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Autore: Elykei    07/06/2016    1 recensioni
Questa è la storia di Margherita.
Margherita ha 18 anni, un fratello minore rompiscatole, una mamma un po' particolare e un pappagallo di nome Pietro.
Come ogni diciottenne Marghe si presta ad affrontare gli esami di maturità e accanto a lei c'è una classe di 17 individui considerati da tutti scalmanati ed immaturi.
L'intera terza D però si ritroverà obbligata a dover crescere tutta d'un colpo, perché la società ti dice che a 17 anni non sei abbastanza maturo da poter compiere scelte da solo, ma appena ne fai 18 devi decidere del tuo intero futuro.
Questo è il racconto delle vicissitudini di una ragazza come tante altre che insieme a compagni di classe ed amici affronta la vita, quella vita segnata da piccole difficoltà che sembrano montagne e grandi gioie che a volte non bastano.
Ma infondo vivere vuol dire questo: affrontare alti e bassi e andare avanti perché come diceva Jovanotti la vertigine può anche essere semplice voglia di volare.
Questa è la mia prima storia, spero che vi piaccia.
Il rating è arancione più per scurezza che per altro.
P.s. naturalmente qualsiasi commento sarà sempre ben accetto!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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11.Opinioni divergenti


Un nuovo messaggio da Raffaele 20:36:

Magari lo faccio solo perché non ti ritengo una causa persa.

 


 

Quanto era cliché il mio comportamento? Passare i momenti prima di addormentarmi ripensando ad un unico, stupido messaggio.

Peggio di una dodicenne con una cotta!

Mi obbligai a lasciare il cellulare sul comodino, forse chiudere gli occhi era l’unica soluzione.

Non capivo il perché dell’accanimento del mio cervello, non è che Raffaele avesse scritto chissà quale toccante poema. Erano poche semplici parole, nulla di che, davvero.

Di certo non erano niente più che un tentativo di conforto amichevole o magari voleva solo continuare a guadagnare sulle mie spalle, dieci euro non erano molti, ma erano pur sempre meglio di niente.

No, okay, forse quell’ultima opzione era improbabile.

La fatica di aiutare una come me in una materia come la chimica sembrava davvero troppa per un compenso così misero.

Chiusi nuovamente gli occhi, decisa a spegnere il cervello e dormire. Quando gli riaprii era già giorno.

Quella mattina, prima di entrare, mi fermai al bar vicino scuola.

Ero arrivata con un forte anticipo quindi avevo tutto il tempo per fare colazione, presi una spremuta ed un cornetto ai cereali e mi sedetti ad uno dei tavolini interni al locale.

Assieme all’ordinazione vidi arrivare mio fratello – Che ci fai qui a quest’ora? –. Mi chiese non appena mi vide.

- Che ti sembra? Mangio, tu piuttosto come mai non sei ancora nel letto a dormire? -.

Scrollò le spalle con quella che riconobbi essere finta noncuranza – A dire la verità dovrei vedermi con una ragazza -.

Quella rivelazione fu.. inaspettata.

Certo il mio Luca era un bel ragazzo e sapevo che aveva avuto un paio di fidanzate in passato, ma non ne avevo mai conosciuta nessuna, in quel momento invece avevo la possibilità di incontrarne una.

- Uh è già qui? Fammela vedere -.

- Macché non è ancora arrivata -.

- Uffa voglio vederla -.

Si sedette accanto a me – Quando arriva te la indico -.

- Che vuol dire che me la indichi? Me la devi presentare! -.

- Non lo farò mai -.

- E perché scusa? -.

- Perché no -.

- Che fai mostriciattolo ti vergogni di me? -.

- Certo che no scema! È solo che per ora ci stiamo solo sentendo, non c’è ancora nulla di definito, perciò non posso già presentarle mezza famiglia -.

- Esagerato, sono solo io, non ti ho mica chiesto di portarla ad un cenone di Natale -.

- La mia famiglia siete tu e mamma, togline una ed è già la metà -.

- Gli zii ci resteranno male per questa diseredazione -.

