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Autore: themightyginger    30/05/2016    2 recensioni
[Dal testo]:
" D'improvviso, tutta la sorpresa divenne stupore accompagnato da un crescente senso di inquietudine.
La giovane non era vissuta prima d'ora in quel mondo di delinquenza e di pericolo, ma /quel/ nome era maledettamente famoso perfino in Inghilterra, perfino a Londra.
James Flint.
Il terrore dei sette mari.
Il pirata più temuto dalla corona inglese, autore di efferatezze ignominiose.
Un fuorilegge, un bugiardo, un ladro.. un assassino. "
Per tutti gli amanti del mondo pirata, una fanfiction ispirata alla fantastica serie tv prodotta dalla Starz, "Black Sails".
L'avventura di un personaggio originale che intreccerà le proprie vicende con quelle della vita del famigerato porto di Nassau e dei personaggi di ogni genere che vi ruotano attorno.
(Sono presenti riferimenti a scene particolari tratte direttamente dalla serie tv, opportunamente revisionate secondo le esigenze di trama.)
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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«Non bisogna poi spaventarsi tanto: il diavolo non è brutto quanto lo si dipinge...»
Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi 


Un'onda violenta e fredda come il ghiaccio la investì all'improvviso, togliendole l'aria dai polmoni per diversi momenti. 
Gli esili rivoletti d'acqua le corsero lungo il viso, rapidi fino a lambirle il collo e ad immettersi nella concavità dello sterno. Parevano le dita infide della morte.
Quando riuscì ad aprire gli occhi, alcune gocce le rimasero in equilibrio ad imperlare le lunghe ciglia, mentre già il caldo asfissiante di Nassau aveva incominciato a seccarle l'umidità sulla pelle. Alzò lo sguardo di fronte a se', accompagnata da un vago senso di confusione, e scoprì che la grossa onda che l'aveva travolta, in realtà non era altro che l'acqua contenuta all'interno di una squallida brocca ossidata.
Eleanor Guthrie le torreggiava di fronte, la brocca tra le mani e l'aria a metà strada tra la noia e la stizza. Le rivolse una delle sue tipiche occhiate algide, poi si voltò e tornò ad occupare il posto che le competeva: una grossa sedia dallo schienale intarsiato con somma maestria, il cuscino rivestito d'una stoffa invecchiata di anni: il simbolo del potere sulle coste di New Providence.
La giovane sputacchiò, infastidita, un po' dell'acqua che le era penetrata tra le labbra, poi sollevò una mano per scostarsi dalla faccia folte ciocche di capelli zuppi. Con orrore, si scoprì legata con delle corde corte e dure alla gamba di una sedia addossata alla parete di una chiara tinta sbiadita; tentò di forzare quei legacci, strattonando e tirando bruscamente il braccio destro -quello impriogionato- verso di se', ma non ottenne nulla di più di un lancinante dolore al polso dovuto allo sfregamento tra la pelle delicata e la ruvidità delle corde. 

«E' inutile, ci ho già provato io» una voce appartenente ad una figura familiare, altrettanto legata al lato opposto della sedia, le parlò con una rassegnazione quasi sarcastica «per tutta la notte.» 

John Silver sedeva sul pavimento dagli assi di legno consunto ed impolverato con la schiena appoggiata al muro e le gambe distese in avanti, esattamente come se fosse disteso all'ombra di una palma a sorseggiare del rum scadente. Nonostante la miseria di quella condizione, sembrava piuttosto di buon umore. 
O forse era semplicemente il suo consueto, strampalato, modo di fare.
Alla giovane non servì domandare per quale motivo fossero imprigionati, lo ricordava fin troppo bene. 
Dai Relitti era stata trascinata, neanche fosse un sacco di patate, da quel colosso di Billy Bones -quello era il suo nome completo- fino al porto e alla città. Lei aveva tentato di opporre resistenza, di ribellarsi, dimenandosi come una biscia selvatica, ma Bones aveva preso misure drastiche e se l'era caricata in spalla, proprio come se fosse una qualche merce da imbarcare in una qualche stiva.
Durante l'intero tragitto, la giovane aveva desiderato di piantare un coltello al centro della schiena di quel pirata dalla mole possente, ma aveva infilato i pugnali nelle fibie degli stivali e, malamente trasportata com'era, non le era stato possibile afferrarne neanche uno. 
Erano giunti alla locanda della Guthrie che la giovane aveva ormai desistito dalla sua opera di protesta e vana ribellione.
All'interno, ad attenderli, avevano trovato la stessa Eleanor in compagnia di Scott -il suo servo personale- e Gates, il marinaio calvo, fido compagno di Billy Bones. 
Non appena li aveva visti, quest'ultimo aveva mollato immediatamente la propria coppa di rum e si era precipitato loro incontro, complimentandosi con Billy per l'ottimo e celere lavoro. 

«Avete precedentemente conosciuto il ladro, ora vi presento la spia» disse in seguito, quasi con atteggiamento istrionico. 

Eleanor Guthrie si era voltata con espressione furente, buttando giù un copioso sorso di rum, mentre Scott si era limitato a fissare quel sipario con muta attenzione. 

«Perchè è ancora viva?» la voce della Guthrie era risuonata aggressiva al pari un ruggito ferale. 

La giovane aveva sgranato gli occhi, prendendo di nuovo a dimenarsi, più per la voglia di tirare un pugno sul naso della signora dell'isola che per un vero e proprio desiderio di fuga. 

«E' una lunga storia» commentò Gates, col tono di chi possiede la consapevolezza di una vita «ti dispiace se stanotte teniamo qui anche lei? Billy starà di guardia.» 

Eleanor Guthrie aveva annuito distrattamente, come se di tutta quella questione non le importasse poi così tanto; aveva quindi abbassato lo sguardo, rigirandosi il calice vuoto tra le mani, l'aria di chi ha ben altri pensieri per la testa.
Erano saliti per le scale, la giovane che sussultava sulla spalla di Billy Bones ogni volta che quest'ultimo andava a poggiare lo stivale sul piolo successivo. Avrebbe tanto desiderato avere anche un semplice sasso a disposizione.
Gates aveva cautamente aperto la porta di un verde sgargiante dello studio di Eleanor Guthrie ed aveva lasciato che Billy Bones vi entrasse, poi l'aveva imitato e si era richiuso la porta alle spalle.
Silver era già nella stanza, già seduto sul pavimento, già legato ad una vecchia sedia. 
Le aveva sorriso, quando l'aveva vista, ma in maniera infima, compiaciuto che anche lei, infine, fosse caduta sotto le grinfie degli uomini di Flint.
Non ricordava di preciso cosa si fossero detti, ma la giovane avrebbe scommesso che, da parte sua, fossero volati parecchi insulti. Quello che ricordava a meraviglia, invece, era la smorfia irritante di John Silver.. nonostante tutto. 

«Provate a scappare o a creare qualsiasi tipo di problema, e il signor Bones si sentirà in dovere di piantarvi una pallottola nella schiena. Vero, Billy?» Gates parlò con quel suo classico tono pietroso e gretto, quel tono che alla giovane creava tanto disturbo.
Billy annuì, ma non risultò troppo convinto. 

