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Autore: Eloreden    06/06/2016    1 recensioni
Tal, un menestrello giramondo, arriva per la prima volta nella città maggiore del continente: Moreim. Una storia come tante che inizia come molti si aspettano, tuttavia già del primo momento qualcosa non torna e Lorens impegnato a giocare a carte se ne accorge facendo ricadere la su attenzione su Tal.
"Tal, De Rocerc…” sillabò Lorens mentre squadrava la figura del menestrello. “Non è un nome di queste parti, e nemmeno l’accento, da dove viene se posso chiedere?”.
“Lontano… molto lontano, vi basti sapere questo”

Un mondo avvolto dal mistero dove la magia è nascosta agli occhi degli uomini e solamente alcuni sono in grado di usarla. Una guerra nell'ombra senza vincitori ne vinti. Una partita a scacchi tra dei che mettono in gioco le loro più potenti pedine. Cosa succederà quando tutto esploderà nel tumulto? Chi parteciperà al conflitto?
Sarà una storia lunga, dove non ci sono eroi protagonisti, dove non esistono scelte giuste o sbagliate. Sarà quando si potranno vedere tutti i fili del burattinaio che si comprenderà a pieno il piano divino.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte abbastanza più corposa, era giusto metterla tutta insieme e non spezzarla secondo me magari le prossime saranno più leggere. Iniziamo a movimentare la storia e dare un brio all'azione. Mi sono perso un pò nelle descrizioni iniziali del capitolo, spero non aver fatto un macello. L'ho letta e riletta mille e mille volte per riuscire a semplificarla, eliminare ripetizioni aggiustare punteggiatura etc. Spero di aver fatto un buon lavoro.

Buona lettura a tutti.
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3
 
Era ormai sera quando Lorens arrivò davanti casa di Layla. Il dito andò a premere su un campanello, un complesso congegno meccanico scattò e all’interno della grande abitazione vennero avvertiti della presenza di Lorens al cancello. La casa di Layla era una villa molto grande, la sua era una famiglia altolocata. Un’edera verde e rigogliosa cresceva sul cancello avvolgendolo quasi completamente, tanto che rimaneva difficile osservare all’interno. Tutto intorno alla casa c’era un ampio giardino cosparso di siepi e fiori colorati. Ed al centro di quest’ultimo un sentiero di ghiaia faceva il giro della casa. Davanti alla porta d’ingresso un ampio spiazzo si apriva con una fontana al centro che zampillava acqua. Il portone d’ingresso della villa si socchiuse e un uomo anziano vestito da maggiordomo usci per dirigersi verso il cancello.
“Al! Vecchio mio!” affermo Lorens mentre il maggiordomo si avvicinava a grandi passi.
“Signor Mainford, qual buon vento” rispose cordialmente il maggiordomo. Un tipo arzillo nonostante l’età, i capelli erano tutti completamente bianchi come anche i baffi. Occhi piccoli come fessure osservavano bonariamente Lorens con un’espressione molto amichevole.
“Non essere sempre così formale Al!” Sogghigno Lorens mentre aiutava l’uomo ad aprire il cancello.
La ghiaia scricchiolava sotto i passi dei due mentre si accingevano a precorrere il vialetto e aggiravano la fontana giungendo in fine al portone.
“La signorina Layla è in soggiorno”. Lorens aprì da solo lasciandolo accostato per permettere al maggiordomo di entrare in casa.
“Grazie Al a più tardi”.
“Pensate di intrattenervi a cena?”.
“No grazie, questa sera sono di fretta”.
Il vecchietto annui e si congedò chiudendo la porta. L’ingresso era un atrio abbastanza ampio e delle colonne sostenevano il peso della volta. Il bassorilievo di un’edera prendere il via da queste, arrampicandosi verso l’alto, trasformarsi poi in una bianca incisione quando dalla pietra, si passava al legno scuro del soffitto. Davanti al portone d’ingresso una scala portava al piano superiore. Mentre alla sinistra e alla destra della scala partivano due lunghi corridoi. Le incisioni si ramificavano invadendo anche il piano superiore. Il pavimento era in marmo bianco, questo contrasto tra il pavimento e il soffitto con il bianco motivo floreale creava un gioco di rifrazione particolare. Il pavimento rifletteva le incisioni dando l’impressione di camminare su un tappeto d’edera. Lorens si diresse lungo il corridoio a destra delle scale: conosceva bene quella casa e sapeva dove si trovava il soggiorno. Aprendo la porta trovò Layla seduta su di un comodo divano, aveva in mano un libro e stava leggendo. Una ragazza minuta, dai mossi capelli biondi, occhi di un azzurro profondo e un viso amabile e bonario.
