Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: chiara_13    30/05/2016    3 recensioni
E se non fosse andata come nel telefilm? Se la vita dei nostri protagonisti venisse sconvolta da un momento tragico e dovuto per sopravvivere? Se morire fosse l'unica via di fuga per salvare le persone pi care e la propria famiglia? Se il povero scrittore soffrisse per qualcosa che forse...non rivelerò altro, se volete sapere cosa sconvolge il nostro Rick, leggete la mia storia...GRAZIE e Buona lettura.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MOTOCICLISTA MISTERIOSO
 
 
Due settimane dopo.

 
-Ciao ragazzi, dové mio padre?- Alexis entrò nel piano della omicidi del dodicesimo distretto.

-E’ andato a prendere un caffè, tornerà a momenti- si voltarono sulle loro sedie girevoli per guardare la ragazza.

-Ok…- sospirò –Di che vi state occupando?- si avvicinò per leggere la lavagna con gli indizi.

-Abbiamo trovato un cadavere completamente carbonizzato all’interno di un portabagagli, nessun’indizio, denti strappati via e i polpastrelli delle dita sono stati asportati prima di dare fuoco al corpo- rispose Ryan, ormai la ragazza veniva spesso al distretto e si era abituata al mondo violento che la circondava.

-Accidenti…sembra uno di quei casi in cui mio padre potrebbe pensare alla CIA o alla mafia russa- sorrise, sapendo quali teorie strampalate tirasse in ballo lo scrittore.

-In realtà stiamo ancora aspettando…- Esposito le fece capire che il Rick che avevano davanti non era più quello del passato -…abbiamo seguito diversi casi insieme e in nessuno ha tirato fuori qualche battutina alla Rick Castle, anzi…sembra diventato un vero poliziotto, dedito al lavoro e a trovare la verità-

Alexis si sedette sulla sedia accanto alla scrivania in attesa del padre e vedere come stava.
 
Rick era seduto in una panchina di un parco poco lontano dal distretto. Si stava godendo la brezza e le urla dei bambini che giocavano. Era una sensazione che lo tranquillizzava. Lo faceva stare bene. Il caffè nella sua mano e lo sguardo che guardava oltre quello che c’era.

-Sai Rick…quando tutto questo inferno sarà finito, mi piacerebbe iniziare con te questa nuova avventura- Erano seduti in una panchina del parco, osservando i bambini che correvano felici e giocavano spensierati. Quell’affermazione improvvisa lo aveva fatto sorprendere. Non se l’aspettava.

-Stai dicendo che…-

-Rick…- prese il suo volto tra le mani -…facciamo un bambino…- gli disse, baciandolo con dolcezza, facendogli capire cosa intendeva anche con i gesti.

-Facciamo un bambino…- ripeté ad eco, rispondendo al bacio.

-Ma non mettiamoci fretta…al momento non è la cosa più indicata, ma…possiamo sempre fare pratica- l’argomento da serio e profondo, prese una nuova piega. Si morse il labbro inferiore con quell’aria che mandava lo scrittore fuori di testa.

-A me piace fare pratica…è divertente…- sorrise lo scrittore.

-Magari sarà utile a farti perdere quei chiletti in più che ti sei preso…- lo beffeggiò lei.

-Mi sono ingrassato?- si guardò –lo so…uff…-mise il broncio.

-Sei perfetto così…sei bellissimo così – lo baciò nuovamente con dolcezza.

-Sei molto brava…ma inizierò subito a fare sport- sorrise tra le sue labbra morbide.

-Potresti farlo con me…potrei essere il tuo personal trainer…sarebbe, stimolante, da vari punti di vista- il suo volto mostrò nuovamente quel sorrisetto malizioso.

-Non credo sarebbe produttivo…insomma, potremmo finire a fare dell’altro…- mostrò il suo sguardo da bambinone.

-Sempre attività fisica è…potremmo fare delle sessioni intense di un’allenamento…molto, molto…produttive- il bacio che lo avvolse non fu più dolce e casto.

-Capitano Beckett!- lui si sorprese, ma rispose vivamente al bacio –Non si fanno certe cose davanti ai bambini…- protestò lui, con occhi da cucciolo.

-Diciamo…che mi diverto a stuzzicarti- sorrise, staccandosi da lui –Ora, sarà meglio che tu ti chiuda il cappotto, mentre ci avviamo al distretto…non vorrei che qualcuno vedesse la tua antenna…- si alzò, lasciandolo senza parole.