Era davvero strano, quel Billy Bones. 

Alla giovane era parso che quel pirata, non molto più vecchio di lei, non fosse particolarmente incline alla violenza, o che comunque non amasse troppo praticarla. 
Oppure, più semplicemente, quella non era altro che una sua personale illusione, l'ultimo briciolo della speranza nutrita di restare incolume.
Gates se n'era poi andato, seguito dal suo accolito che, molto probabilmente, si sarebbe trattenuto immediatamente fuori dallo studio della Guthrie.
La giovane aveva maledetto ogni singola cosa che le fosse sovvenuta alla mente e aveva giurato a se stessa che sarebbe rimasta in allerta, che non avrebbe chiuso gli occhi neanche per un secondo. 
Poi, invece, Morfeo l'aveva vinta.
E, a dirla tutta, aveva riposato molto più tranquillamente di quanto non avesse fatto nel corso delle notti addietro. 

«Se vuoi il mio parere» Silver si schermò la bocca con la mano libera, quasi che stesse per rivelare una legge segreta del mondo che Eleanor Guthrie non era autorizzata ad ascoltare «io credo che dovresti dimostrarti accondiscendente, se vuoi avere la speranza di uscire intera da questa stanza.» 

«Nessuno te lo ha chiesto un parere, Silver. Chiudi quella bocca e lasciami in pace!» 
La giovane sputacchiò nuovamente le gocce d'acqua che dai lunghi ciuffi di capelli le scolavano sulle labbra, poi con il braccio libero scostò le ciocche che le impedivano la visuale, imprecando a denti stretti. 
I suoi capelli, effettivamente, avrebbero avuto bisogno di essere detersi, anche se non in quella grezza maniera. 

«La brocca è stata una mia idea» suggerì John Silver con la leggerezza di chi non ha pensieri «non ne volevi sapere proprio di svegliarti!» 

La ragazza dai capelli rossi si voltò, rivolgendo al cuoco uno sguardo truce, dando l'impressione d'essere sul punto di alzarsi e di saltargli alla gola come un predatore affamato. Silver smise improvvisamente di sorridere, vagamente inquietato. 

«Lei voleva prenderti a sberle, non mi sembrava carino..!» provò a giustificarsi, alludendo alla Guthrie, compostamente seduta ed impegnata a vergare chissà quale carta importante. 

«Silver» la giovane parlò con la voce rauca e vagamente impastata per via della sonnolenza ancora non smaltita «se esco viva da questo casino, giuro che ti ammazzo a mani nude.» 

«E questa dovrebbe essere la quarta, o forse la quinta..» Silver si soffermò a contare, i gesti accentuati da fastidiose movenze teatrali, tipiche del suo modo di fare. 

«Si può sapere di che diavolo stai parlando?!» la giovane strattonò i legacci che la incatenavano, facendo oscillare la sedia, nella speranza che ricadesse sulla testa del cuoco e che lo zittisse una volta per tutte. 

«Minacce! Da che ci siamo conosciuti, mi hai minacciato almeno quattro volte. Forse abbiamo incominciato col piede sbagliato..» 

«Ritieniti fortunato, io avrei incominciato col coltello più lungo--» 

«Insomma, piantatela!» Eleanor Guthrie sbottò all'improvviso come il primo tuono che annuncia la tempesta «sembrate due bambinetti in lite per uno stupido giocattolo! Un'altra parola e provvederò affinchè le vostre lingue vadano ad insaporire lo stufato che verrà servito per pranzo, giù alla locanda.» 

La giovane sbuffò sommessamente, voltandosi a scrutare fuori dalla grande finestra dalle persiane consumate.
Il sole brillava alto, segnale del fatto che dovesse essere già un'ora tarda della mattinata. La strada era -come sempre, del resto- affollata e piena di vita, ma in quella stanza il vociare giungeva debole ed indistinto, quasi ci fosse una barriera invisibile a separare.
Socchiuse gli occhi per qualche istante, prendendo a respirare con più lentezza; desiderò di essere là fuori, ancora braccata dagli uomini della Walrus, ma con la promessa di riuscire a fuggire a bordo di un qualche veliero, la speranza di una libertà che troppo a lungo le era stata negata.
Ed invece le era capitato ancora. 
Non a Londra, non in una camera fin troppo stretta ed asfissiante della sontuosa villa di Archibald ed Isobel Fisher, ma -ancora una volta- delle catene, e stavolta fisicamente reali, la costringevano rinchiusa tra quattro luride mura, togliendole l'aria, ricordandole il ruolo che a qualcuno come lei, a qualcuno che non contava granchè nel mondo, sarebbe stato riservato fino alla fine dei tempi.
Ad un tratto, si sentì profondamente stanca e spossata. 
Stanca di lottare, stanca di opporsi alle ingiustizie, stanca di alimentare il fuoco corrosivo della rivalsa.
Se qualcuno non avesse bussato con veemenza alla porta, probabilmente sarebbe spronfondata nuovamente in un oblio oscuro e senza sogni. 

Un uomo spalancò la porta e restò fermo sulla soglia; la giovane lo riconobbe come l'oste che, qualche sera addietro, si era categoricamente rifiutato di farle credito. 

«Signora, sono arrivati.» annunciò con fare trafelato. 

Eleanor Guthrie sollevò il capo e lasciò andare la piuma d'oca intrisa d'inchiostro scuro come un peccato mortale, poi annuì impercettibilmente. 

«Falli entrare.» 

Il signor Gates fece la propria comparsa esattamente come la giovane se la sarebbe aspettata: con Billy Bones alle calcagna. 
Il ragazzo dal fisico di un dio greco non aveva la faccia stanca di chi ha vegliato per un'intera notte, sintomo del fatto che, forse, non si era affatto trattenuto a tener d'occhio lei e quell'imbecille di John Silver. 
Imprecò silentemente, biasimandosi per la stupidità d'aver creduto che davvero Billy Bones sarebbe rimasto di guardia e per non aver tentato la fuga e per essersi ingenuamente addormentata.
Non si sentì affatto pronta per affrontare Nassau e i suoi tranelli, non del tutto almeno. Immaginò che, se per un qualche fortunato caso fosse riuscita a garantirsi salva la vita, avrebbe dovuto imparare la difficile arte del vivere tra delinquenti e disperati, avrebbe dovuto acquisire una malizia sufficiente per non farsi mai più cogliere in fallo. 
Billy afferrò una sedia, la rigirò su se stessa, e vi sedette al contrario, poggiando le possenti braccia sul legno dello schienale. Gates, invece, sedette tradizionalmente dandole le spalle, rivolto verso lo scrittoio di Eleanor Guthrie.
Grazie a quella angolazione, la giovane potè osservare con calma e minuzia le linee del bizzarro disegno impresso sulla nuca glabra del quartiermastro della Walrus.
Quelli che da lontano le erano sembrati qualcosa di molto simile a dei tratti geometrici, da vicino si rivelarono un triangolo, sbalorditivamente proporzionato, dai lati di equa misura. Al centro vi era disegnato, con altrettanta precisione, quello che -nonostante il colore sbiadito- si intuiva stesse a rappresentare un grosso occhio scrutatore. 
La giovane si trattenne dal sorridere, in qualche modo la faccenda le apparve ironica. Conosceva quel simbolo, sebbene forse non avrebbe dovuto.