Rise – Oh ma stai zitta -.

Sorrisi anch’io, all’improvviso però vidi Luca arrossire.

- Che è successo? -.

Mi indicò una ragazzina castana che aveva i capelli ricci legati in una treccia, un talento che io non avevo ancora appreso.

Era carina, si vedeva che era piccolina, probabilmente di un annetto più giovane del mio fratellino, aveva il naso all’insù e le labbra sottili. Gli occhi erano azzurro cielo.

La ragazza non era ancora entrata, era ferma davanti alla porta in vetro a salutare quella che doveva essere una sua amica, guardai mio fratello – Come si chiama? -.

- Eugenia -.

Riuscii a trattenere a stento il sorriso – Sul serio? -.

- Lo so, lo so, ma purtroppo era il nome di sua nonna e suo papà ci teneva, ah comunque vedi di non chiamarla mai Eugenia, odia il suo nome, si fa chiamare Genni, si presenta persino così! Io ho scoperto il nome vero solo perché l’ho letto sulla sua carta d’identità -.

- D’accordo, nell’eventualità in cui tu ti convinca a presentarmela mi ricorderò di chiamarla come ti pare -.

- Grazie -.

- Lu, lo sai che sei diventato rosso non appena l’hai vista? -.

- Già perché è bellissima, no cioè, voglio dire.. lasciami in pace mozzarella -. Detto ciò si alzò e le andò incontro.

Che tenero, il mio fratellino stava crescendo.

Il piccolo siparietto con Luca mi aveva distratto dalla paura che avevo di entrare in classe quel giorno, temevo che i miei compagni mi facessero domande su quello che era successo durante la verifica e non avevo alcuna voglia di dar loro risposte.

Per fortuna quel giorno nessuno accennò all’accaduto, forse avevo sottovalutato la loro sensibilità, oppure Delia li aveva minacciati prima che entrassi.

Entrambe le ipotesi mi facevano comodo.

Sabato arrivò in fretta e la classe si riunì per una pizza.

Tre o quattro dei nostri compagni mancavano, ma il gruppo era comunque numeroso, soprattutto perché Terri, Alessandra, Chiara e Gigi avevano portato i rispettivi fidanzati.

Delia e Gennaro, fedeli alla loro farsa, si erano seduti l’uno accanto all’altra e dovevo ammettere che ad un occhio meno esperto del mio sarebbero sembrati una vera coppia. Non esageravano con l’essere appiccicosi e avevano tutta la complicità necessaria a creare una relazione credibile, se non avessi saputo la verità ci sarei cascata anch’io.

Alla mia sinistra c’erano la mia compagna di banco e Nico il suo ragazzo.

Nico era un tipo che sotto il primo strato di timidezza nascondeva un carattere spigliato e giocoso che faceva sì andasse d’accordo con chiunque.

Lui e Terri erano simili, c’era chi per strada li scambiava per fratello e sorella, anche Nico infatti era rossiccio, con una corporatura possente, non grasso ma grosso.  Con il suo metro e novanta poi si adattava perfettamente al metro e settantasette della mia amica.

Avevo scoperto l’altezza di Terri un anno prima durante un esercizio di educazione fisica, e quel numero mi era rimasto impresso dato che lo invidiavo parecchio, chissà che sensazioni dava l’essere alti!

Dopo loro c’erano Gigi e Lidia, poi Alessandra e Carmine e dall’altro lato a Chiara e Pierpaolo.

Guardandomi intorno notai una sconvolgente verità: per non separarmi da Genna e Dede gli altri ragazzi mi avevano fatta sedere in mezzo alle coppiette, ero circondata!

Almeno potevo contare sul fatto che a parte Nico e Terri gli altri erano abbastanza discreti o per lo meno non sentivano la necessità di mantenere il contatto fisico ventiquattro ore su ventiquattro.

Inoltre tutti mi erano simpatici, a parte Lidia.

Nessuno in classe riusciva a capire come una ragazza tanto snob e dalla voce così stridula avesse conquistato Gigi.