“Lorens” affermò melliflua, “Cosa ti porta fino alla mia dimora?”.
Lorens la osservò di spalle mentre apriva la porta per poi richiuderla alle sue spalle. La stanza era arredata con un grande camino barocco e al centro, quattro tra divani e poltrone, erano disposti circolarmente attorno ad un basso tavolino.
“Non si può fare nemmeno una visita di cortesia ad una mia buona amica?” la voce innocente di Lorens usci naturale come se stesse dicendo la verità a tutti gli effetti.
“Lorens…” lasciò per qualche secondo la frase in sospeso “Tu non fai visite di cortesia… E di rado ti si vede ai concili.”
Camminando andò a sedersi sul posto davanti alla donna. “Layla…”
“Quando principi una frase con il mio nome non è mai un buon segno” lo interruppe immediatamente, chiudendo il libro che stava sfogliando.
“Layla…” replicò Lorens con fare piuttosto serio.
“Andiamo Lorens, vai al dunque” lo interruppe di nuovo con un leggero tono di irritazione.
“Ne ho trovato uno Layla…”.
La donna lo squadrò per qualche attimo, una posa austera, schiena ben dritta, un vestito lungo che raggiungeva le caviglie e una postura signorile. Emise un lungo sospiro mentre chiudeva gli occhi, sfruttando quei momenti per pensare.
“Quanti anni ha?”
“Non so ma credo sulla trentina”
“Lorens ne abbiamo già parlato, con LEI è stato sufficiente, sai che non possiamo accettare membri troppo grandi, ti sei già dimenticato cos’è successo l’ultima volta?” nel proferire queste parole un cupo tono misto ad irritazione si sentiva chiaramente vibrare nella sua voce. Lorens attese qualche secondo prima di rispondere.
“Ma questa volta è differente non possiamo lasciarlo...”
“Basta!” gridò lei. “Il tuo metro di giudizio è sbagliato, non sei in grado di giudicare!” Si alzò in piedi stringendo i pugni e sbattendo il libro sul tavolo con risolutezza. “A causa dei tuoi giudizi quella ragazza è morta! Lo capisci questo?”.
“Si ma…” rispose visibilmente senza parole e in difficoltà.
“Niente ma! Non insistere!” i ricordi affiorarono violentemente nella testa di Layla che era decisa a chiudere il discorso definitivamente.
“Layla non capisci, tu devi vederlo per capire…”
“Lorens, non ho bisogno di vedere niente!” affermò con decisione. Improvvisamente qualcosa cambiò in lei. Gli occhi si spalancarono inondandosi di una luce vermiglia profonda e tenebrosa, la pelle cambiò, le vene iniziarono a pulsare nere e in rilievo, il viso ne era inondato. Lorens si alzò di scatto a quella visione e fece qualche passo di lato.
“Layla calmati, torna in te!” urlò l’uomo mentre l’aria circostante iniziò sfrigolare. Le luci della stanza si spensero lasciando alla flebile luce della luca luna il compito di illuminare la stanza filtrando dalla finestra. La figura di Layla così mostruosamente cambiata si stagliava immobile nella semi penombra della stanza. La testa scattò indietro flettendosi quasi innaturalmente e un respiro profondo spezzò il silenzio. Lorens si fece avanti a grandi passi con l’intenzione di sincerarsi delle condizioni della ragazza ma all’improvviso la mano di Layla scattò con un movimento impercettibile verso la gola dell’uomo sollevandolo da terra di parecchi centimetri. Un respiro si strozzò in gola a Lorens che iniziò ad annaspare afferrando le mani della donna.