Negli ultimi tempi, a Londra stava andando di gran moda un certo fanatismo settario, specialmente tra uomini di alto rango. Aveva sentito dire che gruppi di alti funzionari, di uomini di prestigio e di ricca estrazione sociale, si riunivano in gran segreto in luoghi alquanto macabri e scabrosi come le antiche cripte delle chiese sconsacrate, o come le fogne sotterranee che percorrevano in lungo e in largo l'intera pianta della città. 
Esattamente, non aveva ben compreso quali fossero le ragioni che spingessero a tali dinamiche, a parte quelle di un'ipotetica cospirazione, ma l'argomento le si era presentato estremamente intriso di misticismo, di superstizione e di strani riti magici che lei stentava a credere possedessero una qualche funzionalità. Comunque, il tutto la divertiva. 
La divertiva pensare a degli illustrissimi lord che acconsentivano a sporcarsi di letame gli stivali di fattura eccellente soltanto per rintanarsi in un qualche buco lercio, accendendo qualche candela e sproloquiando in un latino improprio ed ermetico. 
Avevano un nome, questi nuovi fanatici. Qualcuno li chiamava massoni, qualcun altro Illuminati, e il loro simbolo era proprio "l'occhio-che-tutto-vede" impresso sulla testa del marinaio che le sedeva di fronte.
Non che ne sapesse molto più di quel poco che aveva avuto modo ascoltare, ma la giovane avrebbe scommesso sul fatto che Gates nemmeno conoscesse il reale significato di quel curioso simbolo che si trascinava dietro. Non aveva propriamente ne' l'aspetto, ne' i requisiti di un uomo che quei settari avrebbero incluso di buon grado nelle proprie file e, a dire il vero, lei stentava a credere che Gates ne avesse mai incontrato uno.
Era quasi in procinto di domandare il motivo di quel disegno, per acquietare la propria curiosità prima di morire, perchè -ne era praticamente certa- sarebbe morta di lì a breve, e credeva che quei pirati non le avrebbero infine negato un ultimo desiderio; stava per domandarlo sul serio, ma la sua attenzione venne rapita da tutt'altra questione. 

Come investita da una qualche aura particolare, nella stanza fece la propria comparsa un'altra persona, decisamente più interessante di quelle già presenti.
Una lunga giacca di un blu di Prussia più intenso di quanto lei non avesse creduto, frusciò al passaggio, emanando un tipico odore di salsedine e di ferocia. Un incombente silenzio si abbattè nello studio di Eleanor Guthrie, intimidendo addirittura la parlantina di John Silver. 
La figura di un uomo poderoso superò Gates e si accostò alla poltrona di Eleanor col tipico atteggiamento spavaldo di chi è avvezzo ad impartire ordini, piuttosto che riceverne. Gettò una veloce occhiata oltre la grande finestra, come a volersi accertare che non ci fossero sgradite presenze -probabilmente memore di recenti trascorsi- poi si voltò, lasciando che i raggi del sole gli lambissero le spalle e lo lasciassero sospeso in controluce per alcuni istanti. 
Quando il capitano James Flint mosse un passo in avanti e concesse alla luce di illuminargli volto, la giovane si sentì mancare il respiro come se un demonio le avesse premuto una mano gelida sul cuore. 

«Figlio di puttana, ce l'hai fatta!» la voce insolitamente ilare di Eleanor Guthrie la riportò alla realtà con una certa urgenza «sono giorni interi che non ti fai vivo!» 

James Flint piegò gli angoli della bocca in una smorfia di mera stizza, rivolgendo un'occhiata raggelante nella direzione di John Silver.
«Ho avuto da fare.» 

La giovane sbattè più volte le palpebre, come se stentasse ad associare quel sibilo collerico a quella figura che le stava letteralmente catalizzando l'attenzione. 

«Bene. È arrivato il momento di sistemare l'intera faccenda» Eleanor Guthrie si alzò in piedi come a voler cedere il proprio seggio al capitano della Walrus che, però, non l'occupò «signor Gates, libera il ladro e portalo qui.» 

Senza il bisogno anche di un minimo gesto da parte del signor Gates, Billy Bones si alzò e si parò di fronte a John Silver: Golia di fronte a Davide. 
Estrasse un piccolo coltello da una tasca dei calzoni che gli scendevano morbidi sulle gambe ben tornite e si chinò a lacerare il legacci duri che emisero un fruscìo sordo come la lingua di un serpente; afferrò Silver per un gomito e lo sollevò senza troppa grazia, strattonandolo sino a costringerlo seduto su una seggiola al centro dello scrittoio, stretto tra la propria postazione e quella di Gates. 
La giovane non badò troppo agli scarsi riguardi che venivano riservati al cuoco, presa com'era a studiare il capitano più spietato di tutti gli oceani. 

Era senz'altro un uomo di mare, le mani segnate da vecchie cicatrici e calli freschi lo mostravano chiaramente, ma c'era qualcosa che non andava in quella figura - o forse qualcosa che andava fin troppo. 
Non si era sbagliata, quell'unica volta che lo aveva intravisto: i capelli del temuto capitano erano effettivamente raccolti con precisione a formare un corto codino sulla parte alta della nuca, ma, questa volta, la ragazza potè notare che ad essere legate erano soltanto le ciocche anteriori, quasi che il taglio fosse asimmetrico. 
La barba di un delicato biondo ramato era decisamente più chiara dei folti capelli di un rosso intenso come un peccato di lussuria e pieno come il sangue dei nemici trapassati a fil di spada.
Istintivamente, le dita libere della giovane andarono ad intrecciarsi attorno ad uno di quei suoi boccoli di fuoco, ma fu un gesto che si protrasse per un solo istante. 

«Sentite signori, davvero, credo che ci siano state delle incomprensioni tra di noi--» John Silver prese a temporeggiare vanamente, guadagnandosi ulteriori sguardi astiosi da parte di Eleanor Guthrie e di Billy Bones, e probabilmente anche del signor Gates. 

Il capitano, invece, si mantenne impassibile in un'espressione dura ed impenetrabile. Le mani dietro la schiena e la posa composta ed impettita, gli conferivano un'insolita aria militaresca che proprio non si addiceva all'idea di un pirata senza regole, né civiltà. 
La giovane, incapace di rendersi conto se il mondo attorno a lei fosse ancora in orbita, non potè che riconoscere una classica ed ineliminabile aria da "gentiluomo inglese", una peculiarità che non si sarebbe certo aspettata di ritrovare tra nemmeno tra le personalità più eminenti di Nassau. 
Immaginò James Flint con degli abiti diversi. 
Una calzamaglia candida, magari, delle scarpe di manifattura pregiata, un farsetto ed una di quelle giacche che gli uomini facoltosi erano soliti farsi confezionare su misura dai migliori sarti della città.. 
Si sentì profondamente turbata quando dovette ammettere a se stessa che - contrariamente a Billy Bones, a Silver, a Gates, o a chiunque altro nell'intera New Providence- Flint non avrebbe stonato nelle sembianze di uno di quegli alti lord che lei aveva avuto modo di incontrare in un passato che le sembrò lontano quanto il Vecchio Mondo. 

