre dormivo, una notte di Aprile. Ero certo che fossi tu - la tua mano era diversa, più morbida, ma io sapevo che eri tu. Come faccio a non riconoscere il tuo tocco? Mi hai svegliato con le tue coccole per mesi e mesi...

Il bello è che non ho avuto nessuna paura nel sentire il tuo palmo sulla mia guancia bagnata - l'ennesima prova che doveva trattarsi di te, amore mio.

Avrei giurato di sentire persino un fruscio d'ali poco dopo, ma probabilmente quella era solo un'illusione.

Sappi che te ne sono grato, perché fai di tutto per calmarmi, per farmi capire che ci sei.

Ultimamente ho persino pianificato di scrivere un finale per il nostro vecchio diario di viaggio, usando le parole che ti sto dicendo adesso. Ricordi che volevi durasse un'eternità?

Un po' come noi...

Ricordo che quando collaboravamo tu ci scrivevi sempre delle cose che non immaginavo si potessero aggiungere in un diario di viaggio, Misha.

Io descrivevo il concreto: i monumenti, la natura, quello che notavo attorno a me, come se fossi stato una fotocamera... ma tu - tu ti soffermavi sui particolari apparentemente insignificanti, sulle cose più semplici; ma era questo ciò che rendeva la nostra storia - emh, il nostro diario - sensazionale.

Ho imparato a farlo anche io; ho raccontato non ciò che vedevo con gli occhi, ma ciò che vedevo con l'anima. Le piccole cose speciali.

Quando sono stato in Olanda ho parlato della sensazione che mi ha trasmesso il campo di tulipani arancioni smossi dal vento caldo. Mi ha fatto venire in mente quel quadro che tu avevi in salotto e al quale eri tanto affezionato, e... devo confessare che mi sono dovuto allontanare per un attimo. Troppe emozioni assieme.

In Russia ho assistito ad una manifestazione LGBT, una sorta di gay pride. Ho percepito la gioia negli occhi di un biondino che aveva appena fatto coming out e si era dipinto dei buffi arcobaleni sulle guance pallide. I suoi genitori sorridevano, erano sereni. Orgogliosi del coraggio del loro ragazzo. Io scriverò che grazie a te adesso mi accetto per come sono, e ho imparato ad essere me stesso nonostante la cattiveria che c'è nel mondo...

A Roma, circa due mesi fa, ho visto due ragazze che passeggiavano mano nella mano, e ridevano come matte - chissà per quale motivo. Sembrava che non si vedessero da un secolo, e... sarà stata un'impressione mia, ma la più giovane fissava l'altra con gli stessi occhi con i quali ti guardavo io."

Jensen arrivò vicino ad una casa bianca e si fermò, osservando una bambina dai capelli scuri che trotterellava di fronte alla mamma e cercava di raggiungere il campanello stando sulla punta dei piedi. Jensen sorrise lievemente, e poi continuò per la sua strada, ingoiando il groppo alla gola che cresceva senza fermarsi.

"Ora... capisco che è stupido terminare una preghiera in questo modo, lo so, Misha. Il problema è - il problema è che mi manchi sempre di più.

Avevo pensato... che forse avrebbe fatto meno male se ti avessi visto anche solo una volta... una sola, non chiedo altro. E giuro che non avrò paura - non posso aver paura di te.

Mi sento infinitamente idiota a domandarti di fare una cosa del genere - adesso devi essere così felice, così sereno.

Non voglio turbare la tua pace, non voglio infastidirti dopo ciò che hai passato, ma vorrei vederti davvero. Mi manca il tuo sorriso, e mi fa un male indescrivibile pensarci.

The Damned Matrioska è stato lasciato incompleto da Sobolev, e credo che lo finirò io... ma... lo farò solo se ti mostrerai.

Lo farò solo se - solo se mi darai la certezza che sei con me, che esisti ancora."

Jensen giunse in una zona verde disseminata di alberi senza quasi essersene accorto. Non c'era gente lì; nessuno lo avrebbe visto piangere. Ormai il sole iniziava a tramontare, gli occhi di Jensen a pizzicare pericolosamente, le lacrime a cadere sul terreno inaridito sotto i suoi piedi.

Pugni stretti e rigidi, labbra serrate. Le pupille fisse a terra, su un fiore seccato.

"E se allieterai la mia nostalgia anche... anche per un solo secondo... nel finale racconterò che hai mantenuto la tua promessa," disse a voce alta.

Raccolse il piccolo fiore e gli fece fare due giravolte fra l'indice ed il pollice, delicatamente; le lacrime scorrevano come un fiume in piena sul suo volto.

"E racconterò il modo in cui ti ho perso, Misha. Anzi, il modo in cui non ti ho mai perso."

-------------------

Quella notte, Jensen si avvolse fra le lenzuola fino a metà del capo, affondando il corpo stremato sul materasso.