In quel momento non indossava dei Jeans e la stoffa morbida dei suoi pantaloni mostrava chiaramente la sua erezione premere sotto il tessuto. –Vuoi uccidermi?-

-No, solo assicurarmi che il tuo partner fosse pronto per le nostre ‘sessioni di ginnastica’- sorrise, alzandosi dalla panchina, per tornare al lavoro.

-Ti odio…- le disse, alzandosi a sua volta, sentendo la pressione sotto la cintura.

-Ti amo anch’io- si avvicinò per un ultimo bacio e tornare in modalità professionale –non preoccuparti, recuperiamo questa sera e forse…potrai avere la tua rivincita…-

-Puoi scommetterci Beckett…non puoi prenderti gioco di Rick Castle senza conseguenze- gli puntò il dito contro.

-Non vedo l’ora…anche perché, se vogliamo veramente un bambino…dobbiamo divertirci ora…- era tornata sull’argomento di partenza.

-Allora dicevi seriamente- anche lui tornò serio.

-Non si parla di certe cose se non si è seri…voglio provare quest’emozione, sentire una piccola vita crescere dentro di me e le tue mani che accarezzano il nostro bambino ancora qui dentro- si toccò istintivamente la pancia, facendo commuovere Richard.

-Non vedo l’ora che accada…sarai una madre straordinaria…- Kate lo fermò all’istante, gli regalò il sorriso più luminoso che aveva e lo baciò con amore.


-TI AMO…- pronunciarono insieme, incamminandosi nuovamente mano nella mano.


Richard si riprese dai ricordi. Tornando alla cruda verità che quel futuro perfetto non sarebbe mai arrivato. Gli rimaneva l’immaginazione. Immaginare se stesso in piedi vicino ad un letto d’ospedale con la sua Kate che teneva tra le braccia il frutto del loro amore. Non si accorse che aveva iniziato a piangere al pensiero, erano lacrime miste tra tristezza e emozione per un avvenimento tanto desiderato e mai realizzabile.

Ritornò al distretto ancora con gli occhi leggermente rossi. Si accorse della presenza di Alexis, solo quando si avvicinò maggiormente alla postazione dei due detective. I tre, seduti alle scrivanie, si voltarono per guardarlo e non si lasciarono sfuggire la nota di tristezza presente nel suo volto.

-Dove sei andato a prendere il caffè? E’ passata più di mezz’ora- Ryan voleva alleggerire la tensione.

-Mi sono fermato al chiostro vicino al parco, poi mi sono seduto su una panchina ad inalare aria pulita- rispose semplicemente, omettendo il momento in cui si era perso tra i ricordi.

-Hai pianto?- Perché sua figlia ultimamente era così? Non poteva semplicemente supportarlo?

-No, deve essere stato qualcosa che mi è entrato negli occhi- si difese lui, non voleva mettere al corrente tutti, riguardo i suoi momenti di estraniamento e passaggio nel mondo dei ricordi e dell’immaginazione. –Abbiamo qualche prova in più per il caso?- deviò discorso.

-Niente, Vikram ha provato a recuperare i dati del cellulare, ma ha detto che ci vorranno ventiquattr’ore. E non abbiamo alcuna prova per identificare la vittima. Dobbiamo aspettare i risultati del laboratorio e iniziare a fare domande in giro- rispose Esposito, capendo la situazione.

-Io torno a dare un’occhiata alla scena del crimine, magari ci è sfuggito qualcosa, poi torno a casa…volete venire a cena? Per una pizza?- li invitò con naturalezza.
-Allora veniamo con te, non sarà un male fare un secondo sopralluogo e parlare con qualche barbone- Ryan, seguito dal partner si alzò dalla sua postazione –e la birra la offriamo noi-

-Come volete…- sorrise lui, grato. Da quando Kate non c’era più il loft gli sembrava troppo grande e silenzioso. Non c’era più il suono delle sue risate e della sua voce calda.


Raggiunsero tutti e quattro il molo isolato dove era stata rinvenuta la macchina bruciata. I nastri gialli delimitavano la scena e c’erano ancora i segni che indicavano la presenza della scientifica.

Setacciarono ogni singolo angolo nascosto, ogni indizio sospetto per rimanere a mani vuote.

-Qui non c’è niente, speriamo di avere delle altre prove domani- Esposito fece capire che non c’era altro da cercare in quel posto. Rientrarono in auto e prima di poter mettere in moto, un violento urto colpì la Crown Victoria.

La macchina venne lentamente spinta verso l’acqua, volevano ucciderli. Esposito stava premendo il pedale del freno con tutta la forza e tirava il freno a mano. Non potevano vincere quella sfida, era un SUV enorme contro una semplice auto della polizia.