«Taci» tuonò Eleanor Guthrie, perentoria ed autoritaria come soltanto una regina poteva essere «scrivi la rotta che sostieni di aver letto sulla pagina del diario di Parrish. E prega per te che sia corretta.» 

Anche se non poteva guardarlo direttamente in viso, alla giovane parve che le membra di John Silver si facessero più rigide, quasi che stesse fremendo di una comprensibile tensione.
La Guthrie gli mise un foglio pulito sotto il naso e gli porse la piuma d'oca già imbevuta di inchiostro denso, un'espressione di sfida le colorava il volto dagli aggraziati tratti nordici.
Il cuoco afferrò la piuma con una falsa sicurezza piuttosto ostentata, poi si sistemò sulla sedia, quasi che stesse per iniziare a scrivere un'ode di aulica letteratura.
Involontariamente, lo sguardo poco discreto della giovane tornò di nuovo a trastullarsi con l'immagine del capitano Flint, baciata dai raggi caldi del sole. 
Era immobile, la posa da soldato che però non ispirava affatto sicurezza, piuttosto faceva intuire la presenza di una tacita collera tenuta faticosamente a bada.
Scrutava Silver dall'alto, il capo chino e lo sguardo ansioso per la brama di posarsi sulla pergamena e sulla rotta della Urca de Lima — posto che il cuoco la ricordasse per davvero.
I suoi lineamenti erano quelli tipici di un uomo inglese di generazioni; possedeva un qualcosa di inquietantemente familiare, un qualcosa che la riconduceva inevitabilmente col pensiero alla sua patria ormai perduta. Non che le dispiacesse troppo, comunque.
D'un tratto, però, provò un inspiegabile senso di smarrimento. Un fastidio crescente che si andò a tramutare, di attimo in attimo, in una sorta di vera e propria delusione.

Nel suo immaginario, c'era sempre stata una diretta proporzionalità tra la malvagità di una persona e il suo aspetto esteriore. Non che tale ragionamento si reggesse razionalmente troppo in piedi, ma era una associazione che alla sua mente veniva naturale, e del resto, si trattava di ciò a cui si era stati sempre indottrinati. 
Una volta, da bambina, aveva dato un'occhiata ad una Bibbia illustrata; il diavolo era rappresentato come una sorta di caprone dal busto antropomorfo eretto su due grossi zoccoli, gli occhi rossi ricolmi di tutto il male possibile. Quel disegno le era parso assai singolare e lei aveva stentato a credere che davvero potesse esistere un essere così bizzarramente orrendo, ma qualche tempo dopo era accaduto un fatto che le aveva incrinato quel tacito dubbio.
A Londra venne catturato un assassino reo dell'uccisione di dieci donne e quasi quindici bambini. Qualcuno sosteneva che quell'uomo uccidesse le madri per poi cibarsi dei poveri figlioletti, tutti non più grandi dei dieci anni. Si era sentita quasi miracolata per non essere stata annoverata tra le vittime quando, i suoi tutori di allora, l'avevano portata ad assistere alla pubblica esecuzione. 
Quel cannibale le era risultato l'uomo più brutto su cui avesse mai posato i suoi occhi smeraldini di bambina. Era estremamente alto e di grossa stazza - forse a causa di tutti gli infanti che aveva divorato- eppure il tratto più inquietante le risultò una grossa cicatrice che gli sfregiava la faccia da parte a parte e quel sorriso, sinistro e dai denti neri, che non era sparito neanche ad esecuzione terminata.
Appeso alla forca, col collo spezzato e quell'espressione -nonostante tutto- beffarda, quel mostro le parve sorprendentemente somigliante al caprone satanico che tanto le aveva segnato l'immaginazione.
Ricordava che per notti non era riuscita a chiudere occhio. 

In qualche modo, comunque, aveva trovato consolante l'idea che la bruttezza fosse l'involucro esterno della cattiveria, se non altro perché quando si trovava ad osservare il proprio riflesso nello specchio, ciò che le tornava indietro le infondeva la tranquillità dell'innocenza. 
Nonostante non si specchiasse da ormai diverso tempo -non che avesse troppa voglia, o coraggio, di farlo- e il suo temperamento non fosse più impressionabile come quello di anni addietro, la certezza che il capitano Flint non affibbiasse a se stesso fattezze demoniache -del resto, nessuno avrebbe potuto- la turbò non poco.
Tirò su col naso aggrottando la fronte, fortemente contrariata: il mondo doveva proprio essersi rovesciato se anche il diavolo non appariva più brutto come lo si andava solitamente dipingendo.
Si domandò allora quale volto potesse e dovesse mai spettare ad un ladro assassino.
Non seppe rispondersi, ma era fin troppo sicura che non fosse quello di James Flint. 
Era sicura che non fosse un volto disegnato di quell'apollinea simmetria, che non fosse un volto spruzzato di quelle minute lentiggini sul naso e sugli zigomi — un tratto grottescamente puerile su un volto di pirata. 

Qualcosa svolazzò smuovendo pulviscoli nell'aria e spezzando le rette lungo le quali correvano i raggi del sole. Gates aveva strappato la pergamena vergata di fresco dalle grinfie di John Silver e l'aveva passata nelle mani frementi del proprio capitano, mentre Billy Bones si era fatto visibilmente pensoso dopo aver sbirciato fugacemente le poche righe scritte dal cuoco della Walrus.
Ancor più pensosa di Billy si fece l'espressione di Flint, già austera di per se'. 

«Non è tutto.» sibilò, rivolgendo a Silver la più furente delle occhiate. 

Il cuoco diede l'aria di fingersi altamente confuso:
«Come dite?» 

Flint rivolse nuovamente la propria attenzione alla pergamena semivuota, per poi sospirare come a infondersi una buona dose di pazienza.
«Nel calendario ci deve essere uno scalo sulle coste della Florida per le provviste d'acqua. E' il momento in cui sono più vulnerabili..» il capitano interpose una breve pausa e la giovane notò che le sue dita si strinsero quasi a pugno attorno alla pagina, in un cenno istintivo di collera malamente tenuta a freno «qui, c'è una rotta che termina a miglia di distanza dalla costa. Il tratto finale.. dov'è?» la bella voce del feroce capitano della Walrus si alzò di qualche tono, mentre John Silver non riuscì a reprimere un lieve sospiro di rassegnazione. 

«Vedete, non ho trovato molto opportuno aggiungerlo--» 

La giovane potè osservare Billy Bones schiudere le labbra in una smorfia di mera sorpresa, come se fosse stato testimone di una grave offesa e lo udì intervenire in maniera aggressiva:
«Perchè no?!» 