Il nostro compagno di classe non era il più raffinato, o il più dolce, o il più carino, ma si meritava di meglio di una ragazzetta con la faccia da topo che non conosceva neppure il significato della parola umiltà.

Il mio disprezzo nei confronti di Lidia non era del tutto gratuito, avevo iniziato a non sopportarla dopo averle sentito fare un discorso assurdo contro i gay, pensava che l’omosessualità fosse una malattia, ma a mio parere l’unica ad avere un problema serio era lei.

Negli anni avevo sentito Gigi fare qualche battutina sconveniente, ma mai aveva fatto affermazioni omofobe convinte e in più quando Lidia era partita con quel monologo insensato pure lui era parso infastidito.

Ricordavo ancora quella sera, era la fine di Agosto e quelli di noi che erano già tornati dalle vacanze estive avevano deciso di vedersi al parco.

Le zanzare banchettavano con le nostre braccia e gambe mentre mangiavamo kebab e patatine sul prato.

Lidia era una delle poche a non essere stata vittima di quegli esserini fastidiosi, a quanto pareva nemmeno il suo sangue era dolce!

Io ero stesa con la testa sulle ginocchia di Iole quando uscì l’argomento omosessualità.

Non ricordavo con precisione da cosa partì la discussione, perché fino a quel momento non avevo prestato attenzione, troppo presa a rilassarmi sotto la luce della luna. Ricordavo perfettamente però l’intonazione del ‘che schifo’ che fece da prologo al lungo discorso razzista di Lidia, il suo sguardo sdegnato alla menzione di matrimonio o pari diritti e soprattutto ricordavo ancora oggi la voglia violenta di colpirla in faccia con un pugno.

A fermarmi con uno sguardo era stata proprio Dede.

Temeva che una mia reazione troppo coinvolta facesse sorgere dubbi scomodi, io in realtà non ero condizionata solo dal fatto che la mia migliore amica fosse lesbica, avrei avuto voglia di dare un cazzotto a Lidia anche se non avessi conosciuto nessun omosessuale, la mia reazione infatti era dovuta soprattutto a dei principi morali che seguivo con fermezza.

Certo, il fatto che Lidia insultasse implicitamente una delle persone alle quali volevo più bene nel mondo, aggiungeva benzina al fuoco.

Mi allontanai da quei ricordi spiacevoli per concentrarmi sul discorso che aveva il monopolio dell’attenzione della mia parte del tavolo: la teoria della felicità.

Per quanto potesse non sembrare veritiero spesso mi ritrovavo in situazioni del genere con i miei compagni.

I miei amici che non frequentavano il classico tendevano a guardarmi male quando mi addentravo troppo nel lato filosofico di alcune domande, come se fossi  stata un’aliena che voleva parlare di cose incomprensibili all’uomo.

Per questa ragione a volte apprezzavo particolarmente la compagnia dei ragazzi della D, con loro potevo avere un dibattito sul tempo come struttura costruita dall’uomo o meno, oppure cercare l’origine greca di alcune parole strane, senza che mi guardassero male o che pensassero che stavo facendo una scenata per apparire intelligente o schernirli.

Personalmente quel tipo di ragionamento mi sembrava insensato.

Perché mai avrei dovuto voler mettere in difficoltà delle persone che ritenevo amiche? E perché poi dovevano ritenermi una persona strana, una secchiona, solo e perché parlavo di cose che mi interessavano?

Io non mi lamentavo mica se studenti dell’alberghiero intraprendevano discussioni su delle tecniche culinarie o se studenti dello scientifico mi prendevano in giro quando dicevo qualcosa di scientificamente non corretto.

Anzi mi pareva normale che ognuno parlasse di argomenti affini ai propri interessi, infondo se io avessi odiato la filosofia non mi sarei iscritta ad un classico così come chi odiava volare non frequentava l’aereonautico!

Gigi stava spiegando che a suo parere la felicità era concettualmente simile al ‘Sabato del Villaggio’ di Leopardi: un qualcosa che tutti aspettavano con ansia di raggiungere ma che quando arrivava era deludente poiché l’uomo, afflitto dal timore di perderla, non riusciva a godersela, quando un rumore fastidioso risuonò nel’aria.