-Che facciamo?- si preoccupò Alexis, vedendo che avanzavano troppo velocemente.

-Pensa…pensa…pensa…- Esposito guardava gli assalitori dallo specchietto retrovisore, sapeva che se avesse fatto qualsiasi mossa avrebbero comunque usato gli enormi fucili che avevano legati al corpo.

Il forte rumore di una moto che avanzava nella loro direzione li fece voltare tutti nella medesima direzione e sembrava avesse fermato l’insistenza dei loro assalitori. Sfortunatamente la macchina rimase in bilico. Metà sporgeva verso l’Hudson e l’altra al cemento.  Stava ondeggiando da una parte all’altra, sarebbe bastato anche solo un cambiamento e sarebbero finiti in acqua. Intrappolati.

-Non muovete un muscolo…o siamo fregati…ho già vissuto un’esperienza simile, non è divertente ve l’assicuro…-Castle ricordò la stessa situazione vissuta qualche anno prima con Kate.

L’unica cosa che riuscirono a fare fu osservare la moto avanzare nella loro direzione. Un uomo vestito completamente di nero, compreso il casco integrale era nero con la visiera oscurata. Le mani guantate afferrarono la nove millimetri che aveva sul fianco ed iniziò a sparare.

-Siamo morti…- urlò Ryan.

-No…non sta sparando a noi…- gli fece notare lo scrittore. Era vero non stava sparando a loro, ma al SUV. Gli assalitori iniziarono a sparare a loro volta, ma il motociclista fu molto più abile, colpì tutti con abilità. La sparatoria durò poco meno di due minuti. Il rumore di bossoli che cadevano a terra, l’odore pungente della polvere da sparo e quello metallico del sangue.

L’unico sopravvissuto della banda di assalitori, fuggi e il motociclista non volle seguirlo. Si preoccupò solo della macchina rimasta sospesa e in procinto di precipitare. Senza togliersi il casco si mise alla guida del SUV ed iniziò ad andare a marcia indietro, lentamente.

Non si erano accorti che aveva legato una fune d’acciaio tra le due vetture. I passeggeri sfortunati iniziarono a sentire la stabilità che stavano riacquisendo e senza neanche rendersene conto l’uomo aveva abbandonato il SUV e era tornato sulla sua moto. Una Yamaha XT660R. moto da fuoristrada.

I quattro scesero dall’auto per raggiungerlo, i due agenti volevano arrestarlo, così estrassero le loro pistole d’ordinanza. –Non muoverti!!- gli urlarono, ma l’uomo mise in moto e con un movimento esperto girò su se stesso e iniziò ad avviarsi per la strada da cui era venuto. I due detective non se lo fecero ripetere, rientrarono tutti nella vettura e iniziarono l’inseguimento.

Si ritrovarono tra le strade della città, erano libere, era quasi l’ora di cena. La moto aveva molto vantaggio, si muoveva agile e veloce, non riuscivano a tenere la sua velocità.

Il problema si presentò quando la macchina di servizio iniziò ad emettere strani suoni, come a voler dire ‘sto morendo’. Esposito perse il controllo del veicolo, nessuna aveva pensato che avesse riportato danni e invece. Il motociclista si fermò ad osservare la scena a debita distanza. L’auto stava sbandando da una parte all’altra, finendo la sua corsa contro un lampione che rimase in bilico. Indeciso se cadere o meno. Uscirono tutti dalla Crown Victoria, guardando i danni che avevano causato, tirando un grosso respiro di sollievo, sapendo di essere scampati alla morte una seconda volta. All’improvviso un SUV nero, forse il gemello di quello rimasto al molo li raggiunse, ora non avevano via di scampo.

L’uomo che era fuggito aveva chiamato i rinforzi. Ryan ed Esposito questa colta estrassero le loro armi e le puntarono contro i nuovi assalitori. –Che diavolo sta succedendo? Chi ha fatto arrabbiare il nostro corpo carbonizzato?- si chiese Ryan, iniziando a sparare, in risposta ai nemici.

Non ce l’avevano con tutti e quattro in realtà lo capirono nel modo in cui indicavano lo scrittore, rimasto accovacciato vicino alla macchina. I suoi partner si erano spostati, lasciandolo senza copertura e sua figlia era accovacciata dalla parte opposta. Sentì alcuni passi veloci che si muovevano nella loro direzione. Che volevano da lui? All’improvviso si trovò faccia a faccia con un uomo in passamontagna nero che gli puntava contro una pistole. Gli occhi gli si chiusero d’istinti e uno sparo venne esploso in aria. Lo scrittore riaprì gli occhi blu terrorizzati, per guardare il suo assalitore accasciarsi a terra esanime. E come un sipario gli mostrò chi lo aveva salvato. Il motociclista. Ma chi era?