John Silver si voltò, forse volendo spalancare le braccia in segno di esasperazione:
«Insomma, siete tutti talmente adirati con me» si rivolse direttamente ad Eleanor Guthrie, stranamente rimasta pressochè silenzio da che il capitano Flint aveva fatto la propria comparsa «specialmente voi!» 

La signora dell'isola inclinò la testa da un lato, sollevando ermeticamente un sopracciglio - quasi che stesse avendo a che fare con un povero idiota- rifiutandosi anche soltanto di rispondere.
Ma Silver non si lasciò scoraggiare e proseguì con convinzione nello snocciolare le lecite motivazioni- almeno dal suo punto di vista- che animavano il suo operare.
«Se non tenessi qualcosa per me, cosa vi tratterrebbe dall'uccidermi seduta stante?» 

La giovane annuì senza neanche rendersene conto, come se stesse assistendo ad una scena onirica, ma nessuno badò minimamente a lei. Il suo sguardo di gemma si trastullò ancora sulla figura di James Flint, trasudante ira da ogni fibra del proprio essere. Forse stava per dire qualcosa, ma Billy Bones fu di lingua più lesta:
«Mandiamo a chiamare Joji. Gli farà sputare tutto in dieci minuti.» 

Con movenze improvvise e scattose, Flint si voltò di spalle e tornò ad affacciarsi alla finestra, scrutando chissà cosa. La giovane non potè dirlo con assoluta certezza, ma a giudicare dalla posa che assunse, il capitano le diede l'idea di star soffocando una profonda frustrazione. 

«La tortura non servirà!» la voce di John Silver giunse alle orecchie della ragazza dai capelli di fuoco come una melodia disgustosamente disarmonica.
Billy Bones si trattenne dallo scoppiare a ridere.
«Non hai visto Joji all'opera--» 

«No, no!» Silver, contraddicendo le sue stesse parole, annuì più volte «volevo dire: ho una soglia del dolore eccezionalmente bassa. Direi di tutto per non soffrire.» 

La giovane sorrise, sarcastica. Avrebbe scommesso la propria vita sulla codardia del cuoco della Walrus, e le sembrò che quella fosse stata l'affermazione più sincera dell'intera conversazione.
Lo sguardo torvo e beffardo di Eleanor Guthrie parve palesare un pensiero piuttosto simile, eppure Silver riuscì a trovare la forza di spirito per continuare il proprio tentativo di temporeggiamento.
«Ma se permettete» riprese a dire, al seguito di una breva pausa «c'è una.. soluzione che potrebbe accontentare entrambe le parti. Che ne pensereste, se io mi imbarcassi insieme a voi?» 

Quell'ardita domanda aleggiò nella stanza per diversi istanti di totale silenzio, sporcato soltanto dagli schiamazzi e dalle risa provenienti dal piano inferiore.
La giovane si voltò immediatamente verso James Flint -che non aveva effettivamente mai perso di vista- ancora immobile, dando le spalle a quella non tanto allegra compagnia. 
D'improvviso, prese a girarsi con una lentezza innaturale e al tempo stesso inquietante. La giovane vide Billy Bones scuotere la testa in uno spazientito cenno di diniego, ma si dimenticò di lui non appena lo sguardo di Flint si andò a posare, contrariamente a tutte le aspettative, su di lei.
Si sentì come paralizzata, i muscoli delle gambe e della schiena rigidi quanto tronchi di legno. Sperò che nessuno le chiedesse, o meglio le ordinasse, di muoversi perchè non sarebbe stata qualcosa di assolutamente catalogabile tra le facoltà in suo possesso in quel determinato momento.
L'aria nei polmoni si fece sempre più rada arrecandole sofferenza, ma non osò riprendere fiato per chissà quale tacito timore primordiale. Flint mantenne quel cipiglio severo che tanto lo caratterizzava, e reclinò lievemente il capo verso il basso, quasi a studiare la ragazza, di precoce età, legata a terra come una preda in attesa del macello. 
La giovane si concesse di espirare nella maniera più silenziosa che le fu possibile, senza distogliere minimante lo sguardo dalla persona del capitano. Realizzò, quasi sgomenta, di come effettivamente non fosse riuscita a staccare gli occhi di dosso da James Flint -da che questo era giunto nello studiolo- da quei suoi capelli vermigli e quel suo portamento fin troppo distinto.
Per un qualche strano meccanismo del cervello, riuscì a comprendere da un lato le ragioni per le quali degli uomini seguissero il capitano Flint fedeli e devoti come cani, e dall'altro le controragioni per le quali, invece, degli altri uomini lo temessero alla stregua dell'inferno. In un modo o nell'altro, comunque, nessuno sano di mente avrebbe mai potuto non cadere vittima del magnetismo che il capitano più leggendario dei sette mari possedeva la capacità di emanare. 

«Avrebbe senso! Io rinuncerei al compenso per la mia collaborazione, in cambio di una quota del bottino» la voce di John Silver giunse puntuale ed irritante a rompere quell'ipnotico incantesimo. 

Il capitano Flint si voltò, quasi di scatto, fattosi vagamente rosso in viso come se la collera fosse sopraggiunta a colorargli gli zigomi, eppure rimase in silenzio, forse in fase di valutazione. 

«Voi seguirete la rotta.. E al momento giusto, io sarò accanto a voi per darvi le coordinate. Passo dopo passo.» il cuoco sorrise come se si stesse complimentando con se stesso per la propria astuzia o per chissà quale altro talento auto-attribuitosi «se le mie indicazioni dovessero rivelarsi errate, farete di me quello che vorrete.» 

Seguirono dei lunghi istanti di strana quiete, per nulla rassicurante, poi James Flint, issandosi con i palmi delle mani sullo scrittoio di Eleanor Guthrie, si chinò in avanti a sovrastare la figura riccioluta di John Silver. 

«E una volta conquistata la Urca? Che cosa mi impedirebbe di ucciderti lo stesso?» a Flint bastò un sibilo per far raggelare il sangue delle vene di Silver, il quale smise di sorridere nemmeno fosse inebetito. 

La giovane trovò il quesito lecito e cominciò a riflettere su quale dannata risposta avanzare, una volta che il capitano della Walrus -o chi per lui- le avesse rivolto la medesima domanda. Posto che a lei concedessero la grazia di farle pronunciare anche una sola sillaba. 

Silver inclinò il capo da una parte e apparve interdetto, quasi che stesse soppesando le proprie parole ancor prima di pronunciarle:
«Abbiamo.. Qualche settimana, fino ad allora» diede una scrollata di spalle accompagnato da tutta la leggiadria del mondo «potremmo diventare amici.» 

Billy Bones, sempre più indignato, fece come per alzarsi e prese a scuotere la testa, negando con tutte le proprie forze, in direzione del suo capitano. Ma la reazione più eclatante, venne dal signor Gates, il quale esplose in una fragorosa risata, nella quale la giovane lesse una certa consapevolezza, anzichè un genuino divertimento.
James Flint si limitò a sorridere tacitamente, entrando in profondo contrasto col proprio sguardo saturnino ed affatto raccomandabile, quasi che stesse già pregustando la sensazione di premere la lama tra le viscere di Silver. 
Si voltò verso di Eleanor, girata di spalle, apparentemente dissociata dal resto dei presenti. 