Era la voce di Lidia.

- Ma che scemenze vai dicendo amore? La felicità è una scelta che implica impegno, per questo mi stanno antipatici quelli che dicono in giro di essere depressi, altro che malati quelli sono solo troppo pigri per alzarsi dal letto e cercarsi un lavoro -.

L’idea base non era malvagia, vari pensatori nel corso dei secoli avevano assecondato l’idea che la felicità fosse una decisione della coscienza, ma perché ad ogni pensiero intelligente doveva accostare qualche insulto verso una determinata categoria di persone?

Non lo sopportavo, così decisi di risponderle io – Mi stai dicendo che pensi che coloro che sono depressi scelgono di esserlo? E non parlo di depressione tipo ‘ mi si è rotto l’IPhone sono triste ’, ma di depressione vera, quella clinicamente certificata -.

- Assolutamente si, uno stato d’animo non può essere una malattia, è solo una scusa che la gente svogliata adduce per giustificare il fatto che sta dalla mattina alla sera senza fare nulla -.

- Ti rendi conto che ci sono delle prove scientifiche riguardanti questo argomento? Che sono stati sviluppati dei farmaci per combattere i processi chimici, perché si, sono processi chimici, che avvengono nel cervello e causano la depressione? -.

- Oh ma per favore! Quelle sono tutte baggianate inventate dalle aziende farmaceutiche per fare più soldi. Pagano dei medici per inventarsi patologie inesistenti e poi creano pillole inutili e le vendono agli sciocchi -.

- Scusami come spieghi allora il fatto che questi cosiddetti ‘farmaci inutili’ funzionano? -.

- Sveglia! Si chiama effetto placebo! -.

- Seguendo lo stesso ragionamento qualsiasi patologia che ha a che fare con l’umore è da considerarsi fasulla perché è tutto un complotto delle multinazionali no? -.

- Esattamente -.

Ero sconvolta, mai avevo sentito da qualcuno della nostra età un’opinione tanto bigotta e arretrata, di questo passo non mi sarei sorpresa se avesse iniziato a blaterare sul fatto che la scienza era in realtà magia.

- Lidia, ti rendi conto che stai sparando una marea di cazzate? Stai buttando all’aria decine e decine di anni di studi giusto per dare fiato alla bocca. Solo perché se uno si rompe un braccio tu vedi il gesso, mentre se è depresso no lo vedi, non vuol dire che quella malattia non abbia ripercussioni fisiche. Una persona seriamente depressa non riesce ad alzarsi dal letto perché non ha la forza necessaria a farlo, i muscoli diventano impotenti, la stanchezza diviene perenne e questo è qualcosa che puoi vedere e che influenza in modo tangibile la vita quotidiana di un individuo, e soprattutto non è una cosa che si cura con un po’ di cioccolata e delle parole stimolanti -.

Lidia divenne rossa in volto e mi disse concitata - Ma come ti permetti? Il mio è un ragionamento serio e sensato tu invece hai solo insultato ciò che ho detto perché in realtà non hai prove a sostegno delle tue parole -.

Sbuffai - Ho rinunciato subito ad usare la logica perché dopo ciò che hai detto all’inizio ho dato per scontato che tu non fossi in grado di comprenderla -.

- Brutta stronza mi stai dando della stupida? -.

- Direi proprio di si -.

-Margherita! -. Esclamò Gigi guardandomi.

- Mi ha appena chiamato stronza Gigi, che pretendi che faccia? Che le dia un bacio sulla guancia e diventi la sua migliore amica? -.

Lidia si alzò dal tavolo strillando – Non lascerò che nessuno mi tratti in questo modo – e si allontanò portandosi assieme la borsa.

Gigi fece per seguirla ma prima di uscire definitivamente dalla pizzeria mi disse – Sappi che ti ha chiamato in quel modo perché oggi ti sei veramente comportata da stronza! -.

Tutti i clienti si erano voltati verso il nostro tavolo e tutti quelli al nostro tavolo stavano guardando me.