Senza rivolgergli alcuna parola, lo invitò a seguirlo e a salire in sella alla sua moto e lui obbedì, gli aveva salvato la vita due volte, poteva fidarsi. Poteva fidarsi? Prima di partire gli passò un giubbotto antiproiettile preso dal portabagagli dell’auto della polizia. Poi scattarono veloci per la strada e come il motociclista si aspettava iniziarono a seguirli con il SUV. Ryan ed Esposito presero una volante che in quel momento era sopraggiunta nella zona, accodandosi e seguendo l’inseguimento.

Il motociclista era veramente abile e si muoveva esperto per la città. Tagliava per vicoli e piazze pedonali. Cecava di seminare gli inseguitori. Spari risuonarono nell’aria. Uno arrivò a colpire il guidatore di striscio sulla spalla e un gemito risuonò all’interno del casco. Lo scrittore si preoccupò, vedendo che stava soffrendo per il dolore e anche perché aveva sbandato leggermente. Subito però venne sorpreso. Il suo salvatore passò sopra al dolore e riprese il pieno controllo della situazione.

–Reggiti- una voce, visibilmente modificato lo invitò a reggersi nei sostegni dietro di lui.

Non fece in tempo ad obbedire che la moto si rigirò su se stessa e sparì all’interno di un vicolo, prendendo alla sprovvista tutti. Con quella mossa aveva riacquistato terreno. Raggiunse il garage sotterraneo di un palazzo e salì la rampa che portava dritta al parcheggio sul tetto. Come si aspettava il SUV lo aveva seguito, ma a grossa sorpresa di tutti, il motociclista si posiziono su una pedana e riscese veloce in strada. Richard poteva giurare di aver sentito una risata dalla persona che lo stava salvando. Ritornarono nel punto in cui si era schiantata la macchina dei due detective e lo fece scendere, ormai era ghermito di poliziotti e quindi sarebbe stato al sicuro.

Prima che potesse ringraziare il motociclista, questo partì a razzo, fermandosi solo qualche metro più in la per assicurarsi delle condizioni dello scrittore. Ripartendo nuovamente per raggiungere la sua destinazione.

-Non ho capito…- Alexis si avvicinò a lui ancora scossa –quello li…è dei buoni o dei cattivi?-

 
-Mi ha salvato la vita…ci ha salvato la vita, non credo sia dei cattivi…avrei solo voluto ringraziarlo come si deve…- lui stava ancora fissando il punto in cui era scomparsa la moto nera che lo aveva ospitato.

-----------------------------------------------------------------------------
 
 
La moto da fuoristrada stava percorrendo una strada molto isolata, svoltando per un sentiero nel bosco. Con molta abilità nella guida raggiunse una piccola casetta di legno, molto isolata, non si poteva raggiungere se non si conosceva la strada. Il motore si spense. Il motociclista si tolse i guanti e mostrò le sue mani rosee. Slacciò il giacchetto di pelle, mostrando una maglietta grigia della polizia di New York. Il casco venne slacciato e tolto, liberando una massa di capelli castano dorati, che cadevano morbidi sulle spalle. Il viso era leggermente arrossato. Dopo quel frenetico inseguimento non avrebbe potuto essere diverso. Aprì la porta e si rilassò nel sentire il tepore della stufa, riscaldarle il corpo.

-Mi servono ago e filo- si sfilò la giacca, mostrando il taglio lasciato dal proiettile che l’aveva colpita.

-Quante volte hai intenzione di mettere a rischio la tua vita ragazza?- Jackson Hunt si alzò dalla sua sedia e si avvicinò a lei per tamponarle e disinfettarle la ferita.

-E’ stato necessario…a quanto pare Loksat non vuole lasciare in pace la mia famiglia e io devo pur sempre prendermi cura di loro- alzò le spalle, sapendo di aver agito bene.

-Kate devi essere cauta…guarda…- gli mostrò l’intero filmato che compariva in ogni telegiornale. Il titolo era…’misterioso motociclista salva la vita a Richard Castle’.

-Non mi ha riconosciuto nessuno, neanche lui…siamo rimasti a distanza, non ho emesso un fiato…sono stata attenta-  sospirò, sentendo il leggero bruciore al braccio.

-Grazie- la guardò alla fine Jackson –per aver salvato mio figlio e mia nipote-

-Sempre…- gli sorrise, ricoprendo la ferita, che non aveva avuto bisogno di punti, ma solo di uno strato di garza.
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: chiara_13