Il voltò della donna era divenuto scuro e terrificante, vene nere scorrevano sulle guance fino ad arrivare alle tempie, i capelli biondi erano divenuti neri come la pece. Sporse il collo verso l’uomo abbassandolo alla sua altezza ma mantenendolo sempre sospeso.
“Non riuscirai a fermarmi seguace della luce”. La voce non era quella di Layla era diversa, sinistra e spettrale, come provenire da un altro posto, veicolata attraverso la donna. Un sibilo seguì quelle parole mentre quella creatura davanti a lui mostrava i denti quasi ringhiando.
Lorens non riusciva a respirare, il volto stava divenendo cianotico, la vista si annebbiava. Un urlo bestiale si espanse nell’etere facendo vibrare anche le ossa dell’uomo che improvvisamente venne sbalzato addosso al camino con una violenza inaudita. L’architrave scricchiolò all’impatto ma resse il colpo. La schiena dell’uomo si flesse e ricadde con il viso sul pavimento, rischiò di perdere i sensi ma fino all’ultimo rimase concentrato sul mantenere il contatto della realtà.
“Reichel, Morgana, Nikola, Asfald, Erini, Molohas, Duglas, Margot” iniziò a ripetere i nomi delle persone che conosceva e a lui più care per non disperdere i pensieri nell’oblio dello svenimento. L’urlo disumano che squarciava l’aria metteva a dura prova il suo fisico, le mani andarono alle orecchie mentre gli occhi si serrarono con forza. Tossì bruscamente quando l’aria tornò a irrompere nei suoi polmoni a seguito di un profondo respiro. Si accartocciò a terra in posizione fetale mentre lo sguardo si volgeva verso la donna che ancora in piedi stava urlando e dimenandosi in maniera evidentemente anormale. Lorens continuava a osservare attonito la scena annaspando ancora, l’ossigeno fece tornare la lucidità in breve tempo “Esme, Deli, Angelo, Edmund…”. 
In un attimo tutto finì, tanto bruscamente quanto era iniziato, Il grido si placò e l’aria smise di sfrigolare, la figura davanti a lui portò entrambe le mani al volto mentre una nuova estroflessione della schiena la irrigidì. Con lentezza, i capelli sfumarono nuovamente sul biondo, le vene scomparvero e gli occhi tornarono azzurri. Quando tutto tornò normale i muscoli della donna si rilassarono e lei cadde a terra come fosse senza vita. Lorens nonostante le ossa doloranti si sollevò, cedette un passo ma con le mani si riprese per dirigersi verso Layla.
“Layla?” Gridava “Layla! Sei con me?” si precipitò più in fretta che poteva sul corpo della ragazza. Poggiò una mano sul suo volto, il petto si alzava ed abbassava lentamente.
“Stai bene…” il cuore dell’uomo fu lasciato dalla presa del terrore mentre abbracciò la donna che sembrava svenuta ma incolume.
“Lorens… Promettimi che non cercherai più nessuno”.  Furono queste le ultime parole che pronunciò prima di svenire, in un flebile e delicato filo di voce, quasi fosse una richiesta da amica, anziché l’imposizione di un leader.
“Si… si…” affermò lui sorreggendole la testa. “Non cercherò nessuno…” terminò mentre con entrambe le mani che la cingevano la sollevò per distenderla sul comodo divano. Rimase in quella posizione qualche attimo, accanto a lei, mentre stremata respirava ancora con un po’ di affanno. Scosse la testa mentre si decise ad alzarsi per andare.
Quando usci dalla porta il maggiordomo era alla fine del corridoio che osservava in silenzio, Lorens annui e questi si precipitò subito verso di lui.
“È solo stanca, portale una coperta, ha bisogno di riposare.”
Lorens silenzioso uscì, sarebbe stata in buone mani, quelle di Alfred, una persona che teneva a lei Dio solo sa quanto. La tristezza gli attanagliò il cuore e affiorarono ricordi: ricordi di fiamme e fumo, un groppo in gola gli fermò per un attimo il respiro mentre usciva dal grande cancello della casa. Fece un sospiro voltandosi alle spalle. Sarebbe stata bene, tuttavia sapeva di averle mentito, questo era quello che lo faceva soffrire di più, ma non poteva farci nulla, era il suo destino. Gli attacchi che aveva stavano peggiorando. Giorno dopo giorno si facevano sempre più frequenti, quella creatura che di quando in quando veniva fuori era di un altro piano. Avevano provato di tutto e alla fine era stato deciso che forse il tempo e il riposo soltanto potevano sistemare le cose.