I più lontani non capivano bene cosa fosse successo dato che avevano assistito solamente alla parte della discussione che si era svolta ad alta voce, un paio si avvicinarono per chiedere spiegazioni.

Chiara e Terri corsero dietro ai due fuggitivi per cercare di convincerli a tornare indietro, Delia mi guardò scuotendo la testa – Hai esagerato -.

- Io non ho fatto niente De, le ho solo risposto a tono -.

- Non è vero Margherita, hai iniziato tu a trattarla male e lo sai -.

- Ma non è colpa mia se lei è veramente un’idiota e poi ho detto quello che tutti stavamo pensando, non negatelo! -.

- Avresti potuto dirglielo senza darle della stupida -. Si intromise Gennaro.

- Oppure avresti potuto stare zitta e basta, lo sai come è fatta Lidia, capita che dica cose con le quali nemmeno io sono d’accordo, ma questo non mi dà il diritto di insultarla, né tanto meno lo dà a te -.

Venne in mio soccorso Alessandra - Non ingigantiamo la situazione Delia, Marghe non ha insultato sua mamma, ha semplicemente espresso un parere, e inoltre lei come tutti noi ha sopportato per mesi le idee insensate di quella gallina, dopo un po’ è normale che sia sbottata -.

Carmine si avvicinò con fare cospiratorio e ci disse con voce pacata- Non mi sembra il momento adatto per chiamarla così -.

- Infatti se tornano e lo sentono inizia un’altra discussione -. Lo assecondò Nico.

Intanto Saverio faceva domande sulla lite – Oh ma si può sapere che è successo? -.

- Lidia e Margherita aveva opinioni divergenti, la cosa e degenerata e il resto lo hai visto -.

- In che senso? Che vi siete dette? -. Questa volta Save si era rivolto a me, Delia nel frattempo mi guardava ancora con disapprovazione.

Roteai gli occhi – Possiamo gentilmente smettere di parlarne? -.

La mia frase doveva essere apparsa vagamente minacciosa perché tutti mi assecondarono tornando ai propri posti e cambiando argomento. Aspettammo che tornassero Terri e Chiara prima di continuare con la cena, ci erano arrivati gli antipasti ma dovevamo ancora ordinare le pizze.

Il resto della serata fu teso nonostante Gigi e Lidia non fossero tornati indietro, anzi forse lo fu proprio per quella ragione.

Non capivo come Gennaro e Delia potessero aver dato ragione a Gigi, io forse avevo risposto in maniera un tantino brusca ma era stata lei a partire con gli insulti veri e propri chiamandomi stronza, e Gigi! Lui al posto di fermare Lidia le aveva dato manforte.

Capivo che lei era la sua fidanzata ma io ero sua amica, e lo ero da anni ormai! Avrebbe potuto benissimo seguirla senza insultarmi a sua volta.

Tornai a casa a mezzanotte perché la voglia di stare in compagnia mi era passata.

Luca era in camera sua che smanettava sul computer mentre mamma dormiva nonostante la tv accesa, la spensi e poi tornai nel mia stanza e mi misi nel letto, non mi ero neanche struccata.

Impostai la mia playlist per la notte e mi addormentai sulle note di Carillon di Mr.Rain.


 

 



 

Parto ringraziando quelli che hanno aggiunto ‘Non tutto ciò che vacilla cade’ alle preferite o alle seguite, non potete immaginare quanto la cosa mi faccia piacere!

Un grazie anche a claudiagrc per il sostegno e i comlimenti :*

Allora qualche parolina sul capitolo: come avete visto questi non sono stati giorni semplici per Margherita, tra compiti in classe disastrosi e liti varie, persino Gennaro e Delia le hanno dato torto!

Voi che ne pensate? Chi tra Lidia e Margherita aveva ragione? E se pensate che la nostra protagonista fosse nel giusto siete comunque d’accordo con Dede e ritenete che abbia reagito in maniera spropositata?

Chissà poi quali ripercussioni avrà questa discussione sulla vita di classe della III D.

xxElykiei

   
 
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