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Autore: Bab1974    13/06/2016    1 recensioni
Serie di storie slash ispirate alle fiabe, partecipanti al contest di sango_79 '[Contest fiume] A mille ce n'è... di slash da narrar! (Originali e multifandom - Slash e yaoi)'
1- Il principe ranocchio Storia ispirata dalla favola Il principe ranocchio, ne stravolge il finale facendola diventare una favola slash. Il ranocchio Padon, dopo un anno di permanenza a palazzo, riesce a farsi baciare dalla principessa, ma non torna uomo. All'inizio sembra che non ci sia soluzione, ma ne trova una il fratello minore di lei.
2- Nome in codice: Cappuccetto Rosso (prossimamente)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fu brutto anatroccolo

 

 

 

 

Una lettera era aperta sul tavolo della cucina e una madre osservò il proprio figlio in maniera severa.

“Ti giuro che se non vai a prendere Emiliano all'aeroporto, ti taglio i viveri e dovrai andare a lavorare per pagarti i tuoi vizi.” lo minacciò agitandogli un dito davanti alla faccia.

“Uff, perché tocca a me andare a prendere Frankenstein. Non c'erano altri amici a disposizione?” rimbrottò il ragazzo, che non ci teneva molto a essere costretto in quella maniera.

“La madre e io siamo rimaste in contatto in questi anni e mi ha pregato di ospitarlo per il suo periodo di studio in Italia. Vuole perfezionare la lingua, anche se in famiglia tutti parlano italiano, vivere in America non gli permette una pronuncia perfetta.” ricordò la madre “Inoltre, Gianni, ti avverto che se non la smetti di chiamarlo così, ti levo pure la macchina e dovrai fartela a piedi.”

Il ragazzo sbuffò e la madre proseguì imperterrita.

“Oltretutto sono convinta che possa essere solo migliorato da allora, poveretto.”

L'immagine di Franky tornò alla sua mente e poveretto era la parola giusta per descriverlo: apparecchio ai denti, occhiali triplo fondo, armatura per correggere la postura e le gambe storte e quei ridicoli capelli rossi che assieme alle lentiggini e al resto lo facevano apparire di sicuro più ebete di quello che era. Nulla di meglio per farsi pigliare per il culo dai coetanei e non solo da loro.

“Beh, peggio di così poteva solo morire.” sbuffò di nuovo “Ok, ci vado, ma per questo merito un premio. Che ne dici dell'ultimo cellulare?”

La madre scosse la testa ridendo: alla fine era facile trattare con lui.

“Solo se lo tratterai bene.”

Alla fine un accordo era stato raggiunto, bastava aspettare che arrivasse il giorno fatidico.

 

 

 

Dopo una settimana Gianni era in aeroporto, con un ridicolo cartello davanti che riportava il nome di Emiliano e l'aria più scocciata dell'universo. Non riteneva necessario che dovesse essere anche simpatico e attese.

Dopo quasi un'ora che se ne stava seduto, rischiando di addormentarsi, venne scosso da qualcuno. Si ritrovò davanti un bel ragazzo, che gli chiese se lui era Gianni Bannoni. Questo annuì come un ebete e lo osservò meglio. Gli ricordava qualcuno, ma non sapeva chi.

“Ci conosciamo?”

“Direi di sì. Stavi aspettando me, se non sbaglio.” Il sorriso del ragazzo, che solo ora aveva capito essere Emiliano, lo disarmò. Frugò nella sua testa per ricercare l'immagine che gli era rimasta del bambino quasi storpio e dovette convenire che non ne era rimasto molto, se non il colore dei capelli e qualche lentiggine.

-Accidenti, spero di non stare sbavando! Si è trasformato in un figo pazzesco.- pensò -Giuro che uccido mia madre, lei e la sua amica si scrivono email, si scambiano foto, non poteva non sapere. Me lo ha fatto per dispetto, lo so.-

“Oh, ciao Emiliano. Sei davvero cresciuto. Dopo tutto questo tempo, stentavo a conoscerti.” disse per scusarsi. Sperò di non essere arrossito e di non sembrare troppo imbarazzato. La sua idea principe sarebbe stata di portarlo di gran carriera alla madre che li stava aspettando e di mollarglielo nella speranza che non gli portasse via più di un'ora a settimana. Ora, invece, la sua prospettiva era cambiata.