«Tu saresti d'accordo?» domandò il capitano dai capelli scarlatti con tono più edulcorato. 

La signora dell'isola, quasi con fare annoiato, si trascinò fino alla spalliera della propria poltrona, sopra la quale poggiò un gomito. Tirò su col naso, scuotendo lievemente le spalle.
«Credo di non avere scelta.» 

Billy Bones scattò in piedi, la sedia che si rovesciò sul pavimento emanando un gran fracasso.
«E quindi salpiamo l'ancora?!» la sua voce, per quanto giovanile, risuonava di una certa autorevolezza. 

Flint non parve restar troppo impressionato da quello sfoggio di mancata tolleranza e tornò a volgere le spalle e a scrutare la strada dalla grande finestra.
«Il signor Gates ed io cercheremo qualcuno che si aggreghi a noi, non è un'impresa che possiamo affrontare senza il sostegno di un'altra nave..» 

Billy, in tutta la sua notevole mole, s'irrigidì e sbottò, avendo ormai perso il controllo.
«Capitano, ne vorrei discutere!» 

Gates agì con prontezza, forse avendo già previsto quella possibile evenienza e prevedendo, di sicuro, un epilogo poco consigliabile. Portò una mano tozza a stringere l'avambraccio di Billy e gli rivolse uno sguardo eloquente.
«Esci un momento con me, Billy.» 

Il nostromo della Walrus non si mosse di mezzo passo, al che Gates si vide costretto ad alzarsi e a sospingere fuori dallo studio della Guthrie il suo giovane protetto.
Silver si voltò, per non perdersi la scena, e prese nuovamente a sogghignare sotto i baffi. 
La giovane gli rivolse uno sguardo torvo, ma quando vide Flint voltarsi, la sua attenzione tornò, ancora una volta, a concentrarsi tutta su di lui. Il capitano, apparentemente sovrappensiero, si stava accarezzando il mento barbuto con due dita, in un gesto che -per scioltezza- la giovane teorizzò dovesse compiere ben spesso. 

«Sarà necessario aumentare il nostro normale approvvigionamento.» asserì poi, lasciando cadere il braccio dal mento sino ai fianchi. 

Eleanor Guthrie si appropriò nuovamente della propria postazione e si premunì di carta e piuma d'oca.
«Scrivo la lista.» 

Fu in quel frangente che la giovane si accorse, per la prima volta, della presenza di Scott -il servo di colore- nella stanza. Si domandò come non avesse fatto ad averlo notato durante tutto il tempo precedente, ma una sola occhiata di sfuggita verso la figura del capitano Flint le fu sufficiente come spiegazione alquanto esaustiva. 

«Cento barili di polvere, mille palle da cannone per nuove bocche da dodici libbre-- Una dozzina, come minimo..» Flint prese a vomitare un elenco di materiali che Eleanor, nel mentre, si premurava di appuntare diligentemente; Scott si frappose fra loro, esprimendo il proprio dissenso. 

La giovane osservò Flint sbuffare, i tratti del volto divenuti rigidi e lo sguardo duro come diamante.
«Quando apriremo il fuoco, dovremo farle di più che un paio di graffi, se vogliamo che la nave sia nostra.» 

Eleanor annuì e balzò in piedi, arrotolando con precisione la pergamena.
«Ho scritto tutto» consegnò il foglio nelle mani callose di Scott e poi si parò di fronte a Flint, ghignado con trionfo «ti accontenterò.» 

Flint annuì, senza sciogliersi in grandi dimostrazioni di gratitudine, sorridendo compiaciuto a sua volta.
La Guthrie aggirò il proprio scrittoio e si diresse verso l'uscio, al seguito di Scott, ma si arrestò bruscamente quando si ritrovò davanti agli occhi algidi la figura della giovane, accucciata a terra come un sacco semivuoto.
Restò un momento interdetta, poi si voltò verso il capitano Flint. 

«Capitano?» 

Flint alzò il capo ma il suo sguardo vagò nel vuoto per diversi attimi, distante miglia, e forse interi universi, da Nassau. Poteva essere impegnato a crogiolarsi nell'idea della conquista della Urca, anche se la soddisfazione non pareva rientrare nello spettro emozionale leggibile sul viso del pirata.

«Di lei cosa ne facciamo?» Eleanor puntò un dito in direzione della giovane, la voce sprezzante e spazientita. 

Flint non rispose all'istante. Tornò a torturarsi il pizzetto ramato che gli ricopriva il mento, in una movenza naturale per quanto meccanica.
La giovane si schiacciò contro il muro in un riflesso involontario, come a volersi sottrarre da qualsiasi decisione il capitano della Walrus fosse in procinto di prendere. Strinse i pugni preparandosi a chissà quale scontro fisico, ben conscia delle nulle possibilità di riuscita. Avrebbe anche chiuso gli occhi, ma il pensiero di non guardare l'avrebbe spaventata anche di più. 

«Slegala» la voce di Flint risuonò stranamente incolore «ho bisogno di scambiare quattro chiacchiere con questa spia.» 

Eleanor Guthrie rivolse un distaccato cenno di assenso verso di Scott per poi tornare ad occupare il proprio seggio alle spalle dello scrittoio invaso di carte vergini o appena vergate. 
L'uomo dalla pelle intensamente eburnea spezzò i legacci con un pugnale dalla lama particolarmente consunta e poi, stringendo la giovane per un gomito, attese che questa si sollevasse. Non le liberò, invece, i polsi e la condusse al cospetto della propria padrona e del capitano della Walrus. 
La costrinse seduta sulla seggiola dove, poco prima, era stato fatto accomodare quel poco di buono di John Silver. Il cuoco era stato trattato con poca grazia, ma, tutto sommato, gli era stato concesso un compromesso assai lussuoso. 
La giovane si rese conto di non aver più tempo per riflettere su una possibile strategia con la quale potersi salvare la pelle, e sperò che i suoi astanti la guardassero con occhi differenti, più indulgenti, in paragone a quelli adottati nei riguardi di Silver. Le fu sufficiente una semplice fugace occhiata per comprendere tristemente che Eleanor Guthrie e James Flint dovevano nutrire per lei una considerazione analoga a quella nutrita per il cuoco truffaldino, se non ben peggiore. 
Trattenne per un momento il respiro, la voglia irrefrenabile di ribattere di non essere una spia, ma la voce, di fatto, le venne a mancare. 

«Chi sei?» Eleanor Guthrie l'anticipò, nella sua tipica dura freddezza. 

La ragazza dai lunghi capelli scarlatti schiuse appena le labbra secche e spaccate, colta in fallo, come se quella domanda -per quanto ovvia- non fosse stata nemmeno lontanamente prevista. 

"Non dir loro la verità. Non farlo." 

«Non hai sentito? Ho chiesto il tuo nome.»