Il Zenit Hotel Salento era fin troppo silenzioso; non riusciva a dormire con quella quiete eccessiva.

Era abituato a sentire un altro respiro tranquillo, un altro battito regolare accanto a sé, quelle dita scivolare sulla sua schiena e farlo suo. Proteggerlo.

La sua mano tremò sotto il cuscino appena lavato, le dita contratte.

Jensen avrebbe dovuto dormire. Avrebbe dovuto dormire perché il giorno dopo lui e Jared e Gen sarebbero dovuti ripartire verso le sei e mezza con l'aereo.

Eppure non ci riusciva.

Non si trattava certamente dell'insonnia; quella l'aveva già sconfitta tempo fa, seppur con fatica evidente.

Era sicuro che una parte di lui stesse aspettando che la preghiera si avverasse, che Misha tornasse davvero da lui. Si sentiva stupido a credere a quelle fiabe da bambini, ma non poteva farne a meno.

Attese per tre lunghe ore, stringendo fra le dita il copriletto, stropicciandolo. Ormai stava per essere vinto dal sonno.

Un singhiozzo contro la stoffa.

'No. Devi essere forte.' diceva una voce nella sua testa. Una voce pura, dolce, rassicurante, quasi riconoscibile.

Una lacrima inumidì il suo cuscino bianco, e gli parve quasi di sentire Misha cantare 'The sound of silence' mentre lui riposava.

'No, devi essere forte. Sii forte, amore mio... sono con te.'

Un gesto dolce ed inaspettato gli asciugò la guancia.

Jensen schiuse le palpebre inondate, facendo frullare le ciglia, appiccicose, stupito.

Il calore del corpo di Misha - della sua anima - si irradiò sul suo e lo riscaldò, il tocco affettuoso e delicato che non sentiva sulla propria pelle da due anni lo fece quasi sentir male.

Quello sguardo di un profondo blu notte lo guardò con amore, mentre la sua mano lo coccolava da sotto il lenzuolo, percorrendo la linea del fianco, giungendo ad accarezzargli la schiena.

Dio, gli era mancato come l'aria.

D'istinto, Jensen lo baciò sulle labbra soffici, piano, con tenerezza, piangendo.

Fu un bacio diverso, meraviglioso, spirituale. Fu come se le loro anime si stessero accarezzando. Come se si stessero abbracciando ed unendo per sempre.

La mano di Misha gli raggiunse la guancia, risalendo sulla tempia, sfiorandogli i capelli biondi.

Jensen lo fissò incredulo, separando le loro labbra. "Sei - sei tornato." mormorò con voce rotta, tremando. "Grazie... "

"Te l'ho detto, amore." sussurrò Misha con quella voce che non era cambiata per niente, così come il suo profumo. "Non faccio mai promesse false."

Jensen lo fissò negli occhi per vari secondi, proprio come aveva fatto il primo giorno che l'aveva incontrato; affondò il viso nell'incavo del suo collo, nascondendosi, concedendosi completamente a lui. Gli si erano seccate le labbra per lo sconvolgimento. Strinse gli occhi e circondò la vita di Misha col braccio.

Misha fece aderire i loro corpi, lo coprì col lenzuolo fino ai capelli arruffati e lo baciò sulla fronte.

Jensen notò per un secondo qualcosa che assomigliava ad un paio d'ali angeliche, ma pensò di esserselo immaginato, o di averlo sognato.

"Resto con te per una notte... " sussurrò Misha al suo orecchio, e Jensen alzò appena il capo, guardandolo con occhi imploranti.

Misha era calmo, amorevole, il viso pallido incorniciato dai capelli neri, le labbra rosee, proprio come lo ricordava. "Non posso vederti così. Non posso davvero." Scosse il capo. "Per questo sono venuto da te... "

"Io - io ti... " Jensen non riusciva a parlare, solo affondava e si perdeva negli occhi blu del suo uomo, del suo angelo custode che gli sorrise malinconicamente.

"Anche io ti amo."

Jensen poggiò la fronte sul suo sterno, singhiozzando, sfogandosi fra le sue carezze sulle spalle, le sue coccole.

"Resta con me... " implorò, stampandogli un bacio umido di pianto sul petto.

"Non posso... " disse Misha a fatica, tristemente. "È già tanto che - che sono riuscito a -" Chiuse gli occhi, le dita fra i capelli di Jensen. "Ti prometto che arriverà il nostro momento... re-resterò con te stanotte... così saprai che - che sarò sempre al tuo fianco. Ma poi dovrai svegliarti e lasciarmi andare... ".

Jensen si strinse più a lui.

"... almeno per ora."

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THE END




"Let's all fight to stop homophobia... let's fight"


E niente, bimbi, ho finito e spero tanto che vi sia piaciuta <3 vi ringrazio tantissimo per le recensioni e per averla seguita <3 with love :') mi dispiace per la tristezza del finale *da loro dei fazzoletti*
   
 
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