“Anche tu sei cambiato. In fondo avevamo otto anni l'ultima volta che ci siamo visti.” convenne Emiliano. “Andiamo?”

“Ok, non vedevo l'ora di liberarmi di questo cartello, mi dava l'aria da deficiente.” e lo buttò nel primo bidone della carta che trovò “Ti va di fermarti per un aperitivo, prima di andare da mia madre? Sono sicuro che non avrà nulla in contrario.”

“Ok, ma avvertila, mia madre si arrabbia se causo dei problemi in famiglia.”

Gianni si accordò, mandò un sms alla madre e si sedette con Emiliano in uno dei locali più esclusivi della città.

Lì, mentre si raccontavano ciò che avevano combinato in quegli anni, sempre cercando di evitare il discorso della trasformazione fisica del ragazzo, Gianni lo osservò meglio. Era vestito molto semplicemente, con un paio di jeans e una camicia bianca sbottonata fino al petto. I suoi capelli rossicci era corti, tenuti con un disordine ricercato e l'unica traccia rimasta del passato erano due occhialini che lo rendevano ancora più sexy.

In un impulso del momento gli sfilò gli occhiali, pentendosi poi amaramente perché non sapeva come spiegargli quel gesto. Dopo un momento di imbarazzo, se li infilò lui e cominciò a fare delle imitazioni. Emiliano rise, ma se li fece restituire subito.

“Se me li rompi, sono nei guai. Non ci vedo nulla senza.”

“In effetti devono essere potenti, mi gira la testa in maniera vorticosa. E non è la prima volta che faccio delle cretinate del genere.” disse riconsegnandoglieli.

“Forse è meglio tornare da tua madre, ci starà aspettando.” Emiliano si scolò quello che rimaneva del suo drink e si alzò.

“Beh... ecco... io pensavo che forse... avremmo potuto passare la serata assieme a divertirci.” Si fermò lì anche se la sua immaginazione andava ben oltre l'uscita.

Francesco si fece improvvisamente serio e lo fulminò con lo sguardo.

“Credi che basti così poco perché mi dimentichi di come mi trattavate tu e tuoi amici, prima che partissi? Frankenstein è l'appellativo più carino che ho sentito uscire dalle vostre labbra. E ora, se permetti, voglio andare a trovare dall'unica persona, oltre a mia madre, che mi abbia mai trattato come un essere umano.”

Gianni mortificato, ma senza riuscire a trovare la voce per chiedere scusa, lo accompagnò a casa della madre. Per tutto il tragitto erano stati entrambi seri. Emiliano non aveva aperto nessun spiraglio per una conversazione e Gianni non sapeva come introdurre un qualsiasi argomento senza mettersi nei guai.

Solo davanti alla porta di casa, prima di lasciarlo con lei, cercò di rimediare come poteva.

“Mi dispiace molto per essere stato così stronzo in passato. Non si è molto maturi a otto anni, è l'unica vera scusante che posso darti” Tralasciò il fatto che fino a un'ora prima lo avrebbe bruciato sul rogo e sperò che la madre evitasse di dirgli quanto era smaronato per quell'incontro. “Posso chiederti di perdonarmi e di essere finalmente amici?”

“Amici?” chiese l'altro poco convinto.

“Hai ragione, se vuoi potremmo essere di più.” E senza avviso lo baciò, poi, in maniera altrettanto fulminea si eclissò, e andò a un appuntamento che aveva con un amico. Sperò di aver lasciato il segno.

 

 

 

Emiliano era rimasto senza parole e non aveva avuto neppure il tempo di formulare un pensiero decente. Dopo che la macchina fu partita, sul suo volto apparve un sorriso malizioso: se Gianni avesse saputo!

Se avesse saputo che anche lui era gay, che lo sfogo di prima era solo una piccola vendetta per come lo aveva trattato da bambino, che erano anni che era innamorato di lui, attraverso le lettere prima e la email dopo della madre. Ma c'era tempo per quello e il bacio gli dava la possibilità di divertirsi un po' alle sue spalle, prima di abbandonarsi alla passione. Di fargli capire quanto male gli aveva fatto in passato, di quanto amore avesse bisogno per il futuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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