La giovane riportò la propria attenzione sulla Guthrie, le membra frementi come se la sedia sotto di lei avesse preso a bruciare. 
Rivolse per un momento lo sguardo verso la figura fortemente autoritaria di Flint, quasi per riflesso involontario, ma il pirata non le stava riservando molte attenzioni, preso com'era a scrutare il foglio della rotta per la conquista della Urca de Lima che stava reggendo tra le dita. 
Quella distrazione, in qualche modo, le infuse il coraggio necessario e una risposta inaspettatamente naturale. 

«Jackie» la giovane fissò negli occhi chiari di Eleanor Guthrie  «il mio nome è Jackie.»

«D'accordo, Jackie, ora spiegami perchè sei stata sorpresa ad origliare le mie conversazioni private--»

«Non è questo il punto, Eleanor» James Flint irruppe nell'interrogatorio come un ariete tra le mura di una fortezza «la vera questione è ben altra.»

Il capitano della Walrus arrotolò velocemente la sua preziosa pergamena e la ripose in una tasca interna della sua lunga giacca blu di Prussia. 
Puntò un intenso sguardo verde sulla giovane, efficace come un dardo infuocato. 

«La vera domanda meritevole di risposta è per chi, questa spia, stia lavorando.»

Jackie sostenne l'ardente occhiata del capitano, concedendosi di indugiare più a lungo del dovuto in quelle pozze acquamarina. 
Vide il mare negli occhi di Flint, e strane sensazioni si mescolarono tra loro: sentì la paura più istintiva cedere il posto all'inquietudine per poi donarlo ad una macabra eccitazione, che la scosse nel profondo. 
Non poteva dirlo con certezza, ma quelli dovevano essere gli stessi brividi di un condannato a morte di fronte al proprio patibolo. 

«La vera.. la verità è che io non sono affatto una spia. Non lavoro per nessuno, eccetto per me stessa.» le parole fioccarono dalla bocca di Jackie come tanti proiettili di moschetto. 

Flint sorrise sprezzante, senza allegria e senza sarcasmo, chinandosi sullo scrittoio della Guthrie esattamente come poco prima aveva fatto con John Silver, sovrastando la ragazza con la propria mole.
Non era di certo grosso quanto Billy Bones, ma Jackie non realizzò quanto anche il capitano Flint fosse massiccio finché non le torreggiò di fronte.
Era più alto di lei, e non di poco, e le sue braccia -seppur celate da strati di indumenti- si mostravano gonfie di una muscolatura guizzante e dinamica, le spalle a spiovente facevano da sostegno ad un collo vagamente taurino che, stranamente, non sfigurava con i lineamenti gentili del volto. E, constatò la giovane, quei capelli di un rosso così vivo erano fin troppo simili ai suoi fluenti boccoli. 

«Ti aspetti davvero che io ci creda?» il pirata le parlò con un tono ferocemente vellutato. 

Jackie strinse i pugni, la tensione alle stelle.
«Beh, capitano, avete creduto alle parole di John Silver, forse potrete fare uno sforzo anche per le mie.»

Si pentì all'istante della propria sfrontatezza, ma la presenza di Flint la faceva sentire fortemente provocata. E se c'era qualcosa nella quale Jackie non era assolutamente brava, era quella di saper ignorare una provocazione. 
In tanti anni, era stata convinta che sarebbe stato esattamente quel lato del proprio carattere che l'avrebbe condotta ad una -probabilmente- meritata morte. In effetti, adesso non era poi così lontana dal realizzare quella vecchia convinzione. 

«Silver aveva da offrirci qualcosa» Eleanor Guthrie si intromise, poggiando una mano su un polso di Flint, invitandolo gentilmente a tirarsi indietro e a farle spazio  «tu non sei nella stessa vantaggiosa posizione.»

Jackie espirò, sollevata che quel contatto ravvicinato col diavolo dei Sette Mari si fosse concluso. 

«Avrei avuto qualcosa da offrire, se solo Silver non l'avesse ridotta in cenere!» la ragazza si lasciò cadere sullo schienale della seggiola, accusando improvvisamente tutta la stanchezza di giorni difficili «non avevo intenzione di origliare alcuna conversazione segreta, ma l'ho fatto. E per questo, mi sono guadagnata soltanto problemi. 
Quando ho compreso che la rotta non era ancora nelle mani del legittimo proprietario, ho pensato che, magari, avrei potuto recuperarla giocando d'anticipo--»

«Perché mai bramavi di ottenere quella rotta? Per portarla al tuo padrone, magari?!» Flint ringhiò come una fiera rinchiusa da troppo tempo in una gabbia troppo stretta. 

«Ho-già-detto-di-non-avere-alcun-padrone» Jackie scandì una per una le parole con una veemenza di rabbia crescente «non intendevo tenere la rotta per me. Non avrei saputo cosa farmene: non possiedo navi, né equipaggio, né le competenze per affrontare una missione di tal genere..»

«Avresti potuto imbarcarti e trovare un buon acquirente, magari a Port Royal.» suggerì Eleanor Guthrie, sottolineando una certa ovvietà. 

«Rivenderla, intendete? Quell'idiota di Silver ci stava provando e le cose stavano procedendo in modo assai complicato. E poi, so-- ho sentito che il capitano Flint ha delle spie al suo servizio a Port Royal. Tanto valeva morire qui.» il tono di Jackie risuonò vagamente offeso per l'essere stata sottovalutata. 

«Allora vorrai essere così gentile da illustrarci cosa una ragazza senza navi, senza equipaggio e senza competenze volesse fare con una rotta spagnola.» la Guthrie sorrise nella maniera più irrispettosa che Jackie avesse mai visto. 

«Intendevo semplicemente scambiarla con la mia libertà.» 

Il silenzio che ne seguì concesse a Jackie degli istanti di tregua. Scrutò per alcuni istanti le espressioni dei suoi interlocutori, poi alzando gli occhi al cielo, si accinse a spiegare con maggior chiarezza. 
«Il capitano Flint, non appena sono stata sorpresa a ficcare il naso dove non avrei dovuto, ha sguinzagliato i suoi uomini al fine di trovarmi e consegnarmi a lui. Ho immaginato che l'intenzione fosse quella di uccidermi, così ho vagato, nascondendomi, per un giorno e per una notte» la ragazza interpose una pausa, scuotendo il capo in dei lenti cenni di diniego «è stato orribile. Non immaginate quanto. Così ho elaborato una strategia per riprendermi il mio quieto vivere e la libertà che tanto mi è stata osteggiata. Era un buon piano ed aveva funzionato, ma poi Silver-- ad ogni modo, avrei consegnato personalmente la rotta a voi, capitano, ed in cambio avrei chiesto la fine della persecuzione nei miei confronti.»

Flint, che sembrava aver prestato il massimo dell'attenzione, immobile in quella sua posa da militare mancato, esplose in una risata canzonatoria, come se un qualche marinaio rozzo gli avesse appena raccontato una gilga sconcia.
Jackie si mantenne impassibile, seria, collera e stizza presero a montarle in petto e a imporporarle il volto tempestato di fine lentiggini; l'istinto le risultò difficile da controllare, la tentazione di afferrare una cosa qualunque-- anche la sedia sotto di lei, e scaraventarla su di Flint e su di Eleanor Guthrie, per poi scappare via e correre, correre, e poi...
Invece restò impietrita, le mani strette a pugno -così strette che i palmi presero a dolerle- e lo sguardo smeraldino oscurato da un indigesto senso di umiliazione.