“Oh… Dea perché le fai questo? A lei che è la più vicina a te su questa terra?”. Domandò al vento mentre passeggiava. Una domanda retorica che riecheggiò un po’ tra i suoi pensieri. Il passo era leggerò e tranquillo seppur la testa vagava verso altre mete.
“Non mi sbaglio mai” affermò un uomo al bordo della strada, capelli neri corvini, ricci e arruffati, pelle chiara e un sorrisetto spalmato sul volto.
“Non hai più l’età per andare in giro a quest’ora”.
Lorens riconobbe subito la voce dell’amico ignorandolo volutamente finché non lo raggiunse “Tu mi stai sottovalutando” affermò con tono secco e di sfida. “E non fare il giovanotto, hai appena un anno meno di me”.
“Un anno è sufficiente per starti avanti senza sforzarmi. A chi arriva prima alla fucina?”. Affermo l’uomo riccio, anche lui aveva una barba poco curata e un lungo cappotto molto simile a quello che portava Lorens.
“Al tre…” I due si guardarono solamente per un istante
“Tre!”.
Entrambi pronunciarono il numero insieme partendo entrambi nello stesso momento. La fucina stava più o meno dall’altra parte della città ma nessuno dei due aveva intenzione di passare dalla strada. Salirono quindi lungo uno dei raccordi che portavano alla croce. A metà saltarono giù dalla balaustra, atterrando su di un tetto. Appena toccò le tegole l’uomo riccio prese a correre velocemente ma Lorens fu troppo brusco. Una tegola si ruppe con un rumore sordo, il piede scivolò e l’uomo iniziò a ruzzolare giù.
“Dannazione!” esclamò quando arrivò al cornicione. Una mano scattò, sapeva che se fosse caduto per strada non avrebbe avuto possibilità di vincere. Strinse la grondaia mentre i piedi oscillavano e con un piccolo sforzo tornava sopra. Rimessosi in piede ricominciò a correre, ma ormai l’altro aveva un largo vantaggio. Saltavano di casa in casa mentre l’obbiettivo si avvicinava ma alla fine non fu Lorens a vincere.
“Sei stato fortunato Nikola…” affermò Lorens con il fiatone.
“Tel’ho detto stai invecchiando amico” lo prese in giro l’altro.
“Vieni che abbiamo da lavorare, dobbiamo finire per domani un lavoro”.
“Cosa?” Lorens strizzò gli occhi incredulo “A quest’ora? Sei stato così subdolo da sfidarmi per farmi venire al lavoro?” domandò quasi irritato.
“Certo!” affermò Nikola “Se te lo avessi chiesto avresti inventato qualche scusa e te la saresti data a gambe… Così ho dovuto puntare si qualcosa che non avresti potuto rifiutare”.
Lorens scosse la testa, gliel’aveva fatta e alla grande per giunta. Si sfilò il cappotto mentre andava verso l’uscio della porta “Dai Nikola, accendi le fornaci, iniziamo a lavorare o no?” domandò mentre apriva la porta. Era il migliore amico di Lorens, quasi fosse un fratello, l’unico che riusciva a comprenderlo al volo in tutto e per tutto. Avevano passato l’infanzia insieme in quella gigante città, e quando all’età di diciassette anni Nikola parti verso una meta ignota con il padre lui ne fu molto dispiaciuto. Stette lontano da casa per dieci anni e quando tornò erano entrambi uomini. Aprirono poco dopo quell’officina insieme perché entrambi avevano la passione per la matematica e le scienze, le cosiddette costruzioni impossibili loro cercavano il modo per farle. Solamente la fucina di un fabbro gli permetteva di avere accesso a quello che volevano fare. Ci misero poco per farsi un nome in città dopotutto costruivano anche armi e armature di ottima fattura e finemente decorate. Molti fabbri chiedevano loro consigli ma custodivano i loro segreti gelosamente.
Entrambi lavorarono tutta la notte arrivando alla mattina stremati.
   
 
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