«Indubbiamente, una storiella ben studiata» Eleanor Guthrie si massaggiò la fronte, nemmeno avesse compiuto uno sforzo esagerato «peccato che non regga!»

«Come dite?» Jackie riuscì appena a sibilare, la sensazione di non avere più voce nella gola.

«Una sola persona su quest'isola sceglierebbe di perdere cinque milioni di pezzi da otto a vantaggio della propria libertà e, si da' il caso, che non sia tu
O il tuo piano era di pretendere, in seguito, una parte del bottino o sei soltanto molto ingenua.» 

Il volto di Jackie si colorò di una smorfia di mera frustrazione, incapace di spiegarsi in cosa consistesse l'assurdità della propria versione. Era così strano voler essere liberi?
Le balenò in mente che, forse, quella poteva essere una richiesta "lecita" nel mondo dal quale lei proveniva -un mondo nel quale si era inglobati in una società proibitiva e limitati da ogni sorta di convenzione- ma a Nassau le cose, a quanto pareva, dovevano stare diversamente.
D'altra parte, la libertà poteva vista essere come valore inestimabile dove risultava, invece, una condizione di normalità? 
Si sentì profondamente stupida, o forse ingenua, esattamente come le aveva appena terminato di dire la Guthrie.

«Può apparire strano, immagino, ma i soldi non mi interessano» asserì con convinzione «non sono la mia priorità al momento.»

Quello non era propriamente lo status quo della realtà. Di denaro per vivere, Jackie ne aveva un bisogno piuttosto urgente -la morsa di ferro della fame che le aveva ingabbiato lo stomaco era ancora troppo fresca nella sua memoria per potersene dimenticare- ma valutò di non essere nella posizione ideale per esternare la sua pur impellente necessità. 
Lo sguardo di un fuoco color del mare di James Flint le confermò la correttezza della sua tacita valutazione.
Non si vide altra opzione se non vuotare il sacco circa quelli che erano stati i suoi pensieri in seguito al discorso ad effetto del capitano, il discorso in cui lui aveva rivelato i propri piani per quella striscia di terra strategica che era Nassau.

«Non sottrarrei soldi dal bottino della Urca de Lima» quando pronunciò il nome del vascello spagnolo, Jackie si sentì colpevole come se avesse appena bestemmiato «io-- io sono d'accordo con voi, capitano.»

Flint si accigliò, reclinando il capo da una parte, l'espressione di chi osserva davvero qualcosa per la prima volta nella vita.
«Spiegati.»

«Il vostro progetto per questo posto» Jackie scattò in piedi, impossibilitata a restare seduta ancora a lungo; Eleanor Guthrie si alzò di riflesso, Flint portò una mano sull'impugnatura della pistola, ma la giovane dai lunghi boccoli rossi non se ne curò e prese a girare per la stanza, oscillando i polsi ancora stretti da duri legacci quasi ad esorcizzare la tensione.
«I cannoni, la fortificazione del forte, una nazione libera-- io sono d'accordo! Vorrei-- vorrei vedere tutto questo realizzarsi, vorrei.. Sto cercando un posto in cui vivere in pace. Quest'isola, per strana che sia, potrebbe assicurarmi la tranquillità che tanto vado cercando. Se il futuro di Nassau si dimostrerà roseo come quello che voi avete descritto, se veramente quei dannati soldi spagnoli potranno assicurare una vita sicura... Perchè dovrei volere ostacolare un'idea così nobile?»

Prese ad aleggiare una strana atmosfera nello studio appena sopra la locanda, come se il tempo si fosse fermato e fuori il mondo avesse preso a vorticare ad una folle velocità. Jackie dovette voltarsi e gettare un'occhiata vigile verso l'esterno oltre il vetro della finestra per accertarsi che ogni cosa fosse ben stabile al proprio posto. 
La sola cosa che vide muoversi furono le fronde degli alberi, pigramente dondolanti smosse da una flebile brezza proveniente da est.
Eleanor Guthrie tornò a sedere, poco entusiasta e l'espressione di chi ha trovato, infine, una storia poco avvincente. Si voltò verso di Flint, senza spiccicare parola, come a voler rimettere tacitamente a lui una spinosa decisione.
Il capitano della Walrus scostò la mano dalla pistola che teneva infilata nella cintola all'altezza dell'anca destra, carezzandola distrattamente con le dita incallite da una vita difficoltosa. Si ravviò il colletto dell'importante giacca che aveva indosso, poi aggirò lo scrittoio della Guthrie.
Jackie lo vide avanzare a passo spedito, lo sguardo di chi è proiettato su questioni future ben più urgenti delle smanie insignificanti di una ragazzina sconosciuta. La giovane si immobilizzò, sulle spine, aspettandosi -forse irrazionalmente- chissà quale temibile sfuriata. Tutto ciò che James Flint si limitò a fare fu lanciarle un'occhiata eloquente, quasi sprezzante. Quando lui la sfiorò, sorpassandola incurante, un particolare olezzo di salsedine la investì, stuzzicandole vagamente i sensi.

«Liberala e dalle quello che vuole in cambio del suo totale silenzio» Flint spalancò la porta verde vivido dello studio «e fa' che abbia chiaro in mente cosa succede a chi compie la scelta poco saggia di intralciare i miei piani.»

Solo quando le corde che le imprigionavano i polsi vennero spezzate, Jackie maturò l'idea che forse, con il benestare della fortuna, avrebbe potuto cavarsela. 
Da che aveva aperto gli occhi in quella mattinata infernale, finalmente sentì l'aria invaderle i polmoni, così forte e rigenerante che le parve di essere riemersa dopo anni dagli abissi più profondi.





***ANGOLO AUTRICE***

Salve a tutti!
Innanzitutto, voglio ringraziare per la vostra tacita (e non) presenza e per la pazienza dimostrata nel seguire la mia nuova storia.
Quando ho iniziato la stesura di questa fanfiction, non avevo ancora unificato tutti i tasselli del mio puzzle mentale e non mi sentivo troppo sicura nel pubblicarla, anche perchè è il mio primo esperimento in assoluto in questo fandom; tenterò di essere più precisa possibile, nella speranza di rendere onore ai caratteri e alle sfumature dei personaggi di cui mi occuperò, e nella speranza che tutti voi abbiate la buona volontà e l'entusiasmo di continuare a seguire questa mia storia.
Le recensioni, anche per esprimere pareri o impressioni contrarie, (ciò che scrivo potrebbe anche non piacere, ovviamente) sono ben accette. Mi piacerebbe molto leggere le vostre opinioni e le vostre aspettative a riguardo, come anche quelle di coloro che si uniranno strada facendo. 

Vi aspetto fiduciosa,
L'autrice.

P.s: Chiedo scusa per la lentezza di progresso, ma il tempo libero scarseggia. 


 
   
 
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